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L’Arte, la musica e il vino per celebrare i terroir in cui l’azienda Donnafugata produce
La videomaker Virginia Taroni firma un’altra perla della comunicazione visual di Donnafugata che mette insieme riprese video e illustrazioni animate, in un montaggio scandito dalla musica di un’originale “samba sicula”.
La Sicilia di Donnafugata trova sempre nuovi spunti per raccontarsi, attingendo da linguaggi e tecniche comunicative che puntano ad affermare uno stile identitario nella comunicazione del vino. La comunicazione di Donnafugata – famosa nel mondo per le sue etichette d’autore – vuole essere inusuale ed efficace, distintiva e di valore, fedele alle radici eppure in grado di sviluppare contenuti inediti a partire dal linguaggio universale dell’arte e della musica.
Tutti elementi che si ritrovano nel nuovo video di presentazione dell’azienda, ricco di innumerevoli contaminazioni: c’è il teatro che diventa fiaba, con personaggi e figure che accompagnano lo spettatore in un “viaggio di scoperta” della Sicilia, nei luoghi reali della vita produttiva di Donnafugata.
Paesaggi di vigne immersi nella luce mediterranea, le nuvole che anellano la cima del vulcano, la natura straordinaria di una terra giardino, sono sequenze bellissime ed anche il tributo emozionato verso questa Sicilia da sogno, immaginifica quanto vitale, perché autentica e realmente vissuta.
Un flusso narrativo che ha nelle figure femminili, creature fantastiche che abitano l’universo delle etichette di Donnafugata, tratteggiate magistralmente da Stefano Vitale – l’artista/illustratore che con la famiglia Rallo ha un più che ventennale rapporto di collaborazione –, l’incipit che introduce, di volta in volta, un nuovo quadro espositivo, un’emozione, un ricordo del cuore.
Si sposa sempre più l’intervento artistico dell’animazione, portata in dote da Virginia Taroni, videomaker di punta sulla piazza meneghina che, anche in questo lavoro autoriale, ne sviluppa le potenzialità con una visione d’insieme mai realizzata in precedenza. “Un progetto emozionante che rappresenta il culmine di una lunga collaborazione con il team dell’azienda” sottolinea Virginia Taroni. “Era da tempo che cercavo l’occasione giusta per unire, in una singola animazione, tutto l’olimpo delle mitologiche ‘Donnafugate’ di Stefano Vitale, per me costante fonte d’ispirazione”.
Un video emozionale e seducente che rivelerà i profumi, le sensazioni, le immagini di una Terra generosa, solare, fatta di amore e passione per il vino, attraverso le note, allegre e spensierate, di una insolita ‘Samba Sicula’ - colonna sonora del video - affidata alla voce di una divertita Josè Rallo, impegnata in un pezzo tratto dal suo terzo album della collezione Donnafugata Music&Wine, di prossima uscita.
“Un brano del cuore che mi ha permesso, per la prima volta, di cantare in siciliano”, dichiara Josè Rallo, titolare dell’azienda insieme al fratello Antonio. “Un inno all’amore, quello per la Sicilia, un inno al tempo che deve essere lento ed attento ad ogni particolare, come accade nel fare sartoriale di Donnafugata.”
Donnafugata e Virginia Taroni, in tre anni, hanno sperimentato molto, e prodotto diversi contenuti audiovisivi in cui l’animazione e il richiamo all’iconografia aziendale sono centrali nel messaggio del brand. Un percorso di collaborazione, iniziato nel 2018 con la mostra ‘Inseguendo Donnafugata’ realizzata a Villa Necchi Campiglio con il FAI, proseguito poi con una serie di “piccole opere” dedicate ai vini e alle etichette più prestigiose e che, oggi, si arricchisce di questo ulteriore progetto artistico.
