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Da un'indagine del Movimento Difesa del Cittadino (MDC) e di Legambiente, presentata pochi giorni fa, è emerso che l’olio è uno dei principali prodotti presi di mira dai contraffattori. Nel rapporto si raccontano le numerose storie di falsi: miscelazioni con oli di semi o addirittura lampanti, colorazioni con la clorofilla, "deodorazioni". Tutte hanno un comune denominatore: la contraffazione finalizzata a far credere che si tratti di olio extra vergine di qualità e italiano.
Per quanto riguarda i dati solo nel 2011 i NAS e l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari hanno effettuato sequestri, nel settore generale degli oli e grassi, per un valore superiore a 6 milioni di euro.
Tra i casi più eclatanti ricordiamo i sequestri del cd "olio deodorato". Nel febbraio 2011 il Corpo Forestale ha riscontrato a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro. L’ipotesi era che i documenti siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che, conteneva olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine.
E ancora: nell’agosto 2011 altri 9.000 litri di olio di oliva "deodorato" proveniente da Spagna e Grecia sono stati sequestrati dai Carabinieri.
Spudoratamente "100% italiano" erano invece gli oltre 38.000 quintali di olio extravergine di oliva sequestrati dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), in collaborazione con la Guardia di Finanza di Siena, a giugno 2012. In realtà il prodotto era ottenuto dalla miscelazione di prodotti di origine spagnola e greca, venduto a numerose ditte imbottigliatrici ad un prezzo assolutamente in linea con le aspettative del mercato nazionale.
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Gusto e sapore ma al tempo stesso uno sguardo anche alla salute. Si sa che il salame classico, nelle sue molte varietà, frutto delle diverse tradizioni regionali, non è considerato certamente tra i cibi più leggeri e, men che meno, dietetici. Normalmente 100 grammi di salame corrispondono a oltre 400 calorie, ma forse è in arrivo una svolta per i buongustai che tengono sotto controllo la linea. Ne avremo una prova durante la prossima edizione de il BonTà, il salone delle eccellenze enogastronomiche artigianali in programma alla Fiera di Cremona dal 10 al 13 novembre prossimi, dove per la prima volta verrà presentato il salame "light". A produrlo è Vittorio Croci, macellaio di Pizzighettone (CR), con l'obiettivo di "creare un prodotto di alta qualità che al tempo stesso coniughi gusto, leggerezza e soprattutto salute", come ci ha spiegato. "Il mio salame – continua il Sig. Croci – ha pochi grassi, poco zucchero, poco sale ma altempo stesso un alto contenuto proteico. Le calorie? Solo 209 all'etto." La ricetta resta top secret, anche se il macellaio cremonese si lascia scappare che il contenuto è un "mix tra una parte della coscia del maiale e una parte del pollo". E ci tiene a sottolineare che sarà una produzione molto limitata, ma chi vorrà assaggiarlo in anteprima potrà farlo a il BonTà. E se il gusto di questo nuovissimo salame "light" non dovesse soddisfare tutti i palati, i buongustai potranno sbizzarrirsi tra gli oltre 2.000 prodotti tra salumi, formaggi, paste, vini, dolci, confetture, e moltissime altre specialità provenienti da tutta Italia. Saranno infatti oltre 140 gli espositori presenti al Salone di Cremona, e presenteranno le eccellenze agroalimentari da 51 province e 18 regioni italiane. Certamente ce ne sarà per tutti i gusti, anche considerando che oltre ai migliori prodotti enogastronomici nazionali, ci sarà spazio anche per 23 eventi collaterali, tra cui spicca la settima edizione del Cheese of the Year, il campionato mondiale di formaggi, che quest'anno vedrà in gara 56 produzioni casearie da 5 Paesi.
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L’Italia è la migliore destinazione europea per gli amanti del vino: è quanto emerge dal Travelers’ Choice wine destinations awards 2012. Con tre regioni nelle prime cinque posizioni della top ten, l’Italia non solo conquista la parte alta della classifica, ma guadagna anche la prima posizione grazie alla Toscana, eletta miglior destinazione europea per gli amanti del vino, mentre Umbria e Sicilia si aggiudicano rispettivamente la quarta e la quinta posizione. I vincitori sono stati determinati sulla base della loro popolarità come destinazioni vinicole, prendendo in considerazione le recensioni e opinione dei viaggiatori relative a cantine locali, ristoranti, attrazioni e strutture ricettive.
