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Palazzo Rodio brinda a questo importante traguardo. Spiagge a misura di Bambino
Chiamata anche ‘città bianca‘, Ostuni si trova nel Salento ed è una delle località più celebri di tutta la rinomata e splendida costa pugliese.
E' qui che, per il nono anno consecutivo, sventola la Bandiera Verde, per le sue spiagge a misura di bambino.
E Palazzo Rodio festeggia questo importante e meritato traguardo, facendo un omaggio alle spiagge di Ostuni a tratti lunghissime, a tratti, piccole calette incastonate nella scogliera bassa.
Ma quali sono i requisiti per ottenere la Bandiera Verde? Eccoli e Ostuni li ha tutti: fondali bassi e trasparenti a riva, sabbia dove poter fare tanti castelli e giochi, un accurato sistema di salvamento, possibilità di avere nursery dove cambiare i pannolini e vicinanza di bar gelaterie, ristoranti dove poter rispondere immediatamente ai bisogni dei piccoli. A conferire questo prestigioso riconoscimento è l’Assocazione Medici Pediatri, che sottopone le spiagge ad un’accurata selezione e che dà appuntamento per la cerimonia di consegna al 27 giugno 2020 ad Alba Adriatica, cittadina abruzzese.
Palazzo Rodio è la soluzione ideale per la vacanza con bimbi piccoli. Infatti si compone di ben quattro appartamenti molto spaziosi, dove è possibile lasciar giocare i bambini in libertà e preparare le pietanze adatte a loro, grazie alla presenza di cucine attrezzate. Ha un giardino interno sicuro perché protetto da alte pareti e lontano dalla via principale.
Siamo nel cuore del centro storico di Ostuni dove si può uscire la sera per rilassanti passeggiate. Il mare si trova ad appena sei chilometri e ha tutte le caratteristiche indicate dalla Bandiera Verde oltre ad essere limpido e trasparente come solo il mare del Salento sa esserlo.
Infine all’interno del Palazzo sono stati adottati tutte le misure precauzionali e i protocolli di sicurezza anti Covid19.
Info:
Palazzo Rodio
Largo Bianchieri 43 - Ostuni (BR)
Tel.349 162 7019
www.palazzorodio.it
FB: Palazzo Rodio ArtHouse&Holidays
La Redazione
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E' stata presentata la nuova guida edita da Terre di Mezzo Editore: “La via Francisca del Lucomagno”.
Il titolo evoca qualcosa di lontano e immaginoso, in realtà con questo agile supporto alla mano è possibile percorrere 135 chilometri in Lombardia, nelle province di Varese, Milano e Pavia, a piedi o in bici, suddivisi in 8 comode tappe. La guida è già scaricabile online e sarà in libreria dal 18 di giugno.
Un percorso di natura, acqua e storia, accessibile a tutti, da soli o in piccoli gruppi ma anche da famiglie con bambini, perfettamente in linea con i percorsi di camminamento classici. Al momento è possibile accogliere sino a gruppi di 15-20 persone, ma assicurano gli autori: “Aspetta che si si sparga la voce che anche il comparto dell'accoglienza investirà”.
Il tragitto è stato studiato, verificato, provato. E' stato segnalato e la guida, fornita di mappe rappresenta l'hub dell'incontro tra territorio e accoglienza. Lungo la via si contano 40 punti di accoglienza o ristoro. Si tratta di “esperienze povere”, ostelli ad esempio. Strutture spesso messe a disposizione da alcuni enti su base volontaria, dove si preferisce un approccio easy, perfettamente in linea con la filosofia del viandante.
Scaricando l'app gratuita realizzata da Itineraria è possibile ricevere tutte le informazioni necessarie.
Mattia Gadda, che ha curato la redazione della guida, ci ha raccontato che è stato frutto di un progetto che nasce dal coordinamento di una serie di enti e istituzioni: “Il mio compito è stato metterli in rete”.
