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E' di qualche anno fa la realizzazione di un'importante collaborazione tra Italia e Algeria, che ha portato al recupero del Mosaico "Trionfo indiano di Dioniso", restaurato grazie alla collaborazione tra Eni, Ministero della Cultura algerino, Università Roma Tre e Museo Archeologico Nazionale di Sétif, presso il quale è custodita l'opera.
L'operazione ha fatto seguito al Protocollo d'accordo firmato il 16 luglio 2008 tra Eni, il Ministero della Cultura algerino e l'Università Roma Tre, sotto l'Alto Patrocinio dell'Ambasciata Italiana ad Algeri, che ha sancito la cooperazione tra le parti sulle attività di restauro e sulla formazione di tecnici algerini. I lavori di restauro del Mosaico, che risale al III secolo d.C. e rappresenta un documento artistico eccezionale nel panorama dei mosaici algerini, sono stati avviati nell'ottobre del 2008 e si sono svolti in due fasi: la ricomposizione del bordo, inedito e conservato in frammenti nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale fin dagli anni 70, e il restauro completo del pannello centrale.
Il restauro è stato reso possibile dalla collaborazione fra i restauratori italiani (CSR Restauro), gli archeologici dell'Università di Roma Tre e gli apprendisti tecnici restauratori algerini, provenienti dai Musei di Sétif, Cherchell, Tipaza e Djamila che, per tutta la durata dell'intervento, hanno beneficiato della costituzione di una vera e proprio scuola cantiere, teorica e soprattutto pratica. L'iniziativa rappresenta un primo e rilevante passo verso un piano di riqualificazione culturale e valorizzazione turistica dell'area facente capo ai centri di Sétif e della vicina Djemila (antica città romana di Cuicul), che ospita un notevole complesso di mosaici provenienti dagli scavi del sito antico.
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Il Mausoleo reale di Mauretania (in francese Tombeau de la Chrétienne, in arabo Kbour-er-Roumia) è un sito archeologico di età numidica. (foto On the Road)
Si tratta del monumento più celebre costruito dai sovrani mauretani Giuba II e Cleopatra Selene; eretto su un crinale di colline a ridosso della costa vicino a Tipasa, il monumento domina la pianura di Mitidja ad oltre 250 m di altitudine. L'edificio è un tumulo di pietra di circa 80 metri cubi, di forma cilindrica alla base e troncoconica nella copertura, misurante 60,9 m di diametro e 32,4 m di altezza.
Si compone di una parte cilindrica decorata nella sua circonferenza (185,5 m) da 60 colonne sormontate da capitelli ionici che sostengono un cornicione. Questa sezione presenta quattro finte porte ai punti cardinali. Si tratta di pannelli di pietra alti 6,9 m, incorniciati in uno stipite della porta e con al centro una croce, da cui è derivato il nome francese. La parte conica superiore è costituita da 33 strati di pietre, di 58 cm di altezza, e termina con una piattaforma. L'ingresso attuale del monumento, a lungo ignorato, è situato nel seminterrato, sotto la falsa porta d'Oriente. Il monumento è stato scoperto durante gli scavi condotti nel 1865 da Adrian Berbrugger, ispettore degli edifici storici, su richiesta di Napoleone III. Si tratta di una porta bassa (1,1 m di altezza) e stretta, con una lastra scorrevole di arenaria
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Con i suoi cinque secoli di storia, il caffè turco è uno dei simboli della Turchia nel mondo, per questo l’Unesco nel dicembre scorso ha deciso di preservarlo inserendolo tra i beni immateriali patrimonio dell’umanità.
La storia del caffè turco sembra aver inizio quando nel 1555 il governatore yemenita Özdemir Pasha portò questa tecnica di preparazione a Istanbul e, da allora, l’abitudine di bere il caffè si diffuse in tutto l’impero ottomano. La sua prepazione è antichissima e unica. Il caffè viene macinato sino a diventare una polvere finissima e secondo la tradizione viene fatto bollire per tre volte all’interno di un particolare bricco in ottone o rame, il Cezve o Ibrik, assieme allo zucchero e spezie a seconda dei gusti. La bevanda ottenuta ha una consistenza sciropposa e viene servita in tazzine di ceramica basse. Per assaporarlo è necessario attendere qualche minuto perchè la polvere decanti sul fondo della tazzina.
Questa preparazione elaborata ed estremamente rituale è alla base del detto turco: “Una tazza di caffè si ricorda per quarant’anni”. Questo modo di dire sottende anche la centralità del caffè al risveglio, durante le visite degli ospiti, le feste e le cerimonie. E poi c’è la magia, il mistero, il fascino della caffeomanzia: la lettura dei fondi del caffè. La tradizione vuole infatti che una volta bevuto il caffè si volti la tazzina e la si lasci raffreddare. Il sedimento depositatosi sul fondo e sulle pareti assume forme particolari, si dice che le figure che appaiono nella tazza rappresentino il futuro e i residui scivolati sul piattino il presente. Anche i più scettici alla divinazione del futuro difficilmente rimangono indifferenti a questa pratica così antica ed in Turchia ancora così diffusa. Precorrendo il riconoscimento dell’Unesco, nel 2012 a Istanbul, all’interno del Museo delle Arti Turche ed Islamiche, è stata aperta un’apposita sezione dedicata proprio al caffè turco dove si rievoca la storia di questa bevanda e dove i visitatori possono degustare il caffè, apprendere la tecnica di preparazione e ricevere un autentico attestato, perchè il caffè non si dimentichi davvero per 40 anni e oltre, come dice l’antico detto.