L’enogastronomia come fattore di attrazione di flussi e di spesa
L’offerta enogastronomica italiana da sola attira il 5% dei turisti che trascorrono una vacanza in Italia (pari a 18 milioni di presenze nelle strutture ricettive), quota che per il solo mercato straniero sale al 7% (oltre 11 milioni), un turismo che genera sul territorio un impatto economico stimato in oltre 1,5 miliardi di euro spesi nel 2010[1]. Nel corso della vacanza in Italia il 20,7% dei turisti (nel 2009 erano il 17,8%), oltre 76 milioni di presenze, degusta i prodotti tipici del territorio.
L’impatto del turismo sul settore agroalimentare è pari a 7,2 miliardi di euro, corrispondente al 10,5% dei consumi totali generati dalla domanda turistica in Italia, sottolineando così la complementarietà del turismo rispetto agli altri settori. In media un turista enogastronomico in Italia spende 34euro circa per l’alloggio e 62 euro per gli altri acquisti sul territorio, inclusi quelli di prodotti tipici e dell’artigianato locale.
Italia prima destinazione dei tour operator esteri per vacanze enogastronomiche
L’Italia, inoltre, è la prima destinazione per vacanze enogastronomiche proposte dal turismo organizzato internazionale: venduta nel 2010 da circa il 23% dei Tour Operator europei che trattano Italia (nel 2009 erano il 19%) e da ben il 43% di quelli statunitensi (32%, 2009) che commercializzano le località turistiche del nostro Paese.
Il buon cibo e la cucina di qualità sono al primo posto come fattore di godimento e soddisfazione della vacanza, cui i turisti assegnano in media una valutazione di 8,3 (range da 1 a 10).
La cultura enogastronomica italiana espressione dei territori di vacanza
E’ il frutto di un secolare processo della nostra società, da sempre protagonista di significativi momenti della civilizzazione umana. In armonia con la proprie tradizioni, e famosa per ricchezza, varietà e qualità, rappresenta un patrimonio culturale ed economico che concorre significativamente al successo del "Made in Italy" nel mondo. La notorietà e il successo dell’enogastronomia italiana si fonda essenzialmente su due "percezioni" forti:
1) la qualità intrinseca riconosciuta ad alcuni prodotti (pasta, olio di oliva extravergine, salumi, formaggi, vini) autenticamente italiani;
2) l’immagine dell’Italia come meta turistica collegata alla buona tavola e al mangiar sano.
A questi fattori si somma poi la valenza salutistica della "dieta mediterranea", divenuta patrimonio dell’Unesco il 17 novembre 2010, in cui semplicità e gusto si coniugano, con armonia, all’equilibrata ripartizione nutrizionale di carboidrati, grassi e proteine, tipica della cucina italiana.
I vantaggi della promozione enogastronomica
Emerge quindi con forza che promuovere i prodotti tipici e l’enogastronomia italiana significa attuare una strategia che va a beneficio del:
• settore agroalimentare, in termini di una migliore promozione e commercializzazione all’estero delle produzioni italiane; si offrono molteplici vantaggi ad un sistema fatto soprattutto di piccoli produttori, capaci di offrire prodotti di qualità elevata ma spesso "penalizzati" da mezzi (economici e organizzativi) di piccola entità e che li allontanano dai grandi mercati internazionali;
• settore turistico, in termini di qualità, maggiore competitività e diversificazione dell’offerta; la promozione dell’enogastronomia italiana all’estero rappresenta una vera e propria opportunità e un invito per i clienti che la degustano e ne fanno esperienza a scoprire il territorio italiano e tutte le sue attrattive (arte, cultura, natura, etc.).
La qualità del made in Italy
Inoltre, soprattutto all’estero, il concetto di qualità è strettamente connesso a quello di unicità, che presuppone che i piatti della tradizione italiana siano unici nella percezione del consumatore, tali, quindi, che lo stesso non corra il rischio di confonderli con qualcosa di simile alla cucina italiana, ma che pure viene descritto come "Italian". La cucina italiana va perciò difesa e protetta dalle adulterazioni e dalle falsificazioni per salvaguardarne la storia, la cultura, la qualità e la genuinità (il ristorante italiano è cosa ben diversa dal ristorante all’italiana). È su questi presupposti, seguendo quello che si profilava come un naturale processo evolutivo "dall’agroalimentare al turismo enogastronomico", che nel 2009 nasce il progetto "Ospitalità Italiana-Ristoranti Italiani nel Mondo".