Durante la presentazione è intervenuto il sindaco di Saronno, Alessandro Fagioli, che ha ribadito come la pubblicazione sia il risultato di un lavoro di squadra: “Gli enti lombardi si sono messi a disposizione dimostrando molta collaborazione, quindi tutto è stato facile”. Ha affermato poi come il desiderio fosse quello di riattualizzare un percorso dimenticato. “C'è stata la volontà di superare piccoli e grandi ostacoli tecnici. Anche in luce del periodo appena passato, sia ha la voglia trascorrere del tempo libero all'aria aperta, senza dimenticare la valenza storica di questo percorso, che si può percorrere in gruppo o in solitaria, è adatto agli amanti del trekking, della natura e anche, ovviamente, ai pellegrini”.
Con un pizzico di commozione ha poi ricordato il contributo di Donatella Ballerini, funzionario della provincia di Varese, che ha messo passione e impegno nel progetto e che è venuta a mancare di recente.
Marco Giovannelli, tra gli autori della guida, dice che quello che stanno presentando non è tanto il prodotto quanto il lavoro della squadra che c'è dietro. Ringrazia Mattia Gadda che definisce curatore di “encomiabile professionalità”. Dice poi che “Il prodotto è piccolino, ma molto bello, come è il percorso”. Altri ringraziamenti vanno a Pietro Scidurlo e Alberto Conte - coautore - “che ha preso la sua bici per indicare il percorso che va da Lavena Ponte Tresa a Pavia”. Tra coloro che vanno ringraziati c'è poi Fai che lungo il precorso ha suoi due beni: il Monastero di Torba e Casa Macchi, ora in ristrutturazione.
Il percorso in realtà parte da Costanza, attraversa il Liechtenstein, arriva in Canton Ticino, e attraversando appunto il passo del Lucomagno arriva poi in Lombardia. Si tratta di una via affluente
della francigena. In Lombardia parte da Vercelli, che è in Piemonte, e arriva a Palestro, attraversa la Lomellina e giuge a Pavia.
Si tratta anche di una via d'acqua, che dal lago di Lugano passa ad Argentera, poi dal lago di Ghirla al lago di Ganna, sino a quello di Varese, poi c'è il fiume Olona sino a Castellanza, si arriva quindi sul Naviglio Grande, lo si percorre tutto sino a Bereguardo e da lì a Pavia, sul Ticino.
Tanta natura, parchi, acqua, ma anche passaggi storici con solo due parti fortemente antropizzate: “La via è quasi tutta in sicurezza – afferma - in un paio di punti occorre prestare un po' più di attenzione, non bisogna dimenticare che si tratta di una via che ha 1000 anni di storia”.
Cita poi i due siti Unesco presenti sul percorso: il Sacro Monte di Varese e il Monastero di Torba, ma anche altri centri di importante interesse storico, artistico e religioso come la Canonica di Bernate e l'Abbazia di Morimondo.
Ferruccio Maruca di Regione Lombardia racconta gli albori del progetto: “Si tratta della conclusione di un percorso che è terminato nel gennaio del 2015, sono stati gli svizzeri a proporcelo, poiché volevano attivare percorsi romei che congiungessero la Svizzera a Roma. E' frutto di una forte condivisione con gli enti locali, una cinquantina, tra cui la Regione Lombardia. A fianco alla parte istituzionale si è inserita quella privata che ha dato il suo importante contributo, creando il 'sistema delle vie'. La via è nata come riattualizzazione che è stato sin da subito fruibile. Questa dimensione è stata colta anche dai piccoli comuni che hanno collaborato fattivamente”.
Tutto è pronto quindi. La guida è uscita. I primi 8 turisti partiranno settimana prossima e faranno da apripista. In questa estate all'insegna del turismo di prossimità, preferibilmente outdoor, mantenendo la distanza sociale, nulla mi toglie dalla testa che la via Francisca del Lucomagno rientri tra le migliori mete turistiche.
