(di Sara Rossi)
Un viaggio in una terra ancora in gran parte selvaggia a un passo dall'Italia, per l'esattezza 70 chilometri di mare, sto parlando dell'Albania. Una storia unica nel panorama del vecchio continente, spiagge meravigliose, ma soprattutto delle montagne dove il turismo si è appena affacciato. In un territorio grande poco più della Lombardia si concentra la vita di una nazione che ha mantenuto tradizioni uniche, a partire dalla lingua. L'albanese deriva dall'illirico, un idioma parlato dall'antica popolazione originaria dei Balcani occidentali, una lingua incomprensibile, sia nella sua declinazione ghegh ancora utilizzato nel nord del paese, sia nel dialetto tosk usato nel Sud, ma rimarrete stupiti nel sentire discorrere in fluente italiano anche nei borghi più sperduti, raggiungibili solo a piedi, dell'estremo settentrione.
Gli italiani sono amati, “i greci no” è facile sentirsi dire. La terra delle aquile, così denominata perché solo sino a pochi anni fa era possibile avvistare numerosi esemplari del nobile rapace roteare maestosi sulle cime più alte delle “Alpi albanesi”, è stata per secoli un territorio di occupazione, dei turchi in primis. Proprio all'arrivo degli ottomani è legata la figura mitologica, o comunque certamente mitizzata, di Gjergj Kastrioti Skenderbeu, conosciuto come Skanderbeg, nobile condottiero originario di Kruja una bellissima cittadina a 40 chilometri da Tirana, che per 25 anni, dal 1444 al 1468 guidò i principi albanesi, riuniti nella lega di Lezha, contro l'avanzata turca nella regione. Le audaci imprese di quello che oggi è l'eroe nazionale per eccellenza, tanto da vedere a lui dedicata la principale piazza di Tirana, dove campeggia con una sua statua equestre in bronzo di 11 metri, sono conosciute in tutto il mondo. A Giorgio Castriota è dedicato anche il celebre museo di Kruja. Probabilmente gli albanesi si sono legati così fortemente all'eroe quattrocentesco per allontanare dalla memoria il ben più recente periodo comunista.
Per parlare di primo spirito di unità nazionale albanese bisognerà aspettare il 1912, per l'indipendenza occorrerà attendere l'anno successivo, e il 1923 per l'elezione del primo primo presidente, solo nel 1928 si assisterà alla auto proclamazione del primo re di Albania nella persona di Leke Zog, conosciuto poi come Zog I. Ma la libertà non decollerà, e ancora una volta il piccolo stato si troverà di fronte ad un'occupazione: infatti l'Italia fascista, con la scusa degli aiuti economici, finirà con l'attuare un'effettiva invasione militare. Nel 1939, trentamila soldati del duce sbarcarono nei porti albanesi, inducendo il re alla fuga. Fu Galeazzo Ciano, figura oggi inspiegabilmente molto ammirata, nel pieno furore della misera campagna coloniale fascista, ad invitare gli italiani a partire per le coste albanesi per attuare importanti opere pubbliche, tra cui l'aeroporto di Tirana ad esempio, ad oggi unico scalo del paese. Sempre durante il ventennio, vennero stimolate le ricerche archeologiche, in particolare nei centri di Apollonia, Butrinto, oggi visite obbligate per chi si sposta verso sud. L'occupazione italiana durerà sino al 1944, quando prenderà il potere il partito comunista, fautore dello lotta di liberazione.
Nel 1946 fu proclamata la Repubblica Popolare di Albania con a capo un giovanissimo Enver Hoxha, che deterrà il potere per ben 40 anni ininterrottamente, si tratterà di uno dei regimi più assoluti e longevi nella storia del XX secolo. Hoxha dapprima si ‘affilierà’ alla Jugoslavia di Tito, in un secondo tempo all'Unione Sovietica, successivamente alla Cina, per perorare poi una politica di auto isolamento, possibile solo con l'istillazione nel suo popolo della ‘sindrome di isolamento’. Simbolo di questo terrore per una possibile invasione sono i duecento mila bunker costruiti su tutto il territorio nazionale, la maggior parte dei quali ancora visibili. L'obiettivo ufficiale era quello di costruire rifugi, necessari in caso di un'invasione esterna, il reale scopo era quello di terrorizzare la popolazione e mantenere il potere. Vicino al mare, in montagna, tutta la nazione è punteggiata da queste costruzioni, grandi e piccole.
Alla periferia di Tirana uno dei pochi giganteschi bunker antiatomici è diventato un museo, il Bunk'art 1, si tratta di un edificio blindatissimo di 106 stanze, tra cui quella di Hoxha dove è possibile vedere il suo ufficio personale, le attrezzature, le armi fornite dalla Cina, ma anche foto storiche della storia moderna del paese. La fine dell'era comunista è arrivata con lo smembramento dell'Unione Sovietica nel 1991, quando l'Albania ha avviato un nuovo corso, in massa gli albanesi hanno lasciato il paese, giungendo in Italia e nei paesi limitrofi, vivide sono le immagini di navi stracolme di profughi approdate nei porti del Bari e Brindisi. Lentamente il paese sta trovando i suoi equilibri e visitarlo lascia una sensazione di estrema vicinanza e lontananza. La prossimità è fisica e sentimentale, la distanza dipende invece dai nostri differenti trascorsi, ed è evidente come l'Albania arranchi in cerca di uno sviluppo equilibrato. A maggioranza musulmana, per il 67%, presenta un'estrema tolleranza religiosa, nel nord selvaggio del paese, dove le strade sono ancora impervie, la popolazione è rimasta cattolica, lì non sono arrivati neanche i turchi.