“Questo nuovo video – afferma Antonio Rallo winemaker dell’azienda di famiglia – è riuscito in pochi minuti a dare una panoramica completa di quello che Donnafugata è oggi, dalle cantine storiche di Marsala alle Tenute che abbiamo in Sicilia dove nascono le nostre piccole produzioni di pregio: Contessa Entellina, Pantelleria, l’Etna e Vittoria. Un video che grazie al suo linguaggio universale potrà trasmettere in tutto il mondo i valori di artigianalità, creatività e cura dei dettagli propri di Donnafugata.”
(ph Beatrice Pilotto)
Redazione
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Saranno i nostri piedi a salvarci, le passeggiate immersi nella natura, ritrovare il ritmo lento per uscire dallo stallo di questo perido, ed ecco arrivare un'altra provvidenziale guida di Terre di mezzo per ricordarci che esplorare il territorio è possibile, è ancora possibile.
Il Sentiero del Viandante, cinque tappe da Lecco a Colico, con il blu del lago da una parte e il verde delle montagne dall’altra. Un’antica via di comunicazione tra il capoluogo lariano e la Valtellina, su cui si cammina a mezzacosta, alla scoperta di borghi incantevoli come Lierna o Varenna, leggende popolari e panorami rigeneranti, capaci di mettere in pace con la natura e il mondo.
È anche possibile partire da Milano, camminando lungo il Naviglio della Martesana, sul Sentiero di Leonardo, oppure prolungare il Sentiero del Viandante proseguendo sulla Via Francisca e la Via Spluga fino alla Val Chiavenna e alle Alpi svizzere.
La guida contiene tutte le informazioni per mettersi in cammino: le cartine dettagliate, le altimetrie, i dislivelli, la descrizione del tracciato, le ospitalità e i luoghi da visitare, con gli approfondimenti sulla cultura e le tradizioni. In più i consigli per utilizzare al meglio i mezzi pubblici e costruire il proprio percorso, per tutte le gambe: da un weekend a dodici tappe, dalla pianura a dislivelli importanti.
Gli autori
Alberto Conte, fondatore del Movimento Lento, di SloWays e di itinerAria, da oltre 10 anni si occupa della progettazione di cammini e della divulgazione del viaggio lento come stile di vita. Con Terre di mezzo ha pubblicato anche Il Cammino di Oropa. A piedi da Santhià al Sacro Monte, La Via Francisca del Lucomagno“, scritto insieme a Marco Giovannelli.
Sara Zanni, archeologa e Guida Ambientale Escursionistica, è nata a Milano, ha studiato a Bordeaux, abita in Romagna ed è innamorata dei lunghi cammini storici, che la portano a lavorare e viaggiare ovunque per l’Europa. Per Terre di mezzo Editore ha già pubblicato Cento giorni in cammino (2020).
Proprio mentre stai pensando: "Per questa escursione ci vorrebbe una guida", Terre di mezzo esce esattamente con quella guida. Basta chiedere.
la redazione
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Mondovela Yachting & Vacanze è un tour operator che si occupa di turismo nautico e il suo fondatore, Guglielmo Masala, ha presentato il progetto di una crociera sulla rotta 5/D, con al centro l'Isola d'Elba, rivolta a neo patentati del mare, ma adatta a tutti.
Spiega Masala che, in quest'anno così particolare, è aumentata la richiesta di turismo nautico e di tutto ciò che è ad esso legato, patenti, barca a vela, crociere: “Durante la pandemia c'è stata una grande richiesta di formazione per la patente nautica, ma non solo, anche le barche hanno avuto un'impennata di vendite”, forse perché – continua - “Le persone hanno compreso il valore di trovarsi in un luogo sicuro dove trascorrere tempo di qualità con la propria famiglia, per riuscire a ritagliarsi momenti di intimità e mare all'insegna della libertà”.
Per la formazione Mondovela si è avvalsa della collaborazione con ParmaVela. E' proprio dal successo di questa esperienza formativa a distanza che è nata l’idea di sperimentare per la prossima estate, dal 24 al 31 luglio, una crociera in flottiglia di barche capitanate dai neo patentati e famiglie, assistiti da una barca appoggio di istruttori. Sarà l'occasione per sperimentare l'emozione del primo comando, in totale sicurezza, con l’opportunità di mettere in pratica le nozioni apprese durante i corsi.
