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Tanti i segreti per una grigliata perfetta, ma aspetto più importante è cosa si mette sulla griglia.
La carne, elemento principale, deve essere ottima, perchè non si deve mai rinunciare a materie prime di qualità.
Con sicurezza si può quindi scegliere le Nürnberger Rostbratwürste g.g.A. ovvero le Salsicce di Norimberga Igp.
Piccole, sottili e croccanti, da cuocere sulla griglia e servite calde, non si smetterebbe mai di mangiarle. Un piatto facile da cucinare ma con un’antica storia alle spalle.
La tradizione delle salsicce a Norimberga è infatti documentata a partire dal 1462. Nel 16mo secolo in tutte le macellerie della città la carne di maiale veniva macinata a grana mediamente fine e aromatizzata, insaccata in budelli aderenti di ovino e servita ben arrostita. Mentre nel resto del Paese venivano messe sulle tavole delle salsicce di dimensioni più grosse, i Norimberghesi, preferivano gustare questa specialità in forma più piccola e più sottile (lunghezza dai 7 ai 9 cm per 20 25 grammi). A causa di un crollo dei prezzi nella seconda metà del 16mo secolo, i macellai di Norimberga non potevano più permettersi di produrre salsicce di alta qualità. Pertanto, invece di abbassare i livelli qualitativi, i macellai decisero di ridurre ulteriormente le dimensioni. In questo modo non solo crearono una specialità inconfondibile, ma ottennero pure un aumento sensibile dei prezzi al kg, scongiurando in questo modo la crisi.
Inizia così la lunga e gloriosa storia delle Salsicce di Norimberga Igp, coronata nel 2003 quando la Commissione Europea ha attribuito a questa mini-specialità il marchio IGP, per la prima volta attribuito a una salsiccia.
E insieme alle salsicce immancabile la Carne di Manzo bavarese igp, anch’essa prodotta seguendo scrupolosamente un rigido disciplinare, che dà indicazioni a partire dall’allevamento, i bovini pascolano sugli alpeggi, nutrendosi di erba fresca, al trasporto, dalla macellazione, alla frollatura.
E una grigliata di questa qualità non può che essere accompagnata da una birra altrettanto prestigiosa come quella bavarese.
Il sapore inimitabile di questa birra Igp si fonde con la sua storia e con le sue radici. Da circa 500 anni il noto Reinheitsgebot (decreto di purezza) ne garantisce infatti la qualità e il rispetto degli ingredienti.
Acqua, malto, luppolo, lievito: questo il semplice segreto che ne fa una bevanda beverina e molto richiesta.
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La fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale. In pratica l'Unione Europea vuole imporre all'Italia di produrre “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere. Lo rende noto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare i contenuti della lettera di costituzione in mora appena inviata dal Segretariato generale della Commissione Europea alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione Europea sull’infrazione n.4170. “Siamo di fronte all’ultimo diktat di una Europa che tentenna su emergenze storiche come l’emigrazione, ma che è pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi dei nostri prodotti alimentari difesi da generazioni di produttori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Dal 11 aprile del 1974 con la legge n. 138, l’Italia ha deciso - sottolinea la Coldiretti - di vietare l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare ai caseifici situati sul territorio nazionale. Questa misura - precisa la Coldiretti - ha lo scopo di tenere alta la qualità delle produzioni casearie italiane salvaguardando le aspettative dei consumatori per quanto concerne l’autenticità e la qualità dei prodotti italiani mediante la qualità delle materie prime. Una scelta che ha garantito fino ad ora il primato della produzione lattiero casearia italiana che riscuote un apprezzamento crescente in tutto il mondo, dove le esportazioni di formaggi e latticini sono aumentate in quantità del 9,3 per cento nel primo trimestre del 2015.
La Commissione Ue con l'avvio della procedura di infrazione ritiene invece che la legge italiana a tutela della qualità della produzioni rappresenti una restrizione alla “libera circolazione delle merci”, essendo la polvere di latte e il latte concentrato prodotti utilizzati in tutta Europa. In altre parole - precisa la Coldiretti - impone un adeguamento al ribasso con una diffida che, se accolta, comporterà uno scadimento della qualità dei formaggi e degli yogurt italiani che metterà a repentaglio la “reputazione” del Made in Italy, ma anche una maggior importazione di polvere di latte e latte concentrato che arriverà da tutto il mondo a costi bassissimi, con conseguenze pesanti sulla tenuta degli allevamenti italiani.
Si tratta in realtà - continua la Coldiretti - solo dell’ultima trovata delle burocrazie dell'Unione Europea da dove sono arrivate incomprensibili decisioni sulla tavola che allontanano cittadini e imprese dall'Europa, dal vino senza uva al cioccolato senza cacao fino alla carne annacquata, ma sul mercato c’è anche il vino zuccherato e quello in polvere mentre circa la metà della spesa è anonima.
