Il presidente della Maldive ha tolto oggi il divieto su spa, centri massaggi e benessere imposto a fine dicembre, dopo che è stato appurato che non sono usati per la prostituzione, come invece aveva sostenuto un partito islamico di opposizione. "C’è stata una grande protesta a Male’ (la capitale delle Maldive Ndr) contro le spa, in cui si affermava che fossero bordelli", ha detto al telefono con l’Afp il presidente Mohammed Nasheed. "Abbiamo rispettato’’ le istanze della protesta, ‘’cosi’ abbiamo ordinato un controllo di qualità sull’effettivo utilizzo delle spa", ha spiegato Nasheed, aggiungendo di aver riscontrato che i centri in questione "sono perfettamente salutari’’ e che sono ‘’luoghi in cui le famiglie possono ottenere un trattamento di alta classe. Ci siano sentiti rassicurati e così li abbiamo riaperti".
L’industria privata del turismo delle Maldive aveva anche cercato l’intervento della Suprema corte per far togliere il divieto, affermando che era inutile e che avrebbe tolto al paese una ricca fonte di introiti.
L’industria del turismo è assolutamente vitale per la popolazione delle Maldive, che contano 330 mila abitanti, e sono una meta tradizionale per sposi in viaggio di nozze e celebrità. Quest’anno, sulle isole dell’Oceano indiano sono arrivati oltre 850 mila turisti e il presidente Mohamed Nasheed ha sempre parlato di "forma tollerante" di Islam, in una nazione dove tutti sono musulmani per legge. La denuncia che le spa erano usate per la prostituzione era stata avanzata dal partito di opposizione Adhaalath, un movimento conservatore religioso.
Con una circolare del ministero del turismo il governo delle Maldive aveva ordinato la chiusura delle Spa in tutti i resort delle isole e non era bastato a evitare la controversa decisione il conto della ricchezza che il turismo internazionale porta al delicato arcipelago di circa 1.200 atolli disseminati sull’Oceano Indiano, e ai suoi 400.000 tollerantissimi abitanti.
La polemica però era infuriata, mentre molte spa avevano scelto la disobbedienza civile, rimanendo normalmente aperte. Secondo l’ex premier Maumoon Abdul Gayoom, presidente del Progressive Party of Maldives (all’opposizione), Nasheed avrebbe sfruttato fino in fondo la protesta per chiudere anzitutto le Spa nei numerosi e importanti resort di cui sono proprietari eminenti membri dell’opposizione.
"Noi non abbiamo mai chiesto niente del genere – ha detto a Reuters un portavoce del PPM – volevamo solo che alcolici e massaggi fossero consentiti su isole disabitate, per evitarne la diffusione tra la nostra gente".
La Corte Suprema aveva quindi studiato una soluzione, a partire dal fatto che nell’ordinamento maldiviano ci sono norme che regolano l’importazione di alcolici e carne di maiale, ma non ce ne sono per la gestione delle Spa nei resort.
Il governo aveva poi chiesto alla Corte Suprema di emettere un regolamento per la controversa materia, citando l’articolo 15(a2) del Goods and Services Tax Act, che ammette con chiarezza l’assoluta legalità delle Spa nelle Maldive. Mentre il noto avvocato Husnu Suood ha ripetuto a tutti i media maldiviani che il ministero del turismo non aveva l’autorità per decidere la chiusura delle Spa.
"Non c’è alcun turismo sessuale nei nostri alberghi – ha detto all’AFP un portavoce di MATI, l’associazione dell’industria del turismo maldiviano – abbiamo chiesto un chiarimento giuridico per proteggere la nostra industria, che esiste da 40 anni".
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