Protagonista la carta 5/D. D come didattica, sulla quale tutti coloro che hanno preso la patente nautica si sono esercitati. A luglio si passerà dalla teoria alla pratica effettuando in tutta sicurezza il periplo dell'Elba, un bellissimo viaggio per mare che Mondovela proporrà anche in altri periodi a chi vorrà noleggiare una delle tante barche del tour operator, in autonomia o con skipper, appena si potrà riprendere il mare.
Gianni Bocchi, fondatore di ParmaVela, spiega che la scuola nata a Parma 12 anni fa, offre la possibilità di diventare comandanti, non solo conduttori, anche frequentando il corso online: “La nostra soddisfazione non è solo quella di permettere di superare l'esame, ma di trasmettere il rispetto del mare, del porto, della natura.
La carta su cui gli allievi studiano è la carta didattica 5/D, pubblicata nel 1982 e da allora mai mutata perché serve appunto per la formazione, a differenza delle altre carte che sono continuamente aggiornate. Anche chi arriva da noi senza distinguere la poppa dalla prua, arriverà all'Elba come se avesse già navigato perché avrà già studiato le rotte”.
Barca e norme anticovid
La vita in barca tra componenti dello stesso nucleo familiare o tra amici, previo tampone ovviamente, è la dimensione ideale per una vacanza covid-free. Il ministero prevede in barca uno spazio di 1 persona per metro lineare, in realtà l'unico vincolo è che nella stessa cabina possano pernottare solo persone conviventi.
Per questa estate Mondovela si sta attrezzando con tamponi rapidi da effettuarsi pre-partenza.
Perché fare una vacanza in barca?
Masala dice la sua: “In primis perché aprire gli occhi e tuffarsi in rada prima che gli altri si sveglino non ha prezzo. Poi la giornata si svolge con un inizio navigazione attorno alle 9.30, stop all'ancora per pranzo. Pomeriggio all'insegna di mare o relax per ripartire verso la meta serale, aperitivo, e poi cena in qualche locale tipico, si auspica che a luglio sia possibile. Ah, non può mancare un briefing serale con il capo-flottiglia che illustra la carta sinottica”.
Cosa vedere all'Elba
Ad illustrare le tappe del viaggio ci pensa Marco Tenucci, giornalista, fotografo, naturalista innamorato dell'Isola d'Elba.
La proposta è quella di un'intensa settimana di mare. Si inizia con una breve traversata dal Golfo di Follonica, si giunge nella rada della Biodola o a Procchio, nella parte nord occidentale, per la prima tappa e notte in rada. Un bagno, un aperitivo di fronte al tramonto più strepitoso dell’isola. Da qui in poi con cinque tappe in senso orario si circumnavigherà tutta l’Elba.
La seconda tappa conduce a Portoferraio e il tratto riserva aspetti interessanti, come il golfo della Biodola, con la sede del Parco Nazionale nell’antica tonnara, dove è possibile recuperare prezioso materiale informativo. Ma è il capoluogo a meritare una sosta prolungata, per visitare il vecchio centro con le fortezze medicee, Villa dei Mulini, residenza napoleonica, stradine e piazzette suggestive. E anche i dintorni lungo la baia, la laguna costiera, le terme con i “miracolosi” fanghi metalliferi e le preziose alghe, la Villa romana delle Grotte. La navigazione fino a Cavo e quindi Porto Azzurro segna la terza tappa. La costa si alza imperiosa ornata dalla ricchissima macchia mediterranea. Una piacevole veleggiata passando Rio Marina, ex posto d’imbarco delle minerali ferrosi, con la bella baia di Porto Azzurro, la più sicura dell’isola, fantastica meta. Quindi si salpa da Punta Calamita a Golfo Stella e Golfo Lacona, toccando la terra delle antiche miniere, Capoliveri e le spiagge sabbiose dei due golfi. A proposito di spiagge, l’apice si raggiunge nelle ultime due tappe, con Marina di Campo, Fetovaia e Cavoli, angoli tropicali in mediterraneo.
