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L’Italia è invasa da olio di oliva tunisino con le importazioni dal Paese africano che sono aumentate del 734 per cento nel 2015, pari ad oltre otto volte le quantità rispetto allo scorso anno. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata alla Giornata nazionale dell’extravergine italiano, sulla base dei dati Istat relativi ai primi sette mesi.
Quest’anno - sottolinea la Coldiretti - si sono registrati sbarchi record di olio dalla Tunisia che diventa il terzo fornitore dopo la Spagna, la quale perde terreno anche a favore della Grecia, con l’aumento del 517 per cento delle spedizioni elleniche verso l’Italia nello stesso periodo. Il risultato è che nel 2015 - precisa la Coldiretti - l’Italia si conferma il principale importatore mondiale di olio di oliva nonostante l’andamento positivo della produzione nazionale.
Una situazione che - continua la Coldiretti - rischia di peggiorare ulteriormente dopo il via libera annunciato dalla Commissione Europea all’aumento del contingente di importazione agevolato di olio d’oliva dal Paese africano verso l’Unione europea fino al 2017, aggiungendo ben 35mila tonnellate all'anno alle attuali circa 57mila tonnellate senza dazio già previsti dall'accordo di associazione Ue-Tunisia”. Una decisione sulla quale – precisa la Coldiretti - è giustamente intervenuto anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni affermando che “non si deve danneggiare l’economia agricola nazionale”.
Il rischio concreto - sostiene la Coldiretti - è il moltiplicarsi di vere e proprie frodi come sembrano dimostrare le recenti indagini aperte dalla Magistratura e dall’Antitrust, ma anche di inganni, con gli oli di oliva importati che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri, a danno dei produttori italiani e dei consumatori.
Sotto accusa - sostiene la Coldiretti - è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicare per legge l’origine in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è però quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. I consumatori - precisa la Coldiretti - dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente. In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione per non cadere nella trappola del mercato.
“In queste condizioni, per garantire la trasparenza di mercato occorre anche dare concreta applicazione alle norme già varate con la legge “salva olio”, la n 9 del 2013” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è necessario procedere tra l’altro alla definizione delle sanzioni per inadempienza per l’uso obbligatorio dei tappi antirabbocco nella ristorazione, dove si continuano a trovare le vecchie oliere che permettono i miscugli, ai controlli per la valutazione organolettica che consentirebbero di distinguere e classificare gli oli extravergini d’’oliva e soprattutto quelli dei regimi di importazione per verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata.
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Si avvicina il Natale e il panettone sarà protagonista sulle nostre tavole, ma la sua storia non è così conosciuta come il suo sapore.
L'origine del panettone è lombarda, anzi milanese. Sembra che esistesse già nel '200, come un primo pane arricchito di lievito, miele, uva secca e zucca. Nel '600 aveva la forma di una rozza focaccia, fatta di farina di grano e chicchi d'uva. Nell'800 il panettone era una specie di pane di farina di grano arricchito con uova, zucchero, uva passa (la presenza di quest'ultimo ingrediente aveva una funzione propiziatoria, quale presagio di ricchezza e denaro). Ci sono varie leggende legate all'alchimia del panettone. Una prima ambientata a fine '400, narra di Ughetto figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, che si innamorò della bella e giovane Adalgisa. Per star vicino alla sua amata egli s'improvvisò pasticcere come il padre di lei, tal Toni, creando un pane ricco, aggiungendo alla farina e al lievito, burro, uova, zucchero, cedro e aranci canditi.
Erano i tempi di Ludovico il Moro, e la moglie duchessa Beatrice vista questa grande passione del giovane, aiutata dei padri Domenicani e da Leonardo da Vinci, si impegnò a convincere Giacometto degli Atellani a far sposare il figlio con la popolana. Il dolce frutto di tale amore divenne un successo senza precedenti, e la gente venne da ogni contrada per comprare e gustare il "Pan del Ton".
Narra una seconda leggenda che per la vigilia di Natale, alla corte del duca Ludovico, era stata predisposta la preparazione di un dolce particolare. Purtroppo durante la cottura questo pane a cupola contenente acini d'uva si bruciò, gettando il cuoco nella disperazione. Fra imprecazioni e urla, si levò la voce di uno sguattero, che si chiamava Toni, il quale consigliò di servire lo stesso il dolce, giustificandolo come una specialità con la crosta. Quando la ricetta inconsueta venne presentata agli invitati fu accolta da fragorosi applausi, e dopo l'assaggio un coro di lodi si levò da tutta la tavolata; era nato il "pan del Toni".
Uno degli artefici del panettone moderno è stato Paolo Biffi, che curò un enorme dolce per Pio IX al quale lo spedì con una carrozza speciale nel 1847. Golosi del pant del ton sono stati molti personaggi storici: dal Manzoni al principe austriaco Metternich, quest'ultimo parlando delle "cinque giornate" disse dei milanesi: "Sono buoni come i panettoni".
Nascita e sviluppò della forma e della confezione attuale del panettone sono databili alla prima metà del '900, quando Angelo Motta propose il cupolone e il "pirottino" di carta da forno, quasi a celebrare la crescita e l'importanza del preparato.
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“Cucina la Crisi” è il titolo dato ad un progetto in corso di realizzazione da parte della Regione del Veneto, dell’Unione delle Pro Loco del Veneto e delle Associazioni dei Consumatori, incentrato sulla valorizzazione di un tipo di cucina basata su prodotti semplici ed economici, ma che vuole significare anche l’idea di sfruttare la crisi a proprio vantaggio, imparando a fare delle scelte oculate e con costi contenuti.
In collaborazione con le Associazioni dei Consumatori, è stata selezionata una serie di eventi delle Pro Loco per ogni provincia. I primi appuntamenti sono iniziati nel mese di settembre ma si proseguirà fino a giugno 2016: 12 sono gli eventi programmati a Treviso, 10 a Vicenza e Verona, 8 nel Bellunese, 5 rispettivamente a Padova, Vicenza e Rovigo. All’interno di ogni evento sono previsti momenti formativi e serate a tema, all’interno delle quali i cuochi delle Pro Loco propongono e presentano al pubblico uno o più prodotti locali di stagione, illustrandone le proprietà organolettiche e nutrizionali, nonché il loro impiego nei piatti della tradizione.
A seguito della presentazione, viene effettuata una lezione pratica di cucina all’interno della quale i visitatori possono imparare a realizzare un piatto, utilizzando i prodotti presentati, con degustazione finale del piatto realizzato. A conclusione del progetto, le ricette elaborate e presentate negli eventi in tutto il Veneto verranno raccolte in un ricettario, curato nei contenuti e nelle immagini. Ad ogni manifestazione sono presenti le Associazioni dei Consumatori iscritte al registro regionale che, sul modello degli sportelli itineranti realizzati in questi anni, fanno conoscere i propri servizi ai cittadini.
