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Montagne del mito, luoghi fantastici, paesaggi mistici che si materializzano in un’oasi di pace ad alta quota. Quasi come lo Shangri-La di Orizzonte perduto, eden dove natura e spiritualità sembrano fondersi. Ma, a differenza del luogo vagheggiato dal romanziere James Hilton, il Ladakh, che in lingua locale significa “terra degli alti valichi”, esiste davvero.
Incastonato tra le catene montuose del Karakorum e dell’Himalaya, nell’estremo nord dell’India, il Ladakh è da sempre conosciuto come il “Piccolo Tibet”, anche per la presenza di antichi monasteri buddhisti.
E non è difficile capire come le caratteristiche di questa regione si compenetrino appieno nella religione: vette altissime, fiumi impetuosi, laghi dal colore indescrivibile, albe e tramonti trasfigurati da un cielo limpido, paesaggi dove si alternano valli deserte e sconfinati pascoli punteggiati da miriadi di stupa bianchi e dai gompa dai tetti color porpora.
Così l’opportunità di un incontro ravvicinato con una cultura e uno stile di vita che da sempre affascina il mondo occidentale, si può cogliere al meglio in questa regione dal fascino misterioso che solo da alcuni decenni si è aperta al turismo. Vivendo consapevolmente il piacere della scoperta di una terra dai forti contrasti, dove da una parte si respira la pace e la tranquillità che traspare nei volti del popolo ladakho, dall’altra si possono provare avventure a stretto contatto con una natura vergine e selvaggia.
Shakti Himalaya, qualcosa di più di un semplice luxury travel sul tetto del mondo: affascinanti itinerari, avventura e un tuffo nei sapori locali.
Durante gli itinerari firmati Shakti Himalaya non esistono hotel: si soggiorna in case tradizionali di charme, magnificamente ristrutturate con l’utilizzo di materiali locali. Costruite con mattoni essiccati al sole e travi di legno di pioppo e salice, queste abitazioni hanno muri intonacati con un misto di calce e acqua, che dona loro il tradizionale colore bianco. Tutte hanno una terrazza sul tetto, con poltrone per il relax, e stufe a legna nelle camere, per scaldarsi nelle notti più fredde. Le case possono solo essere affittate da privati, o date in esclusiva a un gruppo.
E la novità di quest’anno, che va ad aggiungersi alle 8 dimore già “targate” Shakti in Ladakh, è una nuova struttura con 4 camere da letto, che si affaccia proprio sul più lungo fiume del subcontinente, l’Indo.
È proprio la valle dell’Indo il focus degli itinerari proposti da Shakti Ladakh: culla spirituale della regione, è ricca di antichi monasteri, che spiccano nel paesaggio con le loro sagome vermiglie. Qui le piccole comunità religiose, appartenenti alle varie scuole del buddhismo tibetano, accolgono molto volentieri i turisti: tra i gompa più interessanti, Thiksey, con una statua di Buddha alta ben sedici metri, Phyang, con la sua lunga teoria di stupa e Likir, con la scuola di piccoli monaci.
Ma qualsiasi itinerario non può tralasciare naturalmente Leh, la minuscola capitale della regione, a 3.486 metri di quota: un microcosmo fatto di case in mattoni di fango, impreziosito da un antico palazzo che ricorda l’arcinoto “Potala” di Lhasa e da un orizzonte dominato dallo Stok Kangri, il “seimila” che veglia sulla città.
Ma per chi predilige l’avventura, Shakti propone rafting sui fiumi Indo e Zanskar o escursioni verso il Pangong Tso, (magnifico lago himalayano) o nella Nubra Valley: una conca maestosa, con villaggi che regalano un vero e proprio salto indietro nel tempo.
Per arrivarci si valica il Khardung-La, il passo carrozzabile più alto del mondo (5.359 metri di quota).
I pasti? No problem! I viaggiatori riescono ad assaporare al meglio la magia di un viaggio lontano dai grandi hotel e dal lusso omologato: Shakti mette infatti a disposizione dei viaggiatori un personal chef, per un tuffo nei sapori e nei colori della cucina indiana e ladakha.
Nel caso di pernottamenti in campi tendati, vengono utilizzate invece tende a cupola, con materassi, lenzuola, cuscini e piumini di alta qualità. A disposizione anche bagni in stile occidentale, oltre a tende per la doccia e lavandini con acqua corrente: in questo caso la semplicità degli alloggi è compensata dalla qualità del cibo, del servizio e naturalmente dai panorami mozzafiato. Altro punto di forza sono le guide di Shakti, che accompagnano i viaggiatori per l’intera esperienza e possono soddisfare qualsiasi esigenza specifica legata al viaggio. Parlano tutti un ottimo inglese e hanno una profonda conoscenza e passione per l’Himalaya.
Sono disponibili anche attività come tiro con l’arco, lezioni di cucina, visite ai monasteri e seminari sul Buddhismo.
Il periodo migliore per affrontare questo viaggio va dall’inizio di maggio fino alla fine di settembre circa, (variazioni sull’apertura possono essere causate dalle condizioni climatiche).