Per informazioni su percorso e accoglienza consultate il sito
(foto: - lago di Ghirla - credits Marco Giovannelli; lago di Ceresio - credits Marco Giovannelli; Boffalora Ticino Naviglio Grande - credits Marco Giovannelli; Robecco sul Naviglio - credits Marco Giovannelli)
Sara Rossi
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La località dolomitica di Arabba, un piccolo ma meraviglioso centro incastonato tra il Passo Pordoi e il Passo Campolongo da una parte e la Marmolada dall’altra, è pronta ad accogliere gli amanti della montagna con le sue attività outdoor all’insegna della sicurezza. Tra pochi giorni, il 13 giugno riaprono i primi impianti di risalita, permettendo così ai turisti di praticare escursioni, ferrate e trail in mountain bike, grazie anche a speciali promozioni.
Cosa ci ha lasciato il periodo di lockdown? Sicuramente la voglia di rivalutare le piccole cose e respirare di nuovo la libertà. Tra le sensazioni che mancano maggiormente agli amanti dell’outdoor c’è la frizzante aria di montagna e il senso di appartenenza che si prova in un trekking in quota o l’adrenalina di una discesa sulle due ruote lungo i sentieri predisposti.
Un paese a misura d'uomo
Posizionata ai piedi del massiccio del Sella, a 1600 metri di quota, a poca distanza dalla montagna “Regina” delle Dolomiti, la Marmolada, Arabba è un piccolo villaggio ladino che ha conservato la cultura, le tradizioni e i valori di uno stile di vita semplice e genuino, che oggi permette agli ospiti di immergersi in un “mondo fuori dal mondo”. Un paese raccolto e caratteristico, un luogo ideale per riscoprire una dimensione a misura d’uomo con aria pulita, natura incontaminata e zero stress, “the place to be”.
Le strutture ricettive della zona, così come bar e ristoranti, sono pronte ad entrare in funzione e ad accogliere gli amanti della montagna. Un territorio da scoprire in maniera slow per vivere un’esperienza unica sulle Dolomiti, patrimonio mondiale Unesco.
Impianti pronti a ripartire e attività outdoor
I primi impianti ad aprire saranno la funivia Arabba-Porta Vescovo e la seggiovia Campolongo-Bec de Roces, rendendo praticabili numerosi percorsi di trekking e ferrate in quota.
Grazie alla funivia Porta Vescovo si potrà percorrere il sentiero Viel dal Pan: adatto a tutta la famiglia, questo itinerario conduce al Passo Pordoi e deve il suo nome agli scambi commerciali che, in passato, avvenivano lungo questa direttrice. Seguendo il sentiero 601 si percorre la dorsale della montagna in direzione del Passo Pordoi, accompagnati dalla presenza del lago di Fedaia e dall’imponente ghiacciaio della Marmolada. Arrivati al “Belvedere”, il sentiero conduce gli escursionisti in discesa fino al Passo Pordoi e ad Arabba.
Grazie al fatto che il percorso non presenta grandi pendenze e si mantiene costantemente in quota attorno ai 2500 metri, questo trekking è perfetto per le famiglie e per i camminatori meno esperti che vogliono però godere di un panorama incontaminato.
Sarà accessibile anche la Ferrata delle Trincee, che da Porta Vescovo arriva fino al Passo Padon, attraverso l’impervio campo di battaglia della Prima Guerra mondiale, con molti vecchi appostamenti, trincee e postazioni letteralmente aggrappate alla roccia. La prima parte impegnativa è compensata da una seconda lunga, ma più semplice, con tratti in cresta e un panorama sempre spettacolare sui 3343 metri del ghiacciaio della Marmolada. Da un paio di anni è stato ripristinato e messo a disposizione degli appassionati il tratto denominato Sasso dell’Eremita, una parete a difficoltà media con un dislivello verticale di circa 55 metri.
