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Tornano anche quest’anno, nel cuore dell’Umbria e a pochi passi dalla splendida Orvieto, i giorni dedicati all’arrivo dell’olio nuovo extra vergine di oliva. Un’occasione unica, per chi ama unire turismo e buona tavola, per conoscere la civiltà dell’olio, gustare le prelibatezze tipiche, riscoprire i giochi tradizionali e passare giornate indimenticabili tra musica e divertimento nella magica cornice del Vecchio Frantoio Bartolomei, tra i più antichi dell’Umbria, situato tra le dolci colline umbre che caratterizzano la zona di Montecchio.
La manifestazione ‘I giorni dell’olio nuovo’, inserita anche all’interno del programma regionale di Frantoi Aperti, si svolge nei quattro fine settimana di novembre quando il lavoro del frantoio Bartolomei è a pieno regime per la produzione del “nettare verde” e riprende al suono lento e profondo delle macine per aprire le porte ai visitatori.
Dal 5 al 27 novembre, pertanto, i visitatori potranno lasciarsi trasportare dal sapore dell’olio, con assaggi dell’oro verde, escursioni negli oliveti sia a piedi che con i quad, raccolta delle olive, la possibilità di visitare il frantoio in funzione e la visita al museo dell’olio, vera e propria perla della famiglia Bartolomei e realizzato con l’intento di valorizzare e far conoscere sempre più e meglio la vita agricola umbra. Il Frantoio Bartolomei, infatti, nasce verso la fine del 1800 dalla forte relazione che, da sempre, lega questa famiglia alla produzione dell’olio. Oggi la gestione è affidata ai fratelli Carla, Rita e Pierluigi che, nel rispetto degli insegnamenti ricevuti e con estrema passione, portano avanti un lavoro secolare.
Ed anche per l’edizione 2016 de ‘I giorni dell’olio nuovo’, la famiglia Bartolomei vuole ricreare quell’atmosfera conviviale che da sempre caratterizza le iniziative che si svolgono nel Frantoio. Molto interessanti sono i percorsi guidati per immergersi nella civiltà dell’olio (visite al Museo e al Frantoio con dimostrazioni del ciclo produttivo), degustazioni tipiche e gratuite, concerti, corsi, giochi e canti della tradizione, animazioni per grandi e piccoli.
Ogni sabato dalle 17 apre la ‘Bruschetteria’ per andare alla scoperta del vero sapore dell’olio. È infatti un gusto semplice e antico quello della bruschetta, la fetta di pane sciapo abbrustolita sulle braci e intrisa di olio nuovo. Quello ancora opaco, fresco di frantoio, che ha l’odore amaro delle olive appena colte e il sapore che si evolve nel palato. Ma basta poco tempo per far perdere all’olio extravergine di oliva la sua anima nuova.
Ogni sabato e domenica il menu fisso si fa più ricco e ad allietare la giornata ci sarà il ‘Pranzo Tipico’ (è obbligatoria la prenotazione del posto a tavola per scoprire l’olio nuovo, 20 euro a persona, tel. 0744-951395).
Oltre agli otto giorni di eventi, il Frantoio rimane comunque aperto tutti i giorni di novembre con orario continuato (dalle 9 alle 19). Con l’iniziativa “L’olio Mio - Raccogli Con Noi” è infine possibile prenotare la giornata preferita per partecipare alla raccolta delle olive (minimo 10 partecipanti, costo 25 euro a persona comprensivo di esperienza sensoriale della raccolta e pranzo tipico, tel. 0744-951395).
Per tutto il periodo de ‘I giorni dell’olio nuovo’ sarà attiva un’offerta speciale sull’olio extra vergine di oliva nelle lattine da 5 lt.
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Ricordano la biblica invasione delle cavallette gli sciami di cimici che stanno invadendo il nord Italia costringendo nei centri abitati i cittadini a barricarsi in casa con porte e finestre chiuse mentre nelle campagne si contano i danni provocati da questi insetti insaziabili che distruggono pere, mele, kiwi, uva ma anche coltivazioni di soia e mais.
