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Che rischi si corrono bevendo latte crudo? Il latte crudo “può essere una fonte di batteri nocivi”, dal Campylobacter alla Salmonella, e mettere in atto corrette pratiche igieniche nelle aziende agricole è essenziale ma non basta: bollire il latte crudo prima di consumarlo “è il modo migliore per eliminare molti dei batteri che possono far ammalare le persone”. Questa la conclusione cui giunge l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
Il latte crudo – cioè il latte di mucche, capre, pecore o altri animali che non sia stato scaldato a più di 40° C, né sia stato sottoposto a trattamenti aventi lo stesso effetto – “può contenere batteri nocivi che possono provocare gravi malattie”, dice l’Efsa, per la quale “mettere in atto corrette e moderne pratiche igieniche nelle aziende agricole è essenziale per ridurre la contaminazione del latte crudo, mentre il mantenimento della catena del freddo è ugualmente importante per prevenire o rallentare in esso la crescita dei batteri. Ma queste prassi, da sole, non eliminano tali rischi. Bollire il latte crudo prima di consumarlo – spiega l’Autorità – è il modo migliore per eliminare molti dei batteri che possono far ammalare le persone”. Nell’Unione europea è cresciuto l’interesse dei consumatori verso il consumo di latte crudo e in diversi Stati questo latte, da bere, viene venduto attraverso distributori automatici, con la raccomandazione che venga bollito prima di essere consumato.
Nel loro parere scientifico sui rischi per la salute pubblica associati al latte crudo nell’UE, gli esperti del gruppo scientifico sui pericoli biologici (BIOHAZ) dell’Efsa sono giunti alla conclusione che il latte crudo può essere una fonte di batteri nocivi, principalmente Campylobacter, Salmonella, ed Escherichia coli produttore della tossina Shiga (STEC). Lacune dei dati non hanno permesso di quantificare i rischi per la salute pubblica in Europa legati al consumo di latte crudo ma, aggiunge l’Efsa, in base ai dati degli Stati Ue sui focolai infettivi di origine alimentare, 27 focolai verificatisi tra il 2007 e il 2013 sono da ricondurre al consumo di latte crudo. La maggioranza di tali focolai, ovvero 21, sono stati causati da Campylobacter, uno di essi è stato causato da Salmonella, due da STEC e tre dal virus dell’encefalite da zecche (TBEV). La grande maggioranza dei focolai è stata causata da latte vaccino crudo, mentre alcuni hanno avuto origine da latte caprino crudo. Il rischio legato al consumo di questo prodotto è maggiore per neonati, bambini, donne incinte, anziane e persone immunodepresse. Ha detto John Griffin, presidente del gruppo BIOHAZ: “Occorre migliorare la comunicazione ai consumatori sui pericoli e le misure di controllo associate al consumo di latte crudo da bere“. (www.helpconsumatori.it)
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Parte dal Salento il viaggio sensoriale condotto da Onav Lombardia, che per tutto il 2015 proporrà una serie di eventi con degustazioni dedicate alle più prestigiose aree enologiche d’Italia e del mondo. Un calendario denso di appuntamenti che ha già alcune date fissate in calendario.
Lunedì 2 febbraio andrà in scena “DeGusto Salento” mentre giovedì 12 marzo sarà la volta di “Terroir Marche”. Entrambi gli incontri si terranno dalle 19 alle 21.30, all’interno dello showroom JVstore di Jannelli&Volpi, in via Melzo 7 a Milano.
La serata del 2 febbraio permetterà di conoscere una delle realtà più vivaci del nostro Paese, l’associazione "DeGusto Salento" nata nel giugno 2013 da un gruppo di amici amanti del proprio territorio, delle relative tradizioni culturali e del vitigno NEGROAMARO, espressione di storia e qualità.
L’appuntamento del 12 marzo sarà invece l’occasione per degustare i vini di terroirMarche, un consorzio, costituito da vignaioli marchigiani, che si propone di valorizzare e promuovere la viticoltura biologica delle Marche, la difesa del territorio e dei beni comuni, la diffusione di culture e pratiche per un’economia sostenibile e solidale.
Una duplice occasione per compiere un viaggio sensoriale all’insegna della cultura del vino e del bere consapevole.
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Pandori e panettoni “in saldo” sostituiscono biscotti e merendine. Per tutto il mese di gennaio quasi tre italiani su cinque trasformeranno i due dolci simbolo di Natale in prodotti per la prima colazione, con un occhio al risparmio e uno al riciclo. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
Passato Capodanno e trascorsa l’Epifania, infatti, sono partiti i saldi sugli alimenti tipici delle feste e nei punti vendita della Gdo, dai supermercati ai discount, si possono comprare pandori e panettoni a prezzi davvero convenienti -spiega la Cia- con sconti che superano anche il 50 per cento e moltissime offerte “paghi due, prendi tre”. Un’occasione di risparmio che oltre la metà degli italiani coglie al volo, tanto più che questo tipo di saldi è di natura prettamente commerciale e non riguarda assolutamente la qualità dei prodotti.
D’altra parte, con la crisi e il potere d’acquisto sottoterra, le famiglie certamente non si lasciano sfuggire l’occasione di dimezzare il budget di spesa per la colazione -sottolinea la Cia-. Senza contare che proprio le difficoltà economiche hanno invertito la tendenza “sciupona” degli italiani, che riscoprono il riciclo degli avanzi evitando la pattumiera.
Oggi ben il 64 per cento delle famiglie -ricorda la Cia- dichiara di aver diminuito gli sprechi alimentari nei mesi scorsi e di aver fatto ancora più attenzione a Natale, adottando “trucchi” in cucina per non buttare via nulla, a partire proprio da pandoro e panettoni. Che non solo diventano ottimi sostituti delle brioche la mattina, ma possono trasformarsi anche in perfette basi per torte, tiramisù, zuppe inglesi e semifreddi.
www.cia.it
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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il Regolamento di esecuzione recante l'iscrizione della Dop Pecorino Crotonese nel registro europeo delle Denominazioni di origine protette e delle Indicazioni geografiche protette. Con questo nuovo riconoscimento salgono a 267 le Dop e Igp italiane registrate in ambito comunitario.
Il Pecorino Crotonese è un formaggio a pasta dura, semicotta, prodotto esclusivamente con latte intero di pecora. Il Pecorino Crotonese "Fresco" presenta una crosta di colore bianco o leggermente paglierino, un gusto deciso, morbido e leggermente acidulo con crosta sottile; quello "Semiduro" ha invece una crosta spessa di colore leggermente bruno, un gusto intenso e armonico, mentre lo "Stagionato" (oltre i 6 mesi di stagionatura) si caratterizza per una crosta dura e bruna, che può essere curata con olio o morchia di oliva.
www.politicheagricole.it
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Una base larga e piana, le forme di un tulipano chiuso, una serie di incisioni a tracciare i sei punti di una piccola circonferenza tutto intorno alla giuntura tra il calice e lo stelo, dov’è il settimo.
E ancora: l’estro e la caparbietà di un ristoratore affermato, la tecnica e l’entusiasmo di un ingegnere edile architetto, il mestiere di un artigiano.
Nasce dalle sinergie tra mondi e competenze diverse il nuovo calice studiato da Luca Bini, titolare della Casa del Vino, dalla moglie Diletta e da un giovane designer, Mattia Tamanini, per liberare e valorizzare il perlage di spumanti e champagne e garantire al consumatore la possibilità di provare le caratteristiche più autentiche del prodotto.
All’origine della fruttuosa contaminazione tra i saperi c’è il progetto avviato da Trentino Sviluppo per far incontrare imprese e giovani creativi.
L’avventura prende avvio tre anni fa, quando le strade di Luca Bini e Mattia Tamanini si incontrano grazie al progetto “Trentino Creativo” avviato da Trentino Sviluppo per far incontrare aziende e giovani designer.
L’obiettivo del primo diventa la sfida del secondo: l’intreccio di esperienze, conoscenze e competenze diviene la formula per la soluzione di un problema.
