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Si è svolta a Imperia la seconda edizione del Forum Dieta Mediterranea (organizzato dalla Camera di Commercio di Imperia tramite la sua Azienda Speciale Promimperia, in collaborazione con il Consiglio Oleicolo Internazionale e l’Associazione Nazionale Città dell’Olio) con 13 paesi affacciati sul Mare Nostrum che hanno fatto fronte comune per tutelare e valorizzare il patrimonio olivicolo mediterraneo. Il messaggio principale uscito dal simposio è che ciò che apparentemente viene considerato superficialmente 'solo' una meraviglia paesaggistica in realtà racconta molto di più e ha una funzione sociale assai importante: non solo rappresenta una fonte di sostentamento per gli agricoltori e una fonte di reddito e attrattività turistica per il territorio, ma anche un’indispensabile sentinella dei terreni delle nostre colline i quali, quando vengono abbandonati e lasciati all’incuria diventano concause di fenomeni di dissesto idrogeologico come quelli a cui negli ultimi tempi assistiamo sempre più di frequente: nell’ultimo anno alle Cinque Terre, ad esempio, il 58% delle frane sono avvenute su terrazzamenti abbandonati e coperti dal bosco, mentre il 27% su terrazzamenti semplicemente abbandonati. Una importante spesa che grava sulla collettività per 3,5 miliardi di euro e quindi ben più onerosa di quello che richiederebbe una semplice e costante manutenzione.
I dati relativi all’abbandono delle campagne contenuti in una ricerca realizzata recentemente, evidenzia come negli ultimi 100 anni i terreni agricoli si siano ridotti di 10 milioni di ettari, passando da 23 ai 13 milioni di ettari. Un dato allarmante se si considera che l’Italia ha una superficie complessiva di 30 milioni di ettari, ma ancora più allarmante è il dato che evidenzia come i fenomeni di abbandono interessino nell’81% dei casi le aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Soltanto nell’ultimo anno, gli ettari olivetati sul territorio italiano sono passati da 1.165.198 a 1.157.819 con una perdita di 7.379 ettari (fonte Istat). Su questi dati si è sviluppato il dibattito attorno al Paesaggio Olivicolo nel corso del Forum, dove è stata più volte sottolineata l’importanza e l’incidenza dell’elemento olio all’interno del Mediterranean Lifestyle, anche da parte dei rappresentanti degli altri paesi.
"Avvicinarsi alla nostra cultura sull’alimentazione e sul corretto stile di vita - spiega il Presidente dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e di Re.C.O.Med Enrico Lupi - deve essere un traguardo di conquista per tutti quei paesi che ancora non conoscono e non vivono questa cultura, la quale rappresenta uno stile di vita non solo alimentare. La vera mission di ReC.O.Med è fare squadra per 'conquistare' quella parte di mondo che ancora non conosce e non apprezza questi valori: per farlo, abbiamo davanti una occasione imperdibile, l’Expo 2015, evento mondiale che attirerà in Italia oltre 20 milioni di visitatori e dove queste tematiche troveranno spazio per essere trattate e rappresentate. L’ambizione del Forum è anche quella di essere là, con tutti i paesi aderenti a Re.C.O.Med presenti insieme agli altri paesi, per 'vendere' al mondo questo stile di vita e asset etnoantropologico di eccezionale valore culturale, storico, sociale e nutrizionale".
L’Expo 2015 sarà dunque anche l’occasione per prendere i visitatori per mano e condurli alla scoperta in prima persona dei luoghi del gusto attraverso forme di turismo esperienziale: "Il turismo - aggiunge Lupi - è un motore di trasmissione non solo di tipo economico ma anche culturale e quando si parla di paesaggio, alimentazione, tradizione, ambiente, immagine, si parla di valori che si possono vendere anche all’esterno: non è un caso se l’unico trend che non subisce flessioni, anzi permette un incremento se pur piccolo, è il turismo enogastronomico".
