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Il prezzo del pane è fortemente variabile lungo lo stivale con valori che raddoppiano tra Napoli, dove costa 1,90 euro al chilo, e Bologna dove si spende 3,98 euro al chilo, mostrando una incredibile variabilità tra le diverse città con valori che variano tra i 3,57 euro al chilo a Milano, 2,67 a Torino, 2,72 euro al chilo a Palermo, 2,50 a Roma e 2,81 a Bari. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Osservatorio prezzi relativi ad aprile 2015 all' Expo dove al Padiglione Coldiretti, dove è stata allestita la più ampia rassegna delle specialità tradizionali delle diverse regioni, dal Pane di Cerchiara della Calabria al pane di Lariano del Lazio fino al Miccone della Lombardia.
La forte variabilità è una evidente dimostrazione - sottolinea la Coldiretti – che l'andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano che è fissato a livello internazionale al Chicago Board of Trade e non mostra quindi differenze tra le diverse città. Peraltro - denuncia la Coldiretti - negli anni della crisi è crollato del 27 per cento il prezzo del grano riconosciuto agli agricoltori, ma quello del pane ha continuato ad aumentare con un incremento del 6 per cento dal 2007.
Oggi un chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 2,75 euro al chilo, con un rincaro di tredici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito.
“C’è sicuramente un margine da recuperare per garantire un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui cittadini che sono costretti a ridurre gli acquisti, ed evitare la scomparsa delle coltivazioni di grano Made in Italy”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “soprattutto con la diffusione del pane confezionato servono interventi per garantire una maggiore trasparenza di filiera a partire dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato ed evitare che venga spacciato come italiano quello importato da Turchia, Kazakistan o altri Paesi”. Tra l’altro - conclude la Coldiretti - le importazioni di grano tenero sono aumentate del 17 per cento nel 2014 rispetto all’anno precedente ed oggi coprono più della metà del fabbisogno italiano.
www.coldiretti.it
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Il 2014 segna un record storico nella produzione di forme di Gorgonzola Dop dal 1976, anno in cui è partito il monitoraggio dei dati riferiti al numero di forme marchiate. Nell'anno in esame, infatti, le forme prodotte hanno raggiunto quota 4.443.538 forme.
E' quanto emerge dall'Assemblea Annuale dei soci tenutasi il 15 giugno nel padiglione CIBUS è Italia ad Expo.
I produzione ed esportazione sono stati presentati dal Presidente del Consorzio, Renato Invernizzi. La produzione del 2014 ha fatto registrare un +6,4% con ben 267.928 forme in più rispetto al 2013.
La produzione analizzata per tipologie ha visto quella ottenuta con latte proveniente da agricoltura biologica perdere ulteriormente interesse, solo lo 0,51% del totale prodotto, pari a circa 22 mila forme. In lieve, ma costante crescita, invece, la tipologia piccante che rispetto al 2013 è aumentata di circa 50 mila forme arrivando a coprire il 10% circa del totale prodotto.
Le uniche due regioni italiane che producono Gorgonzola Dop, ovvero Piemonte e Lombardia, fanno segnare uno scostamento sempre maggiore verso la produzione piemontese pari oggi al 68,5% del totale, con la Lombardia scesa al 31,5%.
Per quanto riguarda i consumi, l’anno 2014 si chiude per il Gorgonzola con un aumento dei volumi del 4,3% guidato da un incremento dell'acquisto medio di 200 grammi per famiglia. Questo dato è ancora più positivo se si tiene conto che il 2014 ha fatto registrare un andamento su scala nazionale molto negativo per l'intero comparto formaggi (-5,7%) per un totale di 659 milioni di kg in meno venduti pari a quasi 7 milioni di euro persi dal comparto (*).
Riguardo alle aree di consumo il calo registrato al sud, contrariamente al 2013, per l’intero comparto formaggi, si conferma anche per il Gorgonzola che scende di 4 punti percentuale, mentre aumenta sensibilmente in area 1 e 2 (tutto il nord). Il canale di maggior acquisto risulta essere sempre il supermercato dove viene venduto quasi il 50% del Gorgonzola; rimangono stabili iper, discount, ambulanti e negozi specializzati che distribuiscono il rimanente. Prosegue invece il calo della vendita del prodotto a peso variabile al banco (42,7%) rispetto al peso variabile take-away (41%), dato ancora più pesante se si considera che solo 10 anni fa, la vendita assistita era pari al 75% contro il 20% del take-away!
I dati del 2014 rivelano che le aziende italiane scommettono sempre più sull’export; la continua crescita anche nel 2014 ha fatto segnare un +2,66 pari a 1.650 tons di Gorgonzola nel mondo, dato più alto mai registrato che conferma il posizionamento del gorgonzola al terzo posto tra i formaggi Dop italiani. Sempre in costante crescita il consumo nell’Unione Europea con la Germania che guida ancora i paesi importatori con un +12%; rimangono ancora problemi negli Stati Uniti che perdono ulteriore terreno (-13%), mentre i paesi Asiatici fanno risultare, seppur lievemente rispetto al 2013, un aumento nei consumi, in particolare Giappone e Corea del sud, mentre in Cina i consumi scendono a meno di 200 quintali. Incoraggianti sono i primi segnali di export mondiali dei primi mesi del 2015, che indicano ancora un aumento di oltre il 14,4% (elaborazione Clal su fonte Istat).