“L’obiettivo – fa presente l’assessore regionale allo sviluppo economico e alla tutela del consumatore Roberto Marcato - è quello di rendere interessato un pubblico molto ampio e diversificato quanto ad età, interessi e tipologia. Idealmente il progetto si rivolge infatti a tutti i Veneti in quanto consumatori e la Regione ha sempre grande attenzione per le iniziative che coinvolgono direttamente il territorio. Attraverso la realizzazione del progetto in tutte le sue sfaccettature, potranno riscoprire ed apprezzare i piatti della propria tradizione, promuovendone la tutela, non solamente per fissarne la memoria che è comunque un aspetto positivo, ma anche per valorizzare prodotti cosiddetti “poveri” ma genuini, con un occhio di riguardo per la propria salute e per il portafoglio. Chi vuole può quindi imparare a mangiare in modo sano e a costi contenuti, facendo coincidere aspetti che non sempre risultano conciliabili”.
“Se si riportano in Veneto i dati nazionali del Censis - spiega il presidente dell’Unpli Veneto, Giovanni Follador – possiamo dire che 2 milioni di Veneti (oltre il 40%) frequenta regolarmente o saltuariamente una sagra. Le Pro Loco del Veneto sono annualmente impegnate a mettere in campo, solo in ambito gastronomico, oltre 500 manifestazioni. Le ricette della tradizione, che valorizzano i prodotti tipici – molti dei quali a marchio garantito – sono da sempre le protagoniste delle nostre sagre. Con il sostegno delle Associazioni Consumatori e della Regione, abbiamo scelto di fare un passo ulteriore perché le nostre feste siano volano per una vera e propria educazione del consumatore, al fine di promuovere l’uso e il consumo dei prodotti a km zero e di stagione per realizzare piatti a costo contenuto e, soprattutto, sani, riscoprendo il gusto della tradizione”.
E’ previsto anche un concorso riservato alle scuole. Sul sito www.cucinalacrisi.it si trova l’elenco di tutti gli appuntamenti e dei piatti tipici.
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Tornare a scoprire prodotti sani e genuini, comprare solo materie prime di qualità e di stagione, trovare il tempo per selezionare con attenzione ciò che si acquista: è la nuova tendenza! Ecco perché sempre più italiani abbandonano le grandi catene di supermercati per tornare ad acquistare al mercato (l’80% dei consumatori in Italia, frequenta e acquista ai mercati rionali – dati Nielsen Retail Store Format Preferences, aprile 2015).
Ed ecco spiegato il rinnovato successo dello storico banco “Piero & Luca Formaggi” che da quasi quarant’anni è una presenza storica nei mercati meneghini. “Piero & Luca Formaggi” offre un’ampia proposta di formaggi, arrivando fino a 170 tipi nella stagione invernale, oltre che una selezionata offerta di salumi, da quelli più conosciuti alle tipologie più raffinate e gourmet.
Tra gli assidui frequentatori, persone normali che riscoprono i valori di una cucina genuina e naturale, ma anche tanti addetti ai lavori, come Andrea Vigna, figura poliedrica, instancabile, sempre curiosa e mai scontata. Andrea Vigna è cuoco, chef a domicilio e fondatore di www.panbagnato.com, uno dei siti di cucina di maggior successo, ma ama definirsi cuciniere, per sottolineare l’importanza di sporcarsi le mani in cucina e badare alla sostanza più che all’apparenza.
E proprio Andrea Vigna, sabato 21 novembre, dalle 11.30 alle 13.30, sarà ospite di “Piero & Luca Formaggi” non come cliente, bensì nelle vesti di chef. Per promuovere la cultura del mangiar bene, Andrea scenderà in strada e offrirà al pubblico di buongustai una degustazione di risotto con riso 100% Carnaroli della Riserva San Massimo (Groppello Cairoli – PV), mantecato con Tipico Lodigiano detto anche “Granone” e burro di pura panna, cucinato al momento. La location: uno dei mercati più chic e più frequentati di Milano, quello di Via Fauché (zona Sempione).
“Ho sempre pensato che saremo ritornati ai valori più tradizionali. Gli Italiani amano la buona cucina, ce l’hanno nel cuore. Me ne rendo conto ogni giorno di più, stando dietro al banco, e l’attenzione a ciò che si acquista è un’attitudine sempre più diffusa, anche e soprattutto tra il pubblico più giovane - spiega Luca, titolare insieme al papà Piero e alla mamma Giovanna di “Piero & Luca Formaggi”.
“Sono felice e onorato di aver accettato l’invito di Piero & Luca e Formaggi di cucinare al mercato. Sono convinto - sottolinea Andrea Vigna - che il mercato sia un luogo pieno di vita, da vivere lentamente e con l’animo predisposto alla scoperta. Il mercato è da sempre fonte di grande ispirazione per i miei lavori”.
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Sostenibilità dal basso, tradizione, multiculturalità: sono queste le fondamenta a sostegno della piattaforma online che mira a trasformare la community dei cuochi amatoriali in un’esperienza di condivisione sociale.
Condividere il talento per la cucina con i propri concittadini? Oppure ordinare un pasto al dirimpettaio che ha la passione per i fornelli? Con Mychefhome.com è sufficiente registrarsi sul sito e dare un'occhiata alla mappa delle proposte più vicine per entrare in un mondo in cui tradizione e rivoluzione social si combinano a meraviglia. Il risultato è una piattaforma dedicata al "cibo di casa" che consente di provare piatti nuovi, far conoscere i propri cavalli di battaglia e anche evitare gli sprechi.
La “piazza virtuale” della cucina casalinga italiana, già online dall’inizio dello scorso settembre nella versione Beta, sta per iniziare ufficialmente la propria attività. E questo grazie al contributo di creatività e impegno di una squadra che lavora all’idea sin dal 2014.
Il funzionamento è molto semplice:
- un network online di cuochi amatoriali propone le proprie specialità culinarie indicando gli ingredienti dei singoli piatti e il compenso a porzione.
- l’utente invia la richiesta con l’ordine e il gioco è fatto.
- sarà sufficiente provvedere al ritiro dei piatti, o eventualmente concordare una consegna a domicilio, per gustare uno spuntino di metà mattina, un pranzo, una cena o una dolcissima merenda con la possibilità di recensirne la ricetta.
La finalità del progetto è quella di proporre un sistema funzionale al concetto di sharing economy. Mychefhome consente infatti ai molti amanti della buona cucina di condividere la passione per il cibo “famigliare” e casalingo in maniera più estesa e prima di tutto partecipata. La missione della piattaforma è quella di favorire una realtà in cui i rapporti tra individui non si fondino esclusivamente sullo scambio commerciale, ma su una relazione di fiducia speculare tra l’utente e il cuoco casalingo, entrambi legati alla filosofia di un cibo sano e genuino.
Questo progetto sarà a breve protagonista di una campagna di sviluppo collettivo del servizio attraverso un progetto di crowdfunding che utilizzerà la piattaforma Eppela.com.