“Nell'Unione che si disinteressa e temporeggia sull’emergenza immigrati si consentono invece trucchi e inganni nel momento di fare la spesa con l’appiattimento verso il basso della qualità alimentare, anche a danno di Paesi come l’Italia che possono contare su primati qualitativi e di sicurezza alimentare", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare "le alchimie negli ingredienti che hanno snaturato anche gli alimenti più comuni". Si spiega cosi - sottolinea la Coldiretti - la richiesta dell’Unione Europea di utilizzare la polvere di latte al posto del latte, nei formaggi, di aumentare la gradazione del vino attraverso l’aggiunta di zucchero nei Paesi del Nord Europa o di ottenerlo a partire da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose con la semplice aggiunta di acqua.
L’Unione Europea consente anche per alcune categorie di carne la possibilità - continua la Coldiretti - di non indicare l’aggiunta d’acqua fino al 5 per cento, ma per alcuni prodotti (wurstel, mortadella) tale indicazione può essere addirittura elusa e potrebbero essere esclusi dagli obblighi di indicazione della quantità d’acqua, mentre in tutta Europa circolano liberamente imitazioni low cost del Parmigiano reggiano e del Grana Padano, cosiddetti “similgrana”, realizzate fuori dall’Italia senza alcuna indicazione della provenienza e con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine. Una mozzarella su quattro in vendita in Italia - precisa la Coldiretti - è stata ottenuta con semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta per effetto della normativa europea.
Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” previste dalla normativa comunitaria per far conoscere la provenienza delle olive ai consumatori. Storica l’imposizione all’Italia dell’Unione di aprire i propri mercati anche al cioccolato ottenuto con l’aggiunta di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.
Quasi la metà della spesa - continua la Coldiretti - è anonima per colpa della contraddittoria normativa comunitaria che obbliga a indicare la provenienza nelle etichette per la carne bovina ma non per i prosciutti, per l’ortofrutta fresca ma non per quella trasformata, per le uova ma non per i formaggi, per il miele ma non per il latte. Il risultato è che - conclude la Coldiretti - gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle.
www.coldiretti.it
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Cibo del futuro: la parola d’ordine è cambiamento. È sempre più diffusa la consapevolezza che nulla potrà restare uguale a oggi. E sarà la globalizzazione a permeare le future evoluzioni all’insegna di tre macro direttrici: tecnologia, ambiente, condizionamenti socio economici. È questo lo scenario emerso dall’indagine commissionata da Coop a Doxa e che ha coinvolto i consumatori di 8 Paesi (Italia, Germania, Uk, Usa, India, Brasile Russia e Cina). L’obiettivo capire in quale direzione si muoveranno scelte, bisogni, esigenze della domanda. Ma prima di proiettarsi negli anni avvenire, la ricerca scatta un’istantanea sulla realtà odierna.
Oggi le differenze sono veramente tante e iniziano fin dalla preparazione del pasto, a cui ci si dedica in media 1,3 ore al giorno, ma con valori nettamente più alti per Paesi come il Brasile, l’India e la Russia. Anche gli italiani non sono da meno e si distaccano in questo dai vicini europei. Situazione simile anche per il take away e i consumi fuori casa che nel Bel paese sono decisamente inferiori ai livelli dei Paesi anglosassoni. Tra le inclinazioni dei nostri connazionali si registra anche quella verso l’home made e questo attaccamento alla tradizione li accomuna a cinesi e indiani. A rendere ancora sensibili le peculiarità sono spesso i diversi credo religiosi, tanto che il 21% del campione ammette di venire condizionato dalla religione: ed è qui che il credo vegetariano o vegano affonda le sue radici tanto da professarsi tale il 35% del campione. Eppure si comincia già fin da ora ad intravedere qualche similitudine tra le diverse culture gastronomiche. Emergono infatti, anche stili alimentari alternativi e in qualche modo transazionali, come i Foodies (cibo tipico e di qualità), la dieta ipocalorica (10%), il credo salutista (10%), quello vegano (8%) o quello biologico (8%). Non basta: anche la contaminazione di stili comincia ad affermarsi: se è vero che appena il 22% del campione (quindi una minima parte) dichiara di non mangiare mai cibo etnico e quasi un quarto afferma invece di consumarlo spesso. Il 90% di tedeschi e inglesi dichiara infatti di mangiare etnico spesso o qualche volta, i più diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.
I consumatori intervistati non prevedono una riduzione delle quantità consumate (solo in Uk e Germania si pronostica una riduzione nella frequenza di consumo di carne) mentre la dieta sembra spostarsi su una maggiore varietà con maggior ricorso a carboidrati, frutta e verdura. Il cibo di domani sarà quindi manipolato dalla tecnologia, certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano una inaspettata disponibilità al cambiamento: l’80% degli intervistati non ha preclusione per cibarsi di alghe e il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto. Ma questa accettazione dell’high tech e delle novità implica una rinuncia alla naturalità? assolutamente no. Il 42% del campione, infatti, confessa la sua predilezione per i temi della freschezza e della naturalità e si aspetta di trovare tra le corsie piccole serre e allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza. E per il 16% la presenza di un robot come assistente per la spesa non guasterebbe.
