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(di Sara Rossi)
Un viaggio in una terra ancora in gran parte selvaggia a un passo dall'Italia, per l'esattezza 70 chilometri di mare, sto parlando dell'Albania. Una storia unica nel panorama del vecchio continente, spiagge meravigliose, ma soprattutto delle montagne dove il turismo si è appena affacciato. In un territorio grande poco più della Lombardia si concentra la vita di una nazione che ha mantenuto tradizioni uniche, a partire dalla lingua. L'albanese deriva dall'illirico, un idioma parlato dall'antica popolazione originaria dei Balcani occidentali, una lingua incomprensibile, sia nella sua declinazione ghegh ancora utilizzato nel nord del paese, sia nel dialetto tosk usato nel Sud, ma rimarrete stupiti nel sentire discorrere in fluente italiano anche nei borghi più sperduti, raggiungibili solo a piedi, dell'estremo settentrione.
Gli italiani sono amati, “i greci no” è facile sentirsi dire. La terra delle aquile, così denominata perché solo sino a pochi anni fa era possibile avvistare numerosi esemplari del nobile rapace roteare maestosi sulle cime più alte delle “Alpi albanesi”, è stata per secoli un territorio di occupazione, dei turchi in primis. Proprio all'arrivo degli ottomani è legata la figura mitologica, o comunque certamente mitizzata, di Gjergj Kastrioti Skenderbeu, conosciuto come Skanderbeg, nobile condottiero originario di Kruja una bellissima cittadina a 40 chilometri da Tirana, che per 25 anni, dal 1444 al 1468 guidò i principi albanesi, riuniti nella lega di Lezha, contro l'avanzata turca nella regione. Le audaci imprese di quello che oggi è l'eroe nazionale per eccellenza, tanto da vedere a lui dedicata la principale piazza di Tirana, dove campeggia con una sua statua equestre in bronzo di 11 metri, sono conosciute in tutto il mondo. A Giorgio Castriota è dedicato anche il celebre museo di Kruja. Probabilmente gli albanesi si sono legati così fortemente all'eroe quattrocentesco per allontanare dalla memoria il ben più recente periodo comunista.
Per parlare di primo spirito di unità nazionale albanese bisognerà aspettare il 1912, per l'indipendenza occorrerà attendere l'anno successivo, e il 1923 per l'elezione del primo primo presidente, solo nel 1928 si assisterà alla auto proclamazione del primo re di Albania nella persona di Leke Zog, conosciuto poi come Zog I. Ma la libertà non decollerà, e ancora una volta il piccolo stato si troverà di fronte ad un'occupazione: infatti l'Italia fascista, con la scusa degli aiuti economici, finirà con l'attuare un'effettiva invasione militare. Nel 1939, trentamila soldati del duce sbarcarono nei porti albanesi, inducendo il re alla fuga. Fu Galeazzo Ciano, figura oggi inspiegabilmente molto ammirata, nel pieno furore della misera campagna coloniale fascista, ad invitare gli italiani a partire per le coste albanesi per attuare importanti opere pubbliche, tra cui l'aeroporto di Tirana ad esempio, ad oggi unico scalo del paese. Sempre durante il ventennio, vennero stimolate le ricerche archeologiche, in particolare nei centri di Apollonia, Butrinto, oggi visite obbligate per chi si sposta verso sud. L'occupazione italiana durerà sino al 1944, quando prenderà il potere il partito comunista, fautore dello lotta di liberazione.
Nel 1946 fu proclamata la Repubblica Popolare di Albania con a capo un giovanissimo Enver Hoxha, che deterrà il potere per ben 40 anni ininterrottamente, si tratterà di uno dei regimi più assoluti e longevi nella storia del XX secolo. Hoxha dapprima si ‘affilierà’ alla Jugoslavia di Tito, in un secondo tempo all'Unione Sovietica, successivamente alla Cina, per perorare poi una politica di auto isolamento, possibile solo con l'istillazione nel suo popolo della ‘sindrome di isolamento’. Simbolo di questo terrore per una possibile invasione sono i duecento mila bunker costruiti su tutto il territorio nazionale, la maggior parte dei quali ancora visibili. L'obiettivo ufficiale era quello di costruire rifugi, necessari in caso di un'invasione esterna, il reale scopo era quello di terrorizzare la popolazione e mantenere il potere. Vicino al mare, in montagna, tutta la nazione è punteggiata da queste costruzioni, grandi e piccole.
