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In Indonesia, terra di vulcani, il Kelud ha eruttato il 13 febbraio, vomitando milioni di metri cubi di materiali, principalmente ghiaie e ceneri, che il vento ha soffiato fino al tempio di Borobudur, il più grande tempio buddista dell’isola di Java, situato a circa 280 km dal vulcano. L’antico tempio è stato completamente coperto dalla cenere vulcanica, costringendo le autorità locali a chiudere al pubblico, per attivare le misure di conservazione e di pulizia, che sono iniziate subito, il giorno dopo l’eruzione.
“Anche se era improbabile che le ceneri - come ha assicurato Marsis Sutopo, responsabile della sicurezza – potessero aver danneggiato il tempio, costruito in pietra andesite”, i lavori di ripristino sono stati particolarmente accurati e ad essi hanno partecipato centinaia di volontari del posto, studenti e cittadini, nonché i turisti che avevano già programmato la visita del monumento. La solidarietà quindi non si è fatta attendere, ed è stata particolarmente apprezzata quella degli studenti delle scuole islamiche del posto, che si sono adoperati per il ripristino.
Borobudur è infatti meta di un gran numero di visitatori: circa 10/15.000 nei fine settimana e 5/6.000 nei giorni feriali, costituendo quindi una imprescindibile risorsa per la gente del posto. (anataranews)
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Palme da cocco a perdita d’occhio, baobab secolari e mangrovie che rivestono interi bracci di mare: una vegetazione unica al mondo racchiusa in 180.000 ettari di acqua, sabbia e sale.
È' questo il Delta del Siné-Saloum, il più famoso fiume senegalese che sfocia nell’Atlantico. Tutta la zona a sud della penisola di Capo Verde è considerata una delle più belle dell’Africa Occidentale, dove migliaia di canali creano un arcipelago di isole in parte incontaminate e in parte abitate da tradizionali villaggi di pescatori e dove è conservato uno degli ecosistemi più ricchi e vari del continente africano.
Non stupisce che dal 1976 l’area sia per la maggior parte protetta con l’istituzione del Parco Nazionale del Delta del Saloum e che ben 145.811 ettari del territorio siano stati designati Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO nel 2011.
Una regione unica che è riuscita a conservare le tradizioni di un tempo come la pesca, la coltivazione di arachidi e la costruzione di piroghe. Queste piccole imbarcazioni oggi sono utilizzate per escursioni turistiche che da villaggi come Ndangane - attraverso stretti bolong (canali) - portano alle isole; o per la pesca turistica, di cui uno dei centri principali è Foundiougne, un tempo avamposto coloniale francese ed oggi meta imperdibile per gli appassionati di questo sport.
È nel Delta del Siné-Saloum che sono conservate almeno due delle attrazioni principali del Senegal. La prima è il Baobab sacro, il secondo albero più grande dell’Africa. Il suo tronco ormai cavo può ospitare fino 15 avventurosi che, passando da una stretta apertura, potranno arrivare nel cuore dell’albero. I Baobab sono alberi importantissimi nella cultura senegalese: le sue foglie hanno proprietà curative che solo i marabuot, gli “stregoni” dei villaggi conoscono e i suoi frutti (chiamati 'pane delle scimmie') sono deliziosi.
Sono alberi dal forte valore anche religioso: quasi ogni villaggio ha il suo albero sacro a cui rendere omaggio e rivolgere le proprie preghiere; molto spesso si tratta di baobab secolari.
Addirittura nelle cavità dei baobab fino al 1960 venivano sepolti i Griot, i tradizionali suonatori che ancora oggi animano le feste dell’Africa Occidentale. Questo perché non erano considerati degni di essere sepolti nella terra che si erano rifiutati di lavorare in vita.
L’albero millenario è oggi gestito da una cooperativa di villaggi locali, organizzati per guidare i turisti all’interno del maestoso tronco e per vendere i bellissimi manufatti locali ai piedi delle sue enormi radici.
Imperdibile è anche una visita a Joal e Fadiouth due villaggi collegati da un ponte e che condividono il municipio e un florido commercio di pesce e prodotti agricoli. Mentre Joal si trova sulla terraferma, Fadiouth è interamente costruito su un’isola di conchiglie che raggiungono gli 8 metri di profondità e che creano vere e proprie strade su cui è vietato ogni trasporto motorizzato. Le conchiglie, trasportate lì centinaia di anni fa dal mare, sono oggi utilizzate anche per l’architettura delle case e per l’artigianato locale. Fadiouth, caratterizzato anche da bellissimi granai costruiti su palafitte per scongiurare i danni dell’alta marea, è inoltre noto per essere un esempio di convivenza pacifica tra cristiani e musulmani, che insieme governano il villaggio e che addirittura condividono il cimitero. Le mezzelune rivolte a La Mecca e le croci cristiane si alternano su tutta una collina di conchiglie in un’armonia perfetta.