“Soprattutto per i vini importanti come Champagne e Metodo Classico – spiega Luca Bini, titolare della Casa del Vino – il perlage è il risultato di anni di affinamento sui lieviti e del duro lavoro di enologi e viticoltori. Spesso tuttavia questo ‘effetto bollicine’ non viene valorizzato dal bicchiere e bastano pochi secondi per disperdere anni di lavoro”. Perché ciò non accada occorre, insomma, un bicchiere diverso.
Inizia una sperimentazione incessante: i campioni, di volta in volta sottoposti al giudizio dei maggiori sommelier di tutta Europa vengono messi in discussione, abbandonati, perfezionati.
“Come prima cosa – racconta Mattia Tamanini - è stato fondamentale studiare una forma che potesse far sprigionare al vino tutte le qualità del perlage nel rispetto di ognuna di esse, senza la predominazione di una sulle altre. La forma definitiva, che è stata l’evoluzione di una lunga serie di prototipi, ha tre caratteristiche definite in modo rigoroso: la larghezza della pancia, l’altezza del corpo e l’ampiezza della bocca”.
Le misure del calice consentono ai profumi e agli aromi del vino di sprigionarsi senza disperdersi immediatamente: l’altezza del fusto li trattiene, l’ampiezza della bocca trasforma l’assaggio del vino in un’esperienza armonica e a tutto tondo, per cui è possibile annusare il suo profumo e degustarne appieno il sapore intenso e frizzante.
La linearità delle pareti del bicchiere permette di convogliare immediatamente il vino nella bocca: il liquido viene rovesciato direttamente sulla lingua facendo percepire totalmente e subito le sue qualità.
Tuttavia la vera rivoluzione è nella base piana della coppa che permette di godere del processo continuo di liberazione di anidride carbonica dal fondo del calice alla superficie, ma soprattutto nella tecnologia che permette la valorizzazione del perlage.
Impiegando un raggio laser, Bini e Tamanini hanno applicato sul fondo del calice sette piccole incisioni: sei sono poste su una circonferenza, una è posizionata nel centro del cerchio.
Le imperfezioni stimolano il perlage, che continua a formarsi per decine di minuti. “In sintesi – conclude Bini -la forma ampia del calice, l’inclinazione delle sue pareti, la presenza dei punti perlage, raccolgono tutte le qualità dello spumante e le portano al naso e alla bocca, valorizzando il prodotto come mai era accaduto prima”.
Ad oggi, nel solo Trentino Alto Adige, il titolare della Casa del Vino ha raccolto ordini per 15 mila bicchieri.
E, date le caratteristiche ed il carattere di innovatività del prodotto, il nuovo calice sembra già pronto per numerosi brindisi anche oltre confine.
www.lavocedeltrentino.it
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Fervono i preparativi per ChocoModica, l'allegra kermesse che dal 5 all’8 dicembre si accinge a celebrare il legame fra Modica e la sua tradizione cioccolatiera, all’insegna del claim “La grande dolcezza”.
Aspettando il Natale, la città del Barocco siciliano offrirà a turisti e visitatori un dolce assaggio della magia delle Feste. Saranno, infatti, ispirate anche al tema della Natività le Choco Sculture realizzate nei quattro giorni dell’evento dagli abili scultori che lavoreranno live nell’atrio di Palazzo di Città, golosi blocchi di Cioccolato. L’appuntamento, in collaborazione con Icam, arricchisce il ricco calendario di eventi scandito da coinvolgenti iniziative capaci di accendere l’entusiasmo di bambini e persone di tutte le età.
I più piccoli potranno decorare con biglietti di auguri il grande albero di Natale che sarà allestito a Palazzo di Città e saranno protagonisti anche di interessanti laboratori rivolti agli alunni delle Scuole d’Infanzia, Primarie e Secondarie di primo grado: un’occasione imperdibile per conoscere, degustare e...manipolare il cioccolato!
Anche il pubblico adulto potrà partecipare alle tante attività didattiche che si susseguiranno presso Palazzo Fondazione Grimaldi e l’ex Caserma dei Carabinieri: i visitatori potranno fare esperienza diretta delle diverse qualità di cioccolato modicano, sotto la guida di maestri cioccolatieri!
Convegni, degustazioni guidate, e attività culturali e didattiche si alterneranno nei quattro giorni dell’iniziativa che darà ai visitatori la possibilità di unire il piacere di una gita culturale a quello di partecipare ad un goloso evento. I turisti potranno, infatti, visitare la Città di Modica, con le sue Piazze, i prestigiosi Palazzi e i monumenti del barocco siciliano patrimonio dell’Umanità, alla scoperta del cioccolato buono da mangiare e interessante da conoscere.
L’evento, organizzato dal Comune di Modica, è firmato quest’anno da Eurochocolate con il patrocinio della Regione Sicilia, la Camera di Commercio di Ragusa e la partecipazione delle principali Associazioni di categoria del territorio e del Consorzio di Tutela del Cioccolato Artigianale di Modica.
Pronti per “La grande dolcezza?”
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L’assessore regionale all’Agricoltura Gianni Fava (foto) a Bruxelles il 16 ottobre, dove ha partecipato al convegno sulle produzioni tipiche del territorio lombardo, ha trovato l’intesa con il Commissario dell’Unione Europea per Expo 2015 Wilkinson per una due giorni sulla tutela dei prodotti tipici.
“Con il commissario europeo per Expo 2015, David Wilkinson – ha detto Fava - abbiamo concordato di organizzare insieme, Regione Lombardia e Ue, una manifestazione di due giorni a Milano durante l’Esposizione Universale sul tema della tutela dei prodotti e lotta al falso, alla quale dovrebbero prendere parte oltre 3mila addetti ai lavori, in rappresentanza di tutte le DOP e IGP europee”.
“Potrebbe chiamarsi ‘Le origini dell’Europa’ - afferma Fava - e la proposta che ho avanzato è piaciuta molto al commissario Wilkinson, che ha colto immediatamente il nesso fra i territori, le regioni di produzione e le tipicità che devono necessariamente essere difese e adeguatamente promosse, perché rappresentano un’identità dei popoli e delle tradizioni. Non dimentichiamo che la prima politica che ha aggregato l’Europa è stata appunto quella agricola”.
Verso Expo l’assessore lombardo richiama l’attenzione sulla contraffazione alimentare. “Deve partire dalle regioni la spinta per difendere le produzioni che caratterizzano i territori, perché siamo i più vicini agli agricoltori e alle varie filiere - sostiene Fava -. La Lombardia può contare su 31 prodotti DOP e IGP e su 42 vini Doc, DOCG e IGT, vogliamo essere in prima fila e sostenere una battaglia comune in occasione di un evento mondiale come Expo 2015”.
Il Presidente di Confcooperative Lombardia Maurizio Ottolini si è espresso molto positivamente all’iniziativa proposta dall’Assessore Fava. “I prodotti tipici DOP e IGP – ha detto - sono le eccellenze del sistema agroalimentare lombardo grazie ai quali è possibile un reale rilancio dell’economia del nostro Paese”.
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Con il patrocinio di EXPO 2015, si svolgerà a Fermo dal 7 al 9 marzo, Tipicità, un’autentica immersione nel gusto. In tutti i sensi! Non una fiera, ma un viaggio da vivere da protagonisti, con il Marche style in veste di “cicerone”! Una coinvolgente “trama” costituita da aree tematiche ed oltre 50 eventi, da scegliere e gustare, tra agricoltura, turismo, cultura e griffe del saper fare, insieme all’incontro con altre identità e gusti, italiani e stranieri.
Il viaggio prosegue tra cooking-show con grandi chef, biodiversità e biologico, confronti con le cucine di realtà italiane ed internazionali, il cibo tra passato e futuro con esperti nutrizionisti, focus su benessere e buon vivere.
