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Continua l'obbligo delle etichette sull'origine della materia prima, perché la strada aperta in Italia con il latte e i formaggi, e proseguita con il riso, ha dato buoni risultati e novità persino nella Gdo. Alla chiusura di 'Cheese', il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, incalzato dal presidente di Slow Food, Carlo Petrini, al convegno sull'etichettatura promosso dalla Regione Piemonte, ha confermato: "Bisogna andare avanti, l'Italia è capofila in Europa in questa battaglia per avere sempre più etichette chiare e trasparenti. Abbiamo cominciato con il settore-lattiero caseario e abbiamo già riscontrato effetti strutturali molto interessanti. Nella stessa Gdo stanno cambiando gli scenari nell'accaparramento dei prodotti".
Dopo latte e formaggi, l'obbligo è stato introdotto anche per il riso, e poi è stata la volta del decreto per grano e pasta.
L'edizione del ventennale di Cheese, riservata ai formaggi a latte crudo, si è chiusa con un nuovo record di pubblico: 300 mila il numero dei visitatori, in 4 giorni di rassegna, secondo i dati comunicati dagli organizzatori, Slow Food e Città di Bra.
"Il successo di Cheese e i riconoscimenti internazionali - ha aggiunto Martina - sono anche il segnale della bontà della politica agricola italiana".
"E' stata l'edizione più riuscita - ha commentato Petrini - non solo per i numeri ma anche per la qualità e la determinazione con cui abbiamo portato avanti le nostre scelte.
La decisione di accettare solo produttori di formaggi a latte crudo è stata coraggiosa e ha pagato. Cheese è ormai il punto di riferimento internazionale anche per gli affinatori e da Francia, Gran Bretagna, Usa e Spagna è venuta la proposta di sostenere un Master dedicato ai formaggi a latte crudo all'università di Scienze Gastronomiche".
Tra il pubblico, che ha perso d'assalto stand e Laboratori del Gusto, è stata forte la presenza straniera: il 50% dei partecipanti agli eventi su prenotazione - ha annunciato Slow Food - arrivavano dall'estero. La prossima edizione, nel 2019, potrebbe allungarsi di un giorno. (ANSA).
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La vendemmia non è ancora finita, per le uve rosse di Sangiovese, ma è già possibile fare una prima stima dei cali produttivi nei 12 comuni della DOC Orcia. La zona più colpita dagli effetti del caldo e la mancanza di piogge risulta essere quella di Sarteano, ma anche i territori di Trequanda e Buonconvento lamentano forti cali di produzione legati al clima. Purtroppo a questa calamità si è sommato un autentico attacco da parte di cinghiali e caprioli che, da giugno, sono arrivati nelle vigne mangiando uva acerba nel tentativo di sfamarsi e dissetarsi. In alcuni casi la combinazione di questi due elementi ha provocato un risultato devastante con perdite che toccano fino all’80% il raccolto d’uva e con gli effetti dei cinghiali e dei caprioli che in qualche caso, eguagliano o superano persino quelli della siccità. Nell’Orcia le prime stime si allontanano molto dalla media regionale diffusa a inizio settembre da Ismea e Unione Italiana Vini e che prevede un calo produttivo del 32,5%.
Insomma un vero peccato per il bellissimo territorio dell’Orcia, in gran parte iscritto nel Patrimonio dell’Umanità Unesco proprio per l’integrità dei suoi centri d’arte e del suo paesaggio agricolo. Un territorio molto grande che comprende i comuni di Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.
“In questa particolare annata l’assenza di piogge e i terreni sabbiosi, presenti in alcune aree della denominazione, hanno trasformato il bellissimo paesaggio in una zona arida con boschi di querce seccati dal sole. Inoltre, come è ben noto, in Toscana la selvaggina di grandi dimensioni è 4 volte superiore alla media nazionale ed è concentrata nella Provincia di Siena dove, per anni, il contenimento degli ungulati è stato particolarmente carente” afferma Donatella Cinelli Colombini, Presidente del Consorzio del vino Orcia, spiegando le ragioni di una situazione che mette in grave difficoltà le aziende e le persone che ci lavorano.
Gli scarsi risultati in termini di produzione vengono compensati da una buona qualità dell’uva, che in certi vigneti è ottima, grazie alla presenza di grappoli sani con una gradazione più elevata rispetto agli ultimi cinque anni e con un’ottima concentrazione di estratti negli acini dal calibro inferiore alla norma. E’ il vitigno Sangiovese, il fil rouge che lega la denominazione Orcia, nata il 14 febbraio 2000 e prodotta in circa 60 cantine, nella maggior parte dei casi molto piccole. L’Orcia comprende la varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e la tipologia “Orcia Sangiovese” con almeno il 90% di questo vitigno unito in blend a vitigni autoctoni.
