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Barahona è situata nella parte sud- occidentale della Repubblica Dominicana, a 190 km da Santo Domingo, è una delle 31 province, fa parte della regione Enriquillo e copre 1.639.42 km ed ha una popolazione di179.239 abitanti. Il capoluogo di provincia è la città di Santa Cruz di Barahona. La città gode di una vegetazione impressionante, come qualsiasi altra città del sud. Possiede una delle più belle zone costiere di tutto il paese ed è l’unico posto dove si possono trovare sia spiaggia, che montagna e fiumi che formano la combinazione perfetta per un soggiorno unico Su questa terra regnava la regina Anacaona e qui ebbe luogo la rivolta degli indios contro i conquistatori spagnoli, guidata dall’indio Enriquillo, l’indio che, tra il 1519 e il 1534, costituì in questa zona uno stato indipendente dalla monarchia spagnola.. Questo tratto di costa è stato anche lo scenario delle gesta dell’audace pirata del secolo passato, Cofresì, di Porto Rico. La città di Barahona (100.000 abitanti) è il principale porto commerciale di questa parte dell’isola. Barahona ha coste piatte e splendide spiagge con acque poco profonde, che ospitano stupendi acquari naturali. Le spiagge solitarie di La Saladilla, San Rafael, Los Patos, Paraiso, La Cienaga, sono un vero paradiso di pace e tranquillità. A venti chilometri dalla costa di Barahona si trova la spettacolare Laguna de Cabral, a quattordici metri sul livello del mare e con una superficie complessiva di 65 km quadrati. Il Polo, a quaranta chilometri da Barahona, si trova tra le montagne, ed è la capitale del caffè, anche se deve la sua fama soprattutto al singolare ed inspiegabile fenomeno del Polo magnetico, con una strada in discesa che tuttavia attira le auto in salita (a condizione che abbiano il motore spento). Il lago Enriquillo è situato a quaranta metri sotto il livello del mare e viene alimentato da sorgenti sotterranee; nelle sue acque salate si trovano coccodrilli e le sue rive ospitano spesso i flamingo. Al centro del lago c’è l’isola di Las Cabritas, dove vive una colonia di circa trecento coccodrilli, tra le più numerose del mondo. Per quanto riguarda la situazione economica e sociale, Barahona vive di un’economia mista, combinando l’agricoltura, l’estrazione mineraria e il turismo, con un porto industriale ed una zona franca dedicata alla produzione tessile. L’agricoltura, con la produzione di canna da zucchero, banane, caffè, frutta, sorgo, patate dolci, taro e di altri , è molto importante così come lo è l’estrazione di minerali come il Larimar, il marmo, il gesso, l’alabastro, la caolinite (per la produzione di bottiglie), la salgemma e i materiali da costruzione. La città ha anche un interessante patrimonio architettonico, rappresentato da una serie di edifici in stile vernacolare, prevalentemente concentrati nelle grandi aree urbane. Tra gli edifici che rappresentano Barahona, si possono citare l’Arc de Triomphe che accoglie i visitatori ed è stato costruito durante l’era di Trujillo, la cattedrale di Nostra Signora del Rosario, costruita nel 1948, il cui campanile supera in altezza l’intero edificio. Ancora più particolare è City Hall, che si trova di fronte a Central Park, costruito nel 1935 dove di erige una torre dell’orologio che è diventata una delle icone della città. Per quanto riguarda l’offerta alberghiera, l’offerta è molto ampia, oltre ai grandi alberghi come Playa Azul, Pontevedra etc., il turista che vuole rimanere a contatto con la popolazione locale, può alloggiare in una casa familiare, compartendo la casa con i suoi membri, a La Cienaga, attraverso il progetto Guan Aventura. Sempre a La Cienaga è possibile trovare l’artigianato più fino realizzato con materiale usa e getta, e può provare le più esotiche marmellate tipiche della zona. Nonostante tutto il potenziale agricolo, minerale e turistico di Barahona, la zona rimane però una delle meno visitate del paese. Questo rappresenta un grande paradosso, visto che, si tratta della regione che conserva la maggiore biodiversità dell’isola e la gran parte del suo territorio è formato da aree protette di tutti i tipi, il che rappresenterebbe un potenziale turistico invidiabile.
