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L'allarme arriva dall'Inghilterra e stavolta sembra che lo scenario sia davvero catastrofico: il ghiaccio del Polo Nord potrebbe sparire entro l'anno, per la prima volta in oltre 100mila anni. Studiando i dati dell'Us National Snow&Ice Centre, che mostrano come all'1 giugno di quest'anno i chilometri di ghiaccio fossero solo 11,1 milioni contro una media degli ultimi 30 anni di 12,7, il professore Peter Wadhams, capo del dipartimento Polar Ocean Physics Grup all'Università di Cambridge, è tornato a ribadire come quanto aveva predetto quattro anni fa fosse esatto.
"La mia predizione - racconta Wadhams all''Independent' - rimane. Il ghiaccio dell'Artico può svanire, riducendosi a un'area di meno di un milione di chilometri quadrati. Questo potrebbe accadere già a settembre di quest'anno. Anche se il ghiaccio non dovesse sparire completamente, è probabile che quest'anno si stabilirà un altro record. E sono convinto che si tratti di meno di 3,4 milioni di chilometri quadrati (il record attuale): potrebbe scendere a un milione e se non dovesse accadere quest'anno succederà il prossimo".
L'ultima volta che il Polo Nord rimase senza ghiaccio risale a circa 120milioni di anni fa. Il rapido riscaldamento della zona polare è stato collegato ai recenti fenomeni meteorologici che hanno caratterizzato le scorse stagioni, come tornado e cicloni 'bomba'. E se in Russia il ghiaccio non è presente per la maggior parte dell'anno, secondo gli scienziati, le acque dell'Artico si surriscaldano a ritmi allarmanti. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista 'Nature' dal professor Wadhams e altri ricercatori, questo potrebbe portare a un aumento medio della temperatura globale di 0,6 gradi Celsius in soli cinque anni. "Quando il ghiaccio del mare si ritira, cambia l'intera situazione - ha aggiunto Wadhams - Le persone hanno ragione a essere preoccupate".
Altri scienziati, come il professor Peter Gleick sembrano però più scettici, affermando di "non avere idea" se le previsioni di Wadhams siano corrette o meno. Secondo Gleick, bisogna essere cauti perché, nel caso in cui le affermazioni del collega dovessero risultare inesatte "si creerebbe scetticismo nei confronti dell'intera comunità scientifica". Secondo altri, invece, come Jennifer Francis, professoressa della Rutgers University negli Usa lo scenario catastrofico immaginato dallo scienziato di Cambridge potrebbe essere realistico ma non si verificherà prima del 2030-2050.
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Singapore è pronta per la nuova edizione del Singapore Food Festival, l’annuale evento che celebra il meglio della cucina asiatica attirando estimatori provenienti da tutto il mondo. Dal 15 al 31 Luglio, degustazioni, mercatini, showcooking e workshop culinari animeranno per due settimane la Città del Leone che per l’occasione si trasformerà in un grandissimo street food market.
Numerosi saranno gli appuntamenti che promuoveranno piatti celebri della cucina locale e non, a cominciare da STREAT che si terrà il 15 e il 16 Luglio a Clifford Square. Quì un Collettivo di Chef metterà in contrapposizione hawkers e chef servendo al pubblico i loro piatti più conosciuti allo scopo di mostrare come il cibo a Singapore sia passato attraverso tre fasi: successione, ringiovanimento e innovazione. Sarà disponibile, inoltre, un pop-up restaurant dove verranno organizzati incontri speciali con gli chef.
Gli amanti del cibo da strada non potranno perdersi neanche East Coast Lagoon Food Village dal 15 al 17 Luglio che ospiterà alcune tra le migliori proposte di street food direttamente dai chioschi di Singapore.
Il 23 e 24 Luglio sarà la volta di Open Stoves che darà modo al pubblico di scoprire la vita di uno chef dietro le pareti della sua cucina. I resident chef di Timbre+, uno dei più grandi mercati gastronomici presenti in città con diverse proposte di ristoranti a prezzi accessibili, lavoreranno a 4 mani con special guest per creare piatti innovativi. Oltre al buon cibo non mancheranno showcooking, giochi e sessioni di musica live con band locali.
Per conoscere l’evoluzione della cultura gastronomica di Singapore bisognerà recarsi al Singapore Favourite Food Village dal 22 al 31 Luglio. Qui i membri della SFBA (Singapore Food & Beverage Alliance) illustreranno la tradizione culinaria della città fino ai giorni nostri attraverso 3 aree all’interno della location: heritage/old food street, contemporary mod-sin cuisine, food truck park.
Non mancheranno appuntamenti con il meglio della cucina etnica all’interno della splendida cornice di Gardens By The Bay, creazioni stellate abbinate a delicati cocktail e bancarelle pop-up che proporranno piatti storici della tradizione locale accanto a novità speciali come la chili crab pie.