In occasione dell’assemblea annuale è stata presentata anche l'applicazione per smartphone dedicata al Gorgonzola Dop. Completamente gratuita, l'app "Gorgonzola" è pensata per interagire in maniera sempre nuova e originale con gli amanti di questo prelibato formaggio sempre a caccia del miglior gorgonzola.
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Non solo produttori di cibo, ma anche custodi delle tradizioni e protettori dell’ambiente. È così che l’85% degli italiani vede gli agricoltori, autentici angeli dell’alimentazione sana, da cui acquistare, magari, prodotti biologici a chilometro zero. A fare da contraltare, infatti, è un vecchio spauracchio del nostro Paese: gli ogm, che il 73% della nazione vorrebbe tenere fuori dall’agricoltura nazionale. Sono i risultati che emergono dal quinto rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”, presentato al padiglione di Coldiretti dell’Expo 2015 nel corso del convegno “L’agricoltura che sconfigge la crisi. La sfida della multifunzionalità dal 18 maggio 2001” organizzato dalla Fondazione UniVerde e da Coldiretti.
L’indagine è stata svolta su mille cittadini italiani disaggregati per sesso, età e area di residenza, che hanno risposto ad un questionario sul tema dell’agricoltura. I risultati, ha spiegato Antonio Noto, direttore dell’Istituto Ipr Marketing, dimostrerebbero come per gli italiani ci sia poca attenzione per l’agricoltura nel nostro Paese e che la condizione dei coltivatori negli ultimi anni sia peggiorata, soprattutto a livello economico. Per l’86% degli intervistati dovrebbero quindi ricevere un incentivo economico per la loro attività a servizio dell’intera collettività.
L’85% del campione ritiene, infatti, che gli agricoltori svolgono un ruolo importante nella protezione dell’ambiente, perché manterrebbero in vita una tradizione che altrimenti rischierebbe di estinguersi, e proteggerebbero il territorio contro il dissesto idrogeologico. Altrettanto importante ovviamente è anche il fatto che producano alimenti genuini, che il 43% del campione preferisce a frutta e verdura d’importazione e, quando possibile, acquista direttamente in fattoria. L’attenzione verso i prodotti agricoli freschi non si ferma inoltre al momento della spesa, ma si conferma anche nella scelta del ristorante: il 90% infatti apprezza che nel menù siano indicati prodotti di stagione e a chilometro zero.
A uscire sconfitti ancora una volta sono invece gli ogm, a cui si è detto contrario il 73% degli intervistati. Il 90% inoltre vorrebbe delle etichette che indicassero chiaramente prodotti ogm free, non solo in campo alimentare, ma anche per i cosmetici, che il 44%gradisce di più se contenenti prodotti naturali o provenienti da agricoltura biologica. È bene ricordare però che attualmente non esistono prove scientifiche a sostegno di molte affermazioni negative che si sentono fare sugli ogm: che facciano per esempio male alla salute, che causino più spesso allergie, o che siano necessariamente lo strumento di un’agricoltura meno sostenibile (così come esistono molti falsi miti su cosa voglia dire genuino se riferito al cibo che mangiamo).
Molto positiva infine è risultata l’opinione sull’agricoltura multifunzionale, cioè forme di produzione agricola che realizzano anche attività collaterali utili alla società. Tra le iniziative più apprezzate sono emersi l’agriturismo, i farmer’s market, le fattorie didattiche, gli agri ospizi per anziani e gli agri asili, a cui l’82%degli intervistati si è detto pronto a iscrivere il proprio figlio.
www.galileone.net
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Con gli ultimi riconoscimenti salgono a 48 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) tutelati dall’Unione Europea con l’Italia che sorpassa la Francia ferma a 45 e diventa leader europeo e mondiale nella produzione casearia di qualità. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della Giornata ufficiale del latte promossa da Expo 2015 e dal Ministero delle Politiche Agricole. La sfida tra Italia e Francia nella produzione di formaggi ha radici lontane e se Charles De Gaulle si chiedeva come governare la Francia che ha più formaggi che giorni nel calendario, la situazione non gli sarebbe parsa certamente più facile in ltalia che di formaggi tradizionali censiti dalle Regioni ne ha ben 487 che si aggiungono - sottolinea la Coldiretti - a quelli denominazione di origine protetta (Dop) ai quali è destinato circa la metà del latte consegnato dagli allevamenti italiani (45,5 per cento per circa 50 milioni di quintali).
