All’aeroporto o sulla nave da crociera: il Tai Rosso, dopo il lancio, è pronto ad affrontare i mercati del mondo. Si è concluso infatti il progetto di promozione dei Tai Rosso DOC dei Colli Berici, Tai DOC e Lison DOCG promosso dalla Regione del Veneto per sostenere i produttori dopo il cambio del nome da Tocai a Tai.
La vicenda è nota: nel 2007 l’Ungheria ha avuto ragione di una querelle iniziata negli anni Cinquanta e ottenuto che nessun vino prodotto al di fuori dei propri confini possa essere chiamato con nomi che evochino il proprio Tokaji . Per quanto Tocai Rosso e Tocai Bianco del Veneto fossero vini assolutamente diversi da quello ungherese, non è rimasto che mutarne il nome in Tai.
Per far conoscere i “vini nuovi da vitigni antichi” il Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza e il Consorzio Vini Venezia hanno gestito per quasi un anno uno spazio espositivo all’aeroporto Marco Polo di Venezia, nell’area partenze. Qui hanno proposto in degustazione un calice di vino ai viaggiatori in attesa dell’imbarco sui voli internazionali, realizzando circa 37 mila contatti e raccogliendo 865 schede di intervista. L’analisi dei dati dimostra il grande interesse per il vino italiano nel mondo, consumato abitualmente, ad esempio, dal 75% dei Tedeschi o dal 65% dei Canadesi con una propensione di spesa che per l’80% si aggira sui 10 Euro a bottiglia, cifra che lascia ampi spazi di crescita e valorizzazione per il Tai. Entusiastici i commenti e lo stupore di fronte ad un vino fino a quel momento sconosciuto, di cui portare a casa un ricordo.
Altra attività organizzata nell’ambito del progetto è stata la Crociera dei Sapori sulla nave Magnifica MSC, dove sono s tate proposte degustazioni a tutti i passeggeri, accompagnate da prodotti tipici locali, in collaborazione con AIS Veneto. È stato inoltre distribuito materiale informativo in più lingue e si è tenuta una cena di gala. Le attività hanno quindi contemplato l’organizzazione di educational tour per giornalisti, eventi di presentazione a Venezia, Roma, Padova e Milano e infine la pubblicazione del libro Il Tai, curato da Bepi Pucciarelli. “È stata un’opportunità importante per i Colli Berici – commenta Federico Tassoni, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza – dove il confronto con il pubblico e la critica enogastronomica ha creato nuova consapevolezza nei produttori. Oggi possiamo affermare con certezza che il cambio del nome da Tocai a Tai non è stato un fattore critico, bensì motore di rilancio per un vino che sta diventando sempre più emblema di un intero territo rio e che può essere orgogliosamente proposto al di fuori di esso".
Ogni anno in Toscana vengono pescate 10 mila tonnellate al netto degli scarti. Un 20% di questo pesce (razza, sugarello, potassolo, muggine, sciabola, acciuga, sardina, palamita, moscardino) di più difficile commercializzazione, ma assolutamente valido dal punto di vista alimentare, nutrizionale e del gusto, è oggi considerato uno scarto, mentre le specie più richieste dal mercato sono oggetto di una pressione che genera problemi all’ecosistema e minaccia la riproduzione naturale.
La Regione Toscana, con risorse finanziarie, rivolge da tempo particolare attenzione agli aspetti legati al recupero delle tradizioni volte all’utilizzo del ‘pesce povero’ realizzando specifiche iniziative localizzate soprattutto in Versilia.
Il progetto ‘pesce dimenticato’, finanziato con risorse comunitarie, prevede da gennaio a maggio, nell’ambito di ‘Vetrina Toscana’, 14 manifestazioni a tema, 2 seminari e 2 uscite di pesca turismo. Tra le altre iniziative ci saranno serate a tema con menu’ centrato su una particolare specie; partecipazione di chef specializzati per una dimostrazione sulla preparazione e cottura delle specie oggetto della manifestazione; diffusione di materiale divulgativo.