In prima linea, a Tipicità, tutte le tradizionali ghiottonerie marchigiane, naturalmente, ma anche birra agricola, produzioni bio, cioccolato d’autore accanto a zafferano, anice verde e mela rosa dei Sibillini. In rilievo i vini del “Vigneto Marche” e le prelibatezze d’autore, proposte direttamente dai produttori: olive ascolane, ciauscolo, maccheroncini di Campofilone, salame di Fabriano, miele, formaggi pecorini e caprini, vino cotto, marmellate, tartufi, legumi e cereali, olio extravergine d’oliva ed anche il buon pesce dell’Adriatico.
Il goloso “menù a la carte” di Tipicità è completato da due allettanti proposte basate sul fascino del Made in Italy, un brand che esercita un’attrazione irresistibile in tutto il mondo: Art & Genius, articolato in percorsi dedicati al “saper fare” ed all’artigianato di qualità, con opportunità di shopping tra le “griffe” della Made in Marche Gallery; Tipicità EXPerience, originale Salone nel quale paesi e borghi delle Piccole Italie offrono una proposta alternativa di viaggio.
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Incantevoli paesaggi e colline verdeggianti rendono l’Umbria polmone verde d’Italia e meta di un turismo più calmo e rilassato; ottima idea per rifugiarsi in un tranquillo ambiente, tra invitanti agriturismi e mete naturalistiche come il Lago Trasimeno e le Cascate delle Marmore. Almeno una volta nella vita bisogna lasciarsi gli impegni alle spalle e arrivare qui, per scoprire i numerosi piccoli borghi disseminati nel paesaggio e camminare, tra terra e cielo, attraverso la storia: Perugia, Montone, Castelluccio di Norcia, Assisi e Gubbio.
In provincia di Perugia, circondata da un paesaggio di colli boscosi, sorge la cittadina medioevale di Gubbio, ricca di tesori artistici e naturali. Adagiata sulle pendici del monte Ingino, noto come “la città dei Ceri” (simbolo della Regione Umbria) è uno dei centri più importanti dell’Umbria, famosa per la sua notevole ricchezza artistica e per la sua antica tradizione ceramistica. Città dalle origini antiche, si presenta agli occhi dei visitatori meravigliosamente conservata e ricca di monumenti che testimoniano il suo glorioso passato. Architettonicamente rappresenta tuttora il capolavoro della civiltà medievale. Testimoniano le sue origini antiche sia le Tavole Eugubine, sette tavole bronzee incise in lingua umbra tra la fine del II e il I secolo a. C., conservate presso il museo Civico, sia del teatro romano situato fuori le mura della città. Tra i vari beni architettonici c’è il Palazzo dei Consoli, che ospita il museo archeologico e la pinacoteca; il Palazzo del Bargello con la famosa fontana; e ancora: la chiesa e il Convento di Sant’Agostino, che custodisce gli affreschi del Nelli, la chiesa e il Convento di San Francesco e la chiesa di San Giovanni, caratterizzata dalla facciata e dal campanile in stile romanico. Da non dimenticare è anche una visita alla Basilica di Sant’Ubaldo, situata sulla cima del monte Ingino, con i suoi affreschi del XVI-XVIII secolo raffiguranti vari temi biblici. Infine per gli amanti della natura, oltre all’area naturale del Parco del Monte Cucco, Gubbio offre la suggestiva Gola del Bottaccione.
Il “Quinto quarto” è un evento tenutosi a Gubbio nel mese di novembre, volto a scoprire e a valorizzare il vitellone bianco dell’Appennino centrale, una delle eccellenze alimentari regionali.
L’evento è stato finanziato dal Gal-Gruppo Azione Locale della Media Valle del Tevere e dal Gal dell’Alta Umbria, ed è nato dalla collaborazione di Epta, Confcommercio e Cia (Confederazione Italiana Agricoltori dell’Umbria), per una tre giorni all’insegna della tradizione e del rinnovato gusto per le eccellenze territoriali.
Il nome “Quinto Quarto” si riferisce alla parte “povera” (fegato, trippa, lampredotto, etc.) del vitellone bianco, ovvero quella rimanente dopo i due quarti anteriori e posteriori ed anche quella meno pregiata e meno costosa. Uno degli obiettivi a lungo termine della manifestazione, è di valorizzare tutti i tagli di carne creando consapevolezza dell’esistenza di parti diverse da quelle normalmente consumate ma dal sapore ugualmente caratteristico. “Quinto Quarto” ha proposto anche due convegni: uno sulle produzioni zootecniche certificate (opportunità ed adempimenti nella Programmazione Comunitaria 2014-2020), con l’obiettivo di stimolare l’adesione degli allevatori a sistemi di qualità certificata e l’altro dal titolo “Carni e buoi dei paesi tuoi”, per rivalutare le produzioni locali di qualità.
Alla periferia meridionale di Città di Castello si trovano gli ex seccatoi del tabacco, ora complesso museale. Nel 1978 furono concessi in uso ad Alberto Burri (Città di Castello 1915 – Nizza 1995). I vasti capannoni, completamente tinti di nero per volontà dell’artista, contengono 128 grandi opere da lui realizzate tra il 1974 e il 1993, tra cui i “ cicli del Viaggio” e “Rosso e Nero”.
Sempre a Città di Castello troviamo la storica Tipografia che si distinse subito per le notevoli capacità e per la produzione di libri e pubblicazioni di pregio che ne decretarono il successo tanto che numerose furono le commesse anche dalle città vicine. La bottega prende il nome di GRIFANI – DONATI. Giovanni Ottaviani, l’ attuale titolare insieme alla moglie Adriana, hanno continuato la tradizione di famiglia aggiungendo alla produzione tipografica e calcografica la Litografia, esclusivamente su pietra e la rilegatura ed il restauro dei libri. Oggi si realizzano, con le tecniche tradizionali e le dotazioni d’ epoca (Torchio tipografico Elia Dell’ Orto 1864, Torchio calcografico Paolini 1960 …) litografie, calcografie, manifesti, carte intestate, biglietti da visita partecipazioni nuziali, ex libris.
Giungiamo a Montone, cittadina che si fregia del titolo di Borgo dell’anno, fu storico feudo dei Fortebracci, alla cui famiglia appartenne il celebre condottiero Braccio da Montone. Integro nell’organizzazione spaziale medioevale, il paese è circondato dalla cinta muraria nella quale si aprono tre porte che corrispondono ai rioni nei quali era articolato il governo del castello.
E dopo tanto girovagare è ora di fermarsi un attimo e riposare…
A pochi km da Gubbio, Villa Dama si affaccia da una collina di 680 mt fra campi coltivati, boschi e sentieri naturali, in un luogo dove regnano un’atmosfera ed un silenzio dimenticati. Meta ideale per rilassarsi in coppia, con amici o in famiglia, l’agriturismo è una vecchia dimora contadina sapientemente ristrutturata, al centro di un’ azienda agraria biologica di 150 ettari, ai piedi del Monte Cucco.
La villa centrale, vecchia casa di campagna della famiglia, era un luogo dove rilassarsi in piscina, invitare amici, trascorrere il tempo lontani dal caos della vita di città. Nel 1994 ebbe inizio l’esperienza di agriturismo e da allora molte altre famiglie sono state accolte, nell’atmosfera semplice e cordiale della conduzione familiare.
Antonio Vanzillotta
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Se c’è una dote che il resto del mondo riconosce all’Italia è la capacità di trovare soluzioni nuove al mutare degli eventi, quel pensiero laterale applicato alle questioni materiali che rende l’Italian Style un concetto vincente. Nonostante tutto!
Su queste basi, in un momento decisamente complicato per il Bel Paese, prende il via operativamente una squadra costruita sulle individualità, o meglio, sulle identità. Si chiama Piccole Italie e nasce da un innovativo progetto di “soft-marketing” territoriale che si sostanzia in un network di entità locali caratterizzate da una spiccata “vocazione identitaria”.
