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In uno dei periodi più incerti della storia, osare richiede coraggio e il MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna con Zeranta Edutainment s.r.l e gli amministratori ravennati, dimostrano di averne da vendere.
Il lockdown non li ha fermati e hanno colto questi mesi per realizzare una piattaforma online con tre virtual tour del progetto espositivo Dante. Gli occhi e la mente, organizzato dalle Istituzioni comunali MAR, Biblioteca Classense, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna.
Il design e la progettazione dei tour sono firmati da Zeranta Edutainment s.r.l. con la consulenza di Jader Giraldi, mentre la produzione multimediale è realizzata in collaborazione con Flatmind Videoproduction.
I tour sono pronti e sono prodromici alle visite in presenza per omaggiare al meglio questo 2021 anno in cui Ravenna celebra i settecento anni dalla morte di Dante.
Un tour permette di visitare la mostra, già inaugurata l'11 settembre 2020, e visitabile sono al 17 luglio 2021, Inclusa est flamma. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante, allestita presso il Corridoio Grande della Biblioteca Classense.
Gli altri due tour invece anticipano, con una selezione di opere d’arte rappresentative, due mostre che sono in allestimento proprio in questi giorni una, Le Arti al tempo dell’esilio, che si aprirà fisicamente al pubblico il 24 aprile presso la chiesa di San Romualdo e l'altra, Un’Epopea POP, in programma per il 4 settembre al MAR. Lo scopo è proprio quello di entrare in anteprima, con gli occhi e con la mente, nei percorsi espositivi attraverso le parole dei curatori.
Il sindaco della città Michele de Pascale esprime soddisfazione per la realizzazione del progetto e ammette come l'elemento centrale sia quello di assumersi questo rischio in un periodo di pandemia: “Fare programmazione culturale è stata una sorta di mission impossible. Abbiamo cercato di offrire il massimo degli eventi culturali possibili”.
De Pascale afferma che: “Quest'opera di digitalizzazione rappresenta un estremo atto di generosità per permettere a chi è lontano, oppure non può venire in città di persona per problemi fisici, di visionare le nostre opere d'arte. Si tratta di un gesto generoso anche nei confronti delle nuove generazioni che avranno così a disposizione un patrimonio immenso”.
Con entusiasmo ed ottimismo sostiene: “La digitalizzazione non sostituisce la fisicità e la presenza. Credo che il nostro atto di altruismo verrà ampiamente ripagato. Chi vedrà le immagini delle nostre opere, non appena ce ne sarà la possibilità, verrà a visitare Ravenna di persona”.
L'Assessora alla Cultura Elsa Signorino sostiene che: “In questo momento storico difficile per la cultura italiana le tecnologie digitali sono un supporto fondamentale per la valorizzazione e promozione culturale. La possibilità di visionare anche online le mostre dantesche, allestite e in programma per questo 2021, si configura come una nuova modalità di interazione che raggiunge tutti, vicini e lontani, nel segno di una cultura che supera ogni limite. La città di Ravenna con le sue mostre, raggiunge così, nel nome di Dante, non solo tutti i suoi cittadini ma anche il grande pubblico nazionale ed internazionale che attende di tornare a visitare musei e istituzioni culturali”.
Come spiega il consulente multimediale Jader Giraldi, all’interno della piattaforma da cui si accede ai tre virtual tour sono esplorabili 7 ambienti virtuali a 360°, oltre un centinaio gli oggetti esposti e circa 60 contenuti multimediali tra interviste, piccoli documentari e un video musicale pop che contiene un brano composto ed eseguito per l’occasione dall’artista Ivan Talarico, per raccontare la popolarità dei versi danteschi attraverso la citazione di brani di noti cantautori.“A Ravenna l'amministrazione ha messo a disposizione i beni pubblici digitalizzandoli. Ci si è avvalsi di una piattaforma usatissima e per le riprese d'insieme abbiamo usato dei droni. La particolarità è la presenza del curatore che accompagna passo passo il visitatore alla scoperta dell'opera d'arte”. Continua poi: “Soprattutto per le due mostre non ancora allestite abbiamo mixato diverse tecnologie, costruendo un vero e proprio ambiente digitale, simulando l'occhio e il suo andamento”.