Dopo la notte in rada a Marina di campo, la sosta successiva prevede un itinerario terrestre noleggiando una montain bike con pedalata assistita per visitare lo splendido entroterra oppure è possibile imbarcarsi per Pianosa per fare una visita e un tuffo nella spiaggia caraibica di Cala Giovanna. Obbligata è una pausa verso Pomonte, dove un relitto a bassa profondità è diventato incubatore ricchissimo di fauna e flora marina, prima di giungere a Marciana Marina dove è possibile fermarsi in uno dei suoi ristorantini o visitare il Bar Lume, dove sono ambientati i delitti narrati da Marco Malvaldi. Il bar è funzionante solo durante le riprese, ma ormai fa parte del paesaggio.
Uno sguardo alla gastronomia
Di mare, di terra, la cucina elbana non fa mancare nulla. Un piatto da non perdere è lo stoccafisso all'elbana che, importato dagli spagnoli è diventata una pietanza tipica. Parlando di vini invece, una menzione speciale va all'Aleatico, un vino dolce, liquoroso, perfetto per fine pasto e immancabile souvenir. Da qualche anno Dopg, viene detto “il vino dell'imperatore”. Vediamo perchè: la leggenda narra che Napoleone in esilio all'Elba fu attratto da filari di vite disposti in maniera molto ordinata, avvicinatosi fu accolto da un giovanissimo contadino all'urlo di “viva il re d'Inghilterra”, i genitori del giovane per farsi perdonare la gaffe del figlio offrirono al condottiero un calice di Aleatico. Napoleone parve gradire, da allora il nettare fu ribattezzato il “vino dell'imperatore”.
Pillole di storia
Professore all'Università cattolica di Milano, Marco Rossignoli, ci racconta brevemente la storia dell'Elba. Le prime notizie sull'isola ci arrivano dallo storico Diadoro Siculo nei cui Annali veniva chiamata “Italia”, dal greco scintilla, essendo l'Elba ricca di fornaci in cui si lavorava il ferro. Italia era abitata dagli etruschi, popolo pacifico che capitolerà alla dominazione romana. Nel 476 dc anche l'Elba sarà saccheggiata dai barbari. Solo intorno all'anno mille si troverà un po' di stabilità sotto la repubblica di Pisa. Durante questa fase, che durerà 400 anni, si costruiranno edifici difensivi come la Torre San Giovanni, la Fortezza Marciana. Da sempre territorio conteso, nel sedicesimo secolo la troviamo suddivisa in tre protettorati: francese, spagnolo (Piazzaforte Spagnola di Longone) e mediceo (Forte Falcone, la città fortificata di Portoferraio).
Solo nel 1802 l'Elba passerà totalmente alla Francia.
Dopo la sconfitta di Lipsia del 1813 Napoleone sarà mandato qui in esilio per calmierare un po' le sue ambizioni, nascerà così il principato dell'Isola d'Elba che comprendeva anche l'Isola di Montecristo, Pianosa, Gorgona e Giannutri.
Il 4 Maggio del 1814 Napoleone verrà portato a Portoferraio e si insedierà nella Palazzina dei Mulini, per poi spostarsi nella residenza estiva di Villa San Martino, entrambe oggi visitabili su prenotazione.
Rimarrà all'Elba solo dieci mesi, ma ne stravolgerà l'urbanistica, costruendo strade, condotte dell'acqua, si occuperà dell'igiene pubblica costringendo gli isolani a costruire latrine, riorganizzerà l'estrazione mineraria.
Il 26 febbraio 1815 quando tutta l'isola sarà concentrata sulla festa organizzata dalla sorella del generale Bonaparte, Paolina Borghese (Bonaparte), Napoleone riuscirà a fuggire.
Sconfitto a Waterloo, questa volta sarà mandato in esilio a Sant'Elena dove morirà esattamente duecento anni fa.
In occasione dell'imminente bicentenario, l'Isola d'Elba si prepara a solenni festeggiamenti, quale occasione migliore quindi per visitare la regina dell'arcipelago toscano arrivando in barca?