Alla periferia di Tirana uno dei pochi giganteschi bunker antiatomici è diventato un museo, il Bunk'art 1, si tratta di un edificio blindatissimo di 106 stanze, tra cui quella di Hoxha dove è possibile vedere il suo ufficio personale, le attrezzature, le armi fornite dalla Cina, ma anche foto storiche della storia moderna del paese. La fine dell'era comunista è arrivata con lo smembramento dell'Unione Sovietica nel 1991, quando l'Albania ha avviato un nuovo corso, in massa gli albanesi hanno lasciato il paese, giungendo in Italia e nei paesi limitrofi, vivide sono le immagini di navi stracolme di profughi approdate nei porti del Bari e Brindisi. Lentamente il paese sta trovando i suoi equilibri e visitarlo lascia una sensazione di estrema vicinanza e lontananza. La prossimità è fisica e sentimentale, la distanza dipende invece dai nostri differenti trascorsi, ed è evidente come l'Albania arranchi in cerca di uno sviluppo equilibrato. A maggioranza musulmana, per il 67%, presenta un'estrema tolleranza religiosa, nel nord selvaggio del paese, dove le strade sono ancora impervie, la popolazione è rimasta cattolica, lì non sono arrivati neanche i turchi.
Tirana è una capitale segnata dall'edilizia comunista, le costruzioni di quegli anni sono basse, di mattoni, a differenza dei casermoni di altre periferie, perchè i laterizi erano tenuti insieme con la sabbia e non avrebbero retto oltre i quattro piani. Passeggiare nella grandissima piazza Skanderbeg, rappresenta però un vero e proprio viaggio nella storia dell'intero paese, qui si affacciano infatti la Moschea di Et'hem Bey, uno dei principali e meglio conservati edifici islamici del paese, il Museo Storico Nazionale che, con il suo grande mosaico, è un eccellente esempio di arte realista socialista, ma anche il Palazzo della Cultura e l'Hotel Tirana, lo zampino fascista è rilevabile invece nel palazzo del Municipio e nella Banca Nazionale. E sapete, sempre all'insegna della vicinanza, chi è stato chiamato a disegnare il nuovo piano regolatore della capitale 2030? Il milanese Stefano Boeri. Vedremo come lo realizzerà, per il momento visitare questo spazio immenso al tramonto, con l'effetto bagnato creato dalle feritoie situate in punti strategici del selciato, crea un senso di incantevole vertigine.
Le strade in Albania non permettono spostamenti rapidi, quindi una volta arrivati a Tirana bisogna scegliere: il mare al sud o i monti al nord.
Io ho scelto il nord. In direzione di Scutari si trova la città di Kruja, tra le destinazioni più amate dai turisti e dagli albanesi emigrati, è situata su una collina dal panorama meraviglioso, su di un promontorio non distante dal centro si trova il tempio più antico di cultura bektashi del paese, la cui sede internazionale è a Tirana. I bektashi sono una confraternita islamica sufita di origine ottomana, bandita però dall'Impero turco. In diverse zone dell'Albania è possibile trovare templi di questo culto diffuso soprattutto nei Balcani e in Anatolia. Prima di arrivare a Scutari - sede tra l'altro del Museo della Fotografia di Pietro Marubi, capostipite della famiglia di fotografi italo albanesi che operarono in città dalla metà dell'Ottocento, contribuendo in modo determinante allo sviluppo dell'arte fotografica - si trova una deliziosa zona lagunare, dove, nei numerosissimi ristoranti di pesce si radunano le famiglie albanesi per il pranzo della domenica.
Se la viabilità nel centro sud del paese è ridotta, nelle zone del nord è a dir poco ostica. Per raggiungere i parchi naturali situati al confine con il Kosovo, occorrono diverse ore d'auto, ma ne vale davvero la pena. Il metodo più suggestivo per raggiungere la località di Valbona resta il traghetto con il quale dalla diga di Koman, costruita in epoca comunista, si naviga sul fiordo del Lago omonimo. Il trasbordo dura circa tre ore, ma trascorrono velocemente perchè il paesaggio lacustre dalle pareti a picco sul bacino, la vegetazione lussureggiante, non consentono la noia, per di più l'imbarcazione, che si muove pigra sull'acqua, è animata da una variegata umanità autoctona e da chiassosa musica balcanica. Da Valbona in poi il mezzo migliore da utilizzare sono le proprie gambe, un vero paradiso per gli amanti del trekking. Un'escursione per chi ha gambe buone è quella che porta da Valbona a Theth, proprio nel cuore del parco naturale di Thethi.
