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Con lo storico ok all’indicazione di origine obbligatoria per il riso si pone finalmente fine all’inganno del falso Made in Italy con un pacco su quattro venduto in Italia che contiene prodotto straniero all’insaputa dei consumatori. Ad affermarlo è la Coldiretti nel commentare il risultato della mobilitazione “SosRisoItaliano” di migliaia di risicoltori giunti da tutta Italia e Roma nel corso della quale il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha accolto le richieste e annunciato la firma assieme al Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, del decreto per sperimentare l'origine dei prodotti a base di riso nell'etichetta.
Oltre all’obbligo dell’origine, l'Italia chiederà a Bruxelles l'attivazione della clausola di salvaguardia per bloccare le importazioni di riso dai Paesi che godono del sistema tariffario a dazio zero nonostante utilizzino in maniera intensiva pesticidi vietati da anni nella Ue e sfruttino il lavoro minorile, come denunciato dai produttori della Coldiretti. Al via anche un piano straordinario per la promozione e l’informazione sul riso italiano, necessaria per rimediare all’immobilismo dell’Ente Risi. Misure necessari per difendere un settore in cui l'Italia è primo produttore europeo, grazie alla coltivazione su un territorio di 234.300 ettari, per una produzione di 1,58 milioni di tonnellate (49 % dell'intera produzione UE) realizzata grazie a 4.300 aziende risicole e circa 100 industrie risiere per un volume di affari di circa 1 miliardo.
Gli agricoltori devono vendere oggi ben tre chili di risone per pagarsi un semplice caffè a causa di speculazioni e inganni che colpiscono le risaie nazionali e danneggiano i consumatori, con le importazioni di prodotto estero spacciato per italiano che nel 2016 hanno raggiunto il record storico e una vera e propria invasione dall’Oriente.
I prezzi del risone italiano da dicembre hanno così subito un crollo del 33,4% mentre sugli scaffali dei supermercati sono rimasti pressoché stabili con un danno per i consumatori ed una perdita per i produttori stimata in 115 milioni di euro nell’ultimo anno. Il risone italiano viene pagato tra i 32 ed i 36 centesimi al chilo per l’Arborio e dai 33 ai 38 centesimi al chilo per il Carnaroli mentre le varietà che arrivano dall’Asia vengono pagate ad un prezzo che è circa la metà di quanto costa produrle in Italia nel rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori.
Sotto accusa è l’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi), con il riso lavorato importato in Europa senza essere sottoposto a dazi che è passato dal 35% del 2008/2009 al 68% del 2015/2016, secondo l’analisi della Coldiretti. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano il lavoro anche minorile e impiegano intensivamente prodotti chimici vietati in Europa con danni sulla salute e sull’ambiente.
“Con le importazioni di prodotto straniero spacciato per italiano che nel 2016 hanno raggiunto il record storico, l’introduzione dell’obbligo dell’etichetta, fortemente sostenuta da Coldiretti, va finalmente a tutelare una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità e, con essa, il lavoro di oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “si tratta anche di un importante segnale di cambiamento anche a livello comunitario dove occorre ora proseguire nella battaglia per la trasparenza".
L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti. Il prossimo passo è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del latte e derivati che scatterà dal prossimo 19 aprile e poi quella del grano impiegato nella pasta.
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Con lo slogan “Il modo migliore per viaggiare nelle Marche è viverle” proclamato da Marco Ardemagni, voce di RAI Caterpillar AM, il Grand Tour offre l’opportunità di vivere un’esperienza autentica nella regione più longeva d’Europa, attraverso un circuito di eventi “autentici” che si snodano da maggio a novembre 2017.
“La novità è che il Grand Tour ti viene a prendere… a casa!” ha puntualizzato Angelo Serri, direttore di Tipicità , “grazie ad un’innovativa piattaforma digitale dedicata, a proposte turistiche “a la carte” e ad una rete di servizi a terra che consente la visita tailor made per ciascuno dei 30 eventi esperienziali in programma.”
