Enoteca Regionale di Dozza.
A Bologna nel novembre 2017 è stato inaugurato di FICO (Fabbrica Italiana Contadina), il parco agroalimentare più grande del mondo sorto sull’area del CAAB (centro agroalimentare bolognese) per “raccontare” l’eccellenza enogastronomica e l’alta qualità dell’agroalimentare italiano. Un po’ di cifre per rendersi conto di cosa stiamo parlando: una estensione di 100.000 metri quadrati, 2 ettari di campi e stalle all’aria aperta, 8 ettari destinati a 40 fabbriche, oltre 40 luoghi di ristoro tra cui bistrot, ristoranti stellati, chioschi di street food. E ancora: aree dedicate alle fattorie, un enorme mercato con le eccellenze del Made in Italy, 6 aree dedicate allo sport (tra cui un campo di beach volley), ai bambini, alla lettura, 6 aule didattiche, 6 grandi “giostre” educative dedicate al fuoco, alla terra, al mare, agli animali, al vino e al futuro. Per convegni, team building e meeting, FICO contiene anche un Centro Congressi attrezzato, modulabile da 50 a 1000 persone. E per imparare e divertirsi previsti 30 eventi e 50 corsi al giorno tra aule, teatro e spazi didattici. L’ingresso è gratuito e l’itinerario può essere percorso a piedi o in biciletta, libero o assistito da “ambasciatori” della biodiversità italiana.
Gli ultimi dati Istat, messi in rilievo da Coldiretti, evidenziano il successo dell’attività agrituristica in Italia, leader mondiale nel settore. Nel nostro Paese si contano 22.661 aziende agrituristiche autorizzate con più di 12,1 milioni di presenze. Tra i motivi di maggior apprezzamento dell’agriturismo Made in Italy c’è sicuramente la capacità di mantenere inalterate le tradizioni enogastronomiche, ma nel tempo sono cresciuti altri servizi innovativi per gli ambientalisti, gli sportivi (equitazione, trekking, tiro con l’arco), e per chi ama attività culturali come la visita di percorsi archeologici o naturalistici, proposte wellness e corsi di cucina. L’Italia – rileva Coldiretti – è l’unico Paese al mondo che alla bellezza del paesaggio può aggiungere 292 specialità Dop/Igp riconosciute a livello europeo e ora ha conquistato anche il primato green con quasi 60.000 aziende agricole biologiche in Europa.
C’è anche un “patriarca” di almeno 200 anni (che ancora oggi produce 200 Kg di olive l’anno) tra gli antichi olivi che costituiscono il Sentiero dell’Olio a Brisighella, (RA), terra di produzione di olio Dop. Il sentiero, lungo circa 7 Km, parte dalla stazione di Brisighella, risale il borgo attraverso la Via degli Asini fino al Monticino e al parco geologico, per poi entrare nel parco della Vena del Gesso fino al rifugio Carnè. Si snoda quindi verso Rontana per poi ridiscendere la vallata lungo Via Valloni fino alla sede del Consorzio di tutela e valorizzazione dell’olio Dop Brisighella.
A Carpi (MO) si trova Balsamico Village, il primo parco tematico d’Europa dedicato all’Aceto Balsamico di Modena Igp. Questa eccellenza della gastronomia emiliana, si potrà scoprire, con l’aiuto di guide, attraverso un parco di oltre 40.000 mq, tra 70 ettari di vigneti e cantine, sentieri e pannelli illustrativi sulla “Balsamic Valley” tra Carpi e Correggio (RE), raccontando l’intera filiera di produzione. Il progetto è stato realizzato dal Gruppo De Nigris, leader italiano nella produzione dell’aceto balsamico. La visita standard è gratuita e prevede anche una piccola degustazione.
Il cibo non solo come simbolo di un territorio, ma di un’intera comunità: è anche grazie a questi elementi che nel 2016 Parma ha conquistato il titolo Unesco di Città Creativa per l’Enogastronomia. Si tratta di un riconoscimento doppiamente prestigioso, visto che è stata la prima città italiana a fregiarsene. Non solo, Parma è stata anche eletta Coordinatrice della Partnership e dei progetti internazionali, assumendo un ruolo di spicco nella guida delle 18 Città Creative della Gastronomia Unesco.