La seggiovia Campolongo – Bec de Roces renderà disponibile l’omonimo percorso trekking e la falesia associata, una vera palestra per gli alpinisti locali, con 25 vie disponibili (alcune di queste adatte anche ai bambini) soprattutto nella zona est dove si trovano settori di monotiri con grado di difficoltà dal 5b al 7a, e lunghezza fino 35 metri su muri verticali o leggermente a strapiombo. Sul lato ovest si trovano salite più lunghe (fino a tre tiri di corda) di stampo più alpinistico, la cui difficoltà è compresa tra il III e V grado, dove è consigliabile integrare le protezioni ed effettuare discese in corda doppia.
Interessante è il trekking Bec de Roces. Il percorso, con partenza fissata al Passo Campolongo, permette di raggiungere un enorme masso chiamato Sasso Quadro dove è possibile ammirare i resti di una vecchia postazione di guerra austro-ungarica, che funge ora da balcone naturale, con una bellissima vista sulla Marmolada, e arrivare in un paio di ore al Lago Boè: dopo una rilassante pausa ai bordi del piccolo specchio d’acqua naturale si rientra a Passo Campolongo, per un tempo totale dell’escursione di circa quattro ore.
Dal 27 giugno riapriranno anche la telecabina Fodom, che unisce Pont de Vauz a Passo Pordoi, e la seggiovia Burz, che permetterà quindi di effettuare Sellaronda MTB Tour, ovvero il periplo del massiccio del Sella, dove Arabba rappresenta il punto di partenza ideale. Fissata al 5 luglio l’apertura della seggiovia che da Passo Campolongo porta al Cherz.
Insieme agli impianti riapriranno anche i rifugi nel rispetto delle norme legate alla sicurezza personale, e che permetteranno dei pit-stop strategici per riprendere fiato e gustare i piatti della tradizione ladina.
Le promozioni per un'estate indimenticabile e conveniente
Sono due le possibili soluzioni per gli amanti degli sport all’aria aperta.
La prima è Arabba-Marmolada Summer Pass 2020, la tessera nominativa che permette, fino a settembre, di raggiungere tutti i percorsi e le attrazioni in quota utilizzando gli impianti di risalita nel comprensorio Arabba-Marmolada.
Due le formule a disposizione, per chi sceglie di fare un weekend lungo, con 3 giorni su 4 a 50,00 €, oppure 5 giorni su 7, anche non consecutivi, a 60 €, per chi si vuole concedere una settimana intera.
Per ragazzi e bambini sono previste riduzioni; i nati dopo il 04.06.2004 avranno le due tessere rispettivamente a € 35,00 e € 42,00, invece la categoria Baby, valida per i nati dopo il 04.06.2012, potrà usufruire gratuitamente degli impianti, se accompagnata da un adulto.
La seconda opzione è la Super Summer Card, tessera nominativa che include la possibilità del trasporto bike, nella formula giornaliera a 47,00 €, 3 giorni su 4 a 110,00 €, e 5 giorni su 7 a 147,00 €.
Anche in questo caso sono previste riduzioni: i nati dopo il 16.05.2004 avranno il 30% di sconto, mentre per i nati dopo il 16.05.2012 sarà gratuita, nel rapporto un bambino per accompagnatore.
La redazione
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Uno dei Borghi più Belli d’Italia del Trentino, sotto le Pale di San Martino
Se suoni la campanella che trovi su una sedia rossa posizionata a sorpresa,
ecco arrivare un abitante del paese a farti da cicerone!
Paese-Museo en plein air, Mezzano di Primiero (fra i Borghi più Belli d’Italia del Trentino) rivendica fiero il suo passato rurale e manda in scena uno spettacolo tutto suo, di quelli che incantano nella loro disarmante semplicità. Il passato altrove dimenticato non si limita a sopravvivere, ma è vivo, si fa presente, si mette in mostra e viene condiviso con i visitatori che sono accolti con il cuore. Rimasto tenacemente aggrappato alle sue radici, alle sue architetture, alle tradizioni di un popolo fiero, fortificato dalla vita dura di montagna, Mezzano ha trasformato in arte le tradizioni e in storie da raccontare i ricordi delle vite contadine di pochi decenni fa, all’apparenza così lontane, ma che fanno parte integrante della sua realtà odierna. Oggi Mezzano è l’angolo romantico e suggestivo del Primiero, un serbatoio di vita alpina, di cui si ripercorrono le tracce in ogni angolo nascosto, lungo i vicoli, nelle piazzette, all’ombra dei ballatoi in un vibrante museo all’aperto in cui si intrecciano architetture, dipinti murali, antiche iscrizioni, fontane e stoili (piccoli acquedotti in cunicoli pensati per condurre al coperto l’acqua dalle alture), orti e cataste artistiche di legna.