Ce ne sarà per tutti i gusti: dai suadenti sapori adriatici alle acque cristalline dei fiumi di montagna nei quali vive la trota, fino ai mitici Sibillini, dove si coltiva la profumatissima mela rosa e si raccolgono i marroni. Iniziative dedicate anche alla tradizione del brodetto, nonché a quella dello stoccafisso. Eventi speciali anche per il signore dei vini marchigiani, sua maestà il Verdicchio, e per tanti altri vanti della gastronomia regionale, dall’oliva al prezioso tartufo.
Non solo cibo, nel Grand Tour, ma anche tanta sapiente manualità, ossia quella geniale creatività che rende le Marche una vera e propria fucina di alto artigianato e di raffinato fashion. Eventi dedicati al restauro e all’artigianato artistico, al ricamo, al cappello e alla calzatura, ma anche ad un altro vanto dell’ingegno Made in Marche nel mondo: la fisarmonica!
Con il Grand Tour “l’esperienza Marche” diventa interattiva, in quanto l’ospite si trova coinvolto attivamente nelle iniziative che, per un semestre, animano il territorio, permettendogli di gustare appieno, con tutti i sensi, la Tipicità EXPerience!
Paolo Calcinaro, Sindaco di Fermo, ha spiegato che la città che ha dato i natali a Tipicità, sarà l’hub di tutto il circuito, con la Made in Marche Gallery.
Pierpaolo Sediari, vicesindaco di Ancona, ha anticipato le novità di Tipicità in blu, il festival diffuso che guarda alla Macroregione Adriatico-Ionica, tra regate, degustazioni con i pescatori, incontri con i personaggi del mare e con la comunità dell’area adriatico-ionica, con lo slogan “vieni a scoprire un mare di eventi”.
Raimondo Orsetti, dirigente della Regione Marche, ha presentato la nuova campagna promozionale varata con volti noti “amici” della nostra regione, ricordando che il Grand Tour permette di conoscere anche tutte le altre iniziative che animeranno il 2017 marchigiano.
Tanti gli amministratori del “super team” che rende possibile il Grand Tour delle Marche, presenti a Milano per anticipare gli eventi in calendario. Tra gli altri, il Sindaco di Porto Recanati, Roberto Mozzicafreddo, che ha anticipato la “Settimana del brodetto”, e quello di Porto Sant’Elpidio, Nazareno Franchellucci, che ha parlato dello Stocco Fest.
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Alla conquista del primato mondiale ha contribuito la svolta salutista degli italiani a tavola del 2016 che ha premiato i prodotti base della dieta mediterranea dal +5% del pesce fresco al +2% per la frutta, con una netta inversione di tendenza nei consumi domestici rispetto al passato. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la classifica “Bloomberg Global Health Index su 163 Paesi che colloca l'Italia al vertice dei Paesi con la popolazione maggiormente in salute e sana a livello mondiale.
La dieta mediterranea fondata principalmente su pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari ha consentito agli italiani - sottolinea la Coldiretti - di conquistare valori record nella longevità con 80,3 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne.
In termini assoluti nel 2016 l'acquisto di frutta e verdura degli italiani - sottolinea la Coldiretti - è stato pari a 8,27 milioni di tonnellate per una spesa totale di oltre 13,7 miliari di euro. Sul podio della frutta piu’ richiesta salgono nell’ordine le mele che hanno totalizzato 825 mila tonnellate di consumo (+2% sull'anno precedente) e le arance con poco più di 550 mila tonnellate circa il +2% sullo scorso anno, secondo l’Osservatorio Macfrut che evidenzia come l'ortaggio più acquistato siano le patate che chiudono il 2016 con un +3% sul 2015.
Si assiste alla presenza di un numero crescente di consumatori che – precisa la Coldiretti - è attento alla propria alimentazione, premiando i principi della dieta mediterranea il cui ruolo importante per la salute è stato riconosciuto anche con l’iscrizione nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco avvenuta il 17 novembre 2010. L’apprezzamento mondiale per la dieta mediterranea – spiega la Coldiretti - si deve agli studi dello scienziato americano Ancel Key che per primo ne ha evidenziato gli effetti benefici dopo aver vissuto per oltre 40 anni ad Acciaroli in provincia di Salerno.