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Con quasi 900mila arrivi italiani nel 2011, gli Stati Uniti puntano a toccare entro il 2013 il milione di viaggiatori dal nostro Paese: un traguardo possibile anche grazie al piano promozionale di Brand USA e all’ingresso di Alitalia nell’associazione Visit Usa. Mentre il trend previsionale di crescita annuale del mercato italiano si attesta su un magro +3-4%, nel rating europeo il nostro bacino è al secondo posto, subito dopo la Francia. Permane, dunque, un cauto ottimismo nonostante l’avvio dell’anno non sia stato esaltante. Massimo Loquenzi, rappresentante in Italia della US Travel Association, ammette: "Il trend turistico nei primissimi mesi è stato in lieve flessione. I segnali per l’alta stagione sono però confortanti e le stime parlano di un 2012 in linea con l’anno scorso". Ora è la nuova macchina promozionale - Brand USA, per l’appunto - a dover fare il suo lavoro. Con un budget in dotazione che secondo voci attendibili sfiora i 200 milioni di dollari, dovrebbe poter procedere a pieno ritmo e con ampi margini di azione. "Brand USA - ricorda Loquenzi - ha annunciato all’ITB di Berlino la nomina di alcuni uffici di rappresentanza in Europa". Per Gran Bretagna e Irlanda si tratta di Black Diamond con Guy Chamber; per Germania, Svizzera e Austria, la palla passa a Brandmaster USA. Per l’Italia si deciderà entro la fine dell’anno. Si sa già, comunque, che la campagna promo-pubblicitaria sarà presentata ufficialmente lunedì 23 maggio a Los Angeles durante il Pow Wow 2012. "La US Travel Association - precisa il referente italiano - porta costantemente all’attenzione dell’Amministrazione suggerimenti su come facilitare le procedure d’ingresso e promuovere il turismo. Proprio qualche giorno fa il presidente e ceo dell’associazione è stato ascoltato dal sottocomitato per il Turismo e i Trasporti del Senato. Ma la vera sorpresa, che tutti aspettiamo, è la presentazione della campagna marketing. Da lì capiremo meglio quale sarà l’impatto, quali i mercati selezionati quest’anno, come sarà promossa la destinazione nella sua globalità, ma finora nulla è trapelato". Siamo, quindi, alla vigilia di un big bang pubblicitario che sta incuriosendo operatori e addetti ai lavori, ma nel frattempo l’unico organismo attualmente operativo sullo scenario europeo è il Comitato Visit Usa. Il presidente italiano, Sandro Saccoccio, appare molto fiducioso "Abbiamo avuto un inizio di stagione incoraggiante, con tariffe aeree che in gennaio e febbraio hanno invogliato il traffico passeggeri. Si poteva raggiungere la costa Est degli Stati Uniti con 350 euro, andata e ritorno. Certo - ammette - servirebbe una promozione maggiore diretta al consumatore finale che ancora oggi è attratto sempre e solo dalle destinazioni classiche. Nel trade, invece, bisognerebbe insistere sulla formazione, anche attraverso educational per gli adv che spesso vendono gli Usa senza averli mai visitati. Italy meets Northern California, in programma a ottobre, è l’esempio di come pianificare una formazione learning by doing". Per sopperire almeno in parte a questo deficit formativo, Visit USA ripropone la formula ben collaudata del training on line: "È l’evento dedicato ai nostri amici e colleghi adv - spiega Saccoccio - La novità del 2012 è il costante aggiornamento, che avviene in sincronia con le nostre pagine di Facebook, dove vengono pubblicate notizie e curiosità di interesse turistico. Grazie all’apporto di una specialista come Giulia Mureddu, poi, la nostra attività sui social network ha assunto un’importanza fondamentale per comunicare con il pubblico, soprattutto i giovani adv, che sempre di più interagisce in modo proattivo". Quest’anno per l’associazione c’è la grossa novità dell’ingresso di Alitalia, che Saccoccio definisce 'determinante'. Il vettore nazionale, aggiunge, "è sempre più presente sulle rotte del nord atlantico con un servizio puntuale e un network d’eccellenza. Questo permette a entrambi di promuovere al meglio gli Stati Uniti. Il suo arrivo contribuirà in maniera fattiva alla crescita dei flussi turistici".