Se avessi una patente nautica ci farei più di un pensiero, e se me la prendessi?
Sara Rossi
Per ulteriori informazioni e per i costi, che indicativamente vanno da 2.000-2.500 euro a settimana per una barca vela da 9-11 metri per una famiglia, con 2 cabine per 4-6 persone, sino ad arrivare a un massimo di 4.500 euro per natanti con 4 cabine e capienza sino a 10 posti, oppure a quote da 690 euro a settimana per imbarchi singoli, consultate il sito di Mondovela.
Mentre per dettagli sulla patente nautica fate un giro sul sito di ParmaVela. Never say never.
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Il Forte San Giovanni di Finale Ligure è uno scrigno che raccoglie il racconto di un territorio e delle sue genti. Costruito dagli Spagnoli lungo la strada Beretta, il forte seicentesco si staglia sulla collina che sovrasta il borgo medievale di Finalborgo e la splendida vallata del finalese, ricca di storia naturale e umana, caratterizzata da aspri rilievi montuosi e da numerosi terrazzamenti
destinati alla coltivazione degli ulivi e della vite.
Qui la storia ha lasciato moltissime testimonianze artistiche e culturali che, dalla preistoria passando per il medioevo, sono arrivate sino ai giorni nostri. Tra castelli, chiostri e altri edifici di valore storico, questo territorio è custode di beni da proteggere, rispettare e valorizzare, tra cui il Forte San Giovanni.
Comunemente noto con il nome di Castel San Giovanni, sorge a 50 metri s.l.m. ed è raggiungibile in cinque minuti a piedi dal Borgo lungo l’antica Strada Beretta (o “dell’Imperatrice”), percorribile anche in bicicletta.
Perfettamente inserito sul pendio collinare del Becchignolo, dalle sue terrazze si ha una splendida vista su Finalborgo tra cui si riconosce il campanile e il complesso di Santa Caterina, sede del Museo Archeologico del Finale e, volgendo lo sguardo a est, si può vedere l’imponente profilo della Chiesa barocca di San Biagio e del suo campanile quattrocentesco costruito sulle mura medievali, mentre a ovest, si nota all’orizzonte il Promontorio della Caprazoppa.
Dalle terrazze superiori che affiancano la torre del Forte, si apre alla vista l’entroterra con i borghi che punteggiano la Valle dell’Aquila a est e la Valle del Pora a ovest, da cui si ergono due tra i più importanti monumenti rinascimentali del finalese: la cosiddetta ‘torre dei diamanti’ costruita alla fine del Quattrocento e caratterizzata dal particolare bugnato di forma piramidale in pietra di Finale (elemento distintivo di Castel Gavone) e il caratteristico profilo della Chiesa di Nostra Signora di Loreto, nei pressi dell’abitato di Perti, nota come “Chiesa dei cinque campanili”, anch’esse in pietra di Finale. I due monumenti sono raggiungibili dal Forte proseguendo il tracciato di Strada Beretta.
La storia del forte
Forte San Giovanni venne eretto tra il 1640 e il 1644 sullo sperone roccioso del Becchignolo, sui ruderi dell’omonima torre costruita nel Medioevo a difesa di Finalborgo e collegata alle mura di cinta del borgo.
Insieme a Castelfranco, il Forte è oggi uno degli esempi meglio conservati tra le fortezze costruite dalla Corona spagnola durante il loro dominio sul Finalese (1602-1707), a difesa del territorio.
Progettato da Francesco Prestino, ingegnere militare al servizio dello Stato di Milano, assunse la sua forma definitiva nel 1644 grazie all’impiego quotidiano di centinaia di uomini. Nei decenni che seguirono la sua costruzione, tra il 1674 e il 1678 la struttura venne restaurata e ulteriormente ampliata con alcuni interventi eseguiti dall’ingegnere Gaspare Beretta.