Si tratta di centri di poche case, dove è possibile pernottare in guesthouse dalla sistemazione spartana. Qui il tempo sembra essersi magicamente fermato, si mangia quello che una terra aspra e una natura incontaminata riescono ad offrire: frutta, verdura, insalata, yogurt e formaggio fatto in casa, carne di capra e pecora. E' possibile vedere donne che portano al pascolo capre mentre filano la lana. In queste zone vigono ancora le leggi consuetudinarie dei kanun e la besa, fondata sulla parola data che pare abbiano regolato e redimano tuttora le faide, le vendette e i ritmi delle genti di queste montagne. Tracce di questo approccio medievale al conflitto sono alcune case-torre dove venivano, e forse vengono, rinchiusi e spesso inchiodati coloro che si erano macchiati di un reato di sangue.
Svegliarsi all'alba e ammirare il sole che sorge sulle vette, raggiungere a piedi lo splendido canyon e le cascate di Grunasi, o l'Occhio blu della sorgente carsica di Nderlysaj percorrendo alcuni degli impervi sentieri da poco tracciati da alcune ong locali ed internazionali è un'esperienza davvero unica. Nonostante i tentativi di rendere turisticamente più appetibili queste destinazioni, siamo lontanissimi dalla concezione occidentale di accoglienza, ma è proprio questo approccio alla vita semplice, naturale a rendere questi luoghi estremamente affascinanti.
(testo e foto di Sara Rossi)
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Un viaggio in una terra ancora in gran parte selvaggia a un passo dall'Italia, per l'esattezza 70 chilometri di mare, sto parlando dell'Albania. Una storia unica nel panorama del vecchio continente, spiagge meravigliose, ma soprattutto delle montagne dove il turismo si è appena affacciato. In un territorio grande poco più della Lombardia si concentra la vita di una nazione che ha mantenuto tradizioni uniche, a partire dalla lingua. L'albanese deriva dall'illirico, un idioma parlato dall'antica popolazione originaria dei Balcani occidentali, una lingua incomprensibile, sia nella sua declinazione ghegh ancora utilizzato nel nord del paese, sia nel dialetto tosk usato nel Sud, ma rimarrete stupiti nel sentire discorrere in fluente italiano anche nei borghi più sperduti, raggiungibili solo a piedi, dell'estremo settentrione.
Gli italiani sono amati, “i greci no” è facile sentirsi dire. La terra delle aquile, così denominata perché solo sino a pochi anni fa era possibile avvistare numerosi esemplari del nobile rapace roteare maestosi sulle cime più alte delle “Alpi albanesi”, è stata per secoli un territorio di occupazione, dei turchi in primis. Proprio all'arrivo degli ottomani è legata la figura mitologica, o comunque certamente mitizzata, di Gjergj Kastrioti Skenderbeu, conosciuto come Skanderbeg, nobile condottiero originario di Kruja una bellissima cittadina a 40 chilometri da Tirana, che per 25 anni, dal 1444 al 1468 guidò i principi albanesi, riuniti nella lega di Lezha, contro l'avanzata turca nella regione. Le audaci imprese di quello che oggi è l'eroe nazionale per eccellenza, tanto da vedere a lui dedicata la principale piazza di Tirana, dove campeggia con una sua statua equestre in bronzo di 11 metri, sono conosciute in tutto il mondo. A Giorgio Castriota è dedicato anche il celebre museo di Kruja. Probabilmente gli albanesi si sono legati così fortemente all'eroe quattrocentesco per allontanare dalla memoria il ben più recente periodo comunista.
Per parlare di primo spirito di unità nazionale albanese bisognerà aspettare il 1912, per l'indipendenza occorrerà attendere l'anno successivo, e il 1923 per l'elezione del primo primo presidente, solo nel 1928 si assisterà alla auto proclamazione del primo re di Albania nella persona di Leke Zog, conosciuto poi come Zog I. Ma la libertà non decollerà, e ancora una volta il piccolo stato si troverà di fronte ad un'occupazione: infatti l'Italia fascista, con la scusa degli aiuti economici, finirà con l'attuare un'effettiva invasione militare. Nel 1939, trentamila soldati del duce sbarcarono nei porti albanesi, inducendo il re alla fuga. Fu Galeazzo Ciano, figura oggi inspiegabilmente molto ammirata, nel pieno furore della misera campagna coloniale fascista, ad invitare gli italiani a partire per le coste albanesi per attuare importanti opere pubbliche, tra cui l'aeroporto di Tirana ad esempio, ad oggi unico scalo del paese. Sempre durante il ventennio, vennero stimolate le ricerche archeologiche, in particolare nei centri di Apollonia, Butrinto, oggi visite obbligate per chi si sposta verso sud. L'occupazione italiana durerà sino al 1944, quando prenderà il potere il partito comunista, fautore dello lotta di liberazione.