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E’ questa la frase d’accoglienza che i passeggeri, sbarcando in un qualsiasi aeroporto internazionale americano, si trovano di fronte. A chiare lettere accanto all’inconfondibile bandiera a stelle e strisce. E’ così che i 50 stati confederati danno il loro primo benvenuto agli stranieri, senza discriminazione di razza, colore, fede religiosa perché, come si sente dire spesso tanto dall’americano della strada come dalla voce dei divi del cinema nelle battute dei film "l’America è un grande Paese dove tutti hanno una possibilità". Grande. Grande è l’aggettivo che meglio di ogni altro identifica gli Stati Uniti. E’ quasi come se questo Paese fosse vittima di un sortilegio che gli impedisce di fare e vivere cose di piccole dimensioni. A partire dalla sua geografia. Occupa la parte nord di un intero continente e si estende da un oceano all’altro. Ha pianure e laghi immensi, il freddo estremo dell’Alaska e il caldo torrido del Texas; i grandi parchi, i grandi canyon, le grandi sequoie. Forse, così abituato a essere inserito tra i giganti della natura, istintivamente il popolo americano è incline a circondarsi di cose di grandi dimensioni. Dai grattacieli di New York e delle altre metropoli, ai ponti come il Golden Gate di San Francisco, ai casinò di Las Vegas per citare alcuni esempi. Neppure il cibo riesce a fare eccezione; serve un quarto di bue perché gli statunitensi usino l’espressione 'bistecca', i fast food servono panini simili per dimensione a torte nuziali e per una delle principali feste nazionali, il Ringraziamento, cucinano tacchini che mai riusciremmo a far entrare in uno dei nostri forni. La grandezza di un Paese, di un popolo però non sta solo nelle cose materiali, ma anche nel suo pensiero, nella capacità di aprire la mente a realtà diverse, nel riconoscere nella diversità una eccezionale opportunità di crescita. E’ importante ricordare che proprio sulla diversità è nata e cresciuta una delle più grandi potenze mondiali. I nativi come i neri, gli immigrati europei e asiatici con le loro culture, tradizioni, peculiarità hanno contribuito a creare e formare quello che oggi sono gli Stati Uniti d’America. E su diversità particolari si sono concentrati negli anni gli sforzi dell’America per rendersi una meta turistica fruibile a tutti. Perché, proprio come ha dichiarato il primo uomo di colore a risiedere nella grande casa bianca in fondo alla Pennsylvania Avenue di Washington, Barak Obama, "questo è il Paese dove tutto è possibile". Se per chi non ha problemi fisici un viaggio rappresenta solo fonte di entusiasmo e aspettative per la meta, per i diversamente abili, per i non udenti o non vedenti, il timore delle difficoltà che si potrebbero incontrare in alcune destinazioni diventano scogli invalicabili e motivo di rinuncia. Gli Stati Uniti hanno attuato un piano imponente e molto articolato per abbattere le barriere, non solo architettoniche, che potrebbero frenare gli spostamenti di queste persone. A sposare la politica di accessibilità di tutte le attrazioni che gli Stati Uniti offre, non sono state solo le istituzioni ma anche i diversi attori dell’industria privata del turismo e di questo si è parlato nel corso di un incontro che si è tenuto in occasione di BIT 2012. Negli aeroporti americani, per legge governativa, sono disponibili parcheggi per diversamente abili, segnaletica adeguata, assistenza medica costante, accessi facilitati e appositi banchi informazioni e per l’acquisto dei biglietti. Le principali società di noleggio auto, come Hertz e Alamo, hanno tra i loro mezzi veicoli appositamente predisposti con comandi al volante e la possibilità per i non vedenti o non udenti di affidarsi a un autista per l’accompagnamento. Il treno è il mezzo migliore per spostarsi negli Stati Uniti e Amtrak, la principale compagnia ferroviaria del Paese, ha adeguato le sue stazioni a chi ha esigenze particolari e riserva uno sconto del 15% sul prezzo dei biglietti ai portatori di handicap e ai loro accompagnatori. Le navi da crociera hanno cabine adeguate persino a chi ha problemi respiratori e le loro infermerie mettono a disposizione gratuitamente e in qualsiasi momento il quantitativo necessario