Mezzano Romantica
Un museo en plein air, senza ressa o code, che ciascuno può scoprire da solo passeggiando senza fretta, seguendo semplicemente le indicazioni molto intuitive dell’accattivante segnaletica con le scritte rosse in italiano e inglese sotto il logo di Mezzano Romantica, a ricordare che tutto qui si fa col cuore. Un totem dà il benvenuto ai visitatori, e li invita a scaricare gratuitamente l’App bilingue, che può essere scaricata on line anche prima di arrivare, in modo da prepararsi alla visita. Seguendo le frecce rosse, ci si imbatte via via in una serie di piccoli tesori d’arte e tradizione, contrassegnati da un cartello con un occhio. Avvicinandosi, si riceve un messaggio che avvisa di ascoltarne se si vuole la storia, oppure leggerla sullo smartphone.
La sedia rossa
Ma soprattutto bisogna cercare una semplice sedia rossa, che compare a sorpresa negli angoli più suggestivi del paese, e suonare la campanella appoggiata sul suo sedile. Al suo suono, arriva una persona che abita nei paraggi e che si mette a disposizione per dare informazioni, raccontare la storia di Mezzano e delle sue montagne, svelare curiosità e aneddoti, indicare dove poter trovare prodotti tipici e lavorazioni artigianali, dove poter dormire e mangiare, quali sentieri da percorrere per salire a malghe e rifugi, quali le attività sportive e quelle più adatte per i bambini… Sono anziani, ragazzi, donne, artigiani che, con l’autenticità e l’immediatezza che solo il racconto diretto sa dare, condividono con gli ospiti la propria vita e le proprie conoscenze, li consigliano come potrebbe fare un amico affinché possano godersi al meglio la loro permanenza a Mezzano, sia una visita di qualche ora, oppure un ritemprante periodo di vacanza. La sedia rossa si può trovare tutti i giorni dal 20 giugno a metà settembre (e poi durante i fine settimana), ad indicare che qualche abitante di Mezzano è a disposizione dei turisti per dare informazioni e condividere racconti. Così, semplicemente, come si fa quando si passa a casa di un amico senza preannunciarsi.
Cataste&Canzèi, quando le cataste di legna si fanno arte
Il percorso è punteggiato da una trentina di monumentali cataste artistiche di legna, Cataste&Canzei, che per la loro originalità hanno reso famoso anche all’estero questo piccolo borgo montano. Unica nel suo genere, la rassegna inanella stupefacenti e fantasiose cataste artistiche di legna, nate dalla tradizione della gente di montagna di accatastare in bell’ordine la scorta di legname per l’inverno. Ed ecco così la fisarmonica in tensione che pare una stella, la clessidra chiusa tra sole e luna a segnare il trascorrere del tempo, la grande parete che ricorda l’alluvione che colpì il paese nel 1966, gli uomini intenti a tagliare l’albero, la catasta instabile che cede a un coreografico crollo… Ogni canzèl è un piccolo capolavoro di perizia e attenzione, nello spirito parsimonioso di chi abita i paesi di montagna, ma anche una vivida e cangiante tavolozza nelle calde tinte del legno che colora le vie di Mezzano, abbellite anche dalle cataste che le famiglie sistemano fuori dalle proprie case.