I vini rossi hanno anche la versione “Riserva”, ma la denominazione comprende anche le tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo.
Nonostante le condizioni climatiche, che hanno messo a dura prova i vigneti dell’Orcia, siamo incoraggiati dagli studi condotti da Attilio Scienza e Donato Lanati, che sostengono come i vitigni autoctoni dimostrino migliori capacità di adattamento alle condizioni climatiche degli ultimi anni. Nelle sue zone di maggiore vocazione, come a Montalcino o in Val d’Orcia, il Sangiovese reagisce bene a questi cambiamenti. Aggiungiamo noi che anche il Foglia Tonda, vitigno autoctono riscoperto e valorizzato dal 2000 per la produzione di alcuni vini Orcia, sta regalando grandi soddisfazioni in termini di resistenza ai cambiamenti climatici.
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La vendemmia non è ancora finita, per le uve rosse di Sangiovese, ma è già possibile fare una prima stima dei cali produttivi nei 12 comuni della DOC Orcia. La zona più colpita dagli effetti del caldo e la mancanza di piogge risulta essere quella di Sarteano, ma anche i territori di Trequanda e Buonconvento lamentano forti cali di produzione legati al clima. Purtroppo a questa calamità si è sommato un autentico attacco da parte di cinghiali e caprioli che, da giugno, sono arrivati nelle vigne mangiando uva acerba nel tentativo di sfamarsi e dissetarsi. In alcuni casi la combinazione di questi due elementi ha provocato un risultato devastante con perdite che toccano fino all’80% il raccolto d’uva e con gli effetti dei cinghiali e dei caprioli che in qualche caso, eguagliano o superano persino quelli della siccità. Nell’Orcia le prime stime si allontanano molto dalla media regionale diffusa a inizio settembre da Ismea e Unione Italiana Vini e che prevede un calo produttivo del 32,5%.
Insomma un vero peccato per il bellissimo territorio dell’Orcia, in gran parte iscritto nel Patrimonio dell’Umanità Unesco proprio per l’integrità dei suoi centri d’arte e del suo paesaggio agricolo. Un territorio molto grande che comprende i comuni di Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.
“In questa particolare annata l’assenza di piogge e i terreni sabbiosi, presenti in alcune aree della denominazione, hanno trasformato il bellissimo paesaggio in una zona arida con boschi di querce seccati dal sole. Inoltre, come è ben noto, in Toscana la selvaggina di grandi dimensioni è 4 volte superiore alla media nazionale ed è concentrata nella Provincia di Siena dove, per anni, il contenimento degli ungulati è stato particolarmente carente” afferma Donatella Cinelli Colombini, Presidente del Consorzio del vino Orcia, spiegando le ragioni di una situazione che mette in grave difficoltà le aziende e le persone che ci lavorano.
Gli scarsi risultati in termini di produzione vengono compensati da una buona qualità dell’uva, che in certi vigneti è ottima, grazie alla presenza di grappoli sani con una gradazione più elevata rispetto agli ultimi cinque anni e con un’ottima concentrazione di estratti negli acini dal calibro inferiore alla norma. E’ il vitigno Sangiovese, il fil rouge che lega la denominazione Orcia, nata il 14 febbraio 2000 e prodotta in circa 60 cantine, nella maggior parte dei casi molto piccole. L’Orcia comprende la varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e la tipologia “Orcia Sangiovese” con almeno il 90% di questo vitigno unito in blend a vitigni autoctoni.
I vini rossi hanno anche la versione “Riserva”, ma la denominazione comprende anche le tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo.
Nonostante le condizioni climatiche, che hanno messo a dura prova i vigneti dell’Orcia, siamo incoraggiati dagli studi condotti da Attilio Scienza e Donato Lanati, che sostengono come i vitigni autoctoni dimostrino migliori capacità di adattamento alle condizioni climatiche degli ultimi anni. Nelle sue zone di maggiore vocazione, come a Montalcino o in Val d’Orcia, il Sangiovese reagisce bene a questi cambiamenti. Aggiungiamo noi che anche il Foglia Tonda, vitigno autoctono riscoperto e valorizzato dal 2000 per la produzione di alcuni vini Orcia, sta regalando grandi soddisfazioni in termini di resistenza ai cambiamenti climatici.