È l’allarme lanciato dalla Coldiretti per l’arrivo in Italia della “cimice marmorata asiatica” che è particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all`anno con 300-400 esemplari alla volta. La prima segnalazione – sottolinea la Coldiretti - si è avuta in Emilia Romagna nel 2012 ma quest’anno la situazione è drammatica soprattutto nel nord est, tra Friuli e Veneto, anche se non mancano riscontri in altre regioni, dalla Lombardia al Piemonte.
A favorirne la diffusione è stato un autunno particolarmente caldo con la moltiplicazione degli esemplari che non hanno in Italia antagonisti naturali. Un problema che – precisa la Coldiretti - rende molto difficile la lotta all’insetto che da adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo e sverna come adulto in edifici o in cassette e anfratti riparati per poi raggiungere n primavera le piante per alimentarsi, accoppiarsi e deporre le uova.
La lotta per ora può dunque avvenire solo attraverso protezioni fisiche come le reti anti insetti a protezione delle colture perché non è possibile importare insetti antagonisti dalla Cina per motivi sanitari. Se le cimici provocano vere stragi delle coltivazioni, per l’uomo, oltre al fastidio provocato dagli sciami che si posano su porte, mura delle case e parabrezza delle auto, l’unico pericolo è quello di restare vittima del cattivo odore che gli insetti emanano se schiacciati.
Il nome scientifico è Halyomorpha halys, o cimice marmorata ed è un insetto originario dall`Asia orientale, in particolare da Taiwan, Cina, Giappone. Gli studiosi la definiscono una varietà estremamente polifaga che si nutre di un`ampia varietà di specie coltivate e spontanee.
L’invasione dei cosiddetti insetti alieni provenienti da altri continenti è dovuta dall’intensificarsi degli scambi commerciali attraverso i quali sono arrivati in Italia dove hanno trovato un habitat favorevole a causa dei cambiamenti climatici. La cimice asiatica è infatti solo l’ultimo dei parassiti inediti per l’Italia dove nel tempo sono arrivati, per fare qualche esempio, dalla Popillia Japonica alla Drosophila suzukii, dal Dryocosmus kuriphilus alla Xylella, con un conto dei danni all’agricoltura nazionale stimato in oltre il miliardo di euro.
Se la Xylella fastidiosa che sta facendo strage di ulivi nel Salento è proveniente dal Costa Rica, le castagne hanno invece già pagato un conto salatissimo con la produzione che è scesa drammaticamente per colpa del cinipide galligeno del castagno, il Dryocosmus kuriphilus, proveniente dalla Cina che provoca nella pianta la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni contro il quale è stata avviata una capillare guerra biologica attraverso lo sviluppo e accurata diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è un antagonista naturale, anche se ci vorrà molto tempo per ottenere un adeguato contenimento.
E se gli agrumi della Sicilia sono stati gravemente attaccati dalla Tristeza (Citrus Tristeza Virus) che ha indebolito oltre il 30 per cento delle coltivazioni, centinaia di migliaia di piante di kiwi del Lazio e Piemonte sono state letteralmente sterminate dalla batteriosi del kiwi (Pseudomonas syringae pv. Actinidiae), mentre melo e pero in Emilia sono stati colpiti dal colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora). Ma c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus originario dell’Asia che ha fatto strage di decine di migliaia di palme dopo essere comparso in Italia per la prima volta nel 2004 e da allora si è dimostrato un vero flagello che ha interessato il verde pubblico e privato in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise. E danni incalcolabili sta anche facendo la Drosophila suzukii il moscerino killer molto difficile da sconfiggere che ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva soprattutto in Veneto.
Siamo di fronte ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento che si è accentuata negli ultima anni ma anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ed anche l'aumento dell'incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti che colpiscono l’agricoltura.
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Dal 28 al 30 ottobre, al Superstudiopiù di Via Tortona 27, aprirà le porte a ChePizza! dando vita al primo evento dedicato al mondo della pizza nella sua versione gourmet.