I tabià e le stalle
I caratteristici tabià (vecchi fienili in disuso, ora recuperati) narrano ancora il rito del filò, le storie narrate dagli anziani del paese nelle lunghe serata d’inverno. In particolare cinque sono stati recuperati a nuova vita. Il Tabià del Rico è un piccolo ma interessantissimo museo etnografico zeppo di oggetti che raccontano vita e lavori di un tempo, raccolti in tanti anni con amore e passione da Mary Orsingher e intitolato al padre Enrico. Il Tabià del Checo espone in moderne vetrine cubiche, che mescolano l’ambiente rustico con una raffinata soluzione moderna, le eccellenze di alcuni artigiani e produttori agroalimentari locali: Zeni scultori, Gianluigi Zeni, Artelér, Artistica legno GT, Macelleria Bonat, Bionoc’, La Rondine. Il Tabià de la Gema, situato in una delle più caratteristiche case del paese, viene utilizzato come teatro nelle serate di Mezzano Romantica. La Stalla dei Presepi (visitabile durante tutto l’anno) contiene una quindicina di presepi a diverso tema fra storico, classico, moderno, immaginario realizzati in vari anni dall'artista Mario Corona.
La Stalla “In nome de Iesu” contiene infine delle scene che raccontano la vita e la passione di Cristo realizzate anch’esse dall'artista Mario Corona. Il suo nome si ricollega alla frase che contadini e boscaioli pronunciavano un tempo all’inizio della giornata lavorativa, per mettere il loro lavoro nelle mani della protezione divina.
L’antica lisiera e i 250 orti
Un’altra piccola perla in cui ci si imbatte è la lisiera, l’unica in tutto il Trentino a essere tutelata dalla Soprintendenza. È la lisciaia, ovvero il locale dove si produceva la lisia (acqua in cui è stata fatta bollire cenere) per il bucato, spesso profumandola con bucce di limone. Il bucato era un lavoro lungo e faticoso, che le femene cominciavano già a sette o otto anni. Di questo, delle loro fatiche, delle chiacchiere, delle amicizie e delle contese che nascevano lì dentro racconta ancora romanticamente la lisiera. Amorevolmente restaurata con le sue tre calgere (caldaie di rame), ospita anche piccoli eventi: un luogo insomma di aggregazione così come lo era per le femene intente al bucato. Il verde entra deciso fra le antiche pietre del paese grazie ai suoi orti: se ne contano circa 250 fra Mezzano e frazioni, su circa 1.600 abitanti. Partiti da un’esigenza di produzione di cibo per la famiglia, rispettano fedelmente la tradizione trentina che tra le staccionate dell’orto sposa l’utile al dilettevole spartendo la terra tra ortaggi, fiori, odori, piante da frutto e viti rampicanti. Veri e propri orti-giardino, costituiscono tappa imprescindibile anche delle visite guidate per il borgo, organizzate questa estate per piccoli gruppi e su prenotazione in modo da garantire il distanziamento richiesto dalle normative.
Il ponte tibetano e gli abeti giganti
Mezzano non è bella solo tra le sue stradine e le sue architetture. È circondata da una natura forte e rigogliosa, che accoglie il quotidiano della gente di montagna e si fonde con esso. Ci sono tante piccole perle che circondano il paese, mete di passeggiate o pedalate in relax, alla scoperta dei romantici scorci di questo angolo del Primiero, di boschi, malghe, vette, seguendo sentieri di bassa e media quota ben battuti e segnalati. Ci sono luoghi che si godono meglio su due ruote come la pista ciclabile del Molaren, una passeggiata illuminata anche la sera con diverse soste per godersi il panorama in completo relax. Altri che conquistano i più avventurosi, come gli orridi di Val Noana, in uno dei quali si fa anche canoyng, o il ponte tibetano che fa da collegamento tra rifugi Caltena e Fonteghi. Altri che conquistano per l’assoluta bellezza dei boschi, come il Parco Naturale di Panveggio e il Sentiero degli Abeti Giganti in Val Noana, con i suoi alberi secolari che svettano fino a toccare i 50 metri ed hanno il diametro del tronco che può arrivare a misurare un metro di larghezza.