Nel 1946 fu proclamata la Repubblica Popolare di Albania con a capo un giovanissimo Enver Hoxha, che deterrà il potere per ben 40 anni ininterrottamente, si tratterà di uno dei regimi più assoluti e longevi nella storia del XX secolo. Hoxha dapprima si ‘affilierà’ alla Jugoslavia di Tito, in un secondo tempo all'Unione Sovietica, successivamente alla Cina, per perorare poi una politica di auto isolamento, possibile solo con l'istillazione nel suo popolo della ‘sindrome di isolamento’. Simbolo di questo terrore per una possibile invasione sono i duecento mila bunker costruiti su tutto il territorio nazionale, la maggior parte dei quali ancora visibili. L'obiettivo ufficiale era quello di costruire rifugi, necessari in caso di un'invasione esterna, il reale scopo era quello di terrorizzare la popolazione e mantenere il potere. Vicino al mare, in montagna, tutta la nazione è punteggiata da queste costruzioni, grandi e piccole.
Alla periferia di Tirana uno dei pochi giganteschi bunker antiatomici è diventato un museo, il Bunk'art 1, si tratta di un edificio blindatissimo di 106 stanze, tra cui quella di Hoxha dove è possibile vedere il suo ufficio personale, le attrezzature, le armi fornite dalla Cina, ma anche foto storiche della storia moderna del paese. La fine dell'era comunista è arrivata con lo smembramento dell'Unione Sovietica nel 1991, quando l'Albania ha avviato un nuovo corso, in massa gli albanesi hanno lasciato il paese, giungendo in Italia e nei paesi limitrofi, vivide sono le immagini di navi stracolme di profughi approdate nei porti del Bari e Brindisi. Lentamente il paese sta trovando i suoi equilibri e visitarlo lascia una sensazione di estrema vicinanza e lontananza. La prossimità è fisica e sentimentale, la distanza dipende invece dai nostri differenti trascorsi, ed è evidente come l'Albania arranchi in cerca di uno sviluppo equilibrato. A maggioranza musulmana, per il 67%, presenta un'estrema tolleranza religiosa, nel nord selvaggio del paese, dove le strade sono ancora impervie, la popolazione è rimasta cattolica, lì non sono arrivati neanche i turchi.
Tirana è una capitale segnata dall'edilizia comunista, le costruzioni di quegli anni sono basse, di mattoni, a differenza dei casermoni di altre periferie, perchè i laterizi erano tenuti insieme con la sabbia e non avrebbero retto oltre i quattro piani. Passeggiare nella grandissima piazza Skanderbeg, rappresenta però un vero e proprio viaggio nella storia dell'intero paese, qui si affacciano infatti la Moschea di Et'hem Bey, uno dei principali e meglio conservati edifici islamici del paese, il Museo Storico Nazionale che, con il suo grande mosaico, è un eccellente esempio di arte realista socialista, ma anche il Palazzo della Cultura e l'Hotel Tirana, lo zampino fascista è rilevabile invece nel palazzo del Municipio e nella Banca Nazionale. E sapete, sempre all'insegna della vicinanza, chi è stato chiamato a disegnare il nuovo piano regolatore della capitale 2030? Il milanese Stefano Boeri. Vedremo come lo realizzerà, per il momento visitare questo spazio immenso al tramonto, con l'effetto bagnato creato dalle feritoie situate in punti strategici del selciato, crea un senso di incantevole vertigine.
Le strade in Albania non permettono spostamenti rapidi, quindi una volta arrivati a Tirana bisogna scegliere: il mare al sud o i monti al nord.