I visitatori avranno l’occasione, inoltre, di partecipare ad esclusivi workshop per scoprire tutti i segreti della cucina di Singapore, dai menù peranakan fino alla cultura del tè passando per piatti della tradizione etnica di Little India.
Tantissime sono le offerte estive per poter raggiungere Singapore e prendere parte ai festeggiamenti gastronomici oppure, semplicemente, scoprire le meraviglie della città più cosmopolita dell’Asia.
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Le autorità thailandesi hanno chiuso ai visitatori una popolare isola turistica, Koh Tachai, nel parco nazionale delle Isole Similan, dal prossimo 15 ottobre e per un periodo indefinito, per evitarne il degrado ambientale. Lo riferisce il Bangkok Post.
Il direttore del dipartimento dei Parchi nazionali, Tunya Netithammakul, ha detto al giornale che "grazie alla sua bellezza" Koh Tachai è diventata una meta popolare per i turisti thailandesi e stranieri, ma il sovraffollamento ne ha causato "il degrado delle risorse naturali e dell'ambiente". La chiusura dell'isola, ha aggiunto, permetterà il recupero ambientale "prima che il danno diventi irreparabile".
Tutti i parchi nazionali sono chiusi da metà maggio a metà ottobre durante la stagione dei monsoni, ma Koh Tachai rimarrà chiusa a tempo indeterminato.
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Un gemellaggio tra i siti Unesco di Italia e Cina: ecco il ‘bottino’ che porta a casa il sottosegretario ai Beni Culturali Dorina Bianchi, che ha anche la delega al Turismo, dal recente summit G20 sul Turismo di Pechino, dopo un incontro con il vice ministro della Cultura cinese Ding Wei, ex ambasciatore in Italia.
"Abbiamo trovato una grande intesa e il desiderio di valorizzare i rispettivi patrimoni culturali", ha spiegato il sottosegretario al termine della missione in Cina. Se al summit si è parlato di "un forte richiamo alla crescita che può essere generata dal turismo, in ambito bilaterale si è posto l'accento sugli scambi nei rapporti tra i diversi Paesi".
Ecco perché, già da ottobre/novembre, Italia e Cina potrebbero lanciare il primo progetto di gemellaggio tra Pompei e Xian, l'antica capitale della Cina interna famosa per l'imponente armata di terracotta. I due Paesi, rispettivamente il primo e il secondo per numero di siti sotto tutela Unesco, potrebbero quindi diventare un esempio a livello mondiale.
"L'idea è lanciare un gemellaggio turistico-culturale in Cina e Italia per far conoscere questi siti e per definire progetti e programmi realizzabili, non solo teorici", con pacchetti per i turisti cinesi (ed è stato un suggerimento di Ding) già in vista dal prossimo Capodanno lunare, la festività cinese più attesa: proposte per "portare il turismo cinese dalle grandi città, come Roma e Milano, verso siti meno conosciuti".
Intanto, il prossimo evento di settore vedrà il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini a Pechino il 19 luglio sul volo inaugurale di Alitalia della tratta Roma-Pechino. La visita sarà l'occasione, ha ricordato l'ambasciatore italiano in Cina Ettore Sequi, per lavorare "all'adozione dell'intesa sul Forum culturale".
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Il Piton de la Fournaise, vulcano sull'isola di Réunion, è passato dal sonno all'attività per la prima volta quest'anno dopo giorni di intensa attività sismica . Lo scorso anno sono state registrate almeno sei eruzioni, tutte spettacolari tanto da attirare migliaia di turisti sull'isola per assistere all'evento.
L'eruzione più lunga del vulcano è durata 67 giorni - un record per il Piton de la Fournaise. Normalmente il fenomeno dura solo pochissimi giorni.
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Non solo archeologia, ma natura, ambienti intatti e selvaggi, fatti di immensi deserti, zone costiere battute dal vento, montagne maestose e foreste lussureggianti che ospitano il 70% della biodiversità del pianeta: anche questo è Perù, un paese dove si possono scalare cime innevate e fare sandboard sulle dune, dove si pratica il surf e dove avvistare stormi di pappagalli multicolore e giaguari adagiati sui rami degli alberi.
Il Perù ama e tutela questa enorme ricchezza anche attraverso l’istituzione di importanti parchi e riserve naturali, alcune delle quali sono state riconosciute co me Riserve della Biosfera dall’Unesco: andiamo a scoprirle.
Parco Nazionale del Huascarán
Situato nella Cordillera Blanca, la più alta catena montuosa tropicale del mondo, il Parco Nazionale del Huascarán ospita 27 montagne che superano i 6.000 metri, fra cui lo spettacolare Nevado Huascaran che, con i suoi 6.768 metri, è la vetta più alta del Perù.
L’area del parco è attraversata da gole profonde, dove scorrono torrenti impetuosi e si aprono piccoli laghi di origine glaciale, e ospita una vegetazione varia e lussureggiante; ma è forse la fauna a lasciare stupefatti: in questo angolo di natura incontaminata si possono facilmente avvistare mammiferi e uccelli straordinari, come le vigogne, l’orso dagli occhiali e il puma, oltre al condor delle Ande e al colibrì gigante.