L’amore per la cucina diventa un’opportunità per divertirsi, ottenere piccole soddisfazioni personali, condividere le tradizioni locali e sperimentare una nuova forma di scambio interculturale che solo il cibo può favorire.
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Quando la formula è composta da talento, passione e determinazione il risultato deve arrivare. E’ quello che sta dimostrando Ricardo Traver Bonillo, chef e titolare del ristorante PaellaMi.
Valenciano doc, arriva a Milano alcuni anni fa e, fiero delle sue origini e della tradizione culinaria della sua terra, mette la sua esperienza in cucina al servizio della città sotto forma di chef a domicilio, preparando i piatti tipici di uno degli angoli più caratteristici di Spagna a casa dei suoi sempre più numerosi clienti.
La scorsa primavera decide di aprire un piccolo ristorante che mantenga il filo conduttore iberico ed ecco PaellaMi.
Non c’è da confondersi nel suo locale, le cose che “bollono in pentola” sono tipicamente valenciane; nessuna influenza a rendere ibrido il cibo, pochi piatti autoctoni e preparati con cura maniacale. Cinque tipi di paella di cui una, la fideuà, a base di pasta del formato da cui prende il nome. E poi tapas, sangria bianca o rossa e una leccornia alla quale non si resiste: la crema catalana.
Tra le mura di Ricardo non si fa il giro del mondo ma si assapora uno spaccato di grande gastronomia ben definita che non può lasciare indifferenti; 40 coperti che soprattutto nelle serate del fine settimana vanno letteralmente a ruba.
Cucina a vista (per carpire i segreti dello chef), un ambiente conviviale e informale, una piccola brigata affiatata e professionale che si occupa di tutto tranne che delle paelle, perché a quelle Ricardo non permette a nessuno di mettere mano!
Gli ospiti possono decidere di consumare le specialità nel locale o portare tutto a casa in contenitori studiati per mantenere il calore fino a destinazione. Restando però si ha l’opportunità di chiacchierare con Ricardo, sempre pronto a raccontare le tradizioni, gli usi e i costumi della comunità valenciana. Non solo cibo quindi, ma la possibilità di attraversare quel ponte ideale che lo chef ha creato tra Italia e Spagna.
Il locale è aperto dal martedì al venerdì dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 23; sabato e domenica dalle 19 alle 24.
(foto di Laura La Monaca)
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Sugli appalti delle mense scolastiche che fatturano 1,3 miliardi all’anno si allunga l’ombra delle agromafie che mettono a rischio la salute a l’alimentazione di 2 milioni di bambini tra i 3 ed i 10 anni che quotidianamente mangiano a scuola. E’ quanto è emerso nell’incontro “Corruzione e Agromafie” promosso dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e da Gian Carlo Caselli Presidente del Comitato scientifico della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” con la partecipazione tra gli altri di Raffaele Cantone, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Giovanni Legnini, Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura e Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
Un pericolo di grande attualità come dimostra l’apertura quest’autunno della grande inchiesta sulla fornitura di pasti in scuole elementari e materne delle provincia di Napoli, Avellino e Salerno con 17 misure cautelari nei confronti di imprenditori e amministratori pubblici per attività di dossieraggio per sbaragliare la concorrenza, e cibo di qualità scadente, talvolta avariato, dato in pasto agli scolari. Si tratta in realtà solo dell’ultimo della lunga serie di episodi che riguarda l’insieme degli appalti pubblici per la ristorazione, dalle scuole agli ospedali fino agli immigrati come hanno dimostrato le recenti cronache di Mafia Capitale con tangenti e corruzione.
Da tutelare nelle scuole ci sono circa il 45 per cento dei bambini negli asili e nelle elementari con una tendenza all’aumento per i cambiamenti imposti dai nuovi stili di vita che favorisce un interesse crescente della malavita. “Si tratta di un crimine particolarmente odioso poiché ai danni provocati al sistema economico ed all’occupazione si aggiungono i pericoli per la salute in una fase delicata della crescita” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Forse non a caso un italiano su cinque (20 per cento) peraltro ha una valutazione negativa dei pasti serviti nelle mense scolastiche di figli o nipoti mentre il 42 per cento la ritiene appena sufficiente, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’.
Una netta maggioranza dell’83 per cento ritiene che le mense dovrebbero offrire i cibi più sani per educare le nuove generazioni dal punto di vista alimentare mentre solo il 13 per cento ritiene che dovrebbero essere serviti i piatti che piacciono di più. In ogni caso il 52 per cento degli italiani considera il costo delle mense scolastiche adeguato mentre per il 25 per cento è eccessivo.
“Per assicurare il miglior rapporto prezzo/qualità ma anche per educare le nuove generazioni la Coldiretti sollecita a privilegiare nelle mense scolastiche i cibi locali a km 0 che valorizzano le realtà produttive locali e riducono i troppi passaggi intermedi dietro i quali più elevato è il rischio di frodi e sofisticazioni” ha continuato Moncalvo.
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L’Italia è un Paese dove l’arte culinaria è in costante evoluzione, godiamo di un talento gastronomico che ci ha resi famosi nel mondo. Ma forse per eccesso di varietà spesso perdiamo per strada ricette della tradizione, cibi che hanno segnato la storia dei nostri nonni e che non meritano di essere abbandonate nel cassetto dei ricordi.
Pizzighettone ha riaperto quel cassetto 23 anni fa, riportando in pentola un piatto tipico della zona e trasformandolo in una festa che, edizione dopo edizione, ha avuto sempre più successo e richiamato nuovi, numerosissimi estimatori: i fasulin de l’òc cun le cudeghe (fagiolini dall’occhio con le cotenne, per chi non “mastica” il dialetto).
Dal 1993 nella cittadina murata della provincia cremonese infatti, questa pietanza povera guadagna le luci della ribalta in un contesto storico che già di per sé vale il viaggio.
La golosa manifestazione ha la particolarità e l’unicità di essere ambientata all’interno delle 18 Casematte delle mura che circondano interamente il centro storico di Pizzighettone a cavallo del fiume Adda, tutte collegate tra loro e riscaldate da grandi camini dell’epoca perfettamente funzionanti. I suggestivi ambienti vengono trasformati in osterie del passato dove degustare il piatto principe e altre prelibatezze locali su grandi tavoli in legno; l’atmosfera conviviale e la condivisione delle panche fa il resto.
Il tuffo nel passato partecipando alla manifestazione è anche l’occasione per riscoprire e rivivere una tradizione tipicamente lombarda, quella dell’uccisione del maiale che, dai primi del Novecento, avviene tra ottobre e novembre per poter preparare gli insaccati destinati alle tavole delle feste natalizie. E siccome si sa, del maiale non si butta via niente, con la cotenna si prepara questo piatto legato alla giornata di commemorazione dei defunti.