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Decisamente vincente la ‘collezione’ primavera-estate del Turismo italiano che, nell’anno dei Borghi istituito dal MIBACT, registra un +74% di presenze nelle aree rurali (fonte Airbnb). Piace il Belpaese delle esperienze autentiche ed il Grand Tour delle Marche, varato da Tipicità ed ANCI Marche, lancia per l’inizio dell’autunno un binomio del gusto inedito ed esplosivo!
Dal 29 settembre al 1 ottobre, Apecchio propone la Mostra Mercato del Tartufo ed il Festival dell’Alogastronomia.
A dar inizio all’autunno dei sapori è “Re tartufo”, che qui trova il suo habitat ideale. Però, ad Apecchio, l’indiscusso sovrano della tavola si fa “pop” ed incontra un’icona della freschezza dalle frivole suggestioni delle bollicine: la birra artigianale, con stimolanti proposte dei ristoratori e dei cuochi locali.
Il risultato è un’esperienza del tutto inconsueta, da vivere con la sorpresa propria di un esploratore del gusto! S’inizia il venerdì con un concorso tra i ristoranti locali per decretare il miglior abbinamento nel piatto tra i due protagonisti della kermesse. Per tutta la durata della manifestazione sarà possibile degustare appositi menù giocati sul connubio tartufo&birra, proposto anche in originali interpretazioni dei cuochi apecchiesi e nelle invitanti cantine, aperte per l’occasione nello storico centro medioevale.
Sabato doppia apertura: “Mostra Mercato del Tartufo e dei Prodotti del Bosco” insieme al “Festival delle birre artigianali” prodotte ad Apecchio, già note anche a livello internazionale per l’altissima qualità espressa.
Il programma è ricchissimo di proposte: degustazioni guidate nella Casa dell’Alogastronomia, performance artistiche ed artigianali, con le mitiche pagliarole del cappello di Montappone, spettacoli musicali e “live” con la Fisarmonica di Castelfidardo. Momento clou, il cooking show di domenica pomeriggio, con gli chef Roberto Dormicchi (Triglia di Bosco) e Luca Facchini (Coordinatore dell’Accademia di Tipicità), seguito dalla premiazione di un personaggio del mondo del food e dall’incoronazione di “Re Tartufo”. Ogni anno, infatti, viene proclamato sovrano un grande personaggio del mondo dello spettacolo, dopo una divertente personale esibizione.
Un concorso di cucina tutto al femminile, giochi di strada tradizionali, trekking e pedalate del gusto, completano lo stuzzicante weekend apecchiese, fruibile anche at-traverso le apposite combinazioni proposte nella piattaforma www.tipicitaexperience.it.
Incastonato tra prati, boschi e corsi d’acqua, nella pittoresca natura dell’Appennino umbro-marchigiano in provincia di Pesaro-Urbino, Apecchio è un borgo che sorprende l’ospite curioso, non solo da un punto di vista gastronomico, ma per altri molteplici aspetti!
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L’undicesima edizione di Cheese, a Brà (Cuneo) dal 15 al 18 settembre 2017, presenta un programma denso di appuntamenti dedicati ai temi cruciali per il settore lattiero-caseario: latte crudo, fermenti naturali, benessere animale e cambiamenti climatici. Queste sono solo alcune delle tematiche che vengono affrontate durante Cheese con pastori e casari che hanno deciso di andare controcorrente scegliendo la strada della biodiversità, con economisti, ricercatori ed esperti di filiera.
Mai come quest’anno, l’inaugurazione dell’edizione 2017, in programma venerdì 15 alle ore 10,30, è anche un momento per celebrare la città di Bra e uno dei suoi eventi più importanti, che ogni due anni raduna centinaia di migliaia di visitatori, produttori, giornalisti, cuochi, studiosi ed esperti. Nell’ambito dell’inaugurazione ufficiale viene conferito il premio Resistenza casearia, attribuito ai protagonisti del mondo dei formaggi che si sono distinti per passione, dedizione e impegno nella ricerca della qualità, in coerenza con i princìpi di Slow Food del buono, pulito e giusto. Cheese prosegue nel pomeriggio con Gli Stati Generali del latte crudo, il più importante incontro mondiale sul ruolo del latte crudo, ancora oggi oggetto di critiche e discriminazioni. Un momento di confronto in cui Slow Food invita produttori, esperti, giornalisti o chi è semplicemente interessato all’argomento a tirare le somme su alcuni importanti interrogativi: a che punto siamo con la battaglia del latte crudo? I formaggi naturali e il benessere animale saranno le sfide del futuro? È possibile, e su che basi, creare una grande rete internazionale sui formaggi di questo tipo? Dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Francia ai Balcani, e poi altrove nel mondo, ascolteremo le esperienze e le riflessioni di produttori ed esperti, da oltre 15 Paesi dei 5 continenti, che hanno deciso di andare controcorrente. L’obiettivo è l’attivazione di un coordinamento internazionale in grado di portare avanti la battaglia del latte crudo in tutto il mondo.
