Cibo del futuro: la parola d’ordine è cambiamento. È sempre più diffusa la consapevolezza che nulla potrà restare uguale a oggi. E sarà la globalizzazione a permeare le future evoluzioni all’insegna di tre macro direttrici: tecnologia, ambiente, condizionamenti socio economici. È questo lo scenario emerso dall’indagine commissionata da Coop a Doxa e che ha coinvolto i consumatori di 8 Paesi (Italia, Germania, Uk, Usa, India, Brasile Russia e Cina). L’obiettivo capire in quale direzione si muoveranno scelte, bisogni, esigenze della domanda. Ma prima di proiettarsi negli anni avvenire, la ricerca scatta un’istantanea sulla realtà odierna.
Oggi le differenze sono veramente tante e iniziano fin dalla preparazione del pasto, a cui ci si dedica in media 1,3 ore al giorno, ma con valori nettamente più alti per Paesi come il Brasile, l’India e la Russia. Anche gli italiani non sono da meno e si distaccano in questo dai vicini europei. Situazione simile anche per il take away e i consumi fuori casa che nel Bel paese sono decisamente inferiori ai livelli dei Paesi anglosassoni. Tra le inclinazioni dei nostri connazionali si registra anche quella verso l’home made e questo attaccamento alla tradizione li accomuna a cinesi e indiani. A rendere ancora sensibili le peculiarità sono spesso i diversi credo religiosi, tanto che il 21% del campione ammette di venire condizionato dalla religione: ed è qui che il credo vegetariano o vegano affonda le sue radici tanto da professarsi tale il 35% del campione. Eppure si comincia già fin da ora ad intravedere qualche similitudine tra le diverse culture gastronomiche. Emergono infatti, anche stili alimentari alternativi e in qualche modo transazionali, come i Foodies (cibo tipico e di qualità), la dieta ipocalorica (10%), il credo salutista (10%), quello vegano (8%) o quello biologico (8%). Non basta: anche la contaminazione di stili comincia ad affermarsi: se è vero che appena il 22% del campione (quindi una minima parte) dichiara di non mangiare mai cibo etnico e quasi un quarto afferma invece di consumarlo spesso. Il 90% di tedeschi e inglesi dichiara infatti di mangiare etnico spesso o qualche volta, i più diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.

I consumatori intervistati non prevedono una riduzione delle quantità consumate (solo in Uk e Germania si pronostica una riduzione nella frequenza di consumo di carne) mentre la dieta sembra spostarsi su una maggiore varietà con maggior ricorso a carboidrati, frutta e verdura. Il cibo di domani sarà quindi manipolato dalla tecnologia, certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano una inaspettata disponibilità al cambiamento: l’80% degli intervistati non ha preclusione per cibarsi di alghe e il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto. Ma questa accettazione dell’high tech e delle novità implica una rinuncia alla naturalità? assolutamente no. Il 42% del campione, infatti, confessa la sua predilezione per i temi della freschezza e della naturalità e si aspetta di trovare tra le corsie piccole serre e allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza. E per il 16% la presenza di un robot come assistente per la spesa non guasterebbe.