di ossigeno. Molte stazioni sciistiche hanno piste riservate ai non vedenti e numerose località balneari dispongono di attrezzature specifiche per far vivere la spiaggia anche ai disabili con speciali carrozzine a rotelle. Nel sistema dei parchi nazionali 120 campeggi sono stati studiati per accogliere persone diversamente abili. Non sono stati trascurati neppure handicap legati all’alimentazione e alle allergie. Sono moltissimi e facilmente rintracciabili negli Stati Uniti i ristoranti che propongono menù per ciliaci; persino i fast food si sono attrezzati in questo senso servendo varietà senza glutine. I Green Hotel hanno stanze a prova di allergia. Niente moquette, solo tessuti naturali come cotone, lino e canapa per lenzuola e asciugamani, niente piuma d’oca per cuscini e coperte. Questo è il modo migliore, quello davvero grande con cui gli americani possono dire: welcome to the United States of America. Paola Drera
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Zambia 1855. Il primo europeo, lo scozzese David Livingstone, ferma il suo sguardo su qualcosa che sta cercando da molto tempo e che in seguito diventerà patrimonio Unesco oltre che una delle sette meraviglie del mondo. Una leggenda africana talmente impressionante che decise di battezzare col nome della sua sovrana: le cascate Vittoria. L’esploratore non può che commentare con una frase "Uno spettacolo che anche gli angeli in volo si sono soffermati ad ammirare". Sono passati più di 150 anni da quel momento, ma le cascate Vittoria non hanno perso il loro fascino. Con il loro fronte di un chilometro e settecento metri, con un salto di 112, sono le più imponenti al mondo. Nel periodo di maggior portata d’acqua (10 milioni di litri al minuto), sollevano un vapore visibile fino a 30 chilometri di distanza e producono un rombo assordante. Sono figlie del fiume Zambesi e fanno parzialmente da confine tra Zambia e Zimbabwe. Basterebbe già la promessa di questo spettacolo per partire e spingersi fino in uno dei Paesi più misteriosi dell’Africa, ma lo Zambia offre molto di più e, grazie alle giuste organizzazioni, è una delle destinazioni più emozionanti e sicure del continente nero. Laghi, pianure alluvionali, altopiani, foreste di acacie e mogano, 19 parchi nazionali, 32 riserve. Merito della sua collocazione geografica, qui si concentra una biodiversità faunistica che conta più di 450 diverse specie di mammiferi che rendono lo Zambia il paradiso dei safari fotografici. Dai giorni di David Livingstone gli spostamenti all’interno del Paese sono diventati più agevoli ma la natura è rimasta incontaminata grazie anche a un programma di protezione ambientale che limita il numero delle strutture ricettive. A questo scopo, accanto ai classici safari in auto, nel Paese hanno preso piede modalità più ecologiche e meno invasive per avvicinarsi agli animali; dalla canoa navigando sul fiume Zambesi, al dorso degli elefanti e persino a piedi. In quest’ultimo caso, anche se può sembrare un po’ azzardato, la sicurezza è garantita da guide di grande esperienza e precauzionalmente armate. In base alla propria forma fisica e alle proprie esigenze è possibile praticare safari a piedi di poche ore come di un paio di giorni e persino passeggiate con i leoni. Il Kafue National Park è il parco più vecchio dello Zambia; oltre a essere il più esteso del Paese è uno dei più grandi del mondo. Più della metà della sua superficie è considerata area selvaggia, non percorribile con nessun mezzo di trasporto e per questo considerato un luogo ideale e unico per i walking safari. Ultimo aperto è invece il Lower Zambesi National Park rimasto per qualche decennio un’oasi dimenticata. Ancora poco frequentato dalle rotte turistiche conserva tutta la bellezza di una natura assolutamente incontaminata.
Nel Paese, che è facilmente raggiungibile grazie a voli operati dalle principali compagnie aeree europee (per esempio KLM e British Airways) sono presenti quattro aeroporti internazionali. Non ci sono particolari formalità doganali, se non un visto che ci si può procurare direttamente all’arrivo. Non sono necessarie neppure vaccinazioni ma è consigliata la profilassi antimalarica per intraprendere il viaggio tra novembre e aprile.