Altro quesito di primaria importanza viene affrontato nella Sfida del naturale, in programma domenica 17. Non tutti sanno, infatti, che la maggior parte dei formaggi contiene fermenti selezionati e prodotti da un pugno di multinazionali, che stanno orientando la produzione verso la progressiva eliminazione dei fermenti naturali. Si tratta di una perdita di biodiversità, forse poco evidente ma comunque gravissima, e di legame con il territorio in cui un formaggio è prodotto. Ed è anche una perdita di gusto perché, inevitabilmente, i fermenti in bustina tendono ad appiattire e a uniformare il sapore del formaggio.
Sabato 16 parliamo di Allevare animali o vivere con gli animali?: sì perché se un animale sta bene, anche il suo latte ci guadagna in sapore. E fino a qui tutti gli allevatori sarebbero d’accordo. Le cose cambiano invece quando si prendono in considerazione altri aspetti. Quanto conta lo stress dovuto agli spazi insufficienti, alla privazione del pascolo, alle mutilazioni e alla cattiva gestione delle stalle? Possiamo ancora permetterci di considerare gli animali solo come strumenti di produzione? E per la serie “siamo quello che mangiamo”, se vogliamo stare meglio dobbiamo rendere armonico il rapporto tra terra, animale e uomo. Cheese ne parla durante l’appuntamento di domenica 17 Il terroir nel piatto: per un cibo più sano è necessaria una nuova agricoltura.
Visto che il tema si fa sempre più “caldo”, presentiamo i primi risultati di un’importante ricerca volta ad analizzare l’impatto della filiera del latte sul cambiamento climatico. L’appuntamento è domenica 17 con Il clima è cambiato, cambiamo i nostri modi di produrre. E dato che il riscaldamento globale è anche tra le cause del fenomeno migratorio, Cheese vi dà appuntamento all’incontro Il latte dei migranti, sempre domenica 17, in cui si prova a tirare le somme di quanti siano i migranti che, in Italia, trovano impiego nel settore caseario e quale sia la reale portata del fenomeno.
Cheese pone attenzione alle dinamiche territoriali. Tanto per cominciare gli Stati Uniti portano in scena un incontro sui formaggi a latte crudo, grazie alla rete di produttori dalla storia più che decennale che scopriamo in Raw in the Usa, sabato 16. Nella stessa giornata accendiamo i riflettori sul territorio italiano, in particolare quello che comprende le aree marginali appenniniche. Con L’Appennino che stiamo perdendo parliamo di tutti quei pastori e produttori di piccola scala messi in ginocchio dagli eventi sismici. Senza che nessuno se ne stia accorgendo, infatti, nel cuore dell’Italia pastorale è in corso un cambiamento epocale.
L’appuntamento di sabato 16 Il futuro delle DOP è nelle mani dei giganti? è l’occasione per raccontare quali e quante possibilità di successo abbiano le piccole pedine sullo scacchiere del mercato globale che, come sappiamo, tende a favorire i giganti e le grandi industrie. Nella stessa direzione va la conferenza di lunedì 18 Ceta: sì o no? sul trattato tra Europa e Canada che da molti mesi ormai sta facendo discutere i governi, le piazze, le imprese e le amministrazioni locali.
Naturalmente il formaggio gioca anche un ruolo sulla nostra salute: si pensi, per esempio, all’intolleranza al lattosio, sempre attuale. Spesso l’opinione comune è che il formaggio faccia male, a prescindere dalla tipologia, dalla tecnica di produzione e dalla materia prima. Per questo lunedì 18 affrontiamo il tema nella conferenza: Come misurare la qualità del latte nei formaggi in cui si cerca di rispondere alle tante domande intorno ai latticini. Ad esempio: bere tanto latte fa bene alle ossa? I formaggi grassi aumentano il colesterolo?
E per concludere segnaliamo la premiazione dei Locali del Buon Formaggio, domenica 17, un sicuro punto di riferimento per tutti gli appassionati di prodotti caseari. Un riconoscimento nato nel 1997 per valorizzare botteghe, ristoranti, rivenditori, osterie – di cui trovate i nomi nella guida Osterie d’Italia 2018 in vendita nei giorni di Cheese – che offrono ottime selezioni di formaggi.
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Brà (Cuneo) - 15/18 settembre 2017
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