La dieta mediterranea riconosciuta dall’Unesco non è solo alimentazione ma – sostiene la Coldiretti - un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, tra cui la coltivazione, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La dieta mediterranea (da greco diaita, o stile di vita) promuove infatti – conclude la Coldiretti - l’interazione sociale, dal momento che i pasti collettivi rappresentano il caposaldo di consuetudini sociali ed occasioni di festa.
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Dall’arredamento ai kit di cosmetici, fino ad arrivare al cibo e ai rifiuti: gli agriturismi sono sempre più green. Secondo un’analisi di Agriturismo.it, partner di Casevacanza.it, infatti, oggi il 20% delle strutture italiane sul portale è eco-biologico. Anche il mondo del turismo, infatti, viene incoraggiato ad essere più attento alle tematiche ambientali tanto che l’Onu ha proclamato il 2017 proprio come l’Anno Internazionale del Turismo Sostenibile.
Una scelta, questa, che viene premiata: in un anno la domanda è aumentata del 17% e oltre un utente su due (64%) è disposto a spendere di più per soggiornare in una struttura eco-biologica. In realtà, analizzando il trend dei prezzi per un soggiorno in agriturismo nei prossimi mesi primaverili, si scopre che i costi delle strutture ecosostenibili sono persino più bassi di quelle tradizionali: per un agriturismo green si spendono 43 euro a persona per notte, circa il 7% in meno della media nazionale.
I proprietari, in buona sostanza, sembrano aver optato per scelte di lungo periodo: le spese di ristrutturazione non ricadono sul turista ma vengono ammortizzate grazie a consumi e spese di gestione più basse e incentivi fiscali. Il rispetto per l’ambiente e una vacanza all’insegna della natura è quello che un utente su cinque apprezza di un soggiorno in agriturismo.
Una delle caratteristiche più diffuse negli eco agriturismi è quella dell’autoproduzione di energia attraverso fonti rinnovabili, a partire dal sole: dipendenti e ospiti, per esempio, sanno che le lavatrici possono essere fatte nelle ore diurne a costo zero.
Comune a moltissime strutture è anche la Strategia Rifiuti Zero, basata sull’idea che la spazzatura ha una vita ciclica e non è uno scarto ma una risorsa. La biancheria è realizzata con materiali naturali e biologici, così come i kit di saponi distribuiti nelle camere e i detergenti utilizzati in cucina e per le pulizie.
Chi opta per un tipo di turismo a impatto zero non può rinunciare a mangiare cibi biologici durante la sua vacanza. La maggior parte degli agriturismi ecosostenibili vanta anche orti, frutteti e allevamenti di sua proprietà, da cui prendere le materie prime per la ristorazione, unica voce di spesa che, in queste strutture, risulta più alta della media.
Alcune curiosità: il bon vivre può passare anche dal silenzio e per questo in alcune strutture eco-biologiche le stanze non sono dotate di televisori, se non su richiesta. Esistono poi agriturismi che accanto alle camere per “umani” hanno anche degli insect hotel, dove i piccoli esseri viventi possono rifugiarsi e riprodursi.
Ipotizzando un fine settimana in un agriturismo eco-biologico nei mesi primaverili, la regione con le tariffe più elevate è l’Emilia Romagna, dove si spendono 68 euro a notte a persona. Seguono, ma a distanza, il Lazio con una spesa media di 57 euro e la Campania con 54 euro.
La regione in cui un weekend di primavera in una struttura green costa meno è la Sardegna, complici probabilmente le tariffe più elevate dei mezzi di trasporto per raggiungere l’isola: qui il prezzo a notte è pari mediamente a 32 euro. Anche Umbria, Marche e Calabria si mantengono su costi bassi, tra i 33 e i 34 euro.
