Poche città in Italia hanno subìto negli anni una così profonda metamorfosi come Bologna che, da città d’acqua, si è via via trasformata nel tempo in una città ’terrestre’. Nessuno, oggi, visitandola, potrebbe pensare che nei secoli scorsi fosse conosciuta come la piccola Venezia. Girando per Bologna e per tante altre cittadine della provincia riesce difficilissimo immaginare che sino ad un centinaio di anni fa le principali vie di collegamento erano costituite dall’acqua. Per riscoprire oggi quel glorioso passato pressoché sconosciuto, l’Associazione culturale no profit Amici delle vie d’Acqua e dei Sotterranei di Bologna organizza visite guidate nei sotterranei cittadini, al fine di raccogliere fondi da reimpiegare in seguito per il recupero e la salvaguardia degli stessi.
Costituita nel luglio del 1998 su iniziativa di un gruppo di appassionati e mossa dal forte desiderio di non disperdere quest’immenso patrimonio culturale ed architettonico connesso all’acqua, Amici delle vie d’Acqua ha trasformato luoghi recuperati dopo secoli di abbandono in mete di grande richiamo turistico.
Lasciandosi guidare dall’associazione è possibile scoprire che sotto chilometri di portici si cela un fitto dedalo di cunicoli, di gallerie, di sotterranei che, come un’immensa ragnatela, avvolgono la città Felsinea, senza incrociarsi mai. E fino al secolo scorso c’erano persino i porti. Bologna era infatti collegata, grazie al canale Navile, con Ferrara, e da qui tramite il Po, si poteva raggiungere il mare aperto, ma anche Ravenna, Modena e altre città padane.
Attualmente le visite si effettuano in date concordate con il Comune e sono consultabili sul sito dell’associazione, ma il sogno condiviso è quello di far riaprire la navigazione da Bologna verso il mare.
Il viaggio alla scoperta della città sotterranea inizia in Via Piella. Qui basta affacciarsi da una piccola finestra del sottoportico per scoprire un’insospettabile laguna nascosta. Tra le mura delle case, l’acqua scorre sotto i balconi ancora come un tempo, quando alimentava i primi mulini da grano. Questa finestra apre sul canale delle Moline, oggi visibile, dopo la riapertura degli affacci, anche da Via Malcontenti e Via Oberdan. Occasioni rare di visita si presentano quando il canale viene messo in secca per le opere di pulizia e manutenzione (l’ultima volta quest’anno). Entrando poi nel condotto sotterraneo dell’Aposa dagli accessi aperti in Piazza Minghetti e S. Martino, ci si ritrova all’interno di un tunnel, un tempo utilizzato come vera e propria fognatura, ma ora restaurato e percorribile, dove visionare scorci di storia davvero stupefacenti, antiche volte medievali e persino un antico ponte romano.
Parlare d’acqua significa parlare inevitabilmente di energia idraulica ed acquedotti, per questo tappa fondamentale del percorso nel reticolo idrogeologico bolognese sono i Bagni di Mario che, nonostante il nome, non hanno mai avuto alcuna relazione con l’uso termale. Una scala di pietra che scende sotto terra per quaranta metri ci porta all’interno di questo complesso formato da quattro lunghi cunicoli e da tre conserve di raccolta fra loro collegate.
E’ questa la cosiddetta “cisterna di Valverde”, di epoca rinascimentale eseguita dall’architetto palermitano Tommaso Laureti, atta ad alimentare la celebre fontana del Nettuno in Piazza Maggiore. Una sala ottagonale che ricorda un tempio, con le pareti ornate da affreschi e bassorilievi, corrosi dall’umidità ma non per questo privi di fascino.
La visita ai sotterranei bolognesi non è completa se non si fa poi tappa all’ampia serie di fonti e fontane presenti in tutto il territorio cittadino: la fonte Remonda, ancora funzionante, sotto il Monastero di San Michele in Bosco, che alimentò la fontana Remonda, innalzata nel 1473, la prima ad essere utilizzata per condurre acqua potabile in città; la fontana del Nettuno, la cui struttura architettonica è a firma del Laureti e l’apparato di statue a firma del Giambologna. Infine, restaurata nel 2000 dall’Università degli Studi di Bologna e sede ora dell’Alma Graduate School, c’è Villa Guastavillani, appena fuori città. Qui si possono visionare numerosi affreschi, due rifugi bellici e la celeberrima Grotta del Ninfeo: stanza di grandi dimensioni scavata sotto il salone del palazzo, rivestita interamente di conchiglie, che esibisce un denso programma iconografico, con un alternarsi di temi sacri e profani, un tempo percorsa da deliziosi giochi d’acqua.

Marco Torcasio