Per informazioni: Ufficio Turistico Comune di Mezzano
Tel. 349.7397917 -
La Redazione
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Con una serie di seminari Città del Vino riflette sulla ripresa post covid-19.
Il 5 giugno, durante un incontro in diretta Facebook, si è parlato della riorganizzazione delle cantine tra suggestione e accoglienza sicura.
Paolo Corbini, vicedirettore di Città del vino, ha aperto la chiacchierata sullo sviluppo dei territori del vino e sulle misure da adottare, anche a livello politico, per la tutela e il rilancio del turismo enogastronomico.
Giorgio Salvan, presidente Movimento del turismo del vino Veneto, dopo i doverosi ringraziamenti perchè: “Avere amiche le città del vino è importante”, ha ricordato la collaborazione decennale tra le due realtà, nonché l'appuntamento, imperdibile per gli amanti del vino, con Calici di stelle. Con un briciolo di amarezza ha poi affermato: “Non vendiamo vino quest'anno, ma sogni, non sappiamo quale sarà l'Iva su questi sogni, ma non ci interessa, quelli possiamo sempre venderli”.
Il presidente di Città del vino, Floriano Zambon, ha sottolineato come sia un momento problematico, ma anche come questa sia una grandissima occasione per l'enoturismo. “Si tratta di mesi utilissimi, da cogliere – ha affermato - c'è la possibilità di fare un salto di qualità che permetta di godere maggiormente delle cantine, delle vigne e dei nostri orizzonti. Bisogna cogliere la poesia che sta dietro la produzione per stimolare emozioni che daranno risultati soprattutto in prospettiva”.
Il celebre enologo Roberto Cipresso ci ha raccontato che lo scorso anno il turismo del vino era in crescita, ma dopo quello che è successo in questo periodo, l'entusiasmo non è più sufficiente, ora: “E' necessario essere rassicuranti ed usare un linguaggio nuovo”. E, ha continuato: “Prima, camminare nel fango del vigneto era poetico, adesso occorre essere più attenti, mantenendo il romanticismo ma con uno sguardo nuovo alla sicurezza. Occorre che tutto sia misurabile, il mercato si è progressivamente saturato, e oggi il valore aggiunto si ottiene solo con scientificità e storicità”. Cipresso sostiene che la scientificità, la tracciabilità e la sostenibilità ora siano necessarie, non più solo un plus. Ci sono modalità di accoglienza in cantina che vanno seguite.
Corbini ha poi sottolineato come il territorio debba dimostrare di essere in grado di fare accoglienza a tutti i livelli.
Nel suo intervento Elena Sgambati, consulente per le cantine, ha affermato come la sua attività sia tesa ad aiutare i produttori di vino ad aprirsi all'enoturismo: “La pandemia ci ha bloccato, ma ci ha fatto riconsiderare l'essenzialità. Il turista andrà sempre più alla ricerca di verità, e questo va oltre il marketing”. Occorre una maggiore attenzione alla sicurezza, ma soprattutto alla comunicazione della stessa: “L'ospite diventava ambasciatore dei prodotti. Ci saranno nuove linee guida che si spera siano più omogenee possibili. Occorre empatia e sintonizzazione con l'ospite, solo così renderemo le esperienze memorabili e sicure”. Secondo Sgambati, i produttori si preoccupano degli investimenti, ma in realtà andranno sfruttati gli spazi all'aperto, le vigne, le esperienze a contatto con la natura. Ci saranno un ventaglio di possibilità più ampie, occorre utilizzare creatività, con gazebo, terrazze all'aperto, tavolate che garantiscano il distanziamento, in una frase: “Utilizzare le vigne come teatro naturale”.
Giuseppe Festa dell'Osservatorio turismo del vino ha chiesto a Roberto Cipresso come è possibile che rassicurazione e sicurezza possano accordarsi con la suggestione. Secondo Festa, negli ultimi anni i lavori fatti dalle cantine sono stati enormi, ma più che un'attenzione all'irrobustimento dell'offerta sarebbe necessario lavorare sullo stimolo della domanda.