Info e prenotazioni:
www.shaktihimalaya.com
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Come tutti sanno la Cina costituisce la terza nazione per estensione del pianeta, grande quasi l’intera Europa ed è la prima per numero di abitanti, ormai, quasi un miliardo e mezzo, per la precisione, 1.442.000.000 persone, un quinto della popolazione mondiale.
Ma non tutti gli abitanti della Cina sono cinesi propriamente detti, vale a dire di etnia “Han”, con discendenza mongolica e lingua mandarina.
Nelle lontane regioni di frontiera e nei territori conquistati con le armi, vivono infatti minoranze etniche e linguistiche caratterizzate dalle loro diverse origini, storie e tradizioni, dagli antichi costumi, da diversi stili di vita, non ancora assimilati alla cultura cinese.
Se gli Han ammontano infatti al 92 % della popolazione, lo stato riconosce ufficialmente altri 56 gruppi etnici per un totale di 96 milioni di individui, capaci però di occupare oltre la metà del territorio nazionale, spesso in regioni di frontiera al sud e all’ovest montuose, desertiche e scarsamente produttive, ma di notevole importanza strategica.
Alcune sono diffuse in tutto il Paese; altre concentrate in determinate aree, come nel caso del Tibet. Spesso sono molto diverse le une dalle altre, frantumate a loro volta in diverse sottoetnie, per origini e provenienza, per dove e come vivono, per gli abiti, i gioielli e le acconciature delle loro donne, per le credenze e le pratiche religiose, costituendo un po’ ciascuna un mondo a sé.
Nella montuosa e poverissima regione meridionale del Guizhou, ad esempio, grande oltre la metà dell’Italia, il 35 % della popolazione appartiene a 18 diverse minoranze etniche, le più famose delle quali sono i Miao e i Dong, capaci da soli di dare vita al maggior numero di manifestazioni folkloristiche genuine di tutta la nazione. Per loro la varietà degli abiti e le raffinate acconciature femminili non costituiscono soltanto un ornamento, ma un denominatore sociale ed etnico, espressione di benessere economico e di abilità muliebre. I loro sontuosi festival costituiscono importanti momenti di aggregazione sociale, di manifestazione culturale, di informazione e di scambi, ma anche occasione per mettere famiglia.
I Miao sono un popolo di bassa statura, arrivati tra queste impervie montagne in epoca precristiana dalle steppe siberiane con una propria lingua, solo orale, e religione animista. Abitano in case di legno su palafitte tutte uguali, coltivano riso, mais e erbe medicinali sui campi terrazzati, sono allegri e molto solidali, ottimi danzatori e suonatori di flauti di bambù.
Gli abiti tradizionali femminili sono davvero sfarzosi: sono eleganti e riccamente ricamati; hanno acconciature con i capelli raccolti a chignon e sono decorati da un numero infinito di gioielli d’argento multiformi. Per i Miao infatti l’argento, oltre a segno di ricchezza, è in grado di scacciare il male e portare fortuna e felicità.
Gli agricoltori Dong, molto superstiziosi, sono invece abili architetti e carpentieri: i loro villaggi risultano disseminati dei caratteristici ponti del vento e della pioggia, tutti costruiti senza chiodi o viti, per scavalcare fiumi e canali, ma anche per riparare e socializzare, nonché di torri del tamburo per avvistare tempestivamente nemici ed incendi.
Amano il canto e la danza al suono del flauto e imparano a cantare fin da bambini imitando i versi degli uccelli. Le donne vestono giacche e pantaloni color indaco da loro tessuti.
Nell’interno montuoso e boscoso della regione costiera di sud-est del Fujian, affacciata sul Mar meridionale cinese e grande quanto metà dell’Italia, vivono gli Hakka, popolazione contadina emigrata nel III-IV secolo dal nord della Cina e che parla un cinese arcaico.
Popolo colto, solidale e comunitario, ha espresso parecchi capi politici, militari e artisti. Vivono nei tolou, abitazioni collettive fortificate circolari per proteggersi da nemici, briganti e animali, costruite in fango, bambù e pietre con muri spessi due metri, una sola porta fortificata e finestre soltanto ai piani alti, merli e torrette. Nel cortile centrale trovano posto il pozzo, il forno, le latrine e i recinti per gli animali; al primo piano magazzini e granai, mentre nei tre piani successivi abitano centinaia di persone.
Resistenti anche ai terremoti, sono abitazioni calde in inverno e fresche d’estate. Nel Fujian esistono circa 20 mila tolou, alcuni trasformati in musei, la gran parte ancora abitati; i più belli sono protetti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
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Hydropolis è un centro di cultura e di sapere sull’oro blu inaugurato nel dicembre del 2015 e situato nel sottosuolo di via Na Grobli a Breslavia in Polonia. Nato dall’estro di Mieczysław Bielawski, Hydropolis è un ex serbatoio di rifornimento idropotabile di fine Ottocento di proprietà del MPWiK (l’ente responsabile per la manutenzione della rete idrica del territorio comunale) composto da quattromila metri quadri nei quali è stato progettato un vero percorso di conoscenza sull’acqua.