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Procede a gonfie vele la candidatura de "Le vie del Cioccolato" a Itinerario Culturale Europeo. La proposta, avviata a Modica dalla Fine Chocolate Organization e dal Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica in occasione del ChocoBarocco 2011, ha coronato la sua prima tappa progettuale a Perugia durante Eurochocolate 2012. In Umbria, infatti, sono state precisate le linee guida e i principi ispiratori degli Itinerari Culturali, lanciati dal Consiglio d’Europa nel 1987 con la finalità di promuovere la conoscenza dell’Europa e del patrimonio culturale condiviso dai paesi europei.
Il sostegno di Unioncamere, l’adesione dei distretti di Ragusa, Perugia,Torino e Cuneo nonché la partecipazione dei direttori dei Musei tematici di Alicante, di Barcellona, di Bruxelles e di Modica hanno concorso ad orientare il dialogo interculturale, interprete della strategia turistico - culturale del Consiglio d’Europa.
"Tutta la procedura di presentazione della candidatura delle Vie del cioccolato al Consiglio d’Europa - ha sottolineato Eleonora Berti, coordinatrice dei progetti degli Itinerari Culturali dell’Istituto Europeo - è partita e le probabilità di una approvazione sono alte". In tale ottica è da leggersi, perciò, la mutata denominazione dell’itinerario culturale europeo in "La via del Cioccolato", quasi a voler tradurre nell’adozione del singolare l’unitarietà di intenti finalizzati a narrare le comuni radici storiche e culturali connesse all’avventuroso viaggio europeo del cibo degli dei. Particolarmente pertinente in tale senso è anche il "Pacchetto Qualità", approvato dal Parlamento Europeo lo scorso 13 settembre e che include il cioccolato tra i prodotti ammessi al riconoscimento IGP, grazie anche all’impegno di Nino Scivoletto, direttore del CTCM di Modica. Complementari e propositivi si sono rilevati i dati illustrati dal Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica sugli aspetti socio-culturali di un percorso capace di collegare territori, paesaggi e culture mediante i segni dei saperi dolci che attraversano l’Europa, narrandone tradizioni cioccolatiere e peculiarità paesaggistiche, come tessitura d’ identità culturale e non come somma di attrattive turistiche dei diversi Paesi. In effetti il percorso culturale collega paesi europei di lunga tradizione artigiana cioccolatiera, quali appunto Italia, Austria, Spagna, Francia, Belgio, Lussemburgo e Regno Unito. (travelnostop)
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Ogni compleanno è una nascita e il 19 marzo 2010, per gli ottant’anni di Gualtiero Marchesi, è stata annunciata la nascita della sua Fondazione.
Un termine che dà l’immediata percezione di qualcosa che duri e affianchi l’impegno di una vita la Fondazione Gualtiero Marchesi avrà a cuore l’insegnamento del buono e la cura del bello, in altre parole la diffusione delle arti, attraverso il gusto, l’unico strumento a disposizione di chiunque che sia possibile educare.
La storia personale e la carriera di Gualtiero Marchesi si sono sempre intrecciate all’amore e alla curiosità nei confronti della pittura, della letteratura, della scultura e in sommo grado della musica.
C’è addirittura, nel caso di quest’ultima, una vocazione, ma si potrebbe anche dire un karma familiare. Oggi, la famiglia Marchesi riunisce tre generazioni di musicisti che suonano per sé e per gli altri, rinnovando una tradizione che risale all’Ottocento, alla bisnonna siciliana, insegnante di pianoforte della famiglia Florio. Per il cuoco che considera la cucina un’arte e non un semplice artigianato, per quanto brillante e seduttivo, ci si alimenta nella stessa misura di qualcosa di buono e di bello.
L’estetica ha in comune con l’etica cinque lettere su otto, un piccolo scarto che le rende utili l’una all’altra per evitare che la prima si trasformi in semplice culto, scivolando verso l’arbitrio del bello o del brutto.
Qual è lo scopo e il terreno di gioco della Fondazione? Ce lo dice proprio Gualtiero Marchesi.
Partire dai ragazzi e prepararli al bello fin dall’età prescolare, coltivandone il gusto per tutte le arti attraverso dei corsi di musica, di pittura, di scultura, dei laboratori teatrali e culinari.
Scoprire la verità di un sapore richiede la stessa attenzione e il medesimo slancio che accompagna l’ascolto della musica, la conoscenza di uno strumento, l’uso del disegno, l’abbandono al gesto teatrale.