Abbandonato nel 1703, dopo oltre settant’anni trascorsi nelle mani degli spagnoli, la sua storia cambiò nel 1713 quando il finalese venne ceduto alla Repubblica di Genova; i genovesi ne smantellarono l’artiglieria e ne demolirono la parte verso l’entroterra con l’obiettivo di renderlo inutilizzabile.
Nel 1822 la struttura divenne un carcere femminile che fu dismesso nel primo dopoguerra del secolo scorso. Rimasto per lungo tempo abbandonato e in stato di forte degrado, il Forte è oggi di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (MIBACT) ed è stato oggetto di un lungo e attento restauro che nel 1999 lo ha restituito all’antica bellezza dell’epoca di dominazione spagnola, ma ha anche preservato alcuni elementi legati al tempo in cui la struttura fu prigione, come le porte delle celle e i sostegni per i pagliericci.
Il forte oggi
Il Forte è oggi costituito da tre edifici principali che si trovano a livelli diversi e sono collegati tra loro da scalinate vertiginose: si tratta del Corpo Nord, verso la collina, dove si trova l’accesso al Forte, del Corpo Centrale (a pianta ottagonale, che ospita la Torre) e, in basso, del Corpo Sud, sviluppato su tre piani e che si affaccia su Finalborgo da Piazza d’Armi.
Entrando dal grande portale in pietra di Finale potete notare l’originario sistema di apertura del ponte levatoio: una struttura a sbalzo sorretta da mensole. Dopo una breve visita alle antiche cucine che conservano ancora il focolare in muratura, entrate nel Cortile d’Armi, il cuore del Forte dal quale si ha accesso alla cappella e al Corpo Nord che ospita diverse piccole stanze utilizzate come celle negli anni in cui la struttura fu prigione. Gli stipiti delle porte in ardesia delle celle conservano alcuni graffiti che raccontano le storie e i pensieri delle anonime ospiti.
Dal Cortile si può salire sulla Torre ad ammirare il paesaggio dell’entroterra, oppure scendere sino alla Piazza d’Armi raggiungibile dalle due scale che abbracciano il forte sui lati di Ponente e di Levante, affacciati rispettivamente sulle Valli del Pora e dell’Aquila.
Lungo il percorso, godetevi i diversi scorci del panorama dalle molte terrazze del Forte o sbirciate all’interno delle antiche celle che si affacciano sulle scale.
Per informazioni e prenotazioni consultare il sito dei musei della Liguria o la pagina Facebook di Forte San Giovanni
oppure chiamare al 338.1276580
INGRESSO GRATUITO (prenotazione obbligatoria) – sono disponibili audioguide e cartellonistica che la raccontano la storia del Forte e guidano il visitatore attraverso circa 1200 mq tra camminamenti, terrazze e spazi verdi, oltre a circa 600 mq di aree al chiuso.
NOTA: Per consentire il rispetto delle norme di sicurezza l’ingresso è contingentato, con prenotazione obbligatoria, visite ogni mezz’ora e ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura del sito.
I percorsi all’interno della struttura sono stati ripensati per consentire il transito dei visitatori nel rispetto delle distanze di sicurezza e apposite dotazioni di gel igienizzante saranno a disposizione nel sito.
Lungo l’antica Strada Beretta
La Via Beretta o Via dell’Imperatrice venne progettata e realizzata nel 1666 dall’ingegnere Gaspare Beretta – uno dei principali ingegneri militari dell’epoca – in occasione del passaggio di Margherita Teresa, figlia di Re Filippo IV di Spagna, diretta a Vienna per sposare l’imperatore d’Austria.
Un’opera maestosa per l’epoca, una strada meravigliosa e ben strutturata per chi doveva attraversarla in carrozza, messa a punto in sole 3 settimane, che doveva collegare Finale con la Val Bormida, passando per il Castel Govone, Pian Marino, Rialto e il Melogno, rappresentando così una comoda via di transito tra le ripide Alpi Liguri verso la Pianura Padana.
Nel corso del tempo, la strada venne in parte danneggiata e rovinata perché considerata militarmente strategica, ma oggi è possibile percorrere il tratto che collega Finalborgo all’abitato di Perti, perfettamente conservato.