"L’integrazione tra il progetto regionale di Vetrina Toscana ed il mondo della produzione agroalimentare - ha sottolineato l’assessore alla pesca della Regione Toscana Gianni Salvadori - è per noi di estrema importanza. Solo lavorando sull’integrazione come in Toscana abbiamo già dimostrato con i Pif, i piani integrati di filiera, e come l’Unione Europea oggi chiede, potremo operare con efficacia e rispondere alle sfide che il nuovo quadro economico ci richiede". (asca)
Più di 1.000 studenti, dal 2004 ad oggi, hanno frequentato i corsi dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, una frazione di Brà (CN), con un sostanziale equilibrio tra italiani e stranieri (52% contro 48%). Sono 60 le nazioni rappresentate, quasi una piccola ONU studentesca che ha mutato il volto della città di Bra: un’eccezione nel panorama universitario locale e nazionale, dove nel piccolo centro di Pollenzo si giunge appositamente dall’India, dagli Stati Uniti, dalla Mauritania e dal Brasile. L’ateneo pollentino prevede tre offerte didattiche: un corso di laurea triennale in Scienze Gastronomiche, uno biennale magistrale in Promozione e Gestione del patrimonio gastronomico e turistico e un Master annuale in Food Culture and Communications con tre indirizzi - Human Ecology and Sustainability, Food, Place and Identity e Media, Representations and High Quality Food – tenuto totalmente in lingua in inglese.
Ad oggi il 74% dei laureati sono occupati, con una media del 60% che ha trovato lavoro a soli due mesi dalla laurea, mentre il 18% ha proseguito gli studi presso altri atenei e solo l’8% è ancora in cerca di occupazione o altra formazione.
A Pollenzo uno dei punti fondamentali è quello del diritto allo studio: circa 600.000 euro vengono stanziati dall’Università annualmente per consentire a studenti motivati e meritevoli di frequentare i nostri corsi, per un totale di 4.900.000 euro di esoneri dal pagamento della retta assegnati in 8 anni di attività accademica. Oltre 140 studenti hanno beneficiato degli esoneri, pari al 22% del totale degli iscritti ai corsi di laurea.L’attività in aula è completata da una intensa serie di viaggi didattici in Italia e nel mondo: dal 2004 ad oggi sono stati organizzati ed effettuati 585 viaggi, mentre nel solo anno accademico 2011-12 ne sono previsti 130.
L’Università di Scienze Gastronomiche, è stato sottolineato dal rettore prof. Piercarlo Grimaldi e dal presidente Carlo Petrini nel corso dell’assemblea del 9 dicembre, è una struttura dinamica e flessibile proprio grazie al suo essere a misura di studente, così come la sua attività didattica peculiare viene costantemente supportata dai Soci Sostenitori, aziende e realtà d’eccellenza del panorama enogastronomico italiano.
122 ricette ispirate all’Unità d’Italia. Raccolte in un elegante e maneggevole Ricettario, sono il tributo che i Ristoranti del Buon Ricordo rivolgono ai 150 anni dell’unificazione d’Italia. “Per partecipare ad una celebrazione in cui si crede, quello che ciascuno può fare è offrire al meglio quello che sa fare – dice il presidente dell’URBR Ovidio Mugnai - E noi, ristoratori associati all’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, questo facciamo: proponiamo cibi, secondo ricette con le quali ci esprimiamo, per creatività e tradizione.”
Alcune sono state create per l’occasione, ma la maggior parte affondano le loro radici nella tradizione gastronomica regionale e altre, addirittura, sono state recuperate storicamente dalla conoscenza di personaggi ed episodi, autentici o leggendari, nel lungo cammino unitario. Ciascun ristorante ha scavato nella sua storia e nelle sue memorie, riscoprendo piatti in cui echeggiano riferimenti illustri, da Garibaldi a Verdi, ma anche cibi popolari e apprezzatissimi a quel tempo, ora in disuso. Si va dai Passatelli tricolori al Carpaccio di pesce spada all’italiana, dai Lingotti tricolori con papera muta alla Pappa al pomodoro patriottica, al Piatto Tre colpi Tricolore. E così, pagina dopo pagina, ecco il Ciuppin allo scoglio dei Mille, gli Agnolotti alla Cavour, il Risotto alla Giuseppe Verdi con culatello di Zibello, lo Stoccafisso in umido con patate (prediletto da Garibaldi, che nemmeno in esilio a Caprera rinunciava al suo amatissimo stoccafisso, di cui si faceva regolarmente rifornire da Livorno)…Le ricette sono corredate da storie ed aneddoti e ciascuna è abbinata ad un vino.
A fare da corollario, il brioso saggio “L’Unità d’Italia da Garibaldi all’Artusi”, in cui Francesco Soletti ripercorre le tappe dell’unificazione a tavola dell’Italia, a partire dal non facile affrancamento dalla nostra cucina da quella francese, in voga fino all’800. La nascita dell’industria alimentare, la rivoluzione del frigorifero e delle scatolette, Pellegrino Artusi, che ha realmente unificato l’Italia a tavola, favorendo per primo la conoscenza di prodotti, usi e costumi di cucina, tipicità e tradizioni. In un Paese da poco unito, ma molto diverso e diseguale, si scopriva allora con piacere le abitudini degli altri italiani, un tempo separati, lontani, a volte nemici, ma ora liberi di approfondire, anche a tavola, la loro conoscenza.