Consorzio Provolone Valpadana DOP prende parte alla kermesse milanese che chiama a raccolta 18 tra i più importanti pizzaioli d’Italia proponendo la loro pizza gourmet con il gustoso e poliedrico formaggio.
Gino Sorbillo (celebre per la sua pizza fritta), Gianni Dodaj, il campione del Mondo Pasquale Moro, Renato Bosco (con il suo doppio crunch vegano) ed ancora Simone Padoan, Roberto Ghisolfi, Massimo Giovannini, Denis Lovatel, Simone Lombardi, Eduardo Ore, Teodoro Chiancone, Romualdo Rizzuti, Valerio Torre, Massimo Gatti, Antonino Esposito, Ciro Oliva e Antonio Pappalardo prepareranno la loro gustosissima meraviglia scegliendo tra la versioni dolce e piccante del Provolone Valpadana.
Consorzio Provolone Valpadana DOP sarà presente a ChePizza! anche con uno stand dedicato dove i visitatori potranno assaggiare il prodotto puro.
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Il futuro della suinicoltura italiana al centro degli Stati Generali del comparto, uno degli eventi di punta delle Fiere Zootecniche Internazionali che tornano dal 26 al 29 ottobre a CremonaFiere. Rappresentanti delle associazioni di categoria ed esperti del settore si incontreranno giovedì 27 (dalle 10 alle 13 presso l'Area Forum) per parlare non solo della difesa del modello produttivo, agricolo, zootecnico e agroindustriale italiano, ma anche della salvaguardia della sicurezza alimentare dei cittadini, del benessere degli animali e dell'ambiente. Gli Stati Generali della Suinicoltura si prefiggono così l'ambizioso obiettivo di arrivare a definire linee guida condivise da tutti i protagonisti della filiera; per dare un nuovo impulso al modello nazionale e creare una rete di comunicazione efficace che faccia comprendere al consumatore il valore intrinseco delle produzioni italiane.
Tra i protagonisti degli Stati Generali della Suinicoltura ci sarà Alberto Allodi, presidente di Assalzoo – Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici alla quale aderiscono oltre 120 aziende, che rappresentano circa il 75% della produzione mangimistica industriale realizzata in Italia. “Benessere animale, trasparenza dei sistemi di produzione e sostenibilità, sono aspetti su cui l'industria mangimistica dedica da tempo un'attenzione particolare – dichiara Allodi –. Al benessere i mangimisti rispondono per la parte di loro competenza, con un'attività di ricerca che ha permesso di offrire agli animali un'alimentazione bilanciata in grado di "soddisfare" appieno le esigenze degli animali in ciascuna specifica fase produttiva, nella convinzione che solo da animali sani e ben alimentati è possibile ottenere prodotti di alta qualità. Per fare conoscere cosa fa il nostro settore, siamo impegnati ormai da quasi dieci anni, in una continua attività di comunicazione attraverso il circuito Mangimi & Alimenti, che con una rivista di settore, un sito internet di approfondimento e newsletter settimanali offre una finestra di aggiornamento costante sull'attività del settore. Importantissimo, anche il tema della sostenibilità che vede l'industria mangimistica una vera e propria pioniera. Si pensi solo all'importantissimo ruolo che la produzione di mangimi ha nella prevenzione degli sprechi alimentari: impieghiamo circa 600 mila tonnellate all'anno di materie prime che derivano dalle industrie della pasta, dei dolci, dello zucchero, della distilleria, solo per citare le principali, alle quali si aggiungono oltre 3 milioni di tonnellate all'anno di sottoprodotti della macinazione del frumento (crusche) e oltre 4 milioni di tonnellate di farine di semi oleosi che risultano dalla produzione dell'olio”.
