Negli ultimi dieci anni, l’impatto del turismo sull’Islanda è cresciuto velocemente, contribuendo a quasi il 7% del PIL nazionale. Più di 600 mila turisti nel 2011.

Perché visitare una terra così lontana e desolata dall’Italia? La risposta è semplice: la natura incontaminata e il suo silenzio accattivante.

Di solito, la maggiore parte dei visitatori segue il tragitto del Ring Road, ovvero da Reykjavik, la capitale dell’isola nonché unica 'vera' città (su una popolazione di 318.000 persone, due terzi vive qui), percorrendo la Strada 1 da ovest verso est. Sicuramente, in questo itinerario classico, si possono ammirare diversi spettacoli naturali: il Golden Circle, il quale comprende la cascata Gullfoss, i Geysir e il Parco Pingvellir, punto in cui nel 2007 un terremoto ha spaccato letteralmente la terra in due, portando in evidenza l’incontro della placca nordamericana con quella euroasiatica.

Proseguendo, si possono vedere diversi ghiacciai come il Mydalsjokull e il più grande Vatnajokull, dove si trovano gli iceberg della laguna di Jokulsarlon.

Tuttavia, se volete fare una esperienza originale, il consiglio è quello di gettare la mappa al vento e uscire dal Ring Road, visitando le isole Vestmannaeyjar e Sprengisandur. Le prime, si possono raggiungere con 25 minuti di aereo dalla capitale, oppure con un traghetto (30 minuti di crociera) dal paesino di Landeyjahofn. La seconda opzione è decisamente la migliore, poiché potete scorgere chiaramente il famigerato e impronunciabile vulcano Eyafjallajokull, le cui eruzioni hanno bloccato il traffico aereo nel marzo 2010, dando visibilità mondiale all’isola scandinava.

Una volta arrivati a Heimaey, l’isola principale e l’unica abitata dell’arcipelago delle Vestmannaeyjar, le attività sono numerose: giro in barca con la speranza di vedere balene e orche, passeggiare lungo la costa meridionale per avvistare le pulcinelle di mare, contemplare la conformazione della parte orientale, formatasi dopo l’eruzione del vulcano Eldfell nel 1973, il quale distrusse numerose abitazioni. 'Pompei del nord' è il nome dato al progetto per riportare in luce le case sotterrate, dando l’opportunità ai visitatori di vedere con i propri occhi il progredire dei lavori e l’entità del disastro.

L’ultimo weekend di luglio si tiene qui uno dei più grandi festival islandesi, per commemorare i primi abitanti del luogo. Inoltre, l’arcipelago ha una storia affascinante di per sé. Le isole si chiamano così dopo che gli irlandesi catturati e ridotti in schiavitù dai nordici gaelici, i quali si autonominavano 'Eastmen', uomini dell’est, per evidenziare la netta contrapposizione con gli 'Westmen', quelli dell’ovest, corrispondenti agli allora irlandesi, anche se geograficamente l’Irlanda è più a est della stessa Islanda. Nel 1627, arrivarono persino dei pirati algerini, attaccandola.

Sprengisandur, invece, il secondo luogo fuori dalla mappa classica, è più difficile da raggiungere, meglio noleggiare una jeep. Si trova nel centro-est dell’Islanda, uscendo dalla Strada 1 in prossimità di Fjallabaksleid: le strade cominciano a non esistere più, solo sentieri sempre più piccoli, tanto da essere costretti, alla fine, a camminare per circa 15 minuti. Se avete già visitato il deserto australiano, preparatevi a qualcosa di simile, ma più estremo. Il paesaggio è decisamente lunare: desolazione e panorami infiniti di terra nera e rimasugli di lava antica. Indescrivibile a parole. Non per tutti.

Certo, dopo delle giornate così impegnative, meglio approfittare delle numerose piscine geotermiche sparse per la capitale (la più famosa è la Blue Lagoon, troppo turistica ma ne vale la pena per il paesaggio circostante) e l’isola per rilassarsi tra le calde acque.

Ricordate: il tempo ha un ruolo molto importante in Islanda, non a caso gli islandesi credono che una loro tipica giornata contiene tutte e quattro le stagioni, quindi è inutile pianificare nel dettaglio il proprio viaggio.

Matteo Preabianca