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Questo piccolo Stato che rappresenta una riserva di tradizioni e culture tribali e di musiche e danze, ai confini del Bangladesh, affascina per le sue bellezze naturali, il verde delle colline e delle valli, per le foreste dove vivono antiche tribù il cui artigianato è di lunga tradizione come lo sono Feste che sembra, risalgono all’epoca del Mahabharata. Esattamente al centro si trova la Capitale dello Stato, la città di Agartala che dal XVIII secolo divenne il suo centro vantando origini principesche come lo testimoniano i magnifici Palazzi, Templi e il Museo.
Il piccolo ex principato di Tripura riuscì a mantenere una discreta indipendenza nel corso di tutto lo scorso millennio: sebbene sia comunemente considerato antichissimo, già esistente come tale sin dai nebulosi tempi del Mahabharata e poi citato in uno degli editti dell’imperatore Ashoka, il principato propriamente detto risale storicamente al XIII secolo, quando la dinastia dominante, di origini indo-mongoliche e che governò poi questa terra fino al 1949, anno dell’annessione all’India indipendente. Il suo dominio ai tempi del massimo splendore e fino al XV secolo, comprendeva in pratica l’intera baia del Bengala, dal Brahmaputra a Burma e l’attuale Myanmar. Nel XVII secolo l’impero Moghul s’impose anche in quest’area pur lasciando ai regnanti di quelle lontane lande una certa autonomia e durante la dominazione britannica accadde poi la stessa cosa, sebbene il territorio di Tripura venisse a quell’epoca ridimensionato fino a coincidere con i confini attuali.
Il Tripura offre, all´interno della sua limitata estensione geografica, innumerevoli attrazioni ai turisti, tra le quali magnifici palazzi come il Palazzo Ujjayanta e il Palazzo Kunjaban ad Agartala e il Palazzo Neermahal presso il Lake a Melaghar; splendide sculture ricavate nella roccia e immagini su pietra come Unakoti vicino a Kailashahar, Debtamura vicino ad Amarpur e Pilak; importanti templi Hindu e Buddisti, incluso il famoso tempio Mata Tripureswari, uno dei cinquantuno Pithasthan secondo la mitologia Hindu a Udaipur: enormi laghi naturali e artificiali, tra cui il lago Dumboor; la rinomata località collinare di Jampui Hill confinante con il Mizoram, i Parchi nazionali di Sepahijala, Gumti, Rowa e Trishna, e il bellissimo NeerMahal, costruito al centro del grande lago artificiale Rudrasagar, a circa 50 km dalla capitale.
Molto varia, viva e valida è la tradizione tribale musicale e di danze, con espressioni particolari caratteristiche di ogni gruppo, come per esempio i balli Garia, Jhum, Maimita, Masak Sumani e Lebang Boomani, tipici della tribù dei Tripuri.
L’artigianato tessile locale è di antichissima origine e produce stoffe particolarmente vivaci con motivi in genere geometrici e diversi secondo la tribù che li confeziona per il proprio abbigliamento, anch’esso distintivo secondo l’appartenenza.
Una destinazione quindi per chi vuole immergersi in bellissimi e spettacolari panorami. L’aeroporto di Agartala collega la città con il resto del Paese. Come alternativa è possibile utilizzare la linea ferroviaria o autostradale.
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Quando si pensa agli Stati Uniti, si associano immagini della California, New York e, a volte, il jazz di New Orleans. Cosa c’è nel mezzo? Il famoso Midwest, of course. Composto dalla soprannominata Bible Belt (la cintura biblica), cioè il sud degli States, il Tennessee, dove si produce il Jack Daniels, ma non si può berlo per legge, il Colorado, casa dei dinosauri e il centro nord, dove vi è il semituristico South Dakota.
Circondato dal Dakota settentrionale e dagli stati del Nebraska, Wyoming e Minnesota, questo piccola stato (poco più di 800.000 abitanti) prende il nome dalla tribù dei Lakota, più conosciuti in Europa come Sioux. Infatti, una delle due più grandi città di questo stato si chiama Sioux Falls (le cascate dei Sioux). Perché l’ho definito 'semituristico'? Perché South Dakota sta per Monte Rushmore, le famose facce dei quattro presidenti: George Washington (il primo), Thomas Jefferson (il terzo, il quale firmò la dichiarazione d’indipendenza), Theodore Roosevelt (ventiseiesimo, inventore dei parchi nazionali) e Abraham Lincoln (sedicesimo, abolì la schiavitù). Tuttavia, con il massimo rispetto per questo memoriale, non credo sia la parte più interessante di ciò che circonda Rapid City, l’agglomerato urbano più grande dell’aerea.