Tra i sapori più rappresentativi da scoprire nei luoghi e nei paesaggi, spicca senza dubbio quello dell’olio: la produzione olivicola, che non è una coltivazione esclusivamente italiana ma senz’altro tipicamente mediterranea, a livello mondiale (fonte www.internationaloliveoil.org) oggi è di 3 milioni di tonnellate, prodotte per la maggior parte dall’area mediterranea, dove a fare la parte del leone è l’Unione Europea con i 2/3 del totale, seguita da Turchia, Tunisia, Siria e Marocco. In termini di consumo, la suddetta produzione mondiale è oggi così ripartita: 1,8 milioni nella sola Unione Europea con un livello di consumo stabile negli ultimi dieci anni, 0,6 milioni per l’area mediterranea allargata - che comprende anche Iran, Iraq e Giordania - dove il consumo è triplicato nell’ultimo ventennio e continua a mantenere un buon trend di crescita mentre i restanti 0,6 milioni vengono consumati nel resto del mondo.
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E’ un bellissimo baglio risalente fine ‘800, custode delle memorie nascoste dove si respira ancora un aria antica e profumi tipici della campagna e dell’estate siciliana che, con piacere, si inerpicano nel naso. Con un ampio porticato spiovente in legno, pavimentato in mattone rosso che si unisce a un prato verde all’inglese e piante secolari, l’originale architettura dell’età Signorile dei feudi, offre un atmosfera intensa e ricca di charme. Dietro, un folto palmeto con piante di varia grandezza, attraversato da un viale che porta alla cantina e ai laboratori che controllano la qualità delle uve.
Stiamo parlando dell’azienda Agricola Fondo Antico, ubicata in aperta campagna, tra Trapani e Marsala, dalla cui cantina escono 450.000 bottiglie di vino bianco e rosso di alta qualità, (75 ettari vitati ) vendute nel canale horeca e che i mercati nazionali ed esteri apprezzano sempre di più.
Il titolare Giuseppe Polizzotti
(foto) lo abbiamo incontrato a Milano, in occasione di una cena-degustazione del Grillo Parlante e Nero d’Avola, dove abbiamo potuto apprezzare la passione che lo ha condotto a dedicare gran parte delle sue energie all’azienda vinicola, affiancando la non facile attività di vignaiolo alla professione di farmacista.
Grillo Parlante è una splendida interpretazione dell’autoctono vitigno siciliano realizzata da Fondo Antico, che ha fatto della qualità la propria stella polare.
I vigneti - impiantati ad altitudini variabili tra i 150 e i 250 metri godono di differenti composizioni del suolo che si riflettono sulle caratteristiche dei vini, rendendoli unici - sono prevalentemente dedicati ai vitigni siciliani (Grecanico, Grillo, Inzolia e Nero d’Avola).
La vitivinicoltura - come l’agricoltura in genere - non è mai semplice: diviene particolarmente difficile quando non solo si ricerca la qualità come valore assoluto, ma si vuol anche mantenere il legame con la cultura di un territorio e la sua storia per farli ritrovare nel bicchiere.
Come accade con l’autoctono Grillo parlante,un vino dal bouquet di fiori che subito ci ha fatto immaginare il caldo solare della Sicilia, l’antico baglio circondato da piante e da affascinanti vigneti su dolci declivi.
Non si hanno notizie certe sull’origine del Grillo, ma è certo che nella Sicilia occidentale ha trovato l’habitat ideale divenendone vitigno simbolo, specialmente nel Trapanese dove nell’epoca di massima popolarità giunse a rappresentare circa il 60% dei terreni vitati. Espansione dovuta al suo utilizzo per la ricostruzione post-filossera. Il Grillocomunque era presente in zona fin da fine Ottocento: secondo alcune testimonianze risalenti al 1870 era utilizzato - grazie alle sue caratteristiche - per la produzione del Marsala.
Vitigno non facile (sia in fase di coltivazione, sia in cantina), nella seconda metà del Novecento è stato abbandonato a favore di altri più popolari e redditizi e solo con la rivalutazione degli antichi vitigni autoctoni - che preservano la riconoscibilità di un territorio - ha conosciuto un’inversione di tendenza.
Il Grilloproduce vini tendenzialmente alcolici e di facile ossidazione (da cui l’utilizzo per il Marsala), leggermente tannici e con una buona acidità che favorisce l’invecchiamento.
L’interpretazione in purezza della Fondo Antico- ottenuta in acciaio con pressatura soffice delle uve raccolte a mano e poste in cassette - affascina da subito per il bouquet che esalta le caratteristiche del vitigno sottolineandone le note di pesca bianca e floreali e conquista il palato per la grande freschezza, l’equilibrio, l’armonia e la gradevole sapidità. Un vino che invita a berne un secondo e un terzo bicchiere provocando solo rimpianti in chi non lo fa.