Secondo Cipresso la vera emozione in ambito enologico nasce quando il vino porta in un luogo oppure riporta a rivivere un momento storico legato alla sua datazione, queste sono le sole due aree in cui il vino riesce a fare venire la pelle d'oca. Oggi, il clima di incertezza ha cambiato le modalità di spostamento e le percezioni. “La priorità è trovare un posto rassicurante, che oggi è lo spazio aperto, non le persone con le mascherine e le visiere”. E poi, continua: “Occorre infondere sicurezza senza ostentarla. Non bisogna che l'enoturista si ponga troppe domande: “Tu pensa a vivere l'esperienza in tranquillità che alla tua sicurezza pensiamo noi”. In realtà l'unico aspetto che conta è che la cantina sia seriamente certificata, non bisogna raccontare storie insomma.
Sempre secondo Cipresso: “Il valore aggiunto è dato dai fatti, la tracciabilità è effettiva, occorre serietà. Un ospite tranquillo e sicuro che si gode la sua esperienza sensoriale è la ricetta per avere successo oggi”.
Occorre equilibrio, fare percepire un ambiente sicuro in cui vivere un'esperienza. “Il marketing è fallito perchè non ce la fa più, ma se il produttore riesce a vivere al meglio questo momento ne uscirà rafforzato”.
Giuseppe Festa ha chiesto poi alla Dott.ssa Sgambati quale è quindi questa nuova modalità di comunicazione che si deve utilizzare per informare l'enoturista.
Secondo Elena Sgambati occorre far sapere che si fa ospitalità, quali tipo di esperienze e la sicurezza igienico sanitaria che si troverà: “Deve passare il messaggio che lavorare con piccoli gruppi è esclusività, occorre mostrare teche con raggi uv per disinfettare i bicchieri ad esempio e una nuova tensione al dettaglio che va comunicata a chi sta programmando una visita”.
Di tutta altra idea sembra essere il produttore Giorgio Salvan che spera solo che questa situazione passi in fretta: “Per accogliere l'enoturista si deve essere a posto con la normativa, ma non è necessario ostentarlo. Un turista cerca prima di tutto accoglienza, e io accolgo sempre all'aperto, la cantina è per i tecnici o per chi vuole un'esperienza da raccontare, non bisogna tediare, ne terrorizzare l'ospite”. Secondo Salvan: “Il vino deve essere buono che sia certificato è un fatto personale, lo deve essere, ma non serve in questo settore. E' necessario invece nella grande distribuzione, quando il vino viaggia. Chi viene in cantina è un turista elitario e a lui questi dettagli non interessano”. Chiosa poi: “Io sono stato certificato per 12 anni, ma è avvilente. Ho perso le vigne e ho perso gli amici. Ho provato a fare le stesse cose in maniera diversa e tutto è migliorato. Ribadisco che quando si muove la persona è diverso da quando si muove il vino”.
Il movimento turismo del vino è nato con lo slogan: “Vieni e vedi cosa bevi”, è fondamentale il rispetto del paesaggio, solo in questo modo è possibile ottenere del buon vino.
Sul rispetto del paesaggio sono tutti d'accordo. Aggiunge Corbini: “Un bel paesaggio, servizi efficienti e qualità della vita sono alla base per buoni prodotti e valide esperienze enoturistiche”.
Floriano Zambon, in merito alla cura del paesaggio ha proposto di fare incontri mirati tra amministratori e territori: “Penso che diversi proventi, tipo la tassa di soggiorno, se ben spesi non possano che migliorare la qualità del vivere sul territorio, sia per turisti che per gli abitanti. I comuni devono investire bene le risorse per fare la loro oculata parte”.
Paolo Corbini ha accolto l'invito di Zambon e ha rivelato di lavorare con Festa per mettere in rete una sorta di “pillole dei territori delle città del vino” dove raccontare i progetti virtuosi nella gestione dei territori, tesi a migliorare la qualità della vita.
Sara Rossi
nelle foto
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- Floriano Zambon
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