Io ho scelto il nord. In direzione di Scutari si trova la città di Kruja, tra le destinazioni più amate dai turisti e dagli albanesi emigrati, è situata su una collina dal panorama meraviglioso, su di un promontorio non distante dal centro si trova il tempio più antico di cultura bektashi del paese, la cui sede internazionale è a Tirana. I bektashi sono una confraternita islamica sufita di origine ottomana, bandita però dall'Impero turco. In diverse zone dell'Albania è possibile trovare templi di questo culto diffuso soprattutto nei Balcani e in Anatolia. Prima di arrivare a Scutari - sede tra l'altro del Museo della Fotografia di Pietro Marubi, capostipite della famiglia di fotografi italo albanesi che operarono in città dalla metà dell'Ottocento, contribuendo in modo determinante allo sviluppo dell'arte fotografica - si trova una deliziosa zona lagunare, dove, nei numerosissimi ristoranti di pesce si radunano le famiglie albanesi per il pranzo della domenica.
Se la viabilità nel centro sud del paese è ridotta, nelle zone del nord è a dir poco ostica. Per raggiungere i parchi naturali situati al confine con il Kosovo, occorrono diverse ore d'auto, ma ne vale davvero la pena. Il metodo più suggestivo per raggiungere la località di Valbona resta il traghetto con il quale dalla diga di Koman, costruita in epoca comunista, si naviga sul fiordo del Lago omonimo. Il trasbordo dura circa tre ore, ma trascorrono velocemente perchè il paesaggio lacustre dalle pareti a picco sul bacino, la vegetazione lussureggiante, non consentono la noia, per di più l'imbarcazione, che si muove pigra sull'acqua, è animata da una variegata umanità autoctona e da chiassosa musica balcanica. Da Valbona in poi il mezzo migliore da utilizzare sono le proprie gambe, un vero paradiso per gli amanti del trekking. Un'escursione per chi ha gambe buone è quella che porta da Valbona a Theth, proprio nel cuore del parco naturale di Thethi.
Si tratta di centri di poche case, dove è possibile pernottare in guesthouse dalla sistemazione spartana. Qui il tempo sembra essersi magicamente fermato, si mangia quello che una terra aspra e una natura incontaminata riescono ad offrire: frutta, verdura, insalata, yogurt e formaggio fatto in casa, carne di capra e pecora. E' possibile vedere donne che portano al pascolo capre mentre filano la lana. In queste zone vigono ancora le leggi consuetudinarie dei kanun e la besa, fondata sulla parola data che pare abbiano regolato e redimano tuttora le faide, le vendette e i ritmi delle genti di queste montagne. Tracce di questo approccio medievale al conflitto sono alcune case-torre dove venivano, e forse vengono, rinchiusi e spesso inchiodati coloro che si erano macchiati di un reato di sangue.
Svegliarsi all'alba e ammirare il sole che sorge sulle vette, raggiungere a piedi lo splendido canyon e le cascate di Grunasi, o l'Occhio blu della sorgente carsica di Nderlysaj percorrendo alcuni degli impervi sentieri da poco tracciati da alcune ong locali ed internazionali è un'esperienza davvero unica. Nonostante i tentativi di rendere turisticamente più appetibili queste destinazioni, siamo lontanissimi dalla concezione occidentale di accoglienza, ma è proprio questo approccio alla vita semplice, naturale a rendere questi luoghi estremamente affascinanti.
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Dichiarata dall’Unesco “Patrimonio immateriale culturale dell’Umanità”, la gastronomia francese rappresenta un valore unico, una tradizione preziosa e un’eredità innovativa in continuo divenire e ogni regione del Paese è uno scrigno di sapori.
Dal 22 al 24 settembre, tutto il Paese festeggia le tradizioni culinarie delle sue regioni con la settima edizione della Fête de la Gastronomie, occasione per incentivare condivisione e socialità.
L’evento, infatti, rappresenta una festosa opportunità per riunire grande pubblico e professionisti del settore intorno alla celebrazione di questo gustoso elemento di identità nazionale, portavoce del patrimonio culturale comune ma anche terreno fertile per contaminazioni virtuose.
L’obiettivo è dare risalto alla gastronomia in tutte le sue molteplici forme - con l’aiuto di coloro che lavorano nel settore, le loro competenze e i loro prodotti - e invitare gli altri a godere dei tesori della cucina francese con tutti e cinque i sensi.