Premesso che può essere bevuto a ‘tutto pasto’, è particolarmente indicato per carni bianche e pesci, anche se logicamente è esaltato dalla cucina siciliana: Pituni alla messinese, Panelle, Pizza di patate e le splendide Polpette di sarde alla messinese - magnificamente preparate dalla signora Giulia (chef dell’omonimo ristorante milanese che ha ospitato la degustazione) si sono rivelati partner perfetti.
La struttura che caratterizza il Grillo Parlante (base della sua attitudine alla longevità) gli permette di essere abbinato con successo anche a piatti più ‘corposi’ come Involtini e Caponata di melanzane (eccezionale il piatto degustato in questa circostanza), Arancini in tutte le loro varianti e Timballo di anelletti al ragù.
Veramente notevole anche il Nero d’Avola- ottenuto dal vitigno siciliano forse più conosciuto - che si distingue nella vasta panoramica dei vini ricavati da queste uve per non ricercare ‘effetti speciali’ che molto spesso finiscono per penalizzarne gli originali e splendidi profumi e sentori.
Vitigno certamente antico, ma dalle origini incerte: se le prime notizie scritte risalgono alla fine del 1500 e si riferiscono all’area di Catania, occorre arrivare all’Ottocento perché il vitigno (allora noto come Calabrese, nome che non indicava la vicina Calabria, ma era la traduzione in italiano del termine siciliano ‘calavrisi’ in cui ‘cala’ significa uva e ‘vrisi’ di Avola) sia legato al paese di Avola nel Siracusano; solo successivamente il termine ‘Nero’ sarà associato ad Avola.
Fino a pochi anni fa le sue uve erano utilizzate soprattutto per il taglio e molti vini del Nord e della Francia dovevano loro la propria gloria.
Il Nero d’Avola del Fondo Anticoè vinificato in purezza e unicamente in acciaio. Di colore rosso ciliegia intenso, al naso è gradevole con un bouquet complesso di frutti di bosco, ciliegia e spezie e in bocca è avvolgente, armonico, fresco, gradevolmente fruttato e di facile bevibilità.
Si sposa ottimamente con fritture di pesce, arrosti, brasati, agnello e formaggi stagionati. Anche in questo caso la cucina siciliana - dalla più semplice come la carne panata (classica fettina di carne bianca o rossa impanata con pane grattugiato e arrostita alla griglia) a quella più articolata come i fagottini di manzo alla griglia e lo splendido pesce spada alla ghiotta con patatepreparato dalla signora Giulia - fornisce sensazioni di rara armonia e fa rivivere l’atmosfera di questa terra eccezionale.
Degna conclusione della cena-degustazione la cassata siciliana, dolce di rara bontà, che ha permesso di godere di un’altra chicca prodotta da Fondo Antico: il Boccadoro, una vendemmia tardiva ottenuta da Grillo e Zibibboin cui le due uve si armonizzano creando un vino da meditazione di rara freschezza caratterizzato dal ricordo delle zagare in fiore.
Oltre ai vini già citati, dalla cantina fondo Antico escono un interessantissimo Rosato ottenuto da Nero d’Avola (Aprile), due barricati in cui però la barrique non è invasiva (Coro prodotto con uve Grillo e Canto da uve Nero d’Avola), uno Syrah e un Nero d’Avola top di gamma (Memorie) che ricorda il vino di un tempo, tutti contraddistinti da grande qualità e ottimo rapporto qualità/prezzo.
Enzo Russo
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Marsala proclamata Città del Vino d’Europa 2013. La decisione è stata presa dall’Assemblea generale di Recevin, la Rete europea delle Città del Vino, riunitasi a Vilafranca del Penedès (Barcellona), in Spagna, al termine dell’esame delle domande di candidatura pervenute in base allo specifico concorso indetto ogni anno. Con Marsala, in lizza c’erano anche il Comune di Barbaresco, in rappresentanza del territorio delle Langhe, e Valdobbiadene, in rappresentanza del territorio di produzione del Prosecco Superiore Docg.
"Sono molto soddisfatta per questo risultato - ha affermato il sindaco della città siciliana, Giulia Maria Adamo - l’investitura di Marsala significa riconoscimento sia del suo storico legame con il vino, appena 2500 anni, che delle nostre produzioni, sempre più apprezzate nei mercati internazionali".