I numerosi lodge della zona - situati soprattutto a Ndangane, Dijfere e Palmarin, i centri più turisticamente attrezzati della zona e raggiungibili da Dakar in 3 ore di auto - organizzano escursioni per visitare entrambe le attrazioni. Non solo, un soggiorno in Senegal riserva ogni giorno un’attività diversa: una gita in barca, una battuta di pesca, o una visita ai villaggi dell’etnia sérèr. Sono mete imperdibili per scoprire la ricchissima cultura senegalese: dalle feste al ritmo dei balli tradizionali e della musica dei tam-tam ai ricchi mercati di prodotti tessili e artigianato. O ancora, per assaporare la cucina del posto che, a detta degli africani, è la migliore di tutto il continente Nero.
Con un clima fresco e secco, il periodo migliore per visitare il Delta del Siné-Saloum va da novembre a marzo, mesi ideali anche per il birdwatching, l’osservazione delle centinaia di specie di uccelli durante la stagione migratoria.
Marco Besana e Ilaria Brusadelli
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Quando si pensa all’Africa come destinazione per un viaggio, alla mente balzano subito mete classiche e collaudate: dalle vicine Tunisia e Marocco, al leggendario Egitto, a Kenya e Tanzania paradisi dei safari. Ma l’Africa è in continua evoluzione anche sul piano turistico e propone nuove mete per viaggiatori curiosi alla ricerca di novità nel continente che, secondo la leggenda (ma anche a parere della scienza), ha dato origine all’umanità. In un territorio enorme, dove oggettivamente esistono destinazioni che sono ad appannaggio di veri e propri esploratori in bilico tra l’essere avventurosi e sconsiderati, ci sono località sicure, evolute, ricche di attrattive per tutti i gusti. Una di queste è il Ghana. Per molti è solo il nome di un paese difficile da collocare sulla grande mappa africana ma che nel corso degli ultimi anni ha puntato molto sulla sua promozione e si è organizzato al punto tale da potersi proporre come valida alternativa a destinazioni più inflazionate. Affacciato sul Golfo di Guinea, il Ghana è stato purtroppo nel passato il triste simbolo di una pratica disumana: la tratta degli schiavi. La sua posizione geografica agevolava lo sbarco sulle sue coste di conquistatori provenienti da mezza Europa, primi fra tutti i portoghesi poi seguiti da olandesi, francesi, danesi, svedesi e inglesi. All’inizio l’interesse di tutti quelli che approdavano nel paese era incentrato sulle sue preziose risorse minerarie costituite da miniere d’oro, diamanti, bauxite, ma ben presto il “materiale umano” venne considerato più prezioso e utile. A ricordo di quel periodo esistono ancora forti e castelli edificati con stile architettonico tutto europeo sparsi un po’ lungo tutta la costa; dei veri “luoghi della memoria” dei tanti uomini incarcerati tra le loro mura in attesa di essere deportati oltreoceano. Per la sua macabra bellezza il forte di Cape Coast è tra i più visitati del Ghana e nel 1979 è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Storia e cultura però sono solo uno degli aspetti che contraddistinguono questo lembo d’Africa; spiagge incontaminate, foreste e cascate, parchi abitati da animali tra i quali i particolari elefanti nani. Paese “goloso” il Ghana è il secondo produttore mondiale di cacao; dotato di originale raffinatezza grazie al tradizionale artigianato Ashanti fatto di oggetti in oro, rame, cuoio, stoffe; raro esempio nel continente africano ad aver conservato, malgrado 60 anni di colonizzazione, le sue tradizioni e le sue origini; sede del lago Volta, il bacino artificiale più grande del mondo. Un luogo autentico, ospitale e sicuro grazie alla stabilità della sua forma di governo. Facilmente raggiungibile dall’Europa alla quale è collegato da 32 compagnie aeree, che in circa 6 ore mettono in comunicazione le principali città del vecchio continente con Accra, la capitale. Fino a ora era inusuale pensare al Ghana, ma dopo averlo conosciuto meglio, il paese può entrare a pieno titolo nelle mete da considerare per un viaggio affascinante nell’area sub sahariana.
Paola Drera
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L’anno appena trascorso si è concluso con un enorme successo per il turismo in Iran. Quasi incredulo il presidente del CICE, Centro Italo-iraniano di cooperazione Culturale ed Economica, l’architetto Mir Fakhraei Abdolreza: “Abbiamo esaurito i visti fino a maggio, per questo affrettatevi se volete venire in Iran”.
Ed è proprio così, complice la crisi di alcune tra le più consuete mete mediterranee, Egitto, Tunisia, Turchia che per fasi più o meno lunghe hanno registrato disordini interni, stati come l’Iran pare abbiano decuplicato le presenze straniere.