Debutta in Veneto un originale ed esclusivo rapporto di collaborazione tra realtà italiane che condividono una strategia di sviluppo basata sui valori dell’identità territoriale e del “saper fare” e lo fa con molta concretezza, per usufruire dell’irripetibile opportunità rappresentata da EXPO 2015. Attualmente fanno parte della rete le entità di sei regioni italiane: Calabria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Veneto e Sicilia. Il percorso di aggregazione ha visto come players “fondatori”: il Comune di Fermo, con il Festival Tipicità, il Comune di Nogara, con la Strada del Riso Vialone Nano Veronese IGP, il Comune di Asti e la Provincia di Gorizia. A questi si sono aggiunti, successivamente, il Comune di Alcamo (TP) e Confindustria Reggio Calabria.
A Isola della Scala, i rappresentanti del network hanno presentato un vero e proprio piano d’azione, con date ed obiettivi precisi. Al via, da subito, un’Agenda di eventi promozionali congiunti, dal Piemonte alla Sicilia, passando per la B.I.T. di Milano. Una strategia “a basso impatto economico” e a grande “efficienza energetica”!
Varato anche il Paniere delle Piccole Italie, un vero e proprio biglietto da visita per il Made in Italy del gusto, costituito da un intrigante packaging che racchiude le creazioni enogastronomiche-icona dei rispettivi territori.
Allo studio, infine, il Gran tour delle piccole Italie, una serie di “proposte esperienziali” imperniate sulle identità locali, modulabili come pacchetti autonomi, ma anche come parte di un più ampio percorso che tocca diversi punti dello “Stivale”. Tra gli appuntamenti in programma, anche la prima giornata delle Piccole Italie programmata a marzo 2015 nelle Marche, nell’ambito di Tipicità. Nell’occasione il cibo sarà il medium di un confronto tra culture, in linea con il claim di Expo 2015 “nutrire il pianeta, energia per la vita”.
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In Piemonte, ad un’ora di viaggio dagli aeroporti di Milano, Torino e Genova e poco più distante dai confini con la Francia e la Svizzera, tra le Alpi ed il Mar Ligure, ci sono il Monferrato, le Langhe, il Roero, a metà strada tra il mare della Liguria e le capitali economiche d’Italia.
Il Sud Piemonte rappresenta il cuore della produzione vitivinicola della regione e costituisce un patrimonio di cultura e accoglienza turistica che regalerà al vostro soggiorno l’incanto e la seduzione dello stile di vita italiano.
Alessandria, Asti, Alba e Cuneo sono i capoluoghi di questa regione: occorre percorrere questa terra con lentezza e attenzione, poiché l’accoglienza e l’ospitalità eguagliano la bellezza dei paesaggi, imperdibili per chi vuole scoprire i segreti della “dolce vita” all’italiana, dove clamore e confusione sono banditi per ritrovare ritmi di vita a misura d’uomo.
I paesaggi sono fortemente condizionati dalla presenza della vite, la coltura che ha finito per plasmare le colline ed in grado, con l’alternarsi delle stagioni, di proporre eccezionali accostamenti cromatici cangianti con il susseguirsi dei mesi.
Montagna, fiumi e colline rappresentano oasi, dove fermarsi per conoscere e apprezzare, attraverso il racconto discreto delle cose e delle persone, uno stile di vita che si rivela nelle tradizioni, nella storia dell’arte, nella ricchezza della cucina, nelle acque termali.
Lungo le vie del sale sono nate osterie, stazioni di posta e punti di ristoro che con il tempo hanno saputo affinare una cucina dai sapori unici che, miscelando ingredienti semplici, attira da sempre gli appassionati della buona tavola per i suoi gusti intensi.
La primavera e l’estate sono i periodi migliori per chi desidera godere dei paesaggi più suggestivi e dedicarsi ad attività sportive all’aria aperta.
Il ricco dedalo di sentieri, utilizzato sin dai tempi più remoti per il commercio del sale dal vicino Mar Ligure alle zone dell’entroterra, ha lasciato in Monferrato - Langhe - Roero un importante reticolo di tracce e strade che consentono agli appassionati della vita all’aria aperta di percorrerli a piedi, in mountain bike o a cavallo.
Autunno ed inverno, invece, sono i mesi prediletti dai buongustai che potranno assaporare, in abbinamento ai pregiati vini, i prestigiosi “frutti” del territorio: il tartufo bianco e i funghi porcini.
Queste terre ed una civiltà che ha saputo resistere alle tentazioni della vita veloce, pur senza rinunciare ai piaceri ed alle comodità dei tempi moderni, sanno rendere affascinante il contatto con il territorio e immergono il visitatore nelle atmosfere che hanno ben descritto alcuni dei grandi protagonisti della letteratura italiana del Novecento (Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Giovanni Arpino, Gina Lagorio).
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Un marchio “deciso e preciso”, come sanno essere i frutticoltori della Valle. La data del 1 ottobre 2014 diventa a suo modo storica: in occasione della presentazione della quinta edizione della Sagra della Mela (18 e 19 ottobre a Piazza Brembana), è stato apposto per la prima volta il bollino “MELA VALBREMBANA” su alcuni frutti raccolti nel campo scuola “Arcobaleno delle Mele” di Moio de’ Calvi. “Il bollino, in questa prima fase – ha spiegato Pinuccio Granati, Vicepresidente dei Frutticoltori Brembani - contrassegna i frutti da esposizione e rappresentanza, ma diventerà una garanzia per i consumatori e un segno di territorialità non negoziabile.
La vistosa scelta cromatica mette in evidenza i colori della natura e quelli delle varietà di mela coltivate: Golden, Gala, Red Delicious, Renetta e Topaz. “Sono anche i colori – sottolinea il vicepresidente Pinuccio Gianati – della maschera di Arlecchino, che è biglietto da visita della Val Brembana e del territorio bergamasco, al punto da connotare logo e comunicazione di Turismo Bergamo”.
La Sagra della Mela del 18 e 19 ottobre 2014, oltre a proporre le cinque qualità differenti di mele prodotte in Valle Brembana, offre una valorizzazione del territorio ad ampio raggio unendo l’aspetto gastronomico di vari prodotti, quali formaggi, dolci, salumi, birre, miele e castagne, all’aspetto turistico, il tutto anche in previsione di Expo. Verranno proposti fra l’altro soggiorni convenzionati con la proposta “Luna di Mele” e itinerari alla scoperta delle bellezze culturali e naturalistiche del territorio.
Verrà anche riproposto il Tour Gastronomico “I Sapori della Valle Brembana”, un itinerario a tema che nel parco Comunale di Piazza Brembana offrirà l’opportunità di conoscere o riscoprire i prodotti d’eccellenza della gastronomia brembana.
www.sagramela.it -
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In albergo, in camping o a casa il 52,6% degli italiani in vacanza cambia le proprie abitudini alimentari. A cominciare dal ripristino del regolare ciclo dei pasti sempre più compromesso dai ritmi della vita lavorativa. È quanto emerge da una ricerca condotta dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) per indagare su gusti e abitudini degli italiani durante le vacanze. Durante le ferie, sette su dieci seguono la regola dei tre pasti quotidiani, mentre il restante 32% dichiara, al contrario, di seguire un ritmo alimentare poco organizzato. Uno su quattro dichiara di fare una colazione abbondante, al contrario di quanto capita nel corso dell'anno quando riesce a prendere solo un caffè sulla porta di casa. Non manca chi dichiara di mangiare meno (37,5%) o di consumare cibi più leggeri (15,2%) facendo più attenzione a selezionare gli alimenti. Ma c'è anche un 32,4% che afferma di mangiare di più, principalmente lavoratori e studenti, ossia chi durante l'anno si trova spesso fuori casa. Si consumano di più frutta, verdura e pesce e si fa a meno di insaccati, carne e formaggi. Persino la pasta perde terreno sulla tavola dell'italiano in vacanza. Emerge, dunque, un regime alimentare salutista con l'obiettivo di puntare al riposo e alla disintossicazione alimentare (e mentale) più che allo sfrenato divertimento consumistico.