Oggi a Pizzighettone la tradizione passa attraverso le sapienti mani di cuoche che hanno ereditato la ricetta originale dei fagioli con le cotenne dalle loro mamme e nonne, da un piccolo esercito di volontari che lo servono nelle tipiche ciotole di coccio e del Gruppo Volontari Mura che con in ricavato, anno dopo anno, sta riportando la cerchia muraria della città agli antichi splendori.
Le date della manifestazione: 31 ottobre – 1 novembre e 7 – 8 novembre dalle ore 11.00 alle 23.00.
Molti gli eventi collaterali collegati: dalla mostra mercato enogastronomica per un viaggio tra le eccellenze e le produzioni locali, all’appuntamento con le birre provenienti da micro birrifici e birrifici artigianali del nord e centro Italia. Visite guidate alle mura di Pizzighettone, apertura straordinaria del Museo Civico e crociere sull’Adda a bordo della motonave Mattei.
Paola Drera
www.fasulin.com
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Nel 2015 la Francia lascerà all'Italia il posto di primo produttore di vino al mondo. Secondo la stima della Commissione Ue, il nostro Paese nella campagna 2015/2016 produrrà 48,869 milioni di ettolitri di vino, segnando un aumento del 13% rispetto all'annata 2014-2015. Al secondo posto, dunque, la Francia con 46,450 milioni di ettolitri (-1%), mentre al terzo posto si piazza la Spagna con 36,6 milioni di ettolitri (-5%).
Il terzetto di testa stacca di gran lunga tutti gli altri, con Germania (8,788 milioni) e Portogallo (6,703 milioni) rispettivamente al quarto e quinto posto, su un totale di produzione a livello Ue di 163,800 milioni di ettolitri.
Di anno in anno Italia e Francia si avvicendano regolarmente sull'ambito podio. Nell'eterno derby tra le due fraterne rivali, a fare la differenza, ogni stagione, sono soprattutto le condizioni meteo. Lo scorso anno, ad esempio, il clima particolarmente sfavorevole fece crollare i rendimenti italiani, mentre la patria del Bordeaux se ne uscì benone, riconquistando lo scettro.
Quest'anno, si verifica esattamente il contrario, con i produttori francesi che hanno dovuto fare i contro con una stagione meteo particolarmente secca. "Anche se la Francia - osserva orgoglioso Le Monde - resta, e di gran lunga, il numero uno mondiale in termini di valorizzazione dei propri prodotti vinicoli".
"L'Italia si conferma la patria del vino, tornando ad essere leader anche nella produzione - ha commentato il ministro Martina. - Abbiamo una ricchezza straordinaria, con oltre 500 vitigni coltivati, e vogliamo valorizzare ancora di più il grande lavoro fatto dalle nostre aziende in questi anni".
A livello territoriale - secondo i dati Uiv-Ismea - si è assistito ad incrementi generalizzati in quasi tutte le regioni italiane. Fanno eccezione Lombardia (-3%) e Toscana (0%), regioni che anche lo scorso anno sono risultate in controtendenza rispetto al resto del Paese. Fuori dal coro anche la Calabria (-10%). La leadership spetta, come nel 2014, al Veneto, con circa 9.317.000 ettolitri (+13%), mentre seconda è l'Emilia Romagna con 7.618.000 ettolitri (+9%) e terza la Puglia con 6.480.000 ettolitri (+19%).
Ci sono anche dati incoraggianti sul piano dell'export. Le stime di Bruxelles rivelano infatti che nei primi sei mesi del 2015 l'Italia è stato il Paese leader nelle esportazioni in termini di eccellenze Doc e Doccg, rispettivamente con 3,780 milioni di ettolitri e 3,305 milioni di ettolitri piazzati fra mercato Ue ed extra Ue. Al secondo posto c'è naturalmente l'immancabile Francia con 3,095 milioni di ettolitri di Doc e 1,962 di Doccg, poi la Spagna con 2,411 milioni di ettolitri di Doc e 1,070 milioni di ettolitri di Doccg.
Quando si guarda però al valore di tutti i vini esportati, all'interno e all'esterno dell'Ue, i cugini d'oltralpe rimangono imbattuti, totalizzando nello stesso periodo 3,642 miliardi di euro, contro i 2,542 miliardi incassati dall'Italia e 1,233 miliardi dalla Spagna. Se poi si fa una valutazione quantitativa, è la Spagna il Paese leader dell'export, con oltre 12 milioni di ettolitri piazzati fra mercato Ue ed extra Ue. All'Italia tocca il secondo posto con oltre 9,7 milioni e la Francia il terzo con 6,7 milioni.
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Il 2016 sarà l’anno delle “Spighe Verdi”. E’ quanto è emerso l’1 ottobre nella presentazione dei primi risultati del programma per lo sviluppo sostenibile dell’ambiente rurale che ha avuto luogo nella prestigiosa Casa degli Atellani -Vigna di Leonardo, a Milano.
Il progetto, nato dalla collaborazione di FEE Italia e Confagricoltura, ha l’obiettivo di adattare i principi e la metodologia della ben nota certificazione “Bandiera Blu” alla realtà dei comuni rurali della nostra penisola.
“L’attività agricola - ha affermato Luigi Mastrobuono, direttore generale di Confagricoltura - è parte fondamentale del processo di sostenibilità dei territori e il ruolo di Confagricoltura è quello di evidenziare e diffondere tutte quelle buone pratiche di sostenibilità ed innovazione che le aziende già attuano o sperimentano. Ecco perché l’esperienza di FEE nella gestione del programma internazionale “Bandiera Blu” si integrerà con i principi del progetto EcoCloud di Confagricoltura, esempio di come le aziende agricole possano attuare pratiche sostenibili che coinvolgano e migliorino tutta l’azienda nei suoi aspetti ambientali, economici e sociali.”
“Sono numerosi i benefici che hanno avuto in questi anni le amministrazioni locali che hanno aderito a “Bandiera Blu” - ha sottolineato Claudio Mazza presidente di FEE Italia – in quanto il progetto ha sollecitato e facilitato la loro programmazione ambientale delle politiche del territorio. Ora con “Spighe Verdi” vogliamo coinvolgere le amministrazioni locali dei comuni rurali per promuovere un miglioramento continuo della gestione ambientale al fine di favorire la conservazione del paesaggio, il corretto uso del suolo, la valorizzazione dei centri storici e degli aspetti culturali dei luoghi, per finire con lo sviluppo turistico e l’educazione ambientale”.
Su questi aspetti sono intervenuti i sindaci di Agropoli (Sa) e di Castagneto Carducci (Li), portando la loro esperienza su “Bandiera Blu”, ed i sindaci di Montefalco (Pg) e di Tassarolo (Al) che hanno manifestato il loro interesse a sviluppare il nuovo percorso con il progetto “Spighe Verdi”.