Indetto per la prima volta nel 2012, il concorso della Città Europea del Vino ruota tra i diversi paesi che formano la Rete di Recevin: nel 2012 è stata la città portoghese di Palmela ad ottenere il riconoscimento; nel 2013 sarà Marsala, nel 2014 sarà la volta di una città del vino spagnola e nel 2015 spazio alla Francia.
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Orgoglio italiano all’ombra del Big Ben. E’ stato infatti assegnato all’azienda vinicola Barone Pizzini ed al suo Franciacorta Rosè 2008 - nell’ambito dell’ultima edizione dell’autorevolissimo International Wine Challenge, che dal 1984 si tiene annualmente a Londra - il prestigioso IWC Organic Trophy, quale miglior vino biologico al mondo. Nell’occasione l’azienda si è aggiudicato anche l’Italian Sparkling Trophy, il riconoscimento che premia il top della bottiglia 'effervescente' italiana. Grandi soddisfazioni, dunque, per la maison franciacortina che assegna una attenzione religiosa, quasi un atto d’amore consacrato alla natura, alla qualità ed alla tecnologia. Non a caso nella motivazione della giuria del Premio, composta da enologi, sommelier, winemaker e giornalisti, si legge che "Barone Pizzini utilizza solo sostanze che si trovano in natura. Niente elaborazioni chimiche o manipolazioni genetiche, nessun fertilizzante, né pesticidi sintetizzati chimicamente". A ritirare i premi, un raggiante ed orgoglioso Silvano Brescianini, direttore dell’azienda che ha così commentato: "Lavoriamo da anni nel rispetto dei valori in cui crediamo, seguendo i dettami dell’agricoltura biologica e senza perdere mai di vista il nostro obiettivo: produrre vini di qualità superiore. Oggi l’impegno, la fatica e la passione che ci legano al nostro territorio sono ripagati da questo riconoscimento in un autorevolissimo concorso internazionale. Un’ immensa soddisfazione per noi e un ulteriore stimolo a proseguire su questa strada, ma un traguardo importante anche per tutta l’enologia italiana da agricoltura biologica, che da oggi è sul tetto del mondo".
La maison vocata al biologico, comincia il suo viaggio nel 1870 alla ricerca del
'residuo zero'. 140 anni di tradizione, esperienza e sapienza attraverso un percorso di ascolto e dialogo con la vigna, di rispetto della cantina come tempio sacro di alchimie anche emozionali e profonda devozione per il vino, espressione viva e autentica di naturalità.
Generazione dopo generazione, la storia imprenditoriale della 'Barone Pizzini' si tramanda con un lascito ed un monito: proteggere quel microcosmo straordinario che rende irripetibile ogni terroir. Perché è questo lo spirito positivamente 'maniacale': produrre un vino puro, privo di ogni residuo estraneo alla natura. Il viaggio tra le suggestive
strade e stradine della Franciacorta, ci porta fino a località San Carlo a Provaglio d’Iseo. E’ qui che la cantina, circondata dalle colline e contigua alla riserva naturale delle Torbiere del Sebino, si staglia sobria ed elegante coniugando la sua architettura ispirata (indovinate?) al rispetto dell’ambiente. Costruita nel 2006 nel segno di criteri di architettura eco - compatibile, risponde ai canoni ambientali e della qualità della produzione. La filosofia architettonica sia in termini funzionali che materiali, è funzionale infatti a garantire un basso impatto ambientale ed un contenuto consumo energetico. Pannelli fotovoltaici, sistema naturale di condizionamento, utilizzo di pietra e legno e fito - depurazione delle acque sono solo alcuni degli accorgimenti di architettura eco compatibile utilizzati. Una cantina che, come i vigneti che la circondano, si nutre di ciò che il cielo e la terra le danno, in uno straordinario sodalizio tra natura e tecnologia. "Una cantina è un poco come un albero - ha osservato Claudio Gasparotti - architetto e autore del progetto nella cantina Barone Pizzini - nel senso che ne vediamo solo una parte: il resto è interno alla terra, radicato. Le parti nascoste dell’albero gli danno alimento e lo spingono verso l’alto. Nella parte della cantina che sta dentro la terra, troviamo la ragione del suo mostrarsi fuori del suo essere edificio, architettura. Da questa sua postura nascosta, quasi pudica, derivano la sua energia, la sua freschezza e la sua vivacità, catturate alla terra e donate ad una bevanda della terra e dell’uomo: il vino". Atteggiamenti, materiali e tecnologie leggere impiegate per testimoniare le proprie idee e la coerenza del cammino che la Barone Pizzini sta percorrendo, legata alla propria terra e rispettosa del suo territorio." L’estensione totale delle vigne è di 47 ettari divisi in 25 particelle dislocate nei comuni di Provaglio d’Iseo, Corte Franca,Adro e Passirano.
