Ogni compleanno è una nascita e il 19 marzo 2010, per gli ottant’anni di Gualtiero Marchesi, è stata annunciata la nascita della sua Fondazione.

Un termine che dà l’immediata percezione di qualcosa che duri e affianchi l’impegno di una vita la Fondazione Gualtiero Marchesi avrà a cuore l’insegnamento del buono e la cura del bello, in altre parole la diffusione delle arti, attraverso il gusto, l’unico strumento a disposizione di chiunque che sia possibile educare.

La storia personale e la carriera di Gualtiero Marchesi si sono sempre intrecciate all’amore e alla curiosità nei confronti della pittura, della letteratura, della scultura e in sommo grado della musica.

C’è addirittura, nel caso di quest’ultima, una vocazione, ma si potrebbe anche dire un karma familiare. Oggi, la famiglia Marchesi riunisce tre generazioni di musicisti che suonano per sé e per gli altri, rinnovando una tradizione che risale all’Ottocento, alla bisnonna siciliana, insegnante di pianoforte della famiglia Florio. Per il cuoco che considera la cucina un’arte e non un semplice artigianato, per quanto brillante e seduttivo, ci si alimenta nella stessa misura di qualcosa di buono e di bello.

L’estetica ha in comune con l’etica cinque lettere su otto, un piccolo scarto che le rende utili l’una all’altra per evitare che la prima si trasformi in semplice culto, scivolando verso l’arbitrio del bello o del brutto.

 

Qual è lo scopo e il terreno di gioco della Fondazione? Ce lo dice proprio Gualtiero Marchesi.

Partire dai ragazzi e prepararli al bello fin dall’età prescolare, coltivandone il gusto per tutte le arti attraverso dei corsi di musica, di pittura, di scultura, dei laboratori teatrali e culinari.

Scoprire la verità di un sapore richiede la stessa attenzione e il medesimo slancio che accompagna l’ascolto della musica, la conoscenza di uno strumento, l’uso del disegno, l’abbandono al gesto teatrale.

Accanto a questa sorta di nido d’arte, la Fondazione Gualtiero Marchesi si occuperà anche degli adulti, in particolar modo dei cuochi che hanno già iniziato un loro percorso lavorativo o che, magari, sono appena usciti dai corsi di formazione di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana. A questi, che hanno già imparato a cucinare, si prospetta il passo successivo, quello più arduo per il quale è indispensabile la presenza di un Maestro: l’apertura ad una visione creativa. La creatività è qualcosa di diverso rispetto alla maestria. Ci sono persone bravissime che non creano né creeranno mai nulla. La questione di fondo è un’altra. Capire cosa significhi creare, allenando lo spirito a quel salto che distingue, nei momenti di grande libertà, una grande esecuzione da un’opera d’arte".

"I bravi esecutori riescono a interpretare secondo la propria sensibilità i grandi repertori" - precisa Gualtiero Marchesi, presidente della Fondazione - "i cuochi creativi, come gli artisti, riescono a creare qualcosa che duri, diventando un punto di riferimento e di confronto per gli altri. Chi partecipererà ai master della Fondazione potrà approfondire insieme a docenti artisti quanto di creativo esista in un pensiero culinario veramente libero. "Per studiare da cuoco - conclude - la curiosità è certo una prima scintilla che accende la voglia di studio. Accanto, la passione mantiene viva la fiamma. Senza quello o senza questa non si va molto avanti".

 

Sono molti i cuochi che devono qualcosa al maestro, che insieme a lui si sono formati, lavorando in cucina, ascoltando e guardando. Oggi, questa possibilità, si articola su tre livelli, tre luoghi, tre occasioni per imparare e crescere. Ad ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di cui Gualtiero Marchesi è il Rettore, ci si avvicina alla cucina, toccando con mano la tradizione regionale, legata al territorio e ai suoi microclimi. Se ne impara il linguaggio, familiarizzandosi con i prodotti e con le tecniche in modo da capire ed eseguire le ricette. Con questo bagaglio, diventa più facile passare ad una vera e propria formazione sul campo, entrando in contatto con il lavoro delle brigate di cucina, dirette da Gianluca Branca ad Erbusco, in Franciacorta, e da Daniel Canzian a Milano.

Nei due ristoranti, si viene a contatto con la cucina di Marchesi, realizzando i piatti che portano la sua firma. Le prime due tappe di questo itinerario formativo sono traguardi importanti che consentono di raggiungere il terzo livello, quello in cui la somma di conoscenze ed esperienze diventa il presupposto per creare qualcosa di nuovo.

È il passo più difficile, quando non basta più essere bravi. A questo obiettivo risponde la Fondazione Gualtiero Marchesi, dove si insegna la composizione di un piatto. Come per la musica comporre un piatto è diverso da eseguire bene una ricetta e solo i buoni esecutori diventano un giorno compositori. Varie le attività che la Fondazione ha messo in atto nei suoi due primi anni di vita, dalla Mostra organizzata nel 2010 al Castello Sforzesco "Gualtiero Marchesi e la Grande Cucina Italiana" replicata poi in Fiera Milano, al Parlamento Europeo di Bruxelles e nelle sale della Regione Lombardia sempre a Bruxelles; agli eventi musica, arte e cucina di Pisa del 2011, agli eventi cucina e musica del 2012 all’Ambasciata Italiana di Parigi, al Meratefest o a Salò per raccogliere fondi pro- terremotati. Nel gennaio 2013 avrà inoltre avvio il primo Master in Design della Ristorazione, organizzato in collaborazione con IED, che si pone l’obiettivo di trasferire ai partecipanti tutte le conoscenze utili a focalizzare l’oggetto "ristorante" come una pluralità di elementi che devono fondersi per creare un unico elemento equilibrato, coerente, interessante, con un proprio carattere ben identificato e quindi di successo. Le conoscenze ottenute permetteranno di "disegnare" consapevolmente una attività di successo nell’ambito della ristorazione e di rivedere da un altro punto di vista, e con più consapevolezza, le realtà esistenti. "Il cambio di prospettiva serve ad evitare il percorso opposto e più frequente in cui la prima preoccupazione di chi vorrebbe dedicarsi alla ristorazione è la scelta del posto, poi dell’architetto, quindi dell’apparecchiatura e solo alla fine del cuoco. Occorre, invece, invertire il procedimento, partendo dal contenuto per arrivare, senza scorciatoie e intoppi, al contenitore. Da quello che mettiamo nel piatto al locale dove ogni scelta estetica corrisponderà agli obiettivi della cucina, in modo che sia effettivamente buono ciò che è bello e bello ciò che è buono".