Gli interventi di Maurizio Mangialardi presidente di ANCI Marche e Lorella Chimenti, coordinatrice del GAL Pollino Sviluppo, hanno sottolineato come il progetto “Spighe Verdi” possa favorire lo sviluppo sostenibile delle aree interne del Paese.
“Con l’iniziativa “Spighe Verdi” - ha concluso il presidente di Confagricoltura Mario Guidi - i comuni potranno sviluppare politiche territoriali in armonia con chi da sempre presidia il territorio, le aziende agricole, con positive ricadute anche sul turismo, sulla valorizzazione e sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e dell’artigianato. La lunga esperienza internazionale di FEE nella gestione di programmi di educazione ambientale, la presenza capillare di Confagricoltura in tutto il Paese, anche attraverso la rete EcoCloud dedicata alla sostenibilità, ed il coinvolgimento delle amministrazioni interessate sono le basi per lo sviluppo del progetto, che già a partire dal 2016 rilascerà le prime certificazioni”.
www.confagricoltura.it
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Fragrante e fruttato, con un retrogusto di pinolo o di carciofo crudo: l’olio extravergine di oliva dop ligure, prodotto nella Riviera dei fiori, nella Riviera del ponente savonese e nella Riviera di levante, è il simbolo dell’eccellenza gastronomica ligure ed è noto in tutto il mondo per le sue caratteristiche uniche. Realizzato con le olive provenienti da sei diverse varietà di olivo locali, l’olio extravergine di oggi è frutto di un’antica arte tramandata nelle campagne da circa 2000 anni.
Dal 2001, il Consorzio per la Tutela dell’Olio Extra Vergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure opera per offrire ai consumatori una qualità d’olio tra le più ricercate dagli intenditori. Olivicoltori, frantoiani e imbottigliatori della Liguria, grazie al riconoscimento ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, collaborano per tutelare questo prodotto così prezioso, svolgendo un’azione di promozione e vigilanza dell’Olio Ligure nelle sue tre menzioni geografiche.
L’autunno, che coincide con il momento della bacchiatura delle olive, è una stagione di grande festa per l’olio di oliva, che viene celebrato in tutta la regione con sagre, fiere, feste e altri gustosi appuntamenti. A novembre, durante il weekend di "Olioliva", in tutta la città di Imperia vengono offerti assaggi, degustazioni, laboratori di cucina e menù tipici nei ristoranti, mentre a Sestri Levante i frantoi e le aziende olivicole del levante danno vita, con "PaneOlio e…" a un imperdibile mercato di colori e sapori. In programma dal 28 novembre all’8 dicembre.
Le caratteristiche dell’olio extravergine di oliva, ingrediente base di molte ricette regionali, sono esaltate da alcuni piatti tipici come la focaccia, la farinata, il brandacujùn e la stroscia. Se nella focaccia e nella farinata di ceci l’olio contribuisce a rendere più gustosi due prodotti all’apparenza molto semplici, nel brandacujùn agisce da legante tra lo stoccafisso e le patate, mentre nella stroscia di Pietrabruna, l’olio sostituisce le uova conferendo a questa focaccia dolce e secca un sapore particolare.
L’olio è l’elemento da gustare, ammirare, respirare e vivere. E’ la caratteristica evidente e stupefacente del paesaggio verde e argentato. E’ il lavoro degli uomini che per trovargli spazio hanno scavato per secoli la terra, creando muretti a secco che scalano vette.. L’olivo taggiasco è però, soprattutto, l’olio extravergine di oliva. Realizzato con le olive taggiasche, quest’olio ha un sapore unico, delicatissimo, sul confine del dolce. Un olio armonioso, che mette insieme i tanti contrasti di queste valli: è la luce della costa ed è l’ombra, è la tenue influenza del mare e delle montagne, è la terra aspra lavorata con fatica e che ricambia con buoni frutti. Per gustarlo in purezza la scelta migliore è acquistare una bottiglia di olio DOP Riviera dei Fiori che garantisce l'utilizzo esclusivo dell'oliva taggiasca di provenienza locali. All’olio sono dedicati anche due celebri musei regionali come il Museo dell’olivo di Oneglia, un allestimento espositivo con biblioteca specializzata che raccoglie le collezioni della Famiglia Carli, e il Museo Sommariva di Albenga, uno spazio di 400 metri quadri lungo le antiche mura occidentali della cittadina, con un frantoio che, sotto le volte a vela secolari, presenta un susseguirsi di vecchi attrezzi agricoli, recipienti di rame, giare in terracotta, torchi, macchinari di ogni tipo, dipinti e fotografie.
L’olio extravergine di oliva non è soltanto sinonimo di piaceri del palato: questo prodotto di grande versatilità viene infatti utilizzato da secoli nella cosmesi naturale per le proprietà benefiche che esercita sulla pelle. Utilizzabile come ingrediente unico oppure abbinabile ad altri ingredienti per la realizzazione di rimedi naturali, l’olio extravergine d’oliva offre grandi benefici per la cura della pelle secca, della pelle con acne, eczemi, cicatrici, dei capelli e delle unghie. Grazie alle sue proprietà emollienti e nutrienti, alla ricchezza di vitamine e alla rapida assorbibilità, l’olio contribuisce a mantenere la pelle idratata, morbida, elastica e giovane.
http://www.turismoinliguria.it/it/liguria/i-sapori/olio.html
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Volano le esportazioni di birra italiana all’estero che sono praticamente triplicate negli ultimi dieci anni con un aumento record del 28 per cento in quantità nel primo semestre 2015 rispetto allo stesso periodo anno precedente. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione della giornata ufficiale dedicata alla bevanda alcolica più consumata nel mondo ad Expo dove, nel padiglione No farmers No party all’ingresso del Cardo Sud, è stata aperta una speciale mostra dedicata all'innovazione della birra Made in Italy.
Numerosi sono gli esempi innovativi della produzione nazionale presenti al Padiglione Coldiretti. Se la birra piemontese aromatizzata alla canapa - sottolinea la Coldiretti - è di colore rosso rubino intenso e ha un deciso aroma di miscele di malti d'orzo con spiccata sensazione floreale e gusto pronunciato, quella pugliese al carciofo è di colore giallo paglierino con intensi profumi che molto ricordano il prestigioso Igp brindisino e gli agrumi, con un retrogusto piacevolmente amarognolo. Tutta la freschezza delle visciole nella fruttata birra marchigiana aromatizzata con questa ciliegia acida, una birra adatta per l’aperitivo, quasi una bollicina con sentori di luppolo malto d’orzo e visciola. E infine, passando dalla pregiata birra biologica doppio malto trevigiana che si esalta con il gusto del radicchio rosso tardivo Igp, si arriva alla birra bionda al riso, realizzata da un’azienda veronese che con il riso ha realizzato decine di preparazioni e che ha inteso offrire una proposta alcoolica alternativa ai grandi vini Doc scaligeri.