La città stessa, seppure piccola, ha qualcosa da offrire al turista: il centro e la Wonderland Drive, 'invasa' dai cervi, dà quel tocco di Vera America alla propria escursione. Le vere attrazioni sono: Le Black Hills, le Badlands e il Crazy Horse Memorial. Le prime, chiamate 'colline nere' a causa della fitta vegetazione, sono una anomalia all’interno delle Montagne Rocciose; l’unico punto d’erba. Il monte dei Presidenti è al suo interno e, come quasi tutti i luoghi del Dakota, è un luogo sacro per i Nativi Americani. Inoltre, si possono osservare i rari bufali selvatici nel Custer Park, celeberrimo in passato per la famosa battaglia di Little Bighorn nel 1876, in cui perse la vita l’omonimo generale. Il periodo migliore per l’avvistamento è in maggio, ma se, se non si vuole rischiare di urtarli con l’auto, mentre sono in movimento, meglio in gennaio, quando sono più tranquilli e distesi per la stagione invernale.
Le badlands, invece, sono circa 244.000 acri di prateria di montagne erose, composte dall’accumulodi ceneri di un vulcano estinto. Attraversare questo fantastico scenario dà la sensazione di camminare sulla luna o cercare Willy il Coyote. Ora, la maggiore parte dell’aerea è compresa nella riserva indiana di Pine Ridge, dove risiede la tribù lakota degli Oglala. Purtroppo, questo luogo è anche famoso per il Massacro di Wounded Knee nel 1890; molti nativi vennero uccisi dai reggimenti statunitensi. A ricordo di ciò, vicino al piccolo college della tribù, vi è un piccolo museo commemorativo. Interessante è l’uso della terminologia: quando lo scontro era vinto dai coloni, viene definito 'battaglia', quando i vincitori erano i nativi, l’appellativo cambia in 'massacro'. Questa riserva è la contea più povera degli Stati Uniti, ma spezzo una lancia in loro favore. Chi si ricorda il mio articolo del 2010 sulla riserva canadese dei Blood, in cui scrissi che i 'bianchi' rimasero stupiti quando chiesi di visitare una riserva: "Perché? È' pericoloso sono poveri! Non fanno niente dalla mattina alla sera". Il medesimo comportamento, forse più accentuato, l’ho ritrovato negli States. Ovviamente, sono stato più che felice nel contraddirli e non avere trovato, eccetto il lato economico, nessuna differenza con gli Indiani del Canada.
Al confine della riserva si trova il visitor center, in cui sono esposti quadri di artisti contemporanei della tribù, tra cui il toccante Cavallo di Martin Red Bear. Per bilanciare lo schiaffo morale degli americani, anche i nativi hanno il loro monumento, il Crazy Horse Memorial. Per la precisione, lo avranno; è ancora in fase di sviluppo, dal 1948. La storia che avvolge il memorial è a dir poco romantica. Crazy Horse (Cavallo Pazzo) era uno dei più famosi capi della tribù Oglala, l’unico a non avere mai firmato i trattati con il governo statunitense.
Dopo avere visto il lungo lavoro per il Monte Rushmore, Henry Standing Bear, uno degli anziani nativi, chiese allo scultore Korczak, assistente per il monte Rushmore, di sviluppare un progetto analogo per omaggiare gli indiani d’America. E cosi, tutta la famiglia dell’artista venne coinvolta. Tuttora, i figli ci stanno lavorando. Solo la testa è completa, ma è perfetta, definita in ogni minimo dettaglio. Korczak credeva nella libera iniziativa, quindi niente finanziamenti pubblici per l’opera. Anche per questo, sta prendendo molti anni.
Nel progetto vi è il Capo Indiano seduto sul suo cavallo con il braccio destro teso, il quale indica le badlands. Durante una intervista, un giornalista del Times, chiese allo scultore la ragione di quella particolare rappresentazione. E rispose: "Quando gli indiani hanno perso i territori, un soldato chiese ironicamente a Crazy Horse: e adesso? Dove sono le tue terre?. Lui replicò: le mie terre sono dove sarà sepolta la mia gente." Non è una bellissima frase?.
Matteo Preabianca
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Circondata da montagne di origine vulcanica, nell’interno dell’isola di Giava, a circa 800 m di altitudine, Bandung si trova a circa 180 km a sud-est di Jakarta.
È' stata sede della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, scelta proprio per la sua posizione naturale molto riparata e perché è al centro di un’area molto fertile che ancora oggi produce soprattutto tè, tabacco e caffè. Oltre a quattro università, Bandung ospita il più importante istituto vulcanologico del paese, e il famoso Institut Technology Bandung (ITB).