Accanto a questa sorta di nido d’arte, la Fondazione Gualtiero Marchesi si occuperà anche degli adulti, in particolar modo dei cuochi che hanno già iniziato un loro percorso lavorativo o che, magari, sono appena usciti dai corsi di formazione di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana. A questi, che hanno già imparato a cucinare, si prospetta il passo successivo, quello più arduo per il quale è indispensabile la presenza di un Maestro: l’apertura ad una visione creativa. La creatività è qualcosa di diverso rispetto alla maestria. Ci sono persone bravissime che non creano né creeranno mai nulla. La questione di fondo è un’altra. Capire cosa significhi creare, allenando lo spirito a quel salto che distingue, nei momenti di grande libertà, una grande esecuzione da un’opera d’arte".
"I bravi esecutori riescono a interpretare secondo la propria sensibilità i grandi repertori" - precisa Gualtiero Marchesi, presidente della Fondazione - "i cuochi creativi, come gli artisti, riescono a creare qualcosa che duri, diventando un punto di riferimento e di confronto per gli altri. Chi partecipererà ai master della Fondazione potrà approfondire insieme a docenti artisti quanto di creativo esista in un pensiero culinario veramente libero. "Per studiare da cuoco - conclude - la curiosità è certo una prima scintilla che accende la voglia di studio. Accanto, la passione mantiene viva la fiamma. Senza quello o senza questa non si va molto avanti".
Sono molti i cuochi che devono qualcosa al maestro, che insieme a lui si sono formati, lavorando in cucina, ascoltando e guardando. Oggi, questa possibilità, si articola su tre livelli, tre luoghi, tre occasioni per imparare e crescere. Ad ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di cui Gualtiero Marchesi è il Rettore, ci si avvicina alla cucina, toccando con mano la tradizione regionale, legata al territorio e ai suoi microclimi. Se ne impara il linguaggio, familiarizzandosi con i prodotti e con le tecniche in modo da capire ed eseguire le ricette. Con questo bagaglio, diventa più facile passare ad una vera e propria formazione sul campo, entrando in contatto con il lavoro delle brigate di cucina, dirette da Gianluca Branca ad Erbusco, in Franciacorta, e da Daniel Canzian a Milano.
Nei due ristoranti, si viene a contatto con la cucina di Marchesi, realizzando i piatti che portano la sua firma. Le prime due tappe di questo itinerario formativo sono traguardi importanti che consentono di raggiungere il terzo livello, quello in cui la somma di conoscenze ed esperienze diventa il presupposto per creare qualcosa di nuovo.
È il passo più difficile, quando non basta più essere bravi. A questo obiettivo risponde la Fondazione Gualtiero Marchesi, dove si insegna la composizione di un piatto. Come per la musica comporre un piatto è diverso da eseguire bene una ricetta e solo i buoni esecutori diventano un giorno compositori. Varie le attività che la Fondazione ha messo in atto nei suoi due primi anni di vita, dalla Mostra organizzata nel 2010 al Castello Sforzesco "Gualtiero Marchesi e la Grande Cucina Italiana" replicata poi in Fiera Milano, al Parlamento Europeo di Bruxelles e nelle sale della Regione Lombardia sempre a Bruxelles; agli eventi musica, arte e cucina di Pisa del 2011, agli eventi cucina e musica del 2012 all’Ambasciata Italiana di Parigi, al Meratefest o a Salò per raccogliere fondi pro- terremotati. Nel gennaio 2013 avrà inoltre avvio il primo Master in Design della Ristorazione, organizzato in collaborazione con IED, che si pone l’obiettivo di trasferire ai partecipanti tutte le conoscenze utili a focalizzare l’oggetto "ristorante" come una pluralità di elementi che devono fondersi per creare un unico elemento equilibrato, coerente, interessante, con un proprio carattere ben identificato e quindi di successo. Le conoscenze ottenute permetteranno di "disegnare" consapevolmente una attività di successo nell’ambito della ristorazione e di rivedere da un altro punto di vista, e con più consapevolezza, le realtà esistenti. "Il cambio di prospettiva serve ad evitare il percorso opposto e più frequente in cui la prima preoccupazione di chi vorrebbe dedicarsi alla ristorazione è la scelta del posto, poi dell’architetto, quindi dell’apparecchiatura e solo alla fine del cuoco. Occorre, invece, invertire il procedimento, partendo dal contenuto per arrivare, senza scorciatoie e intoppi, al contenitore. Da quello che mettiamo nel piatto al locale dove ogni scelta estetica corrisponderà agli obiettivi della cucina, in modo che sia effettivamente buono ciò che è bello e bello ciò che è buono".
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