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Crescita significativa delle vendite delle bottiglie di vino a denominazione d’origine e degli spumanti; il vino biologico prosegue il suo percorso di uscita dalla nicchia di mercato; flessione dei vini nel brik di cartone e in tutti quei formati che non siano la bottiglia da 75cl. Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella Grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca IRI che sarà presentata a Vinitaly (a Verona 9/12 aprile).
Quello della Grande distribuzione si conferma il canale di vendita di gran lunga più grande nel mercato del vino con 505 milioni di litri venduti nel 2016 per un valore di un miliardo e mezzo di euro. In un anno di sensibile contrazione dei consumi familiari, il mercato italiano del vino gode di una relativamente buona salute, come testimoniato anche dalle vendite nei supermercati. I vini a denominazione d’origine (in bottiglia da 0,75lt) aumentano del 2,7% in volume (e del 4,4% in valore) con 224 milioni di litri venduti, proseguendo nel trend già promettente del 2015 (+1,9%). Per il secondo anno consecutivo le vendite in promozioni rimangono statiche ed i prezzi medi sono in risalita.
Va sottolineato il successo degli Spumanti che fanno segnare nel 2016 una crescita di oltre il 7% con 54 milioni di litri venduti, bissando l’ottimo risultato del 2015.
“La crescita degli spumanti riflette una destagionalizzazione delle vendite di bollicine conseguenza di un crescente uso nel consumo quotidiano – fa notare Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI – Tale aspetto ci permette di dedurre che lo spumante attira nuovi consumatori e potrebbe rappresentare una tendenza di rottura nelle tradizionali abitudini del bere italiano”.
I vini biologici fanno registrare una crescita a due cifre impressionante per un mercato ancora giovane, soprattutto nella Grande distribuzione: +25,7% in volume con 2 milioni e mezzo di litri venduti.
“I primi dati sul mercato del vino nella Grande Distribuzione confermano la ripresa del mercato interno del vino in Italia – ha commentato Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – I consumatori cercano sugli scaffali sempre più il vino di qualità, con un conseguente aumento dei prezzi medi. E’ un processo che è sempre stato sostenuto da Vinitaly che da 13 anni organizza e promuove l’incontro tra cantine e Grande distribuzione in convegni e incontri B2B”.
Nonostante la leva delle promozioni, che tuttavia si mantiene ferma al 50% da due anni, i valori del vino venduto continuano a salire: le bottiglie a denominazione di 75cl hanno un prezzo medio di poco inferiore ai 5 euro (4,81 euro al litro). Ancora un anno negativo per le vendite del vino in Brik (- 2,5%) ed un crollo per tutti gli altri formati: - 8,6% per il vino confezionato da 0,76 a 2 litri e – 9,7% per formati diversi da questi (tutti dati in volume). Questi dati condizionano il dato complessivo del vino confezionato, che è di -1% a volume e + 1,1% a valore. Tra i formati differenti dalla bottiglia di 75cl si afferma soltanto il Bag in Box con 12 milioni di litri venduti ed una crescita dell’11,7% in volume.
Sul podio dei vini più venduti d’Italia si piazzano i tre inattaccabili campioni, nell’ordine: Lambrusco, Chianti, Montepulciano d’Abruzzo. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (Sicilia), Vermentino (Sardegna), Muller Thurgau e Gutturnio (Lombardia) (che crescono in percentuale più del 4%).
Tra i vini “emergenti”, cioè con una maggiore progressione di vendita a volume salgono sul podio, nell’ordine: Ribolla Gialla (Friuli Venezia Giulia), Passerina (Marche), Valpolicella Ripasso (Veneto). Si conferma la crescita del Pignoletto (Emilia), del Pecorino (Marche/Abbruzzo) e della Passerina (Marche), mentre rientrano in classifica il Grillo (Sicilia) e il Cannonau (Sardegna). Va segnalata la crescita dell’8,2% in volume del Chianti Docg, quindi il top delle denominazioni, che vende quasi 10 milioni di litri per un valore di oltre 45 milioni di euro.
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