Il risultato? Un piacevole e curioso spaccato della cucina di un’Italia “unita e diversa”. “ A tavola siamo stati (e siamo tuttora) profondamente diversi – commenta Ovidio Mugnai- La Scienza in cucina (prima parte del titolo della notissima opera di Pellegrino Artusi) ci ha certamente permesso di godere di scambi vantaggiosi e utili, ma L’arte di mangiare bene (seconda parte del titolo) ce la teniamo stretta in tutte le sue diversità, da Nord a Sud, dal mare alla montagna, felicemente consapevoli del fatto che in ogni contrada l’Italia ci offre uno scenario enogastronomico così vivace, autentico e diverso. È per questo motivo che, quasi mezzo secolo fa, i nostri “padri fondatori” hanno dato vita al Buon Ricordo. L’obiettivo resta valido e forse, ancora più necessario.” Intitolato Le Ricette del Buon Ricordo per l’Unità d’Italia, il volumetto riporta in copertina l’immagine del piatto realizzato dall’URBR per il 150°, su cui spicca una fronda di corbezzolo, identificato dal poeta Giovanni Pascoli come albero italico per eccellenza, dato che associa in sé i tre i colori della nostra bandiera (verdi le foglie, bianchi i fiori, rosse le bacche). 255 pagine, terzo della collana dei Ricettari del Buon Ricordo, lo si trova nei ristoranti associati.
Info: Unione Ristoranti del Buon Ricordo
tel. 02 80582278 – www.buonricordo.com
Il lavoro dei sommelier contribuisce soprattutto all’estero a spingere la crescita del vino Made in Italy nel mondo dove le esportazioni hanno fatto segnare un aumento record del 16 per cento nel primo semestre del 2011. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la consegna a Gabriele Del Carlo, sommelier presso il Restaurant Le Cinq di Parigi, del premio per ‘’il ‘Miglior Sommelier d’Italia 2011' dell’Ais (associazione italiana sommelier) e del Consorzio del Franciacorta. La diffusa presenza di sommelier italiani all’estero ha favorito la presenza del vino Made in Italy sulle tavole straniere dove - sottolinea la Coldiretti - nel 2011 si è bevuto più vino italiano che in Italia. La Coldiretti stima in quasi 23 milioni gli ettolitri di vino bevuti all’estero a fronte di un consumo nazionale di poco inferiore ai 21 milioni di ettolitri. Il successo del vino italiano all’estero è suggellato dal fatto che nel 2011 le esportazioni di vino italiano hanno superato nel 2011 quelle della Francia che si è fermata ad appena 14 milioni di ettolitri di vino esportato. Il risultato è particolarmente significativo poichè secondo le stime mondiali per il 2011 fornite dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv) in Francia nel 2011 - sottolinea la Coldiretti - sono stati prodotti 49,6 milioni di ettolitri, equivalenti a un aumento del 9 per cento mentre l’Italia con il minimo storico di 42,2 milioni di ettolitri ha perso il 13 per cento e retrocede quindi al secondo posto. Meno vino ma più buono, ci tengono a sottolineare.
(asca)
L’orto in tavola. Non è una nuova, strampalata invenzione culinaria, ma una proposta genuina.
Come si sposano a Milano cucina vegana (che esclude dall’alimentazione i prodotti animali e loro derivati) e alimenti a chilometro zero? A Ottobre si è aperto a Milano il nuovo ristorante Orto, nello Starhotels E.C.H.O. (via A. Doria 4), un nuovo spazio per chi ama le ricette della terra e il design giovane e preferisce la cucina vegetariana e prodotti biologici controllati. Si chiama “GREEN Healthy Food & Mood”, l’esclusiva cucina ideata e realizzata da F&De Group (la società di Marcello Forti, specializzata nei servizi food&beverage), sviluppata con la supervisione della dottoressa Anna Villarini, biologa e nutrizionista dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Per la serie “Mangiare sano ma senza punizioni” ecco quali sono le novità. L’alimentazione proposta agli ospiti, già dalla colazione, ha un’impronta verde: il latte di riso integrale viene servito insieme a centrifugati di carote e mela, il pane di segale accompagnato da formaggio bio o affettati vegetali, e anche al bar si possono ordinare vini senza solfiti o birra biologica.