Fondata nel XIX secolo come città per la guarnigione coloniale, Bandung ben presto si trasformò in una città per ricchi piantatori che possedevano immensi territori di piantagioni di tè, caffè, e frutteti nelle fertili colline di Java Occidentale. Bandung divenne così la città dell’élite europea. E poiché questa era l’epoca dell’art deco, Bandung dispone di un ricco patrimonio di edifici di architettura art deco, tra cui Villa Isola, che oggi ospita l’Università la Concordia, l’Asian-African Museum , che era allora il Clubhouse, l’edificio Braga, centro commerciale dove l’élite coloniale olandese andava a fare shopping.
Bandung divenne nota come la Parigi di Java, dove le signore sfilavano e sfoggiavano la loro ricchezza e bellezza lungo il Braga Weg, gli Champs Elysees "orientali". Oggi è diventata la metà preferita per chi desidera trascorrere, in una location dallo stile coloniale e tradizionale un weekend in relax.
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Circondata da montagne di origine vulcanica, nell’interno dell’isola di Giava, a circa 800 m di altitudine, Bandung si trova a circa 180 km a sud-est di Jakarta.
È' stata sede della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, scelta proprio per la sua posizione naturale molto riparata e perché è al centro di un’area molto fertile che ancora oggi produce soprattutto tè, tabacco e caffè. Oltre a quattro università, Bandung ospita il più importante istituto vulcanologico del paese, e il famoso Institut Technology Bandung (ITB).
Fondata nel XIX secolo come città per la guarnigione coloniale, Bandung ben presto si trasformò in una città per ricchi piantatori che possedevano immensi territori di piantagioni di tè, caffè, e frutteti nelle fertili colline di Java Occidentale. Bandung divenne così la città dell’élite europea. E poiché questa era l’epoca dell’art deco, Bandung dispone di un ricco patrimonio di edifici di architettura art deco, tra cui Villa Isola, che oggi ospita l’Università la Concordia, l’Asian-African Museum , che era allora il Clubhouse, l’edificio Braga, centro commerciale dove l’élite coloniale olandese andava a fare shopping.
Bandung divenne nota come la Parigi di Java, dove le signore sfilavano e sfoggiavano la loro ricchezza e bellezza lungo il Braga Weg, gli Champs Elysees "orientali". Oggi è diventata la metà preferita per chi desidera trascorrere, in una location dallo stile coloniale e tradizionale un weekend in relax.
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Il maggior numero di viaggiatori all’estero non proviene da Cina e Brasile, le potenze economiche più solide, e nemmeno dalle popolose Cina e India. La vera tigre, in questo senso, è la Russia. ITB Berlin e IPK International hanno presentato un confronto sull’andamento dei viaggi all’estero dall’area Bric negli ultimi cinque anni. Tra questi Paesi, la Russia è quello con il minor numero di abitanti e il terzo su quattro per potenza economica. Però gli ex sovietici sono quelli che viaggiano di più all’estero: 1,3 volte più dei cinesi, 3,4 volte più degli indiani e 4,6 volte più dei brasiliani. La Russia è al primo posto anche per l’aumento del numero di viaggi. Cinque anni fa erano andati all’estero 15,9 milioni di russi e 13 milioni di cinesi; gli ultimi dati indicano 23,8 milioni contro 18,3 milioni. Sono esclusi i viaggi a Hong Kong e Macao, che ancora oggi riguardano gran parte degli spostamenti dei cinesi. Nel periodo esaminato dal World Travel Monitor le partenze dei russi sono aumentate del 50%, rispetto a una crescita del 41% di quelle dalla Cina.
India e Brasile seguono a larga distanza. Gli indiani, con sette milioni di viaggi, superano ampiamente i 5,2 milioni dei sudamericani. Esaminando gli ultimi cinque anni, però, riscontriamo una crescita del 30% in India (rispetto a 5,4 milioni di viaggi all’estero nel 2006), ma dell’85% in Brasile (da dove erano partite nel 2006 'appena' 2,8 milioni di persone). Il livello è relativamente basso e il tasso di crescita dell’economia è inferiore a quello dell’India, ma il mercato brasiliano si rivela quello più dinamico.
Nel confronto Cina-Russia, la seconda ha percentuali di crescita superiori a quelle cinesi, nonostante un numero di viaggi all’estero costantemente elevato già da diversi anni. Anche in questo caso, non si manifesta alcun rapporto causa-effetto tra lo sviluppo economico e le partenze, dato che il Paese con il tasso di crescita più elevato è il gigante asiatico.
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