Qualche eccezione sull'alcol dove a fronte di un comportamento che non cambia per sette italiani su dieci si riscontra un 19,5% che dichiara di consumarne un pò di più ed un 9% che afferma di farne un consumo notevolmente maggiore. I pasti si consumano per lo più in casa (50,2%) e, in particolare a cena, in ristoranti, pizzerie e altri pubblici esercizi (32,4%). Un dato che scende al 15,8% tra quanti trascorrono le vacanze a casa. Tuttavia, la condizione di turista accresce la propensione a frequentare i pubblici esercizi: il 45,3% li frequenta con maggiore assiduità. In base alle abitudini alimentari la ricerca Fipe suddivide gli italiani in quattro categorie.
I “curiosi”, 38% del campione, coloro che considerano il cibo come uno degli aspetti che caratterizza la cultura dei luoghi visitati, quindi sperimentano e sono felici di scoprire i legami tra alimentazione e stili di vita. Abbandonano, temporaneamente, le proprie abitudini per calarsi in quelle del territorio che li ospita. Il profilo del gruppo si caratterizza per un'età superiore ai 45 anni, residenza al Nord (sia Nord Est che Nord Ovest) e per una leggera predominanza di uomini.
Gli “spensierati” (18%), amanti della buona cucina italiana, si concedono pranzi e cene al ristorante. Categoria in cui rientrano principalmente le donne di età superiore ai 45 anni, residenti nel Nord Italia.
All'opposto, i “parsimoniosi” (31,1%). Per loro l'alimentazione è un fattore secondario che può essere affrontato mediante pasti “mordi e fuggi”. “Il loro comportamento è caratterizzato dalla preferenza nel destinare soldi al divertimento più che al cibo con una tendenza alla frequentazione di luoghi di ristorazione veloce. Sono principalmente giovani con età inferiore ai 45 anni residenti al Centro - Sud , in prevalenza uomini”.
Infine, gli “sregolati” (il 12,8%) quelli che per i pasti non seguono regole nè orari: si mangia quando si può e tutto ciò che si desidera. A fare parte di questa categoria sono principalmente donne under 45, residenti al Centro - Sud Italia. “Dalla segmentazione - conclude la Fipe - emergono due evidenze. La prima è che la maggioranza degli italiani mostra un'attenzione particolare all'alimentazione salutare, ricercata e rispettosa delle tradizioni e della cultura del territorio. La seconda è che non vi è differenza significativa tra uomini e donne nel modello alimentare seguito durante la vacanza, mentre esiste una importante divergenza tra classi di età e provenienza territoriale”. (asca)
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Il sale della Salina di Cervia è un sale marino integrale prodotto, raccolto e confezionato secondo il metodo tradizionale. Non essiccato artificialmente, mantiene le sua naturale umidità (2%), che è tipica del sale marino non raffinato, consentendo la presenza di tutti gli oligoelementi presenti nell’acqua di mare, come lo iodio, lo zinco, il rame, il manganese, il ferro, il magnesio e il potassio. Da sempre è conosciuto come un sale dolce, non perchè abbia una minore capacità salante, ma per una più limitata presenza dei sali amari, come i solfati di magnesio, di calcio, di potassio e il cloruro di magnesio, cioè di quelle sostanze per lo più insolubili, che danno al sale quel retrogusto amarognolo meno gradito al palato.
Non esiste solo il sale da cucina, grosso e fino, ma esistono sali diversi per composizione e sapore. Gran parte del sale comune da cucina, sia salgemma che sale marino, subisce trattamenti pesanti come essiccatura, raffinatura, sbiancamento, macinatura e viene addizionato con antiagglomeranti al fine di aumentarne la cospargibilità. A causa di tutti questi procedimenti i minerali inizialmente presenti vengono dispersi. Tra questi anche lo iodio, che verrà successivamente reintrodotto chimicamente. Avendo un gusto artificialmente troppo forte, desensibilizza le nostre papille gustative, portandoci a salare sempre più.
Educare al gusto e ad una sana alimentazione significa ricollocare il ruolo del sale come apportatore di minerali ed oligoelementi che consentono al nostro corpo di funzionare in maniera ottimale.
La Salina di Cervia, porta di accesso a sud e stazione del Parco Regionale del Delta del Po, è considerata un ambiente di elevatissimo interesse naturalistico e paesaggistico, tanto da essere stata inserita come Zona Umida di Importanza Internazionale nella convenzione di Ramsar. Dal 1979 è divenuta Riserva Naturale dello Stato di popolamento animale. Dal punto di vista avifaunistico e botanico, l’ambiente delle saline è di straordinaria bellezza e suggestione: popolato da specie rare come i Fenicotteri, i Cavalieri d’Italia, le Avocette e altre specie protette ed è un punto di riferimento per i visitatori sensibili agli aspetti ambientali.
Un ambiente naturale come quello delle Saline di Cervia che seleziona e specializza una flora ed una fauna adattata a sopravvivere in condizioni estreme, non ha uguali come estensione nell’alto adriatico, se si considera la profondità dell’acqua che prevalentemente non supera i pochi centimetri, l’alta concentrazione di sale (oltre il 150%) che permette la sopravvivenza di particolari forme di vita, perfettamente inserite in un unico ecosistema.
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Dall’aglio rosso alla pasta, dalle confetture ai paté, dai vini agli ortaggi e alle tipiche pizzelle. Decolla con i primi otto progetti imprenditoriali il programma ‘Valle Peligna. Italia Autentica’, iniziativa di volontariato economico, senza fini di lucro, nata dal forte legame con il territorio del Centro Abruzzo di quattro manager di aziende private: Mauro Cianti (Ceo Don The Fuller Jeans); Maximo Ibarra (Ceo Wind Telecomunicazioni); Silvio Lancione (Dg Banca di Credito Cooperativo) e Roberto Marinucci (Ceo Fater). (nelle foto On the Road, i tipici 'casotti' e il Parco del Sirente Velino)
L’idea di fondo é quella di aiutare gli imprenditori sia dal punto di vista della sostenibilità economica, sia nella visibilità e nello sbocco commerciale in Italia e all’estero. “Noi li aiutiamo con un pò di consulenza, li aiutamo nel portare avanti un’attività di marketing più efficace, a costruire un business plan e ad entrare in contatto con i canali distributivi che siano interessati ai loro prodotti” ha spiegato nel corso di una tavola rotonda l’amministratore delegato di Wind, Maximo Ibarra. “Un’iniziativa che potrebbe essere replicata anche in altri territori perché é un modello semplice e i modelli semplici sono spesso quelli che funzionano meglio. E poi é un modello collaborativo dove ci sono dei manager con esperienza e imprenditori che hanno una buona idea o un buon prodotto. Mettere insieme le cose in un mondo veloce come quello di oggi seconde me merita attenzione”, ha concluso Ibarra.
Il gruppo promotore di ‘Italia Autentica’, dopo aver individuato nelle aree food e turismo le opportunità per il territorio della Valle Peligna, ha condotto una valutazione del potenziale delle proposte presentate dagli imprenditori e ha contribuito, attraverso una tutorship manageriale, alla finalizzazione sotto il profilo marketing e commerciale dei singoli progetti. L’elemento chiave di novità che ha caratterizzato l’intervento del gruppo di Italia Autentica, tuttavia, é l’unitarietà della visione strategica: i progetti imprenditoriali, infatti, sono stati valutati e indirizzati a costituire un paniere di beni che potesse generare sinergie. Durante la conferenza stampa ci sono stati collegamenti e presenze di potenziali buyer internazionali, oltre a rappresentanti di catene distributive italiane, a sottolineare l’interesse crescente per proposte food caratterizzate da ricercatezza e tradizione. “Vogliamo mettere a disposizione degli imprenditori che hanno creduto da subito in questa iniziativa i nostri contatti con la Corea, con la Cina, con il Sudafrica e con il Brasile - ha spiegato Mauro Cianti, ceo di Don The Fuller Jeans - sono tutti paesi che negli ultimi anni hanno avuto uno sviluppo molto forte della propria economica e che ora però sono a caccia anche della qualità. Il messaggio che voglio lanciare é che questo non é un gruppo chiuso: oggi i progetti sono 8. Spero che fra qualche mese siano molti di più”.