Parco Nazionale del Manu
Il Parco Nazionale di Manu (Biosfera Unesco dal 1977) è uno dei più imponenti ed estesi parchi naturali di tutto il mondo e copre una superficie di oltre 1 milione e mezzo di ettari ad altitudini molto diverse, dai 150 ai 4.200 metri sul livello del mare, che favoriscono la sopravvivenza di specie di flora e fauna estremamente varie.
Nella zona di foresta tropicale sono stati censiti 850 tipi di uccelli e animali rari, come la lontra gigante e l’armadillo gigante;in questa zona si avvistano spesso i giaguari, mollemente adagiati sui rami degli alberi, il caimano nero e l’ornitorinco.
All’interno del Parco del Manu vivono anche numerosi gruppi etnici che conducono la loro esistenza nel rispetto di tradizioni millenarie: alcune di queste tribù sono stanziali e in contatto con il mondo moderno, mentre altre vivono in un isolamento volontario, lontane dalle comodità e dalle abitudini della vita contemporanea, ed è possibile che alcune fra queste non siano mai venute a contatto con il mondo esterno.
Riserva della Biosfera del Noroeste
Riconosciuta Riserva della Biosfera dall’UNESCO nel 1977, la Riserva del Noroeste comprende quattro aree naturali protette che si estendono su una superficie di oltre 2.000 kmq nel dipartimento di Tumbes e in quello di Piura. Le due aree più visitate sono quelle del Parque Nacional Cerros de Amotape e del Santuario Nacional los Manglares de Tumbes, che tutela grandi boschi di mangrovie ed è popolato da un'abbondante comunità di invertebrati acquatici di grande importanza economica, così come da specie di fauna in via di estinzione, come il coccodrillo americano; l'ecosistema della foresta tropicale asciutta dei Cerros de Amotape ospita giaguari, condor e formichieri, anche se è più facile avvistare pappagalli, cervi e pecari, ma il luogo dove gli avvistamenti sono più frequenti ed interessanti è certamente la Riserva Nazionale di Tumbes, che oggi fa parte del parco nazionale e ospita coccodrilli, scimmie urlatrici e nutrie, oltre a tantissime varietà di orchidee e numerose specie di volatili.
Riserva della Biosfera Oxapampa - Asháninka - Yanesha
La Riserva della Biosfera Oxapampa, una delle aree protette più belle del Perù, è situata nella regione di Pasco, a cavallo tra la regione andina e quella amazzonica, e comprende parte del Parco Nazionale di Yanachaga - Chemillén, la Riserva Comunale Yanshá, il Bosco di San Matías-San Carlos e una porzione della Riserva Comunale El Sira. La particolare ubicazione -tra foresta pluviale e montagne della cordigliera andina- fa sì che l’ecosistema e il clima siano complessi e vari: la vegetazione passa da piccoli arbusti ed erbe ad alberi di alto fusto, mentre la fauna locale comprende il giaguaro, varie specie di anfibi e rettili e l’aquila arpia, uno dei più gra ndi predatori della zona.
In questo universo naturale convivono anche diversi gruppi etnici, come gli Yanesha e gli Ashaninka, depositari di antichi saperi e di tradizioni ancestrali, alcuni coloni germanici, stabilitisi in queste zone nel XIX secolo, e gruppi di coloni andini, giunti in zona diversi decenni più tardi.
Riserva della Biosfera Gran Pajatén
Ultima in ordine di creazione – l’Unesco l’ha dichiarata Riserva della Biosfera solo qualche giorno fa – la Riserva di Gran Pajatén costituisce un unicum nel suo genere: si tratta infatti di un luogo misto, dove natura e archeologia sono strettamente intrecciati.
Estesa su un territorio di oltre 2 milioni e mezzo di ettari su 30 distretti di otto province delle regioni di Amazonas, La Libertad e San Martin, il nucleo centrale della Riserva della Biosfera di Gran Pajatén è il Parco Nazionale Rio Abiseo, un'area naturale protetta di straordinaria ricchezza che conserva la più grande manifestazione della cultura Chachapoyas, tra cui il sito archeologico di G ran Pajatén, considerato da molti un potenziale rivale della più celebre Machu Picchu.
Il sito si trova su una collina sul versante amazzonico della catena montuosa orientale delle Ande, alla confluenza dei fiumi Marañon e Huallaga, ed è costituito da una serie di almeno 26 strutture circolari in pietra, numerose terrazze e scalinate; le rovine occupano una superficie di circa 20.000 mq e gli edifici principali sono decorati con complessi mosaici in ardesia che mostrano motivi geometrici raffigurati uccelli ed esseri umani e numerose sculture in pietra, tipiche della cultura Chachapoyas.
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