Culla della Food Valley, Parma può contare su un importante paniere di prodotti a marchio Dop e Igp (dal Parmigiano Reggiano al Culatello di Zibello, dal Prosciutto di Parma al Salame Felino) noti in tutto il mondo. La capitale della Food Valley possiede anche un vero e proprio sistema museale legato al cibo. Ecco le gustose “collezioni” presenti sul territorio: Prosciutto di Parma a Langhirano, Parmigiano Reggiano a Soragna, Salame di Felino a Felino, Vino a Sala Baganza, Pasta e Pomodoro a Collecchio. Questi musei del cibo si trovano in splendide e suggestive location, aree protette, castelli, corti agricole, e sono tutti a pochi km da Parma.
Parma è sede dell’Alma, la Scuola Internazionale di Cucina. Fondata nel 2003, l’Alma ha sede nello splendido Palazzo Ducale di Colorno.
A Parma si trova anche uno degli uffici strategici dell’Unione Europea: è l’Efsa, sigla che sta per European Food Safety Authority, ovvero Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Istituita nel 2002, l’Efsa è nata come fonte indipendente di consulenza e di comunicazioni sui rischi associati alla catena alimentare.
Un ristorante a 3 stelle Michelin, due a 2 stelle e 19 a 1 stella, da Piacenza a Cattolica, con la new entry di Abocar Due Cucine di Rimini che ha guadagnato la sua prima stella.
E’ di 22 ristoranti stellati il palmares della cucina stellata emiliano romagnola secondo la Guida Michelin 2019. Confermate le tre stelle a Massimo Bottura e alla sua Osteria Francescana, seguito dal ristorante San Domenico di Imola (Bo) e dal Magnolia di Cesenatico (Fc), entrambi con due stelle. Bottura, ambasciatore del made in Italy, nel 2018 è stato anche riconfermato primo al mondo tra gli chef del The World’s 50 Best Restaurants, la guida internazionale annuale che raccoglie i migliori 50 ristoranti nel mondo. Tornando alla Michelin, l’Emilia Romagna, guida la classifica dei ristoranti Bib Gourmand, la Cucina di qualità a prezzo contenuto (meno di 35 euro) nelle città capoluogo. Sui 257 totali presenti nella mitica guida 2019, 32 si trovano tra Piacenza e Rimini. Il segreto di questi successi? La passione per la buona tavola e la possibilità per gli chef di utilizzare un patrimonio di prodotti tipici e ricette della tradizione che ben si presta a reinterpretazioni creative.
E secondo una ricerca commissionata da Michelin a JFC, il valore territoriale che sono in grado di attivare i ristoranti “stellati Michelin” ed i “Bib Gourmand” a livello nazionale si riscontra al massimo grado in Emilia Romagna. Nel 2018 in Regione i 22 ristoranti stellati Michelin ed i 32 “Bib Gourmand” hanno generato complessivamente ben 98 milioni di Euro di fatturato. Di questa somma, solo il 42% è fatturato diretto per i ristoranti, mentre il 58%, pari a 57 Milioni di Euro, rappresenta l’indotto distribuito a beneficio del territorio, tra servizi, commercio ed ospitalità. Ogni ristorante Michelin ha genera un beneficio medio per il territorio pari a 862mila euro, grazie ad una spesa extra ristorante di ogni singolo ospite pari a 113,90 Euro, con un valore economico complessivo pari a 37 milioni di euro, tra diretto ed indotto. Alto anche il valore economico complessivo generato dai Bib Gourmand, che tocca i 52 milioni di euro, grazie ad un fatturato indotto sul territorio pari a 882mila euro come valore medio per ogni ristorante ed una spesa extra per cliente quantificabile in 41,30 euro.