Dalla Piazza del Tribunale di Finalborgo si percorre la stretta via che sale sulla collina, una caratteristica “crosa” ligure e si oltrepassa la Porta Mezzaluna, una delle quattro antiche porte del Borgo. Immersi nella macchia mediterranea si raggiunge la prima fortificazione, Forte San Giovanni e continuando l’ascesa lungo la dorsale collinare del “Becchignolo”, si giunge ad un bivio: a destra si raggiunge l’abitato di Perti dopo un lungo tratto rettilineo, mentre a sinistra si arriva alla seconda fortezza, il Castel Govone, dimora dei marchesi Del Carretto che da qui dominavano il Borgo. Giunti nella suggestiva frazione di Perti, si può ammirare la Chiesa di Sant’Eusebio che domina la città e, poco distante, la cappella di Nostra Signora di Loreto, conosciuta comunemente come “Chiesa dei cinque Campanili”, da cui si ha una splendida vista su tutto il finalese.
È un percorso ricco di storia, collocato in un ambiente naturale variegato e di grandi suggestioni, che vale la pena percorrere, calpestando quelle pietre che furono posate nel ‘600 per il passaggio dell’infanta di Spagna.
Per informazioni consultare il sito del MUDIF – Museo Diffuso del Finale
oppure chiamare tel. 019 690020
la redazione
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Con Bell’Italia di marzo il primo dei tre volumi de ilGolosario
la guida alla cose buone d’Italia di Paolo Massobrio
Eccezionale collaborazione tra Bell’Italia, il mensile di Cairo Editore diretto da Emanuela Rosa-Clot, e ilGolosario, il libro-guida di 1.000 pagine firmato da Paolo Massobrio che si è imposto come punto di riferimento per il turismo enogastronomico.
La collaborazione si declinerà in tre volumi che, da marzo a maggio, con soli due euro in più, si potranno acquistare insieme alla rivista Bell’Italia offrendo ai lettori un viaggio alla scoperta dei migliori artigiani del gusto, delle cantine e dei negozi di città e paese di tutta Italia, attività dove non solo si produce o si vende, ma dove è anche possibile sedersi per un assaggio.
700 tavole segnalate da scovare tra 1400 negozi, 700 produttori e 140 cantine, talvolta poco conosciute ma perfettamente integrate con la filosofia della produzione artigianale, che hanno arricchito l’offerta delle tante città turistiche o dei paesi-cartolina che rendono unica l’Italia, pur in un anno che sta mettendo a dura prova l’economia e il turismo del nostro Paese.
“Al momento - dichiara Paolo Massobrio - ciò che abbiamo verificato e che consegnamo rappresenta una resistenza, molto spesso famigliare, per traghettare l’attività e farla vivere, tra chiusure forzate e speranze di normalità. Ma ilGolosario e Bell’Italia, con questa iniziativa vogliono dimostrare la vicinanza a queste realtà che resistono e che meritano di essere premiate”.
Con Bell’Italia di marzo sarà in edicola il primo volume dedicato a Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia; con il numero di aprile il secondo volume dedicato a Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Toscana, mentre a maggio uscirà il terzo volume con Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
“I consigli del Golosario sono frutto di attente indagini sul campo, spesso fuori dalle piste più battute - spiega Emanuela Rosa-Clot, direttore di Bell’Italia - Una vocazione comune a quella della nostra rivista, perfettamente in linea con lo spirito del giornale. Infatti riteniamo che i piccoli produttori enogastronomici, gli “artigiani del gusto”, spesso eredi di tradizioni famigliari che attraversano le generazioni, contribuiscano a raccontare, insieme alle bellezze paesaggistiche e monumentali, il fascino e l’unicità del nostro Paese. Ascoltare le loro storie, scoprire il loro lavoro, che spesso segue metodi antichissimi, e gustare le loro specialità significa riscoprire e ritrovare sapori che fanno parte della nostra storia, e che spesso rischiano di essere dimenticati".
Redazione
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