Tirana è una capitale segnata dall'edilizia comunista, le costruzioni di quegli anni sono basse, di mattoni, a differenza dei casermoni di altre periferie, perchè i laterizi erano tenuti insieme con la sabbia e non avrebbero retto oltre i quattro piani. Passeggiare nella grandissima piazza Skanderbeg, rappresenta però un vero e proprio viaggio nella storia dell'intero paese, qui si affacciano infatti la Moschea di Et'hem Bey, uno dei principali e meglio conservati edifici islamici del paese, il Museo Storico Nazionale che, con il suo grande mosaico, è un eccellente esempio di arte realista socialista, ma anche il Palazzo della Cultura e l'Hotel Tirana, lo zampino fascista è rilevabile invece nel palazzo del Municipio e nella Banca Nazionale. E sapete, sempre all'insegna della vicinanza, chi è stato chiamato a disegnare il nuovo piano regolatore della capitale 2030? Il milanese Stefano Boeri. Vedremo come lo realizzerà, per il momento visitare questo spazio immenso al tramonto, con l'effetto bagnato creato dalle feritoie situate in punti strategici del selciato, crea un senso di incantevole vertigine.
Le strade in Albania non permettono spostamenti rapidi, quindi una volta arrivati a Tirana bisogna scegliere: il mare al sud o i monti al nord.
Io ho scelto il nord. In direzione di Scutari si trova la città di Kruja, tra le destinazioni più amate dai turisti e dagli albanesi emigrati, è situata su una collina dal panorama meraviglioso, su di un promontorio non distante dal centro si trova il tempio più antico di cultura bektashi del paese, la cui sede internazionale è a Tirana. I bektashi sono una confraternita islamica sufita di origine ottomana, bandita però dall'Impero turco. In diverse zone dell'Albania è possibile trovare templi di questo culto diffuso soprattutto nei Balcani e in Anatolia. Prima di arrivare a Scutari - sede tra l'altro del Museo della Fotografia di Pietro Marubi, capostipite della famiglia di fotografi italo albanesi che operarono in città dalla metà dell'Ottocento, contribuendo in modo determinante allo sviluppo dell'arte fotografica - si trova una deliziosa zona lagunare, dove, nei numerosissimi ristoranti di pesce si radunano le famiglie albanesi per il pranzo della domenica.
Se la viabilità nel centro sud del paese è ridotta, nelle zone del nord è a dir poco ostica. Per raggiungere i parchi naturali situati al confine con il Kosovo, occorrono diverse ore d'auto, ma ne vale davvero la pena. Il metodo più suggestivo per raggiungere la località di Valbona resta il traghetto con il quale dalla diga di Koman, costruita in epoca comunista, si naviga sul fiordo del Lago omonimo. Il trasbordo dura circa tre ore, ma trascorrono velocemente perchè il paesaggio lacustre dalle pareti a picco sul bacino, la vegetazione lussureggiante, non consentono la noia, per di più l'imbarcazione, che si muove pigra sull'acqua, è animata da una variegata umanità autoctona e da chiassosa musica balcanica. Da Valbona in poi il mezzo migliore da utilizzare sono le proprie gambe, un vero paradiso per gli amanti del trekking. Un'escursione per chi ha gambe buone è quella che porta da Valbona a Theth, proprio nel cuore del parco naturale di Thethi.
Si tratta di centri di poche case, dove è possibile pernottare in guesthouse dalla sistemazione spartana. Qui il tempo sembra essersi magicamente fermato, si mangia quello che una terra aspra e una natura incontaminata riescono ad offrire: frutta, verdura, insalata, yogurt e formaggio fatto in casa, carne di capra e pecora. E' possibile vedere donne che portano al pascolo capre mentre filano la lana. In queste zone vigono ancora le leggi consuetudinarie dei kanun e la besa, fondata sulla parola data che pare abbiano regolato e redimano tuttora le faide, le vendette e i ritmi delle genti di queste montagne. Tracce di questo approccio medievale al conflitto sono alcune case-torre dove venivano, e forse vengono, rinchiusi e spesso inchiodati coloro che si erano macchiati di un reato di sangue.
Svegliarsi all'alba e ammirare il sole che sorge sulle vette, raggiungere a piedi lo splendido canyon e le cascate di Grunasi, o l'Occhio blu della sorgente carsica di Nderlysaj percorrendo alcuni degli impervi sentieri da poco tracciati da alcune ong locali ed internazionali è un'esperienza davvero unica. Nonostante i tentativi di rendere turisticamente più appetibili queste destinazioni, siamo lontanissimi dalla concezione occidentale di accoglienza, ma è proprio questo approccio alla vita semplice, naturale a rendere questi luoghi estremamente affascinanti.
(testo e foto di Sara Rossi)