Agli appassionati di cucina e per il turista buongustaio che vuole conoscere non solo i prodotti del territorio, ma anche il modo tradizionale di cucinarli, l’Emilia Romagna offre decine di corsi di cucina. Tra le tante proposte regionali, a Forlimpopoli (FO-CE) c’è la Scuola di Cucina di Casa Artusi (proprio nel 2020 ricorrono i 200 anni dalla nascita di Pellegrino Artusi, primo decodificatore della cucina regionale italiana), dove un ruolo fondamentale è quello svolto dall’Associazione delle Mariette. Queste particolari “insegnanti”, che devono il loro nome all’insostituibile cuoca e governante di Pellegrino Artusi, Marietta Sabatini, svelano il mondo dei sapori e delle eccellenze della cucina romagnola tradizionale ad allievi che provengono da ogni parte del mondo. Dai segreti della pasta fresca all’uovo fatta a mano e tirata al mattarello, fino alle regole per preparare la piadina entrata tra gli Igp europei, le Mariette sono a disposizione di appassionati desiderosi di imparare e di professionisti che vogliono affinare la propria abilità. Il calendario dei corsi sul sito di Casa Artusi.
Ad alcuni dei più celebri “gioielli” enogastronomici dell’Emilia Romagna sono dedicati 25 musei che ne raccontano la storia, i complessi procedimenti produttivi e tante curiosità. In questi particolari “templi” del gusto, il visitatore è guidato da testimonianze, racconti, immagini inedite e degustazioni. Si va alla scoperta del Parmigiano Reggiano, dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, del Prosciutto di Parma, del Culatello, del Salame di Felino, del Formaggio di Fossa, del Sale di Cervia, dell’Olio di Brisighella, del Marrone di Castel del Rio, dell’Anguilla di Comacchio, del Pane ferrarese, del Lambrusco, del miele, della frutta, della patata, del pomodoro, senza dimenticare l’ultimo arrivato in ordine di tempo, il Museo del Culatello e del Masalén (norcino). Tra questi speciali musei ci sono anche Casa Artusi a Forlimpopoli, primo centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana, sede di corsi di divulgazione e di convegni, e l’Enoteca Regionale di Dozza, una “biblioteca enologica” che rende omaggio ai rossi e bianchi dell’Emilia Romagna.
Info sul sito dedicato.
Fritto di pesce da asporto, piadina romagnola, crescentina, gnocco fritto, erbazzone, borlengo: in una sola parola, street food dell’Emilia Romagna. Da Piacenza a Cattolica, questa golosa regione vanta numerose declinazioni del cibo di strada, grazie a migliaia di chioschetti, baracchine, bar, piadinerie e ad una lunga tradizione legata al cibo “povero”, da consumare velocemente, in piedi. A dominare incontrastati sulle strade, i lungomari, i porticcioli e le piazze della Riviera Romagnola sono il fritto di pesce nel cono di carta, gli spiedini di pesce da asporto e la piadina, sia nella declinazione riminese, più sottile e povera di grassi, che in quella romagnola, più “alta” e fatta con lo strutto. C’è chi addirittura ha unito questi due must, proponendo il fritto di pesce in un cono di piadina. E se Rimini è la patria della piadina sottile, per scoprirne le tantissime varianti c’è la guida, anche in formato web app per smartphone, “Rimini Street Food”, che raccoglie un centinaio tra storici baracchini e piadinerie della località balneare. Per chi invece si trovasse tra Cesenatico e l’entroterra, da provare anche la variante fritta della piadina, squisita se abbinata alla freschezza del formaggio Squaquerone. Spostandosi verso l’Emilia, nel bolognese, ecco comparire la crescentina fritta, sorta di pane fritto, “parente” dello gnocco fritto modenese e della piadina fritta romagnola, da accompagnare con i più tradizionali salumi emiliani. Anche nel modenese si parla di crescentina (spesso erroneamente chiamata tigella, dal nome dello stampo in terracotta in cui si cuoceva un tempo), ma si tratta questa volta di una sorta di focaccina lievitata che si gusta affettata e farcita con pesto modenese (un battuto di lardo di maiale, aglio e rosmarino) e Parmigiano Reggiano grattugiato, oppure affettato, formaggi freschi e verdure sottaceto. In base a dove ci si trova, poi, lo gnocco fritto modenese assume un nuovo nome: diventa la torta fritta nel parmense e il pinzino nel ferrarese.Rimanendo nel modenese, ma spostandosi verso la montagna, ecco spuntare il borlengo, sorta di crêpe molto sottile e croccante ottenuta da un semplice impasto liquido, detto colla, a base di acqua (o latte), farina, sale e talvolta anche uova. Il ripieno tradizionale, la “cunza”, consiste in un battuto di lardo, aglio e rosmarino, oltre ad una spolverata di Parmigiano Reggiano. Si serve molto caldo, ripiegato in quattro parti.