Tra gli appuntamenti previsti a Parigi, i più golosi dovranno mettere senza dubbio in agenda Les Chocolatiers Confiseurs fêtent la Gastronomie, manifestazione in due atti promossa dalla Confédération des Chocolatiers et Confiseurs de France, organizzazione professionale della filiera del cacao. Venerdì 22 settembre, presso il Municipio del 9° Arrondissement, si terrà l’evento Fondez de plaisir! Au coeur du chocolat à la Mairie du 9ème: per tutto il giorno i visitatori potranno perdersi in un dolce percorso alla scoperta dei profumi e dei sapori di differenti tipi di cacao, con fontane da cui sgorgheranno deliziose cascate di cioccolato.
L’iniziativa sarà realizzata in collaborazione con le scuole del quartiere, il Centre d’Action Sociale del Comune di Parigi, l’École des Métiers de la Table e il progetto Too Good To Go. A metà pomeriggio si terrà anche la conferenza Le Plaisir et le Chocolat condotta dal saggista e romanziere Pascal Bruckner. In serata verrà poi proiettato il film di Jean-Pierre Améris “Les Émotifs Anonymes”, che narra la storia d’amore tra Angélique Delange, tormentata maestra cioccolataia, e Jean-René, proprietario di una piccola fabbrica di cioccolato, in un susseguirsi di incontri e fughe nella comune e viscerale passione per il cibo degli dei.
Ma non solo dolcezze: sempre a Parigi, venerdì 22 settembre, con Tous autour du poisson, il ristorante di Miss Lunch - cuoca e visual artist creatrice del concept Lunch in the Loft - proporrà invece La câpre de Pantelleria, un menù tematico che strizza l’occhio alla cucina italiana e all’isola tanto amata dalla padrona di casa: al numero 3 di rue Vollon, il cappero verde sarà assoluto protagonista dei tre giorni di festa. (Parigi, Les Halles nella foto On the Road)
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Il turismo in Slovenia continua a crescere: nei primi cinque mesi del 2017 il Paese ha registrato un incremento degli arrivi dall’Italia del 7,58%, risultato che va a confermare quello italiano quale mercato turistico di riferimento per arrivi e pernottamenti. Particolarmente in crescita nell’ultimo periodo è il settore MICE, che rappresenta sempre più una nicchia importante per il settore turistico sloveno, non solo a livello strategico ma anche in termini di ricavi. La strategia seguita dall’Ente Sloveno per il Turismo e dallo Slovenian Convention Bureau mira a presentare la Slovenia quale destinazione verde e attiva, dall'ospitalità e dall’offerta interessante per il turismo business, sottolineando come, grazie alla straordinaria varietà del piccolo territorio, i meeting planners possano qui creare programmi diversificati in una singola destinazione. "Il segmento MICE rappresenta una delle priorità tra i prodotti da sviluppare ulteriormente nei prossimi anni, che puntiamo a far crescere intensificando la nostra collaborazione con lo Slovenian Convention Bureau – afferma Aljoša Ota, Direttore dell’Ente Sloveno per il Turismo in Italia – è questo il segmento di mercato con il più alto valore aggiunto, segmento in cui la Slovenia vuole posizionarsi tra le prime destinazioni che offrono tutta una serie di servizi collaterali di alto livello, per una vera esperienza di business e leisure a contatto con la natura”.
Oltre alla capitale Lubiana, che si distingue per l’anima culturale ed eco-sostenibile, nella località costiera di Portorose, ad esempio, gli alberghi dispongono di servizi termali e wellness di qualità, dove l’immediata vicinanza dell’Adriatico e la sua benefica influenza, hanno permesso lo sviluppo di un approccio basato sull'uso di diversi elementi marini come l’acqua ed il sale, il fango e le alghe. Un po’ più a nord, ai piedi delle Alpi Giulie, sorge invece Kranjska Gora, la piccola città slovena circondata da alte montagne nei pressi del Parco Nazionale del Triglav, nota per la Coppa del Mondo di sci alpino, dove è possibile organizzare incontri d’affari in combinazione con diverse attività nella natura. Il borgo antico di Maribor, poi, con le antiche gallerie del sottosuolo che accolgono la cantina storica della città e Stara Trta, la più vecchia vite del mondo, è l’ideale per chi non vuole rinunciare a conoscere l’aspetto eno-gastronomico del paese. Se si volesse, infine, chiudere un viaggio d’affari con un bello Swing, il Golf Club di Lipica, la più antica scuderia europea, si trova sul Carso sloveno, a soli 15 km da Trieste.
La Slovenia sta registrando una crescita di incontri ed eventi, nonché gruppi incentive provenienti dall'Italia, tanto che le strutture dell’intero territorio si stanno rinnovando e adeguando ai più elevati standard, per soddisfare anche i clienti più esigenti.