Suddivisi in quattro aree tematiche, al Ristorante Orto i piatti proposti nel menu li chiamano power plate e sono sette, uno per ogni giorno della settimana, che combinano in modo sano ed equilibrato cereali integrali, legumi, frutta fresca e vegetali di stagione. Timballo di riso rosso integrale, verdure croccanti e bocconcini di tofu o hamburger di ceci al ramerino, ma anche misticanze di insalata adagiate su un cestino croccante sono le proposta Green Healty and Mood creato per i palati vegetariani più salutisti ed esigenti; il Ministero del Gusto è più per i ghiotti eccentrici, che possono ordinare risotto carnaroli della lomellina ai funghi porcini e basilico e speck d’anatra o la battuta di manzo in punta di coltello all’albese con limone di Sorrento, acciughe e capperi. Dedicato a chi non rinuncia ai sapori della tradizione è il menu Ever Green: prosciutto di Parma riserva con gnocco fritto o filetto di manzo cotto nel Chianti, con tortino di patate e noci. Infine l’omaggio alla città con DE.CO e i piatti lumbard: non poteva mancare il risotto alla milanese o costoletta di vitello impanata secondo la tradizione, il tutto sapientemente preparato dallo chef Alessandro Corbetta. Assolutamente dietetici i dolci e dessert, come la ghiacciata ai cachi con crema di marron glacé o il tortino soffice al rabarbaro con gelato allo yogurt (Piatti a partire da 8€). Lo spirito naturale non riguarda solo i piatti, ma anche l’intera filosofia dell’albergo, così lo Starhotels E.c.ho. ha pensato ad un design giovane, nel rispetto dell’ambiente con materiali ecologici e consumi intelligenti e a basso impatto per l’ambiente. Il ristorante utilizza acqua del rubinetto microfiltrata servita in bottiglie di vetro sterilizzate e riciclate, ed ha l’accordo con il «Gruppo Banco Alimentare» per il recupero degli alimenti integri destinati a chi ne ha bisogno. La hall è arredata con pouf a forma di sasso realizzati in tessuti eco-label che si alternano a tavolini, realizzati con tronchi di cedro profumato, dotati di certificato FSC (Forest Stewardship Council). Anche il ristorante segue questi dettami e presta grande attenzione ai dettagli e alla tavola con ad esempio tovagliette e cestini per il panein cellulosa riciclata e riciclabile. Non resta che prepararsi agli assaggi e unirsi all’oasi “verde”.
Per le prenotazioni
Valentina Castellano Chiodo
E' uno dei condimenti più usati. Finisce nelle insalate, negli arrosti, nella pasta, sulle verdure e sulle pizze. Viene celebrato come il re della cucina italiana, eppure molte volte di italiano non ha proprio nulla. Infatti negli scaffali dei supermercati è straniero l'olio d'oliva contenuto in quasi una bottiglia su due, ma nelle etichette nessuno lo dice. Meglio far finta di niente o far credere ai consumatori che stanno comprando un prodotto italiano, commenta Roberto Madda, direttore della Coldiretti di Milano e Lodi mentre arriva da olive spagnole, greche o tunisine. Perchè non dirlo? Perchè non dare la possibilità alla gente di scegliere? Per questo la Coldiretti ha avviato una petizione per l'indicazione l'origine del prodotto anche sulle bottiglie di olio d'oliva. Porte aperte quindi negli uffici di zona di Milano, Lodi, Melzo, Monza, Codogno, Vimercate, Abbiategrasso, Magenta, Cuggiono, Rho e Melegnano dove si può firmare a sostegno della trasparenza e della spesa senza inganni. L'indicazione di origine esiste già per il latte fresco, per le uova, per la carne bovina e di pollo, per la frutta e la verdura e per la passata di pomodoro e spiega Madda, a maggior ragione dovrebbe esserci anche per l'olio d'oliva, che rappresenta una delle principali risorse agroalimentari italiane. In tutta la penisola se ne producono oltre 6 milioni e 200 mila quintali, in particolare al centro sud, ma con nicchie di alta qualità anche in Lombardia che arriva a 7.655 quintali. La raccolta di firme che abbiamo avviato - commenta il direttore della Coldiretti di Milano e Lodi non è per la difesa corporativa di un singolo settore, ma è per favorire l'intera filiera e in particolare i consumatori. Anche perchè, come rilevato dall'indagine 2006 Coldiretti-Ispo sulle opinioni degli italiani in tema di alimentazione, il 92 per cento della popolazione del nostro Paese ritiene che dovrebbe essere sempre indicato in etichetta il luogo di allevamento o di coltivazione dei prodotti agricoli contenuti negli alimenti. E per l'olio questo non succede. Una distorsione informativa che, oltre ad essere figlia di un vuoto legislativo, conclude Madda è probabilmente in parte influenzata dal fatto che alcuni storici marchi sono in mano straniere. Ad esempio la spagnola Sos Cuetara controlla Carapelli e Minerva Oli (Olio Sasso), mentre i 'brand' Dante e Bertolli sono della multinazionale anglo olandese Unilever.
Pagina 20 di 20