E’ invece una tipica preparazione della zona di Reggio Emilia l’erbazzone, torta salata di verdure composta da un fondo e un coperchio di pasta non lievitata, acqua, strutto e sale, poi riempita da un impasto di bietole e spinaci, ripassati in un soffritto di cipolla e lardo, e insaporito da abbondante Parmigiano-Reggiano.
La redazione
C’è sempre una buona ragione per regalarsi una gita fuori porta. La scoperta di un luogo mai visitato, la voglia di evasione per un giorno dalla grande città, il desiderio di ammazzare la routine. C’è una cittadina lombarda che merita a pieno titolo di essere inserita nella lista delle destinazioni: Vigevano. Elegante e piena di storia, vanta una delle piazze più belle d’Europa, una tradizione calzaturiera che si traduce in un interessante museo, il Castello Sforzesco dove si possono trovare gli inequivocabili segni del passaggio di personaggi come Leonardo da Vinci e Bramante.
Adagiata tra campagna e parco del Ticino evoca quelle atmosfere rilassate comuni a tutti i piccoli centri, una pausa antistress davvero rigenerante. Però … siamo pur sempre italiani e per quante ragioni possiamo avere per visitare un luogo non possiamo prescindere dall’aspetto gastronomico. La domanda “dove vado a mangiare?”, diciamocelo, ce la poniamo tutti quando usciamo dalle certezze della nostra città.
Per la scelta ci si può affidare al caso, all’istinto o accettare il consiglio di chi un posto l’ha già provato e si sente di raccomandare quel locale sopra ogni altro. E’ il caso di Class, il ristorante a Vigevano testato e garantito.
RISTORANTE CLASS – IL LOCALE
Nelle immediate vicinanze del centro di Vigevano, ha pregi che tutti potranno apprezzare. Il primo, ancora prima di entrare, è la facilità di parcheggio. Chi non ha mai maledetto la scelta di un locale per aver perso un tempo infinito per lasciare l’auto, alzi la mano! Altro pregio è l’accesso. Si passa con pochi passi da un contesto urbano a un’oasi verde che riporta vagamente ad atmosfere orientali, con un dehor elegante e ben attrezzato. Il paradiso per gli irriducibili fumatori che normalmente si ritrovano castigati in piedi in un angolo. L’interno del ristorante è la vera sorpresa. Luminosissimo grazie alle ampie vetrate, il bianco e il legno chiaro imperano e si è sovrastati dallo scintillio di grandi lampadari che pendono da un soffitto altissimo.
LA CUCINA DEL CLASS
La cucina del ristorante è il regno di Dario Spagnuolo, lo chef. Residenza Vigevanese ma stretti legami con la Liguria lo portano a proporre molti piatti di pesce, senza trascurare però la carne. Proposte tradizionali, innovative, che strizzano l’occhio anche ad altri Paesi del mondo, grazie alle esperienze acquisite all’estero dallo chef. E un asso nella manica per molte cotture: il forno Josper, che combina la tradizionale funzione di forno a quella della griglia. Le materie prime naturalmente sono di prima qualità, ma questo non è garanzia di buona cucina. L’esperienza, l’abilità e le competenze di chef Spagnuolo nel trattarle invece si.
LA PINSA AL CLASS
Se siete dei pizza lovers, questa stretta parente la dovete proprio provare. L’impasto è composto, a differenza della pizza tradizionale, da farina di riso, frumento e soia. La lievitazione è ottenuta con lievito madre e un’attesa di oltre 30 ore. Le farciture molteplici per soddisfare tutti i gusti. Perfetta da sola o da condividere con gli altri commensali in attesa della portata scelta da menù della cucina.
E se dopo tutte queste belle sorprese gastronomiche temete la nota dolente del conto … beh, vi sbagliate, perché i prezzi non vi faranno perdere il sorriso ma vi invoglieranno a tornare presto.
Paola Drera
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