Il gruppo di manager di Italia Autentica ha anche voluto creare un marchio di qualità che viene attribuito ai progetti di maggiore potenziale e che richiama il più caratteristico dei gioielli abruzzesi, la Presentosa. (asca)
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È stato firmato a Parma in occasione di Cibus 2014, (foto On the Road) il Protocollo d’intesa per la tutela e la valorizzazione delle produzioni agroalimentari DOP e IGP sulla piattaforma online eBay. L’accordo è stato siglato tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, eBay e l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (AICIG).
L’obiettivo del Protocollo è rafforzare la tutela, la promozione, la valorizzazione e l’informazione delle produzioni italiane DOP e IGP anche tra i consumatori che si avvalgono della piattaforma eBay, favorendo la presenza nel mercato online dei prodotti italiani autentici e di qualità.
I prodotti DOP e IGP italiani, infatti, rappresentano il 40% dell’intera produzione a denominazione comunitaria, con un fatturato complessivo alla produzione di circa 7 miliardi di euro. Si tratta di un patrimonio che istituzioni, associazioni e imprenditori intendono garantire ulteriormente anche su eBay, uno dei più grandi marketplace online del mondo e il primo in Italia, con oltre 4,5 milioni di utenti attivi.
Il protocollo assegna un ruolo centrale al Programma di verifica dei diritti di proprietà (Verified Rights Owner - VeRO), un sistema che può contare su oltre 37mila utenti attivi e che consente ai titolari di diritti di proprietà intellettuale (come copyright, marchi registrati o brevetti) di segnalare eventuali violazioni.
eBay si impegna a rimuovere gli annunci dove vengono riscontrate violazioni relative ai prodotti DOP e IGP. Contestualmente l’Ispettorato repressione frodi (ICQRF) attiva le procedure di protezione ex officio dei prodotti su tutto il territorio dell’Unione europea per il blocco della commercializzazione dei prodotti rilevati.
“Questo Protocollo – ha dichiarato Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali,– si inserisce nel più ampio contesto di azioni strategiche che stiamo mettendo in campo per la tutela e la valorizzazione del Made in Italy agroalimentare. Non dimentichiamo che l’Italia è leader in Europa con 264 prodotti riconosciuti, con un fatturato al consumo nazionale di quasi 9 miliardi di euro. Queste cifre possono crescere ancora se recuperiamo gli spazi occupati ora dai falsi”.
“Aicig e il sistema dei Consorzi – dichiara il Giuseppe Liberatore Presidente AICIG – sono molto attivi nella tutela delle denominazioni sul web. In questa direzione, l’Associazione sta realizzando con Ismea, un portale dedicato alle IG (www.dop-igp.eu), con l’obiettivo di sviluppare a regime applicazioni che consentano agli addetti alla vigilanza, ma anche ai consumatori, di effettuare segnalazioni alle competenti autorità su specifiche irregolarità".
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Tra i prodotti agricoli recentemente inseriti tra i prodotti DOP e IGP troviamo il “Miele Varesino”, un tipo di miele conosciuto e apprezzato per la sua elevata qualità e delicata fragranza. Il “miele Varesino”, contraddistinto dal marchio “Miele Italiano” e prodotto nella provincia di Varese, tra il Lago Maggiore e il Lago Lucano, vanta una serie di caratteristiche superiori rispetto a quelle previste dalle norme: freschezza, genuinità, percentuale di umidità ai valori minimi (al fine di evitare la degradazione del prodotto), cristallizzazione fine ed uniforme, rispondenza all’analisi organolettica.
Oltre a questo importante prodotto italiano, viene aggiunto alla lista dei prodotto DOP anche il formaggio “Requeijão da Beira Baixa”, un formaggio prodotto in Portogallo, noto per la particolarità della sua lavorazione: all’acqua potabile utilizzata e al siero di latte viene aggiunto latte crudo di capra o pecora, conferendo così a questo formaggio fresco (non fermentato) un gusto estremamente delicato.
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Costituito a Modena il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena. La presentazione ufficiale del nuovo organismo è avvenuta alla Camera di Commercio alla presenza del Presidente della CCIAA di Modena Maurizio Torreggiani, del VicePresidente di AICIG e Direttore del Consorzio Grana Padano Stefano Berni, del Presidente del Consorzio Filiera Aceto Balsamico di Modena Sabrina Federzoni, del Presidente del Consorzio Aceto Balsamico di Modena Mariangela Grosoli, del Direttore di AICIG Piermaria Saccani, di Roberta Chiarini della Direzione Generale Agricoltura della Regione Emilia Romagna e di Alessandra D’Arrigo del MIPAAF.
Il neonato Consorzio, che conta 50 associati rappresentativi di oltre il 98% dell’intera produzione, come primo atto formale ha nominato il nuovo Consiglio di amministrazione - composto da Mariangela Grosoli e Sabrina Federzoni, Giovanni Carandini, Armando De Nigris, Angelo Giacobazzi, Cesare Mazzetti, Giacomo Ponti, Enrico Zini e Stefano Berni – il quale a sua volta ha provveduto come primo atto ufficiale alla nomina del Presidente del Consorzio, individuato nella persona del consigliere Stefano Berni, attualmente anche direttore del Consorzio di tutela del Grana Padano.
“Il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena ha due mission – ha commentato il neopresidente Berni (foto) – ovvero la tutela e la garanzia di reddito a tutte le imprese della filiera. Un prodotto DOP e IGP ha senso di esistere solo se sa valorizzare la materia prima e il suo processo di trasformazione e questo è l’elemento fondante e istitutivo con cui la UE ha attivato il sistema dei prodotti certificati. Il Consiglio di Amministrazione farà il possibile affinché il nuovo Consorzio possa funzionare al meglio, alimentato dall’entusiasmo di tutti al fine di garantire la massima efficienza”.
I dati del settore pongono l’Aceto Balsamico di Modena ai vertici della classifica dei prodotti italiani DOP e IGP e tra i vanti dell’agroalimentare italiano nel mondo: il volume produttivo è superiore a 90 milioni di litri, la quota di esportazione pari circa al 90% ed il valore di mercato supera i 600 milioni di euro.
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Nel 2013, sesto anno di crisi economica, gli italiani hanno bevuto meno vino in quantità, cercando contemporaneamente sia la qualità che il risparmio. Si sono orientati sulle bottiglie “doc” ed hanno iniziato ad apprezzare il vino biologico, ma si sono spostati anche su formati meno costosi come quello del vino da tavola ed il vino con la marca del distributore, cioè del supermercato stesso. I vini bianchi crescono più dei rossi ed i frizzanti vanno meglio dei fermi; spumante italiano e prosecco sono sempre più acquistati. Questo il quadro emerge dalla ricerca svolta dall’IRI per Vinitaly 2014 (a Verona dal 6 al 9 aprile) sulle vendite di vino nei supermercati, un canale che distribuisce circa il 63% del vino.
“L’indagine sugli acquisti di vino nella grande distribuzione che Vinitaly commissiona ormai da 10 anni - rileva Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere - conferma una tendenza che si può riassumere in una maggiore consapevolezza della qualità e soprattutto del giusto rapporto qualità/prezzo da parte del consumatore medio quando deve scegliere. Questo richiede alla grande distribuzione una maggiore attenzione nella proposta, che deve essere anche in grado di assecondare le nuove richieste, come quella dei vini biologici”.
La grande distribuzione ha venduto, nel 2013, 517 milioni di litri di vino confezionato per un valore di 1 miliardo e mezzo di euro, con una sensibile flessione in volume del 6,5% rispetto all’anno precedente (nel 2012 era stata del 3,6%), certamente condizionata dal sensibile aumento dei prezzi: + 10,2% al litro, tanto che le vendite in valore fanno segnare un + 3,1% .
Il formato più venduto nel 2013 rimane quello delle bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg e Igt) che nel 2013 ha fatto registrare un volume di oltre 213 milioni di litri per un valore di quasi 1 miliardo di euro. Questo formato ha subito nel 2013 una flessione del 3,2%, calo sensibile ma pur sempre minore del - 3,5% del 2012, risultato più apprezzabile se si considera l’aumento di prezzo del 5,6% in un anno che ha portato il prezzo medio della bottiglia a 4,5 euro.