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Per celebrare il ventesimo anniversario del primo libro di Harry Potter, Hotels.com™ ha dato un’occhiata alle ambientazioni più simboliche dei film e dei romanzi, mostrando i posti migliori per rivivere la magia e avventurarsi in un magico tour del Regno Unito.
Da Diagon Alley alla capanna di Hagrid, per addentrarsi nei set del mondo incantato e seguire le orme di Harry, Ron ed Hermione.
1. Diagon Alley
Il primo tour che qualsiasi mago in erba deve assolutamente fare è per le strade lastricate di Diagon Alley, ovvero il mercato londinese di Leadenhall a Londra. Aggirandoti tra la frenesia e il trambusto che lo anima, va’ dritto da Ollivanders a prendere un indispensabile strumento magico. Non perderti l’ingresso segreto per il Paiolo Magico! Nella realtà nel Bull’s Head Passage c’è un ottico.
Va’ appena dietro l’angolo da Threadneedles, Autograph Collection by Marriott, London, e sarai a un passo dalla Polvere Volante della Banca Gringott (Australia House, Strand).
2. Binario 9 ¾
Adesso che hai tutto il necessario per l’anno che ti attende e hai riempito la tua borsa coi libri comprati al Ghirigoro, è tempo di salire sull’Hogwarts Express. Vai a Kings Cross St Pancras, tra i binari per Babbani 9 e 10, e dritto attraverso la parete fino al binario 9 ¾ - è bene essere veloci però perché c’è solo un treno e non vorrai mica perderlo!
Attraversa le porte del St. Pancras Renaissance Hotel London e ti ritroverai a camminare dritto all’interno del film, in quanto l’ingresso della stazione è stato girato proprio qui. All’interno della stazione c’è il binario 9¾ dove puoi testare la tua abilità nello spingere un trolley.
3. Hogsmeade
Fiu! Era abbastanza stretto ma ce l’hai fatta a prendere il treno e a raggiungere la stazione di Hogsmead. Adesso però hai un po’ di nausea, dopo aver mangiato qualche Cioccorana e Gelatine Tutti i Gusti Più Uno di troppo dal carrello di Mielandia.
Alla stazione di Goathland, vicino Whitby, sarà come essere sul binario della stazione di Hogsmeade prima di andare al Lago Nero e prendere la barca per Hogwarts.
4. Hogwarts
Scendendo dalla barca potrai ammirare le imponenti guglie del castello di Hogwarts. La tua prossima emozionante avventura si nasconde nel profondo delle sue mura…
La Cattedrale di Durham è stata il set di Hogwarts in Harry Potter e la Pietra Filosofale e in Harry Potter e la Camera dei Segreti. Sono incluse le scene della liberazione di Edvige nel primo film e della trasformazione degli studenti in animali dentro i calici d’acqua nel secondo.
5. Christ Church, Oxford (The Great Hall)
Ora è il momento più importante per la tua carriera a Hogwarts e non dipende da te ma dal Cappello Parlante che è posto sulla tua testa e valuta la tua indole. Sei un coraggioso Grifondoro, un fedele Tassorosso, un saggio Corvonero o un intelligente Serpeverde?
Esplora la magnifica Grande Sala nei bellissimi dintorni della Christ Church College a Oxford. Una volta sistemato nella tua casa, hai tempo per esplorare il resto di Hogwarts. Fai un viaggio al New College per vedere dove sono state girate le scene del chiostro
6. Lezione di Pozioni
Guardando il tuo orario ti rendi conto che la prossima ora è Lezione di Pozioni e sai che con il professor Piton non conviene essere in ritardo. Mentre vai via di corsa dalla classe professor Raptor, origli gli studenti che stano parlando di uno Specchio delle Brame nascosto da qualche parte nell'edificio.
Molte delle scene in aula del film si sono svolte nell'Abbazia di Lacock a Chippenham, compreso il momento in cui Harry scopre il famoso Specchio delle Brame nel primo film. Esplorando il resto del villaggio di Lacock, troverete che altri luoghi sono stati filmati tra cui la casa di Potter e Budleigh Babberton in cui si trova il professor Lumacorno - semplicemente non sedetevi su nessuna delle poltrone!