Anche grazie a queste innovazioni la birra italiana - continua la Coldiretti - va forte all’estero e conquista i paesi nordici, dalla Germania (+37 per cento), alla Svezia (+5 per cento), fino ai pub della Gran Bretagna (+3 per cento), nel primo semestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
A sostenere le esportazioni - sottolinea la Coldiretti - è infatti anche il boom nella produzione artigianale di birre Made in Italy che, quando sono l’evoluzione di aziende agricole, rappresentano l'autentica espressione del Made in Italy. Ha raggiunto il record di 30 milioni di litri la produzione annuale di birra artigianale in Italia dove in netta controtendenza alla crisi si contano circa 600 microbirrifici nel 2014, rispetto alla trentina censiti dieci anni fa.
Oltre a contribuire all’economia, la birra artigianale rappresenta anche – prosegue la Coldiretti - una forte spinta all’occupazione soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore con profonde innovazioni che - sottolinea la Coldiretti - vanno dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i brewpub o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.
Una offerta variegata in grado di soddisfare gli otre 30 milioni di appassionati consumatori di birra presenti in Italia dove tuttavia il consumo pro capite e di 29 litri, molto poco rispetto a Paesi come la Repubblica Ceca con 144 litri pro capite, l'Austria 107,8, la Germania 105, l'Irlanda 85,6, il Lussemburgo 85 o la Spagna 82.
A garantire la produzione italiana di birra ci sono le coltivazioni nazionali di orzo con una produzione di circa 860.000 tonnellate nel 2014 su una superficie complessiva investita di circa 226.000 ettari. Per quanto concerne la produzione di birra, la filiera cerealicola unitamente al Ministero delle Politiche Agricole ipotizza un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate. Da tempo Coldiretti ha stimolato, perseguito ed avviato la politica delle filiere corte del “Made in Italy” agroalimentare, nel senso che il produttore partecipa, attraverso le sue forme associate fino alla gestione del prodotto finito sul mercato. Contestualmente, si sta potenziando su tutto il territorio nazionale la rete distributiva di “Campagna Amica” presso la quale il consumatore trova i prodotti firmati direttamente dal produttore in una sorta di vera tracciabilità. Tale politica ha stimolato anche la nascita di iniziative progettuali nel segmento della birra artigianale o agricola avviando una nuova imprenditorialità costruita con l’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore. In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, è però necessario - conclude la Coldiretti - qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere.
www.coldiretti.it
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“Cresce l’export di prodotti biologici italiani, dimostrando l’importanza che ha questa eccellenza del made in Italy verso l’estero”. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del “Sana”, il Salone internazionale del biologico e del naturale che si è chiuso a Bologna.
Sulla base dei dati dello studio di Sinab, Ismea e Nomisma nel 2014 le vendite di prodotti agroalimentari italiani certificati bio ammontano a 1,4 miliardi di euro e rappresentano il 4% dell’export agroalimentare italiano. Forte è la propensione all’export agroalimentare delle imprese del bio: il fatturato che raggiunge i mercati internazionali rappresenta il 24% (a fronte del 18% registrato dalle imprese agroalimentari italiane nel complesso).
Le aziende bio – ricorda Confagricoltura in base ai dati diffusi in occasione del Sana - sono sempre più proiettate verso i mercati esteri e oltre il 74% di esse è presente sui mercati internazionali da oltre 5 anni. I principali mercati sono la Germania (24%) la Francia (20%) e i Paesi del Nord Europa in generale. Il primo mercato extra UE è quello degli USA (+4%). La frutta e la verdura fresca rappresentano i primi prodotti di esportazione (+20%) seguiti dalle bevande vegetali (+16%).
Secondo i dati Nomisma la propensione a cercare mercati di sbocco all’estero crescerà nei prossimi anni. Infatti, ben il 57% delle aziende bio italiane manifesta l’intenzione di farlo e si sta attrezzando; quasi 8 su 10 aziende prevedono un incremento del fatturato estero a marchio biologico nei prossimi tre anni.
“Quello del bio è un settore in netta espansione e che rappresenta un sicuro reddito per le aziende agricole e un impatto positivo per l’ambiente. Un settore che Confagricoltura rappresenta per la gran parte con oltre il 42% degli ettari coltivati”.
www.confagricoltura.it
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Dal 18 al 24 settembre, dalle 9.00 alle 19.00, il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola Dop presenta la seconda settimana di degustazioni gratuite dedicate a far conoscere ai visitatori italiani e stranieri la bontà e le proprietà del Gorgonzola Dop. Sarà possibile degustare le due tipologie di formaggio Gorgonzola, il dolce e il piccante, e conoscere più da vicino la storia di questo illustre formaggio grazie alla presenza del personale del Consorzio.
Tutti i visitatori riceveranno gli esclusivi gadget del Consorzio come il ricettario e lo SpalmaZOLA.
Il Consorzio Gorgonzola è presente ad Expo 2015 per tutta la durata della manifestazione con una postazione fissa, sempre, all'interno del Padiglione di Federalimentare “CIBUS è ITALIA” (pad. 128) nell’Area Afidop (Associazione Formaggi Italiani a denominazione di origine protetta) insieme ad altri formaggi Dop ed avrà a disposizione un corner con immagini e uno schermo di grandi dimensioni ove verranno proiettati filmati e immagini istituzionali.
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40 vini dell'Orcia, i maggiaioli e i Leggera Electric Folk Band, lezione di pici e cooking show, novelle per bambini, performance interattive e tante altre eccellenze da assaggiare e comprare a Castiglione d'Orcia il 10 agosto per Calici di Stelle Una serata ricca di emozioni con l’esperienza protagonista dell’evento Calici di Stelle 2015, organizzato dal Comune di Castiglione d’Orcia in collaborazione con il Consorzio e la Strada del Vino Orcia .
Castiglione d’Orcia diventerà un paese in festa, nella notte più attesa dell’anno, con le eccellenze enogastronomiche della Val d’Orcia dai vini, alle farine, dalle carni pregiate fino alle chiocciole di Campiglia. Dalle ore 17.00, il centro storico si animerà di visitatori che impareranno a tirare i pici, tradizionale pasta fresca locale, grazie ai preziosi insegnamenti delle massaie del borgo. Ma la grande novità di questa edizione 2015 saranno i cooking show con i ristoratori del luogo che sveleranno i segreti delle proprie ricette. Ben 4 ristoranti e una pasticceria, si cimenteranno ai fornelli per realizzare i piatti della tradizione castiglionese che si potranno anche assaggiare! > dice il Presidente del Consorzio Orcia Donatella Cinelli Colombini.