L’altitudine media è di 200 metri sul livello del mare e l’età media degli impianti è attorno ai 15 anni, ad eccezione dei vigneti da cui provengono le uve destinate al Satèn ed al Bagnadore che hanno un’età di 20 anni. Le vigne si trovano nelle zone più vocate della Franciacorta per esposizione e composizione del terreno. Il suolo infatti è di origine complessa: in parte morenico, ma arricchito da deposizioni fluvioglaciali.
Ulteriore potenzialità del substrato favorevole alla produzione di vini di pregio è conferita dalla coltivazione bio che esalta la vitalità
degli strati esplorati dalle radici estendendo nel tempo, ed in profondità, una fertilità equilibrata ed attiva.
L’espressione del terroir si compie così in modo incontaminato ed irripetibile, attraverso un rispetto degli organismi insediati spontaneamente e l’elaborazione dei minerali forniti naturalmente dal flusso della vita.
Una garanzia di qualità e di salute che si protrae nel tempo e che si distingue dal metodo di coltivazione convenzionale, supportato dall’introduzione artificiosa di sostanze estranee alla natura.
Il metodo BIO, con l’adozione della sostanza organica a sostegno della fertilità e di elementi naturali come zolfo e rame per il contenimento dei parassiti, è l’approccio che 'Barone Pizzini' ha fatto proprio per mantenere la pianta in equilibrio in modo armonico e consentire l’espressione di un prodotto assai ben caratterizzato. Sensibilità che coinvolge tutta la filiera di produzione, gestita da operatori attenti alla conservazione delle energie, al contenimento delle emissioni dei gas - serra, alla salute del consumatore ed alla tutela del territorio. Presidente della Barone Pizzini è oggi Ugo Colombo, che negli anni ‘80 fece parte di quel gruppo imprenditori appassionati di vino che diede impulso al nuovo corso dell’azienda. Piermatteo Ghitti, figlio di Pierjacomo è l’amministratore delegato dell’azienda e al suo fianco, in veste di direttore generale,c’è Silvano Brescianini, altro testimone chiave della storia recente di Barone Pizzini. La Cantina è stata la prestigiosa cornice anche di un appuntamento lo scorso sabato 29 e domenica 30 settembre.
Degustazioni con i Franciacorta bio, abbinata sapientemente con la Sardina Essiccata, protagonista di un progetto di salvaguardia di 'Slow Food' e il Falutì, un formaggio tipico della Valle Camonica. Un trionfo della natura.
Sara Tufariello
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In collaborazione con Slow Food, Barone Pizzini ha proposto lo scorso 29 e 30 settembre, un percorso tra le tradizioni dei pescatori del Lago d’Iseo e la degustazione della Sardina Essicata abbinata al Franciacorta. Il sapere del vino ed il sapere della pesca si uniscono nell’impegno a valorizzare pratiche produttive sostenibili.
La visita in cantina è diventata occasione per conoscere le esperienze del territorio e per assaggiarne i frutti. Le sardina essiccata e messa sott’olio di Montisola è diventata, dunque un presidio di Slow Food. Se un tempo era considerata un cibo povero, invernale, per la gente del lago, oggi tutti i ristoranti del Sebino, propongo e reinterpretano questo prezioso e gustoso alimento. In abbinamento con una polenta alla brace sprigionano il loro profumo intenso, piccanti al palato e perfette in abbinamento a spumante extra-brut servito feddissimo.
Un’essiccazione della durata di un mese mediamente, da novembre a dicembre, è così poi che le sardine vengono infisse per la bocca e ben allineate e l’essiccazione è lenta, fatta poco dal sole e molto dalla brezza dl lago. Poi comincia la pigiatura sott’olio, in lattine etichettate da 3 o 5 litri. Grazie a Slow Food, che ha sapientemente rilanciato un’antica tradizione, questo almento potrà avere anche un buon riscontro sul mercato e sulla ristorazione. Perché anche le tradizioni e la cultura di un luogo va presidiata. (ST)
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