Il formato che presenta invece un drastico calo è quello del vino in brik, le cui vendite scendono nel 2013 del 9,4%, influenzate da un aumento di prezzo del 20,5%. Resiste invece il tradizionale vino da tavola in bottiglia da 75cl, sostanzialmente stabile con una lieve flessione a volume dello 0,3%, che diviene di fatto il formato più performante del 2013.
Sul fronte della ricerca della qualità da parte dei consumatori, va segnalata la crescita del 4% in volume delle vendite di vini biologici nei supermercati, con 1 milione di litri venduti per un valore di 5 milioni di euro.
Qualità a prezzo contenuto sembra essere il segreto del successo dei vini a marca del distributore (o marca privata), dunque commercializzati direttamente dalle insegne della grande distribuzione spesso con marchi di fantasia, che nel solo comparto delle bottiglie a 75cl vende quasi 16 milioni di litri e tiene le posizioni, nonostante la crisi dei consumi.
Da sottolineare infine le vendite del vino “bag in box”, cioè di quelle confezioni da 3 litri di vino conservato senza ossigeno spillabile dal rubinetto: nel 2013 sono stati venduti 9 milioni di litri per 15 milioni di euro. Nonostante una flessione del 3,1% in volume nel 2013, diversi esperti ritengono che il futuro di questo formato potrebbe essere roseo per la sua evidente praticità.
E quali sono i vini più amati dagli italiani? La classifica elaborata da IRI per Vinitaly 2014 presenta delle conferme con interessanti sorprese se si analizzano i tassi di crescita.
I vini più venduti in assoluto sono: Chianti, Lambrusco, Vermentino, Barbera, Bonarda, Montepulciano d’Abruzzo, Nero d’Avola, Muller Thurgau, Morellino, Dolcetto.
Tra i vini emergenti, cioè quelli con il maggiore tasso di crescita troviamo il sorprendente exploit del Pignoletto e del Cannonau, il primo sospinto da una presenza sempre maggiore sugli scaffali di tutta Italia ed il secondo favorito anche da una considerevole spinta promozionale. In questa particolare classifica troviamo anche il Prosecco, il Vermentino (che non a caso compare nella top ten dei vini più venduti in assoluto), il Pecorino, l’Aglianico e altri.
La ricerca completa dell’IRI verrà presentata al tradizionale convegno su vino e grande distribuzione organizzato da Vinitaly il 7 aprile cui parteciperanno: Federdistribuzione, l’associazione della maggioranza delle imprese della grande distribuzione, Coop, Conad, Federvini, Unione Italiana Vini, Eataly. In quella occasione sarà commentata la ricerca IRI e verranno presentate idee e proposte per stimolare il mercato interno e quello estero.
Un primo commento all’andamento del mercato nel 2013 viene dall’IRI e da Federdistribuzione.
“Negli ultimi mesi del 2013 abbiamo assistito a un rallentamento nel calo delle vendite di vino - ha spiegato Virgilio Romano, Client Service Director IRI - che ci fa ben sperare per l’anno in corso. Nel 2013 abbiamo scontato anche una delle vendemmie meno generose degli ultimi anni (quella del 2012) che ha causato un aumento dei prezzi che riversato sul prodotto ha notevolmente rallentato gli acquisti. Inoltre sta cambiando il comportamento dei consumatori: non hanno un atteggiamento passivo e di fronte alle variazioni nei prezzi cercano di mantenere il proprio carrello della spesa sui livelli dell’anno precedente, attraverso scelte sempre più attente e oculate”.
Analisi condivisa da Federdistribuzione il cui rappresentante a Vinitaly 2014, Alberto Miraglia, Direttore Marketing di Auchan, fornisce indicazioni per il mercato nazionale e quello estero: “Difronte alla crisi, le imprese della grande distribuzione hanno incrementato la leva promozionale, fino al 51,3% registrato nel 2013 sulle bottiglie doc; ma oltre non si può andare perché i margini sono già troppo erosi. Cercheremo quindi di diversificare, puntando ancor di più sulla marca del distributore, dando attenzione a produzioni come quella del vino biologico e sviluppando ulteriormente la presenza di piccoli produttori legati al territorio”.
“Poi c’è il discorso dell’export - ha proseguito Miraglia - ci sono insegne che portano il vino italiano nei propri punti vendita internazionali, promuovendolo con manifestazioni specifiche o inserendolo regolarmente nell’assortimento; altre che favoriscono il prodotto nazionale sfruttando rapporti consociativi con catene distributive estere, incentivando rapporti diretti tra grande distribuzione straniera e cantine italiane, indicando cantine e prodotti interessanti da inserire nelle linee di vino di marca del distributore dell’insegna estera. Si delinea così uno scenario sempre più interessante per le cantine italiane, anche di medie proporzioni”.
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Il Gorgonzola, prodotto D.O.P.
La qualità e l’autenticità del GORGONZOLA, inserito nella lista dei prodotti D.O.P. dal 1996, sono assicurate da una severa legislazione che definisce la zona geografica per la raccolta del latte e la stagionatura, oltre agli standard di produzione.
Forse non tutti sanno che solo il latte degli allevamenti bovini delle provincie di Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia e Varese, Verbano-Cusio-Ossola e il territorio di Casale Monferrato può essere utilizzato per produrre il gorgonzola conferendogli la denominazione d’origine protetta.
Ogni forma di gorgonzola deve essere poi marchiata all’origine e riportare sempre l’indicazione caseificio in cui è stata prodotta. Perché possa essere venduto come tale, il gorgonzola D.O.P. deve essere avvolto in fogli di alluminio recanti la del Consorzio senza la quale il formaggio semplicemente non è gorgonzola!
Il consorzio
Il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola è stato creato nel 1970 ed ha sede a Novara. E’ un ente senza fini di lucro che raggruppa 40 caseifici che rappresentano il 100% della produzione globale. Il Consorzio, che dipende direttamente dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha il preciso scopo di vigilare sulla produzione e sul commercio del gorgonzola DOP e sull’utilizzo della sua denominazione al fine di tutelare produttori e consumatori. Il Consorzio promuove tutte le iniziative tese a salvaguardare la tipicità e le caratteristiche del gorgonzola preservandole da ogni abuso, concorrenza sleale, contraffazione, uso improprio della DOP e comportamenti illeciti. Inoltre, in collaborazione con le Università, gli Istituti di ricerca e gli Istituti Tecnici Lattiero-Caseari, il Consorzio promuove ricerche tecnico-scientifiche.
I Numeri
• Il gorgonzola è il 3° formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei formaggi DOP italiani, dopo i due grana
• 4.175.610 di forme è stata la produzione globale di gorgonzola nel 2013 da parte delle circa 3000 aziende agricole e 40 caseifici dislocati nel territorio consortile.
• 550 milioni di euro circa è il giro d’affari del gorgonzola al consumo oggi.
• In Italia le vendite si suddividono per il 65% nel nord-ovest, 19% nel nord-est, 9% nel sud e nelle isole e il 7% al centro.
• Il 31 % della produzione è destinato all’esportazione, prevalentemente nell’Unione Europea (con la Germania e la Francia che assorbono più del 50% dell’esportazione totale), ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, paese in cui il consumo di formaggi italiani è in forte crescita.
Le origini
Il formaggio gorgonzola prende il nome dall’omonima cittadina alle porte di Milano. La sua data di nascita non è certa, come accade per molti alimenti tradizionali, ma si fa risalire al Medioevo, intorno all’anno 879, più di undici secoli fa.
Inizialmente si chiamava 'stracchino di gorgonzola' con riferimento alle vacche 'stracche', ovvero stanche dopo la transumanza dalle zone alpine della Valsassina alla zona pianeggiante di Gorgonzola. Quest’area, grazie alle particolari condizioni climatiche e all’efficiente sistema di irrigazione, presentava pascoli stabili e foraggi di ottima qualità che favorivano la produzione di molto latte, ingrediente primario e indispensabile per produrre formaggio.