7. Il bagno di Mirtilla Malcontenta
Mentre vai verso la prossima lezione, si sente qualcosa come una ragazza che piange - deve essere la ragazza che Piton ha appena sgridato, coì vai a vedere se sta bene. Con tua sorpresa ti trovi in un bagno, e appena ti rendi conto, Mirtilla Malcontenta salta fuori e ti spaventa. Non sei in grado di ripercorrere velocemente il tuo galateo dei fantasmi ma sei abbastanza sicuro che non sia giusto attraversarne uno!
Guarda il set del bagno di Mirtilla Malcontenta nella Cattedrale di Gloucester, insieme all'entrata della sala comune dei Grifondoro e della sala con il messaggio macchiato di sangue.
8. La capanna di Hagrid
Dopo quella che sembra una giornata impossibile piena di cappelli parlanti, fantasmi e insegnanti che si trasformano, è sicuramente il momento di scendere alla capanna di Hagrid per una indispensabile tazza di tè. Le scene della capanna di Hagrid sono state girate nella splendida cornice di Glencoe che si trova nel nord-ovest della Scozia e si affaccia sul fiume Coe.
9. La Tana
Dopo il tuo primo quadrimestre a Hogwarts, hai appena imparato a controllare il mondo magico, comprese le scale mobili, ma sei pronto per le vacanze. Fortunatamente il tuo amico Ron chiede se vuoi trascorrere le vacanze con la sua famiglia alla tana! Le scene filmate alla Tana si sono svolte a Devon, appena fuori dall'idilliaco villaggio di Ottery St Mary.
E poi finalmente per tutti i Babbani che vogliono festeggiare l'anniversario di Harry Potter, Llety Cynin nel Galles del Sud è il posto dove andare, in quanto è stato trasformato in un paradiso magico in cui si viene classificati all’arrivo in Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso o Corvonero e dove si può godere un vero Tè di Mago servito in gabbie di gufo.
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Turismofobia è una parola nuova di zecca, che non abbisogna di grandi spegazioni: esprime lo stato d’animo di chi vive in una città di grande interesse turistico e non ne può più. Per i cambiamenti che i periodi di grande afflusso inevitabilmente generano nelle sue abitudini quotidiane, per il surplus di folla, di rifiuti, di traffico. Per le mutazioni che vanno a interessare particolari delle zone della città, con la sovrabbondanza di esercizi che ai residenti abituali poco servono, con il vicinato che diventa precario, con lo snaturamento del mercato degli affitti, senza contare i problemi di ordine pubblico, in qualche modo legati alla massiccia presenza di venditori abusivi e speriamo non ad altro.
Poi ci sono, se vogliamo, questioni più sottili: che ci stanno a fare legioni di backpackers, mangiatori di hamburger, abituati a sedersi dove capita, in città che custodiscono religiosamente tesori artistici che il mondo invidia e difendono coi denti la loro particolarità e il loro stile?
E’ certamente il caso di Barcellona, dove le proteste per la congestione delle spiagge affollate da fugaci ombre forestiere si sposano con le tensioni per un referendum sull’indipendenza che si vorrebbe anche fare, ma pare dividere la città più di quanto si pensasse. Ma, secondo uno studio di ‘Indipendent’, interessa città diversissime come Arlimgton, Amsterdam, Santorini, Lisbona. Noi stessi abbiamo il macro-esempio di Venezia, incerta se farsi allagare dall’Adriatico o affondare da sola per il peso fisico dei turisti. O di Firenze dove un gruppo di anime gentili ha dato vita a un gruppo whatsapp che invita i visitatori a “fare i bravi”.
E’ un aspetto del famoso ‘turismo sostenibile’, facile da definire quando si tratta di difendere la tartaruga ‘Caretta-Caretta’, ma più arduo da praticare quando si tratta di grandi aree urbane.
Tanto per restare comunque alla questione, da quel che ho capito, turismofobia è un termine che con Barcellona non c’entra molto (anche se manterrà la bandiera di averlo lanciato) perchè la città è quella di sempre, accogliente, movimentata e meritevole di una lunga sosta. Da un’indagine di ‘La Vanguardia’, appare chiaramente che il disagio (o addirittura la repulsione) rimane confnato in una minoranza che raggiungerebbe il 7% della popolazione, mentre il 14% vorrebbe meno turisti, contro il 76% degli abitanti che ritiene che il turismo sia un ottima cosa per Barcellona. Dove del resto è un settore che contribuisce al 15% del PIL e occupa il 9% della forza lavoro.
Registriamo quindi la novità del termine e passiamo a fare un giro in città.
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