Ecco le cantine partecipanti che proporranno in degustazione ben 40 tipologie di vini dell’Orcia: Bagnaia, Beom Bè, Campotondo, Capitoni Marco, Donatella Cinelli Colombini, Il Pero, Olivi - Le Buche, Podere Forte, Poggio Grande, Roberto Mascelloni di Poggio al Vento, SassodiSole, Az. Agr. Trequanda, Azienda Vegliena. Partendo dal cuore di Castiglione d’Orcia, passando per San Quirico, Torrenieri, Trequanda, Pienza, Sarteano e Radicofani ogni produttore avrà una storia da raccontare. Un vero e proprio viaggio alla scoperta della denominazione per vivere un’esperienza unica nella magica notte di San Lorenzo.
Ma l’evento sarà anche social grazie all’Instagram challenge realizzato in collaborazione con la community di Igers Siena. Chiunque potrà scattare e condividere le immagini di Calici di Stelle utilizzando l’hashtag dedicato #orciacalici insieme a #orciadoc e #igerssiena. Una simpatica sorpresa sarà riservata allo scatto più rappresentativo dell’evento.
Consorzio del Vino Orcia e vini Orcia DOC - La denominazione Orcia è nata il 14 febbraio 2000 e comprende le varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e Orcia Sangiovese con almeno il 90% di questo vitigno, entrambe anche nella tipologia “Riserva”. La denominazione Orcia comprende anche le tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo.
Il vino Orcia è prodotto in uno dei comprensori agricoli più belli del mondo e in parte iscritto nel patrimonio dell’Umanità Unesco. 13 comuni: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Giovanni d’Asso, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.
Consorzio Vino Orcia - 0577 887471 –
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In concomitanza con l’avvicinarsi delle vacanze, l’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC) ha messo in evidenza una serie di studi scientifici che dimostrano come il caffè sia in grado di influire positivamente sulle prestazioni mentali e sulla capacità di attenzione di chi viaggia. L’articolo "Coffee & Travel; Fact or Fiction" sottolinea, infatti, che il consumo di caffè sarebbe associato a una maggiore vigilanza e concentrazione e che, se ben alternato con momenti di riposo, contrasterebbe la stanchezza causata dalla guida su lunghe distanze o su viaggi a lungo raggio.
Un’alta percentuale degli incidenti stradali in Europa, quasi il 20%, sembra essere causata dai lunghi viaggi in macchina, che possono davvero stancare e affaticare i guidatori . La stanchezza, infatti, riduce la lucidità, la concentrazione e altera la prontezza di riflessi. I conducenti affaticati hanno quindi meno probabilità di essere in grado di frenare o sterzare in tempo al fine di evitare o ridurre un possibile incidente.
ISIC segnala che per combattere la stanchezza in viaggio:
• 1 tazzina di caffè (circa 80 mg di caffeina) migliorerebbe le prestazioni di guida e ridurrebbe la sonnolenza durante la guida in autostrada
• nel 2015 uno studio ha rilevato che bere 1-2 tazzine di caffè (circa 150mg caffeina) ridurrebbe i livelli di sonnolenza fino al 25%
• 1 tazza di caffè forte (circa 125 ml per circa 200 mg caffeina) equivarrebbe a un pisolino di 30 minuti consentendo di evitare la perdita del controllo nella guida notturna senza però alterare il sonno successivo
• il caffè migliorerebbe la lucidità e la concentrazione che sono essenziali per una guida sicura e aiuterebbe anche a gestire la sonnolenza di coloro che soffrono di jet lag
Rispettare le linee guida della sicurezza stradale rimane l’assoluta priorità, ma il caffè potrebbe essere un valido aiuto per contribuire a mantenersi vigili durante la guida su lunghe distanze. Inoltre, è emerso che aiuterebbe anche chi si trova a fare i conti con la sonnolenza dovuta al jet lag e a contrastare gli effetti della disidratazione durante i viaggi in aereo.
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Dall’8 al 16 agosto una settimana in compagnia della “tenera verde” con Ascoliva-Festival Mondiale dell’oliva ripiena ascolana. Nella splendida “città del travertino”, un intenso programma di coinvolgenti iniziative a tema, dedicato alla “regina” DOP della gastronomia marchigiana, una prelibatezza nata nelle Marche ma diventata ormai italiana e apprezzata a livello internazionale.
Ad accogliere golosi e curiosi il Villaggio dell’Oliva, allestito nella monumentale Piazza Arringo, articolato in un percorso che prevede anche simpatiche variazioni sul tema, quali l’Oliva shop, il monumento all’Oliva, l’auditorium e il giardino dell’Oliva per forum, dibattiti degustazioni dedicate al prezioso frutto della terra, sia nella versione “nature”, ma anche nella succulenta variante ripiena e fritta.
Inoltre, in occasione dell’Esposizione universale, Ascoliva propone “Expoliva”, un doppio padiglione che ospita le principali eccellenze del territorio piceno, dei comparti enogastronomico e artigianale. Performance musicali, pacchetti turistici dedicati e visite agevolate ai musei, promettono un’esperienza a cinque sensi nella “città delle cento torri”!
Questa e altre manifestazioni danno un senso al viaggiare nel dopo EXPO, vivere le suggestioni delle comunità ospitanti, godere di esperienze che ti riempiranno il cuore! È la sfida lanciata da Tipicità, la grande rassegna della produzione marchigiana che è diventata un marchio d’onore a livello internazionale, insieme ad ANCI Marche per il semestre di EXPO 2015, con l’intento di proporre in modalità “evolution”, attraverso le identità che li contraddistinguono, i territori a torto definiti “minori”.
Un circuito di iniziative “esperienziali” fruibili anche attraverso l’innovativa piattaforma di Tipicità Experience, selezionate per l’elevato livello qualitativo e per l’appartenenza a due ben precise tipologie tematiche, capaci di esercitare una forte attrazione turistica: enogastronomia e manifattura tradizionale.
Domenica 2 Agosto, a Campocavallo di Osimo, va in scena la Festa del Covo, un evento a sfondo religioso nato nel 1939 per ringraziare la Vergine del raccolto delle messi. Autentico capolavoro di arte contadina, il covo è un carro agricolo che, ogni anno, trasporta l’immagine di un edificio religioso realizzata interamente con spighe di grano: quest’anno è la volta del Santuario di Medjugorje. La festa culmina con la processione del covo, lungo le vie del paese, accanto al Santuario della Beata Vergine Addolorata, alla quale il covo è consacrato.