Infatti, il nome della struttura, Hydropolis, suscita subito quell’alone tra mistero e conoscenza antica, come Atlantide, ed era proprio questo l’intento di Zdzisław Olejczyk, presidente dell’ente idrico.Il percorso inizia con la visione di un video (ad orari prefissati) e successivamente si snoda in otto itinerari. Si parte dalle origini dell’elemento, per passare alla presenza di creature marine, alle credenze di popoli e confessioni religiose legate all’elemento idrico, fino ad arrivare alle metodologie idrauliche usate nell’antichità e in modernità, comprese quelle in uso oggi a Breslavia.
La polisensorialità del microcosmo H2O è proiettato su 64 piattaforme interattive; già l’ingresso in stile neogotico, lungo 47 metri, accoglie il visitatore con un’illusione di giochi d’acqua che tuttavia si attraversa senza bagnarsi. Seguendo il percorso ci si perde negli abissi della Fossa delle Marianne, dove il batiscafo “Trieste”,orgoglio dell’industria navale italiana (in dimensione di riproduzione naturale in scala 1:1) vi scese ad undicimila metri di profondità nel 1960, record poi replicato in solitaria dal regista James Cameron dopo più di mezzo secolo. Non mancano altri riferimenti storici: ad esempio, su un diorama viene spiegato il percorso del Fiume Nilo e la sua importanza per la fiorente civiltà egizia.
In base alla stagione, il percorso viene accompagnato da un sound rilassante che rimanda a diversi corsi d’acqua (nelle stagioni più calde), mentre durante l’inverno questo suono viene sostituito dai suoni del ghiaccio e dei pattini.
Il biglietto d’ingresso regolare costa 27 złoty (PLN, circa 6,50€). Il biglietto scontato costa 18 PLN ed è riservato agli studenti fino ai 19 anni d’età e dottorandi e a pensionati, mentre per i bambino fino a 3 anni l’entrata è gratuita. Per le famiglie numerose (2 adulti e almeno 3 bambini) è riservato il biglietto che costa 72 PLN.
Oltre ai normali mezzi di trasporto, Hydropolis può essere raggiunta con la caratteristica funivia “Polinka” che unisce il Politecnico di Breslavia con l’altra sponda dell’Oder.
Rimanendo sul tema “idrico”, da maggio ad ottobre è in funzione anche la spettacolare fontana al Parco Szczytnicki.
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Anche la Russia debutta nell’ospitalità sotto zero.
Aprirà infatti domenica 28 febbraio il primo hotel igloo del Paese, collocato nella penisola della Kamchatka, nella valle del fiume Paratunka. L’hotel avrà diverse stanze-igloo, capaci di ospitare da una sola coppia fino a 8 persone. Ogni igloo sarà dotato di sistemi di riscaldamento che permetteranno alla temperatura interna di non scendere mai sotto i 3 gradi centigradi.
Gli igloo, completamente realizzati in neve, saranno decorati con figure tipiche della cultura dei popoli nomadi e sarà a disposizione degli ospiti una piscina esterna di acque termali calde.
L’hotel resterà aperto fino a maggio, causa scioglimento delle nevi, ma ogni anno verrà ricostruito con nuove formule e dimesioni.
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Un manifesto per ripartire. E per riportare i turisti in Egitto.
Il Paese non china la testa, ma reagisce con forza al calo degli arrivi e mette in campo un vero e proprio manifesto, la ‘Dichiarazione per il Turismo del Cairo’, nel quale stabilisce i punti cardine per rilanciare al destinazione. Che si vanno ad affiancare alla carta a sorpresa: la creazione di una compagnia aerea finanziata al 75 per cento da soggetti privati per incrementare l’inbound nelle aree scoperte da collegamenti.
Annunciata ieri al Cairo dal ministro del Turismo egiziano Hisham Zaazou davanti ad una platea di operatori del turismo internazionali, la dichiarazione si focalizza su quattro punti.
1. Sicurezza: assicurare la totale tranquillità ai turisti che visitano i siti storici, si rilassano nei resort e utilizzano strade e aeroporti del Paese è la priorità dell’Egitto. L’investimento previsto è pari a 32 milioni di euro
2. Turismo culturale: rilanciare il ruolo dei siti storici e archeologici come attrattore chiave per i turisti
3. Resort: è stato creato un comitato guidato dallo stesso ministro Zaazou nel quale siedono 8 rappresentati del settore privato per assicurare al segmento ricettivo la maggiore attenzione possibile per migliorare la qualità dell’esperienza turistica all’interno dei resort.
4. Raccontare la nostra storia al mondo: verrà lanciata una campagna promozionale internazionale di forte impatto per valorizzare la magia del Paese.
Le linee guida del documento sono state realizzate sulla base di un’indagine condotta su 7 mercati chiave, fra i quali l’Italia: dalle interviste è emerso che il 61 per cento dei potenziali visitatori considerano l’Egitto come un Paese che intendono visitare almeno una volta nella vita e il 53 per cento ipotizza un viaggio nel Paese nel prossimo futuro.
“Vogliamo sfruttare tutto questo potenziale, il prima possibile” ha commentato Zaazou.
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