Al via a Praga, nei 45 anni dal suo sacrificio, un progetto di ristrutturazione della casa dei genitori di Jan Palach, lo studente che nel 1969 si diede fuoco per protesta contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Il Parlamento ceco ha di recente approvato lo stanziamento di 240.000 euro per restaurare la casa del padre a Vsetaty, presso Melnik, a nord di Praga. L’edificio dovrebbe essere convertito in un museo. Si ipotizza anche di ristrutturare la pasticceria del padre, ubicata nello stesso immobile, che gli fu espropriata dal regime comunista negli anni ’50.
“L’obbiettivo è conservare la memoria di Palach, cresciuto in questa casa, onorare il suo sacrificio, mostrare l’alto senso morale e il patriottismo di questo giovane e incoraggiare la gente a non essere indifferente dinanzi a ciò che accade nella società”, spiega Jan Poukar, fondatore dell’associazione “Nazione Estinta”, che si adopera da due anni per il museo nella casa vuota e malridotta dei Palach. All’interno, i lavori prevedono la risistemazione della camera di Palach, nelle altre stanze dovrebbe essere allestita una mostra audiovisiva per documentare il clima opprimente dell’epoca. Nato l’11 agosto 1948, ovvero l’anno dell’arrivo al potere del regime comunista con un colpo di stato, Jan Palach trascorse a Vsetaty l’infanzia e la gioventù, fino a quando, a 19 anni, iniziò gli studi di lettere all’Università Carlo a Praga. Il 16 gennaio 1969, a 21 anni, Jan Palach si immolò dandosi fuoco in piazza San Venceslao per protestare contro l’occupazione sovietica, cominciata con l’invasione dei carri armati nell’agosto 1968 per reprimere nel sangue l’esperimento del “socialismo dal volto umano” di riforme e libertà di Dubcek, la ben nota “Primavera di Praga”. Jan morì a seguito delle ustioni tre giorni dopo, il 19 gennaio 1969.