Dopo una conferenza direttamente rivolta al pubblico della Bit, bypassando la stampa, chiedo ad Abdolreza qualche numero più preciso sugli arrivi del 2013, mi risponde quasi imbarazzato: “I numeri esatti al momento non li ho sottomano, si può dire che siamo passati da zero a cento. Ho quasi paura. La crisi avvenuta all’interno di altri contesti ha portato in Iran un numero incredibile di turisti. Chiamo tutti i giorni i responsabili a Teheran, raccomandandoli di fare bene, perché non possiamo perdere quest’occasione”.
Durante la presentazione delle bellezze del suo paese l’entusiasmo trapelava da ogni parola.
L’Iran è la culla dell’antica civiltà di Persia e vanta 250.000 siti archeologici solo nella provincia di Tehran, che accoglie inoltre due castelli dello scià di cui uno solo di essi possiede ben venti palazzi. Si è soffermato sull’età bassissima della popolazione, la più giovane al mondo, dove l’80% ha meno di 40 anni, sul clima, tra i più asciutti al mondo perché parte da un’altitudine di 1000 mt sul livello del mare e questo permette di ben sopportare il caldo estivo. E’ uno stato grande sei volte l’Italia e le principali città distano circa 400 km l’una dall’altra, per questo i tour classici prevedono in genere la visita delle 3 città del deserto: Shiraz con l’antica Persepoli e Pasarde dove sorge la tomba di Ciro il Grande, Isfahan, una delle città più belle di tutto l’Oriente e la capitale Tehran. Questo tour è all’insegna della bellezza culturale, e del ritorno alla culla della civiltà, basti pensare che 2500 anni fa Persepoli era la città più ricca del mondo. Ma oggi l’Iran punta anche su un altro tipo di turismo emergente, quello naturale ad esempio, poiché qui ci sono tutte le tipologie di deserto, anche quello di sale. E’ possibile effettuare escursioni in 4x4 e pernottare in tenda nel deserto. Sulle sue montagne è possibile fare trekking oppure perché no, fare immersione nel suo mare, ad esempio attorno all’Isola di Kish nel Golfo Persico, zona franca dalla spiccata vocazione turistica.
Queste nuove frontiere hanno l’obiettivo di intercettare quei turisti che pensano all’Iran come alternativa ad altre mete al momento più difficili da raggiungere per crisi politiche interne.
Un altro aspetto positivo, ricordato durante la conferenza, è la presenza di una grande quantità di guide in lingua italiana, grazie anche ai buonissimi rapporti che intercorrono tra i due paesi dagli anni Cinquanta. Inoltre non ci sono particolari problemi sanitari avendo un sistema medico all’avanguardia, dove molto spesso le lauree italiane non sono riconosciute.
Certo, come sottolinea lo stesso Abdolreza, arrivando nel paese bisogna avere alcune accortezze: “Come sempre quando si viaggia bisogna rispettare le usanze del posto che ci accoglie e l’Iran è una repubblica islamica quindi le donne dovranno coprirsi il capo e gli uomini non potranno stare in calzoni corti. Non troverete nei luoghi pubblici alcol o carne di maiale. Ma tornerete certamente a casa con un bagaglio culturale unico”.
Sara Rossi
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L’Art Déco Historic Districts a Miami è una zona di Miami Beach attorno alle vie Espanola Way, Collins & Washington Avenues, Museum, e Flamingo Park che, insieme, costituiscono il National Register Art Deco District, primo quartiere del XX secolo ad essere riconosciuto a livello storico artistico.
A dare il nome a questo distretto è stata l’alta presenza di edifici in stile Art Déco Tropicale, fusione di diversi stili introdotti nell’architettura cittadina nella prima metà del XX secolo.
Tra gli stili che porteranno all’Art Déco tropicale vi sono sicuramente il Revival Mediterraneo, seguito dall’Art Déco e il Mimo (Miami Modernism) che porteranno Miami ad essere capitale di questo stile grazie alla più grande concentrazione di edifici (se ne contano più di 800) nati da questa scuola artistica.
Alla fine del primo decennio del secolo, Miami Beach visse un vero e proprio boom edilizio, volta alla valorizzazione turistica dell’isola, nel corso del quale sorsero in poco tempo centinaia di piccoli alberghi e palazzine.
Con l’Exposition des Arts Décoratifs et Industriels Modernes 1924 a Parigi, l’Arte Dèco si diffonde rapidamente il movimento e il gusto dell’Art Decò e anche a Miami, a South Beach, arriva velocemente questa nuova tendenza artistica/architettonica, rapidamente adattata al gusto caratteristico di questa regione, con l’inserimento di elementi tropicali, ispirati alla vegetazione e all’habitat del posto, sottolineando così maggiormente il contrasto tra le città industriali del nord, nebbiose e grigie e la luminosità solare di questo luogo di villeggiatura dall’estate perenne.
Oggi il quartiere Art Decò è una delle attrazioni principali della città, contribuendo negli anni a creare quello stile colorato e vagamente kitch che caratterizza la leggendaria Miami.
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