Il 7 agosto è invece la capitale mondiale della calzatura per bambino, Monte Urano, ad essere protagonista di un evento dedicato ai più piccoli: A piccoli passi. A proposito di Monte Urano, qualche anno fa è stato calcolato che, a livello mondiale, 15 bambini su 100 indossano scarpe realizzate proprio nel centro del Fermano! (nelle foto On the Road, piazza del Popolo ad Ascoli Piceno e un momento di Tipicità 2015)
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Milano non è che sentisse proprio la mancanza di un nuovo ristorante, dalla paninoteca stile anni ’80 al locale etnico c’è già tutto, per non parlare del firmamento di chef stellati con le loro proposte culinarie spesso incomprensibili ai più. Invece quando è apparso nel panorama cittadino qualcosa di autentico, semplice da degustare, con una tradizione forte alle spalle, Milano ha apprezzato e accolto nel migliore dei modi il nuovo nato, ed è stato subito successo. Così ecco Paellami e il suo chef Ricardo Traver Bonillo, valenciano doc, determinato a creare un angolo di Spagna all’ombra della Madonnina, Non c’è da confondersi nel suo locale, le cose che “bollono in pentola” sono tipicamente valenciane; nessuna influenza a rendere ibrido il cibo, pochi piatti autoctoni e preparati magistralmente. Cinque tipi di paella (carne, pesce, verdura) di cui una, la fideuà a base di pasta del formato da cui prende il nome, poco nota in Italia ma vecchia conoscenza di chi ha avuto la fortuna di frequentare la comunità valenciana e poi tapas, sangria bianca o rossa e una leccornia alla quale non si resiste: la vera crema catalana, quella fatta in casa, non con le polverine delle “scatole di montaggio” presenti sugli scaffali dei supermercati. Ricardo è a Milano da diversi anni, ma il suo aspetto e soprattutto il suo accento tradiscono le origini. La cucina per lui è tradizione appresa dalla mamma e prima ancora dalla nonna; è convivialità, nel suo servire personalmente i 25 tavoli del ristorante e cucinando a vista dei commensali come spesso accade a casa. Cuoce le sue paelle nelle classiche padelle nere e basse su fornelli che hanno come sfondo uno splendido paraspruzzi fatto di piastrelle valenciane a mosaico e racconta come nel prossimo futuro vorrebbe introdurre nel menù del ristorante un classico della sua terra: il riso al forno. Se a Milano giovedì uguale gnocchi, a Valencia è questo il piatto tipico, preparato in casa e poi portato a cuocere nelle panetterie. Non c’è solo cibo da Paellami ma anche tradizione, conoscenza di una terra vicina, tinte forti e sapori da scoprire. Tra le mura di Ricardo non si fa il giro del mondo ma si assapora uno spaccato di grande gastronomia ben definita che non può lasciare indifferenti. Lui racconta che nella sua regione la paella è il piatto della domenica, a causa della lunga preparazione che richiede, ma per noi è disponibile tutti i giorni ad esclusione del lunedì, giorno di chiusura del ristorante. Si può consumare in loco o può essere portata a casa, l’importante è prenotare perché il locale ha posti limitati ed è preso d’assalto a pranzo e cena. Ma non vi preoccupate! Ricardo, uomo dalle mille risorse, a volte riesce persino a farsi prestare tavoli dalla vicina pizzeria per non scontentare nessuno e negare il piacere dei suoi piatti. Recentemente sono arrivati anche i vini spagnoli e l’Orujo, un liquore chiudi pasto a base di mandarino. Paellami si trova non lontano dalla stazione Centrale, una location quasi evocativa di un viaggio intrapreso dall’uomo fiero delle sue origini e del suo cibo.
Paola Drera
www.paellami.it
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La cultura gastronomica della California è protagonista ad EXPO 2015 fino al 26 luglio. Visit California, in collaborazione con Brand USA, dà la possibilità ai visitatori di lasciarsi ispirare dai profumi e dai sapori della California e di assaggiare specialità preparate con ingredienti freschi e di qualità.
Oltre 400 varietà di prodotti agricoli coltivati, circa la metà dell’intera produzione statunitense di frutta e verdura e il 90% di tutto il vino prodotto nel paese: questo il biglietto da visita della California a Expo. La California rappresenta un modello di eccellenza per innovazione tecnologica e sostenibilità nel settore agricolo, è una stato che ha saputo sfruttare la ricchezza e l’abbondanza della sua terra grazie al forte spirito imprenditoriale e alla grande capacità di innovazione di agricoltori, allevatori, chef e produttori di vino, che lavorano senza sosta 365 giorni all’anno.
“Siamo molto emozionati di partecipare a questo straordinario evento sull’alimentazione”, ha affermato Caroline Beteta, presidente e CEO di Visit California. “L’EXPO di Milano è una vera e propria piattaforma universale, un’ottima opportunità per far conoscere al livello internazionale i concetti su cui si basa la cultura enogastronomica californiana e per diffondere il messaggio che in California i prodotti sono sempre freschi e di stagione!”
Visit California sarà sotto i riflettori del Padiglione USA con la sponsorizzazione del Food Truck Nation e promuovendo il brand California con gustose proposte di piatti tipici del Golden State come l’hamburger con l’avocado ed il tacos di pesce. L’area del Food Truck Nation è aperta a tutti i visitatori e serve street food proveniente dalle diverse regioni americane per circa 5.000 visitatori al giorno, con particolare attenzione al cibo biologico ed eco-sostenibile.
“Direttamente dagli Stati Uniti ad Expo, il Food Truck Nation fa assaporare una tendenza culinaria molto diffusa in America. La nostra collaborazione con Brand Usa e i diversi stati americani, tra cui la California, ci dà la possibilità di far conoscere al pubblico la diversità dei sapori regionali americani, una varietà che non sempre viene associata alla cucina americana”, ha dichiarato Mitchell David, Chief Creative Officer del padiglione USA. “ La California è uno degli stati americani con la più ricca ed articolata tradizione culinaria del paese. Per questo motivo siamo onorati di ospitare un assaggio di California al nostro Food Truck Nation”.
“Ci auguriamo che la partecipazione di Visit California ad EXPO Milano 2015 sia fonte di ispirazione per i viaggiatori di tutto il mondo”, ha aggiunto Caroline Beteta. “La California offre alcuni dei cibi più freschi e innovativi del pianeta, una tappa obbligata per tutti gli amanti della buona cucina ed i sostenitori della produzione a chilometro zero”.
www.VisitCalifornia.it
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Sono i discount alimentari a fare registrare il maggior tasso di crescita tra tutte le forme distributive con un incremento record delle vendite del 2,2 per cento ad aprile rispetto allo scorso anno mentre il tonfo più grosso lo fanno registrare gli ipermercati in calo nell’alimentare dell’1,6 per cento. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al commercio al dettaglio nel mese di aprile che evidenzia su base annua una flessione dello 0,8 per cento per gli alimentari. A fare le spese sono peraltro - sottolinea la Coldiretti - tutte le forme distributive con cali tendenziali che vanno dall’1,2 per cento per i piccoli negozi alimentari allo 0,9 i supermercati. I discount alimentari sono l’unica forma commerciale che ha continuato a crescere anche negli anni della crisi mentre il calo delle vendite nella grande distribuzione va attribuito ad una politica commerciale aggressiva con sconti, promozioni e vendite sottocosto. Il problema - spiega la Coldiretti - è che spesso dietro gli alimenti a basso costo si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi sui quali è importante garantire maggiore trasparenza. Per i prodotti alimentari infatti - conclude la Coldiretti - oltre un certo limite non è opportuno andare se non si vuole mettere a rischio la salute.
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