Il vantaggio tricolore sulla Francia è ancora più eclatante se si considerano le quantità, con la produzione di formaggi a denominazione di origine italiano che è vicina a 500 milioni di chili, praticamente il doppio di quella realizzata dai cugini d’oltralpe. E lo schiaffo brucia ancora di più se si considera che le esportazioni di formaggi italiani in Francia, con un aumento del 4 per cento, sono risultate superiori a quella dei formaggi francesi in Italia, in calo del 3 per cento nel 2014, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat.
Nonostante questi primati produttivi, gli italiani con 20,7 chilogrammi per persona all’anno sono - sottolinea la Coldiretti - solo settimi nel mondo per consumo di formaggi preceduti dai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri. Ma a preoccupare è anche la qualità dei formaggi venduti in Italia al di fuori delle denominazioni tutelate, con quasi la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, anche se - denuncia la Coldiretti - nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Complessivamente in Italia - sottolinea la Coldiretti - sono arrivati 8,6 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) che vengono utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori. Ad oggi in Italia - continua la Coldiretti - è obbligatorio indicare la provenienza del latte fresco, ma non per quella a lunga conservazione, ma l’etichetta è anonima anche per i formaggi non a denominazione di origine, per le mozzarelle e gli yogurt.
In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che, nell’anno dell’Expo, la chiusura delle stalle rischia di far perdere all’Italia il primato nella produzione di formaggi a denominazione di origine (Dop) che contribuisce a forgiare l’identità nazionale in campo alimentare.
In questo contesto - continua la Coldiretti - è particolarmente grave il recente rapporto della Commissione Europea secondo cui, per talune categorie di prodotti alimentari come latte e prodotti caseari, sarebbe meglio optare per una indicazione volontaria dell’origine, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario. Si tratta di un parere in netto contrasto con gli interessi dei cittadini europei espressi attraverso Eurobarometro e di quelli italiani che hanno risposto numerosi alla consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf), che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, i quali nell’89 per cento dei casi ritengono che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero-caseari. Un risultato che, sulla base del regolamento comunitario n.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, consente all’Italia - conclude la Coldiretti - di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti.
www.ilpuntocoldiretti.it
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Dal 20 al 27 giugno 2015 il Veregra Street Festival porta nel centro storico di Montegranaro (FM) la magia, lo stupore e la meraviglia dell’arte di strada, i profumi ed i sapori del cibo si strada e tante possibilità di vivere esperienze creative e coinvolgenti per un pubblico di tutte le età. Organizzata dal Comune di Montegranaro con direzione artistica di Giuseppe Nuciari ed il sostegno di MiBACT, Regione Marche, Provincia di Fermo, Camera di Commercio di Fermo e Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, la XVII edizione del festival propone otto giorni fitti di eventi con più di 100 spettacoli a rappresentare le numerose espressioni dell’arte urbana: teatro di strada, musica, danza contemporanea, teatro di figura, clown, fachiri, circo contemporaneo, spettacoli itineranti, ecc...
Il protagonista principale del festival è però sempre il numeroso pubblico che ne è fruitore e che diventa artefice di una grande festa di condivisione sociale che stimola tutti e cinque i sensi umani.
Per quanto riguarda gli spettacoli, le compagnie sono tutte professioniste e provenienti da molte parti del mondo, quest’anno in particolare da Inghilterra, Belgio, Francia, Finlandia, Olanda, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Cile, Argentina, Uruguay e Kenya, diversi dei quali invitati nel quadro del progetto di cooperazione europea “OPEN-STREET”.
Il Dopo Festival, dal 22 al 24 giugno fino a tarda notte, quest’anno si chiamerà “Marche in Strada” è sarà riservato ad artisti marchigiani con il fine di promuovere la migliore creatività artistica locale. Ogni compagnia presenterà 10 minuti del proprio repertorio in una sorta di casting per il progetto “Marche in Strada” che porterà alla realizzazione di uno spettacolo prodotto dal Festival, con la direzione di un regista esperto, che possa circuitare in teatri e piazze italiane e straniere.
Il gusto verrà soddisfatto grazie alla sezione "VEREGRA STREET FOOD" dedicata ad eccellenze enogastronomiche nel campo del cibo di strada regionale, nazionale e internazionale. Oltre ai consueti spazi nel centro storico in cui diverse associazioni proporranno i piatti della tradizione locale, quest’anno viene riservata in via Gramsci una grande area al “cibo di qualità su ruote”, con van, truck e furgoni provenienti da diverse regioni d’Italia ed attrezzati per il confezionamento e la vendita di specialità quali olive ascolane, fish&chips, empanadas, crepes, piatti vegani, panini vari, arrosticini, trippa alla romana, cotiche con fagioli, arancini, cremini, gnocchi fritti, gelato, bibite e birre artigianali. La sezione ‘StreetFood’ è stata creata tre anni fa con l’intento di ampliare il concetto di ‘Cultura di strada’ al quale il festival si ispira e nel quale rientra a pieno titolo anche il cibo come elemento fondamentale nell’esprimere lo spirito dei luoghi e delle persone.
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