Una malattia da cui si resterà sicuramente (e piacevolmente) contagiati però, sarà il mal d’Africa. Unico sintomo un desiderio incontrollato di tornare sulle tracce del Dr. Livingstone.
Paola Drera
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Secondo i dati forniti dalla JNTO-Japan National Tourism Organization, dal 1° gennaio all’11 marzo 2011 i visitatori stranieri in Giappone, a livello mondiale, erano aumentati del 6,4% rispetto al 2010, mentre dal 12 marzo - dopo il terremoto che ha colpito la parte orientale del Paese - al 31 dicembre 2011 gli arrivi sono scesi del 35%. Per il mercato italiano, invece, dal 1° gennaio all’11 marzo 2011 gli arrivi in Giappone erano cresciuti del 4,6%, mentre dal 12 marzo a ottobre si è avuto un calo del 57,7% (17.000 visitatori contro gli oltre 40.000 del 2010).
Da questi dati si intuisce facilmente come il recupero del nostro mercato sia oggi più "faticoso" rispetto a quello di altri Paesi. Cultura, benessere, gastronomia, natura e molto altro. Ne ha parlato con Shigemi Jomori, console generale del Giappone in Italia, durante un incontro al quale hanno partecipato anche numerosi tour operator che programmano la destinazione.
"Al momento - ha sottolineato il console - tutte le infrastrutture sono state ripristinate e sono di nuovo attive: dalle strade alle linee ferroviarie, all’aeroporto di Sendai, che già dallo scorso settembre ha ripreso a funzionare perfettamente, sia per arrivi che per partenze. Così come è tornata normale, o quasi, la vita dei cittadini in tutte le città colpite dal sisma. Nel gennaio 2012 i visitatori cinesi sono aumentati del 39,6% rispetto al 2011 e anche i canadesi sono in aumento: mancano solo gli italiani". "Per questo motivo - ha proseguito - vogliamo intensificare sul mercato italiano, molto importante per noi, la promozione del nostro Paese sottolineandone le numerose e interessanti caratteristiche: dalla cultura all’arte, dalle stazioni termali come quella di Hakone alle cristalline acque di Okinawa. E poi le città: Tokyo con la nuova torre inaugurata a maggio dello scorso anno, l’antica Kyoto con i suoi templi e la dinamica Osaka, dove si trova, tra l’altro, anche il Sumiyoshi-Taisha, un grande santuario costruito 1.800 anni fa, meta di pellegrinaggi e noto per il famoso ponte ad arco sul laghetto di fronte al tempio". "E ancora: i bellissimi giardini fioriti e la gustosa gastronomia, senza dimenticare i molti e diversi eventi e festival che si svolgono nel Paese durante tutto l’anno. Il rilancio del Giappone in Italia - ha concluso il console - sarà promosso, tra l’altro, attraverso incontri con le autorità locali e la partecipazione alle principali fiere del settore". Tra le proposte dei t.o. più interessanti va ricordata 'Giappone Autentico', presentata insieme da un pool di specialisti sulla destinazione - H.I.S., JTB, Miki Travel Agency, Prestige Italy, Selene e Hanshin Viajes - che prevede cinque partenze esclusive da maggio a ottobre per un itinerario di 12 giorni/10 notti con guida locale in italiano. Un viaggio che abbina arte, cultura, tradizione e modernità toccando Tokyo, Takayama, Kanazawa, Kyoto e Osaka. Il tour offre anche alcune esperienze particolari come la cerimonia del tè, un corso di sushi, una cena tipica e un pernottamento in un ryokan, il tradizionale albergo giapponese. E ancora, tra le altre, 'Un tuffo nel vecchio Giappone' proposto da Jalpak International, con viaggi di 5 giorni/3 notti in un tipico ryokan a Kyoto, con partenza da Roma ogni domenica fino all’8 luglio 2012, e quota competitiva, comprensiva di volo Alitalia a/r su Osaka, pernottamento in B&B, tasse e assicurazione.
www.milano.it.emb-japan.go.jp
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