La produzione del gorgonzola comincia ad estendersi di pari passo con la canalizzazione delle risorse idriche e la costruzione dei navigli, completati intorno al 1500, nelle aree del Milanese, del Lodigiano e del Pavese. In questo modo il formaggio poteva essere velocemente trasportato a Milano, insieme agli altri prodotti alimentari, dove il commercio era più fiorente soprattutto in occasione delle fiere. Un’ulteriore condizione geografica favorevole del territorio era rappresentata dalle grotte naturali della Valsassina perfette per la maturazione del gorgonzola anche nei mesi estivi durante i quali solitamente la lavorazione si interrompeva.
Col tempo nel nome rimane solo la parola 'gorgonzola' e l’area di produzione si estende alla zona a cavallo tra Lombardia e Piemonte che comprende le provincie di Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbano-Cusio-Ossola e il territorio di Casale Monferrato per il Piemonte; Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia e Varese per la Lombardia. Solo il latte appena munto degli allevamenti di queste provincie può oggi essere utilizzato per produrre il gorgonzola conferendogli la Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.).
Vera svolta nella produzione del gorgonzola e dei formaggi in generale si ha nel 1860 con le prime strutture di stagionatura. Per volere dell’allora Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio vengono messi a punto, infatti, interventi per migliorare le competenze tecniche degli operatori e, di conseguenza, il livello tecnico-produttivo. Nel caso del gorgonzola questo significa essenzialmente la stagionatura nelle celle frigorifere.
Oggi come allora il latte di altissima qualità insieme alla sana produzione dei foraggi, all’elevato standard igienico delle stalle nei territori consortili e all’accurato procedimento tuttora manuale sono la premessa per la realizzazione di un prodotto dell’eccellenza italiana, espressione di una tradizione antichissima fatta di sapori sinceri e genuini. Ecco perché si dice che l’unico segreto del gorgonzola è quello di non avere segreti!
Metodo di produzione
Anche nella grande industria nazionale il procedimento di produzione del gorgonzola prevede ancora un forte intervento manuale. Il formaggio si ottiene utilizzando esclusivamente latte vaccino intero pastorizzato cui si aggiungono fermenti lattici, caglio e spore di penicilli. A coagulazione avvenuta la cagliata viene
sistemata nei fassiroli, o fascere, in quantità di circa 15 kg per ogni forma e viene lasciata riposare per permettere la perdita di siero. Successivamente le forme vengono girate e marchiate su entrambe le facce con il numero identificativo del caseificio di produzione. Quindi vengono spostate in celle, dette 'purgatorio', con una temperatura di 18/24°C, dove le forme vengono salate manualmente.
Dopo 3 settimane circa di stagionatura, in celle frigorifere a 2/7° C, con umidità del 85/99%, ha luogo la foratura con grossi aghi metallici che permette all’aria di entrare nella pasta, sviluppare le colture già innestate nella cagliata e dare così vita alle inconfondibili venature blu/verdi del gorgonzola. A stagionatura ultimata, dopo circa 2 mesi, le forme vengono tagliate e ciascuna parte viene avvolta in alluminio riportante l’inconfondibile in rilievo del Consorzio, unica garanzia di qualità dove C sta ad indicare il Consorzio e G si riferisce al formaggio gorgonzola. Senza il numero del caseificio d’origine, i marchi del Consorzio e l’alluminio in rilievo, infatti, il formaggio non è gorgonzola.
Caratteristiche
Il gorgonzola è un formaggio molle a pasta cruda che appartiene alla famiglia degli “erborinati” (da “erborin”, che in dialetto milanese vuol dire prezzemolo) ovvero di quei formaggi che presentano le tipiche striature verdi date, non dall’utilizzo del prezzemolo, bensì dalla formazione di muffe. Altri “erborinati” famosi sono il Castelmagno della provincia di Cuneo, il Blu del Moncenisio, lo Stilton inglese e il Roquefort francese. Occorre circa un quintale di latte per ottenere una forma del peso di circa 12 kg.
Dolce o piccante?
Il gorgonzola del tipo piccante, si differenzia, oltre che per il gusto forte e deciso più simile al “roquefort” francese o allo “stilton” inglese, per le venature blu/verdi più accentuate e per la pasta più consistente e friabile. Il gorgonzola piccante prevede un periodo di stagionatura più lungo e durante la lavorazione vengono innestate colture di penicilli differenti. Questo tipo di gorgonzola, detto anche “gorgonzola del nonno” o “antico” perché consumato maggiormente in passato, rappresenta oggi circa il 9% della produzione nazionale.
Informazioni nutrizionali
Il gorgonzola ha un alto contenuto di minerali e vitamine. E’ inoltre appurato che il gusto e l’aroma del gorgonzola provocano un’attivazione sensoriale che stimola la secrezione di bile e di succo pancreatico favorendo in questo modo la digestione dei grassi e delle proteine.
100 gr. di GORGONZOLA contengono:
Calorie 330 kcal
Proteine 19 gr
Carboidrati 0
Grassi 27 gr
Fosforo 360 mg (45% rda)
Calcio 420 mg (52% rda)
Vitamine A - B1 - B2 - B6 - B12 - PP
Secondo una recente ricerca commissionata dal Consorzio per la tutela del formaggio gorgonzola al professor Mario Del Piano, medico gastroenterologo, il gorgonzola è tollerato anche da chi soffre di intolleranze alimentari (circa il 70% della popolazione adulta). Già in passato il professor Del Piano aveva sottolineato le particolari qualità nutritive del gorgonzola, impiegato sin dal Medioevo nella cura dei disturbi gastro-intestinali, e ancor oggi somministrato agli ammalati inappetenti per malattie croniche e neoplastiche. "Il Gorgonzola - ha aggiunto il professor Del Piano - grazie alla triplice fermentazione cui è sottoposto il latte (lattica, con i lieviti e le muffe) è consigliabile a tutti coloro, che pur avendo l’intolleranza al lattosio, non vogliono rinunciare a mangiare un buon formaggio!".
Il gorgonzola a tavola
Il gorgonzola è un alimento dalla forte personalità che si presta ad essere utilizzato sia come portata in un pranzo di tutti i giorni sia come ingrediente principale nelle creazioni degli chef più rinomati.
Curiosità e leggende
Durante la seconda guerra mondiale Winston Churchill fece segnare la cittadina di Gorgonzola con un cerchietto rosso sulle carte per evitare che venisse bombardata in quanto produttrice del formaggio di cui era ghiotto.
Negli anni ’40 i quotidiani dell’epoca riportavano che l’italianissimo gorgonzola era il formaggio più consumato nel ristorante della Camera dei Comuni di Londra. Il gorgonzola ha anche un Santo protettore, San Lucio, il cui culto cominciò nell’800 quando i formaggiai offrivano al santo una lira in cambio della sua benevolenza. Al santo fu anche dedicato un grande quadro nella Chiesa di San Bernardino alle Ossa a Milano, proprio vicino al grande mercato del Verziere dove il formaggio era tra i generi più contrattati e, tra questi, il gorgonzola era il Re. Con lo spostamento del mercato il culto scemò restando comunque attivo fino ad oltre il 1960.
Le più celebri leggende sulla nascita del gorgonzola sono due e la fanno risalire una alla sbadataggine, l’altra all’amore. Nel primo caso si racconta che un mandriano si concesse una sosta in quel di Gorgonzola e, avendo dimenticato l’attrezzatura per lavorare il latte destinato a diventare crescenza o quartirolo, lasciò la cagliata in un recipiente riservandosi di unirla a quella del giorno dopo per poi lavorare il tutto con gli attrezzi recuperati.
Tuttavia l’unione delle due “paste” di consistenza diversa provocò il passaggio dell’aria negli interstizi e di conseguenza la diffusione delle muffe. Nacque così il gorgonzola. Stesso copione nella storia più romantica in cui il protagonista non è un mandriano, bensì un giovane casaro sbadato per amore!
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