Sara Rossi
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Che esperienza esaltante ritrovarsi ancora a Marrakesh, immersi in una città che rimanda ai tempi più remoti delle origini, le linee e i colori delle architetture che si armonizzano con lo stile occidentale dei ristoranti e delle boutiques e richiamano, il fascino della città imperiale cui il Marocco deve il suo nome. Quest’anno, dopo la fantastica esperienza del 2004, la Fijet vi ha tenuto il suo 55° Congresso. Con la delegazione abbiamo ripercorso le strade della “Città Rossa” e di nuovo è stata una magnifica sorpresa. Ancora una volta non ho potuto sottrarmi al fascino di Piazza Jemaa el Fna e il profumo di te alla menta e pane appena sfornato hanno riacceso in me vecchi ricordi.
Al mattino, la piazza, è un chiassoso mercato dove le grida dei venditori si mischiano alle voci dei gabbiani e, dai vassoi argentati, i bicchierini di te passano da una mano all’altra. Come amo questo luogo così caotico e variopinto, brulicante di un’umanità varia e sconcertante: cantastorie, giocolieri, musicisti, cartomanti, tatuatrici, danzatori berberi, incantatori di serpenti, venditori di dentiere e medicinali miracolosi, scimmie, e infine i famosi venditori d’acqua con i vestiti rossi, i grandi cappelli e le molte borracce di pelle. Tutti insieme danno vita a un fantastico teatro all’aperto dove ognuno recita con maestria la propria parte in un coro di voci gridate e cantate, riportandoti ad un tempo infinitamente lontano.
Questa piazza dal nome un pò macabro, “la riunione dei trapassati”, è il posto più vivo e animato della città. Il nome gli viene dal fatto che in passato, in questo luogo, venivano lette le sentenze capitali e, dopo le esecuzioni, esposte le teste dei giustiziati.
Dopo una pausa nelle ore più calde, Jemaa el Fna cambia volto: rotoli di stoffe colorate, erbe medicinali, datteri e uova di struzzo, cedono il posto a banchetti con tavole e panche, dando vita a un immenso ristorante dove, all’imbrunire, l’odore del kebab intride l’aria e puoi mangiare veramente di tutto. E la qualità è veramente straordinaria.
Questa piazza è un luogo autentico e molto vissuto dagli abitanti del luogo. Soltanto poche attività sono rivolte ai turisti, infatti anche i venditori di souvenirs sono disposti lungo il lato nord, dove iniziano i souk.
I souk.... in questo nome una promessa di forme, colori, suoni, odori. Dalla piazza enorme e soleggiata si entra in un groviglio di stradine coperte da tettoie di canne che creano un’atmosfera completamente diversa, di penombra e sottili tagli di luce. Qui le botteghe si susseguono e negozi di ogni tipo espongono le loro mercanzie. Si cammina titubanti per i vicoli, perchè ogni volta che giri l’angolo c’è un bivio, decidi dove andare e ti ritrovi ad un altro bivio, un labirinto inquietante che sembra quasi pericoloso. Invece l’unico pericolo qui sono le vespe e i motorini che veloci sfrecciano carichi di frutta o altre mercanzie per le strette viuzze. “Balek”, gridano i conducenti per avvisarti del passaggio ed è un’espressione che ti conviene imparare presto se non vuoi venirne travolta.
In questa immensa esposizione di oggetti e reperti di ogni genere, lampade, babbucce, ceramiche, borse, bigiotteria, spezie, tappeti, ci si sente frastornati.
Nel souk gli antichi mestieri sono la testimonianza di un tempo vivo e presente: osservi gli artigiani e resti affascinata e rapita. Tre botteghe mi sono entrate nel cuore: quella del fabbro, del fornaio e della manifattura di tappeti. Il fabbro, fra mille scintille, lavorava i pezzi di una vecchia bicicletta per trasformarli in una lampada. Nell’antro del fornaio invece il tempo pareva essersi fermato: le crepe sui muri, il giaciglio, i colori cupi e rossastri dell’insieme, ti rimandavano ai dipinti fiamminghi e se non fosse stato per uno sgangherato stereo sembrava di essere entrati nella macchina del tempo. Quando poi esci dal souk Zarbia, ancora con l’odore acre delle tinte nelle narici e negli occhi gli intriganti disegni dei tappeti, stilemi arcaici dell’antico sapere berbero, scopri dentro di te l’illusione di aver familiarizzato con questo antico popolo vissuto sulla catena dell’Atlante.
Insomma questa fascinosa città non ti delude mai. Percorro la via del ritorno verso l’hotel con la mente ancora pervasa di suoni, immagini e colori e con una sensazione inebriante di felicità che una giornata così intensa mi ha regalato.
Cecilia Nonnis
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Comunicato ufficiale del Ministero degli Esteri. Diffuso il 28.02.2014. Tutt'ora valido.
"In considerazione del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza si sconsigliano i viaggi in tutta la penisola del Sinai comprese le località balneari ivi situate, quali Sharm el-Sheik, Dahab, Nuweiba e Taba.
Si sconsigliano inoltre tutti i viaggi non indispensabili in Egitto in località diverse dalle aree turistiche dell'alto Egitto, della costa continentale del Mar Rosso e di quella del Mar Mediterraneo.
Si continua infatti a registrare in Egitto un clima di instabilità e turbolenza che spesso sfocia in gravi turbative per la sicurezza. Tale perdurante e difficile fase di transizione conferma la possibilità di azioni ostili di stampo terroristico in tutto il Paese, eventualità di cui ogni connazionale che si rechi in Egitto, anche nelle aree turistiche, deve essere pienamente consapevole anche alla luce dell’attentato a Taba (foto) che ha coinvolto turisti stranieri e delle minacce diffuse di recente da gruppi jihadisti.
www.viaggiaresicuri.it
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