(Ancona – 23 mag) Tra i navigatori italiani che hanno lasciato il segno, ci sono senz’altro Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, ma il loro bravo posto lo meritano anche altri marinai meno conosciuti ma non per questo meno capaci.

Una storia riapparsa dalla penombra del tempo è quella che ci racconta, nel corso degli incontri di ‘Tipicità in blu’, un navigante di Ancona, Pino Veneroso, che aggiunge così il suo nome a quello del concittadino Orlando Grassoni, di Vincenzo Fondacaro da Bagnara Calabra e di Pietro Troccoli, cilentino di Marina di Camerota, tutti insieme iscritti nel vasto libro delle imprese della marineria italiana.

Riassumo.  Nel 1880 un gruppo di nostri connazionali emigrati in Uruguay, dove Giuseppe Garibaldi (chiamato non per niente Eroe dei Due Mondi) aveva compiuto decisive azioni guerresche a difesa del paese, decisero di forgiare e far pervenire all’esule di Caprera una sciabola che gli ricordasse il passato.  Grassoni e gli altri costruiscono quindi una goletta di 9 metri per consegnare l’arma effettuando un percorso transoceanico da Montevideo all’Italia e la chiamano ‘Leone di Caprera’.  Succede però che i donatori, una volta vista la piccola barca e valutate le probabilità che non arrivasse mai a destinazione, ritirino il dono per non affidare il prezioso cimelio ai fondali marini, certi che la conclusione della folle navigata non potesse essere altra.  

Da noi è d’abitudine arrangiarsi e i nostri, non avendo nessuna intenzione di rinunciare al viaggio, decidono di ripiegare su un libro che raccolga le firme degli italiani dell’Uruguay: almeno quelle, se vanno a fondo, si possono rifare.

La goletta di 9 metri parte quindi da Montevideo il 3 ottobre 1880 e  raggiunge, dopo una navigazione che ha dell’incredibile,  prima Las Palmas il 9 gennaio dell’anno dopo, poi Gibilterra il 23, per arrivare infine a Livorno il 9 giugno.  Qui vengono accolti come meritano e il Re d’Italia concede loro una onorificenza e dispone che il ‘Leone di Caprera’ venga esposto all’esposizione Universale di Milano del 1881.

L’ultimo atto è dei tempi nostri.  Questo navigante di Ancona, Pino Veneroso appunto (foto), cresciuto con la voglia di andare a vedere cosa ci sta oltre l’orizzonte, decide di ripetere l’impresa in memoria del suo concittadino.  Si costruisce una barca analoga, ugualmente minima, e con qualche accortezza tecnologica in più rifà all’inverso, onda dopo onda, la rotta del ‘Leone di Caprera’, arriva a Montevideo, ottiene una sciabola analoga alla prima (anche se meno preziosa) e la riporta in Italia, dove tuttora attende di essere consegnata agli eredi di Giuseppe Garibaldi e di essere collocata a Caprera accanto alla sua tomba.

Questo è tutto.  Ma non è poco. (160523d2 – foto ontheroadnews)