"Le prospettive del comparto? Il prossimo anno dovrebbe riservarci qualche soddisfazione, in un quadro comunque complesso e nel quale rimangono importanti nodi strutturali da affrontare e sciogliere – spiega Enrico Cerri, presidente della ProSus di Vescovato (una delle più importanti realtà della macellazione di suini in Italia) e componente del direttivo di Assica - Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi –. Da una parte, il forte aumento delle importazioni dai Paesi emergenti – Cina in testa, con il suo più 130 per cento nei primi sei mesi dell'anno – ha svuotato i magazzini del vecchio continente, allentando la pressione sui nostri mercati dei sistemi produttivi del nord Europa. Dall'altra, le difficoltà del comparto hanno determinato la chiusura di molti allevamenti, riducendo la disponibilità di materia prima e finendo così per sostenere in misura significativa i prezzi dei tagli destinati ai prodotti tipici. Può aiutare nel breve periodo, ma ovviamente non basta. Perché le aziende non devono chiudere, hanno bisogno di liquidità per investire, ammodernarsi, ridurre i costi di produzione e tenere il passo dei tempi e dei mercati".
In questa prospettiva, è allora fondamentale essere messi nelle condizioni di puntare con sempre maggior decisione proprio sui più dinamici mercati d'oltreconfine. In tal senso la recente apertura della Cina alle esportazioni di carni suine, grassi e frattaglie, apre prospettive favorevoli. Precisa Cerri: “Il via libera del Governo cinese costituisce un passaggio fondamentale, ma ora dobbiamo affrontare un complesso iter burocratico per arrivare all'autorizzazione effettiva: faremo di tutto per fare in modo che ciò avvenga nel minor tempo possibile. Spero e auspico che l'attesa sia più rapida rispetto a quella vissuta per la finalizzazione dell'export negli Stati Uniti: dalla stipula dell'accordo era trascorso oltre un anno prima del concreto disco verde alle esportazioni”. La Cina rappresenta il principale mercato di destinazione delle esportazioni europee del comparto suinicolo: “Secondo le stime più credibili il fatturato dell'export italiano in Cina dovrebbe da subito essere superiore ai 50 milioni di euro – sottolinea Cerri –. Al di là del volume, quel che più conta è che con i prodotti esportati direttamente in Cina realizzeremmo una marginalità doppia”.
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Una piccola borsa termica o una gavetta, per portare in ufficio il pranzo da casa, almeno qualche volta. La tendenza riguarda il 40% dei connazionali secondo quanto rileva la prima indagine sui 'Cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani' presentata dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e dal presidente di Ixè Roberto Weber all’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio.
A condizionare i cambiamenti nel pranzo sono i ritmi di lavoro con pause troppo brevi per consentire il rientro a casa che spesso si trova anche lontano dall’ufficio o dall’azienda. L’11% degli italiani porta il pranzo da casa sul luogo di lavoro regolarmente, il 12% lo fa spesso e il 17% almeno qualche volta secondo Coldiretti/Ixè. Si porta dunque la 'gavetta' o la 'schiscetta' al lavoro per risparmiare, ma anche per essere sicuri della qualità del pranzo o semplicemente perché si preferisce ricordare sapori e profumi casalinghi.
Ma accanto a questa nuova abitudine alimentare se ne afferma anche un’altra legata alla convivialità, il rito dell’apericena, che coinvolge quasi sei italiani su 10 (59%). Nata dal mixage tra il rito dell’aperitivo e un pasto propriamente detto, di solito la cena – spiega la Coldiretti -, la cosiddetta apericena si è affermata in pochissimo tempo come un momento di aggregazione con connotati innovativi che riguardano soprattutto i giovani e contrassegna spesso i weekend.
A fare da apripista - precisa Coldiretti - sono stati alcuni contesti del Nord dove l’aperitivo è un antico rito sociale ma la nuova formula si è andata diffondendo un po’ ovunque nel territorio nazionale, dallo Spritz del Veneto fino al centro di Milano o nella stessa Capitale l’aperitivo e diventato un momento in cui conversare, mangiare e bere qualche cosa e rallentare in modo anche netto rispetto alla concitazione della quotidianità.
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