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Nascosto tra i cortili, circondato dalle case di ringhiera della Milano che serenamente convive con il progresso. E' qui che, dallo scorso aprile ha aperto i battenti Al Cortile, Bio Temporary Restaurant allestito durante i sei mesi di Expo negli spazi di Food Genius Academy, centro di formazione professionale che propone corsi professionali di Alta Cucina Italiana, Pasticceria e Management di Sala e Cantina. Per imparare sul campo a percorso di studi concluso, entrando a far parte di una vera brigata di cucina. Ci troviamo in via Giovenale 7, in un angolo celato tra vecchie case di ringhiera, un'oasi verde di pace e tranquillità nella quale lasciarsi coccolare un silenzio quasi inconsueto ed inatteso per una città in costante movimento.
Ideato dalla direttrice della scuola di Alta Cucina Desirèe Nardone è stato pensato come prolungamento dell'attività didattica; sono infatti i migliori allievi dei corsi ad occuparsi dell'accoglienza, del servizio in sala e della preparazione di alcune portate, affiancati in alcune speciali serate da chef di fama nazionale ed internazionale. Un folto calendario di eventi ed appuntamenti, quello di Al Cortile, distribuiti lungo i sei mesi di Expo e suddivisi in eventi a cadenza periodica, come gli aperitivi con tapas e cocktails e serate esclusive, per conoscere di volta in volta l'estro culinario di chef sempre diversi. Come Federico Zanasi dell'hotel Principe delle Nevi di Aosta, modenese classe '1975 forte di esperienze stellate come Amerigo 1934 e la Madonnina del Pescatore e all'estero, dagli Stati Uniti alla Spagna. Ospite di Al Cortile per una sera, per 'raccontarsi' con i suoi piatti contemporanei ed una cucina versatile, creativa e ben definita.
Valore aggiunto di Al Cortile, e la serata dedicata a Zanasi ne è stata la concreta dimostrazione, è la possibilità di degustare, abbinandoli anche ai piatti, speciali cocktail, curati da Franco 'Tucci' Ponti, barman consulente del temporary restaurant con alle spalle diversificate esperienze tra Parigi, Londra, New York e Los Angeles. O, in alternativa, birre artigianali e speciali vini di aziende selezionate da tutta Italia. Mercoledì 24 giugno protagonista della serata è stato invece lo chef Marcello Trentini con la sua personale e sorprendente cucina, una 'rivoluzione' gastronomica in dodici portate e due cocktails.
Il calendario di eventi 'paralleli' ad Expo 2015 del Bio Temporary Restaurant meneghino è particolarmente ricco: ogni venerdi verrà ospitato uno chef stellato italiano, il sabato sarà dedicato agli chef docenti della scuola Food Genius Academy mentre il sabato la brigata di cucina delizierà i presenti con uno speciale brunch. Ed oltre agli aperitivi tapas & cocktails proposti con regolarità, un giovedì al mese verrà ospitato uno chef internazionale.
Un'esperienza diversa dal solito per vivere l'alta cucina tra i cortili della Milano che fù: da provare.
Daniele Orlandi
Bio Temporary Restaurant
via Giovenale 7, Milano
Per informazioni:
http://www.alcortile.com/
www.foodgeniusacademy.com/
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Arrivato da Napoli con la sua squadra al completo, lo Chef Monzù Erny Lombardo ha presentato qualche giorno fa uno scampolo del suo repertorio gastronomico che si basa sulle antiche ricette partenopee come le interpretavano i grandi cuochi francesi che i Borbone avevano convocato per la loro corte, nonché sull’uso sistematico delle pentole di ghisa. Non a caso la sua ultima opera, edita da Trenta Editore, porta il titolo ‘Uno scugnizzo ai fornelli. Cuocere nelle pentole in ghisa’.
Interessante e saporita circostanza che ha avuto luogo in un angolo un pò nascosto della Basilica di Sant’Ambrogio (l’Oratorio della Passione in Piazza Sant’Ambrogio 23, edificio risalente al XV secolo con affreschi di Bernardino Luini e della sua scuola) , all’interno di un piccolo chiostro, dove ha trovato posto il Milano Wine Garden, grazie anche alla apertura dell’abate, mons, Erminio De Scalzi, il Milano Wine Garden, un rilassante locale che ha come impegno quello di portare la cultura del vino nei medesimi luoghi dove trovavano poste le vigne qualche secolo fa. E, in effetti, seppur piccola ma una vigna è stata piantata e sta crescendo proprio al centro del chiostro.
Il Milano Wine Garden sorge quindi nella vera Vecchia Milano, la Milano del vino, un’area che dal Rinascimento agli inizi del Novecento ha visto la vigna crescere all’interno dei giardini dei palazzi. Molte le testimonianze che descrivono il capoluogo lombardo come una città attiva per la produzione di vino e Milano Wine Garden si pone l’obiettivo di far rivivere l’alto valore simbolico della vigna, ripercorrendo le antiche tradizioni contadine e il profondo significato che, da sempre, ruota attorno alla vite a e ai suoi frutti.
Anche se oggi può sembrare strano, ma questa zona di Milano, Porta Vercellina, era un tempo ricca di vigneti e a un tiro di schioppo, sull’attuale corso Magenta in direzione San Vittore, si trovava la celebre ‘vigna di Leonardo’, donata al grande artista da Lodovico il Moro.
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