I virtual tour
La mostra Inclusa est flamma. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante, curata da Benedetto Gugliotta, è stata aperta nel settembre 2020. Nel tour che la interessa sarà possibile conoscere la storia del Secentenario dantesco che si svolse a Ravenna alla presenza del Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce e attraverso l’analisi di celebri opere in mostra, come i sacchi decorati da Adolfo De Carolis col motto “Inclusa est flamma” (“La fiamma è all’interno”) che Gabriele D’Annunzio l'anno seguente donava alla città di Ravenna.
Con il virtual tour della mostra Le Arti al tempo dell’esilio che si svolgerà presso la chiesa di San Romualdo, a cura di Massimo Medica, è possibile entrare nel progetto scientifico costruito ripercorrendo l'esilio dantesco, attraverso importanti opere d'arte legate alle città in cui Dante ebbe modo di sostare, partendo dalla sua Firenze attraversando l'Italia, per giungere infine a Ravenna, suo "ultimo rifugio".
È inoltre possibile conoscere la storia delle opere, come il Polittico di Badìa di Giotto – importante prestito delle Gallerie degli Uffizi - che l'artista realizzò per l'altare maggiore della Badìa Fiorentina, chiesa vicina all'allora abitazione di Dante a Firenze e che, con ogni probabilità, il Poeta ebbe modo di vedere durante la sua realizzazione, o come la scultura di Manno Bandini da Siena che ritrae un imponente Bonifacio VIII - prestito dei Musei Civici Medievali di Bologna - personaggio chiave della vita di Dante e da lui citato nel XIX canto dell'Inferno, quelle di Cimabue, Arnolfo di Cambio, Pietro e Giuliano da Rimini, Giovanni e Nicola Pisano.
Nel percorso della mostra Un'Epopea POP, a cura di Giuseppe Antonelli e con un percorso d’arte contemporanea a cura di Giorgia Salerno, si possono percorrere le sale del MAR approfondendo le sezioni tematiche legate agli aspetti più popolari della figura di Dante e quelle dedicate all'arte contemporanea. I curatori, qui, accompagnano il pubblico nel racconto della fortuna dantesca: i suoi celebri versi, entrati nel linguaggio comune degli italiani, e riprodotti negli almanacchi e nei calendari, nei poster e nelle magliette, nelle pubblicità e nelle canzoni; e il suo iconico profilo, con la miriade di oggetti che lo riproducono; e infine l'arte contemporanea e la sua rilettura di temi danteschi attraverso le opere di celebri artisti come Edoardo Tresoldi, Richard Long, Kiki Smith e Robert Rauschenberg.
Per completare l'incursione nel mondo dantesco non poteva mancare una testimonianza dei lavori di restauro della Tomba di Dante e l’introduzione ai progetti espositivi attraverso le parole del direttore della Biblioteca Classense e Museo d’Arte della città, Maurizio Tarantino.
Non resta che visitare la città che accoglie le spoglie mortali del sommo poeta, prima virtualmente e, appena sarà possibile, di persona per celebrarne la bellezza che, a detta del suo sindaco, è ancora ampiamente sottovalutata.
Sara Rossi

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Ci ha lasciato pochi mesi fa Enzo Mari, geniale, ruvido, intelligente, vero. Nato a Novara nel 1932, ma milanese di adozione poiché nella nostra città ha perfezionato le sue conoscenze, studiando a Brera dal 1952 al 1956, e sviluppando il suo amore per il design, per la “programmazione” in estetica, per lo sviluppo della creatività. A parte qualche avvicinamento al modo accademico, si è formato da autodidatta, la sua idea era quella di creare un luogo dove “allenare alla conoscenza”. Poi invece nelle accademie ci è entrato, ma come docente, nella scuola della Società Umanitaria sino al 2000, al Politecnico di Milano, alle facoltà di Disegno Industriale e Architettura e a Parma dove insegna Storia dell'Arte.
Nel 2015 l'accademia di Brera gli ha riconoscito la laurea ad honorem.
“Bisogna cercare di progettare, per evitare di essere progettati”, questo uno dei suoi motti, una lotta continua alla passività, consapevole della necessità di intervenire sulla cultura di massa verso un progetto globale di qualità. Il suo lavoro è il risultato di precise convinzioni e prese di posizione a livello "ideologico e politico", d'ispirazione egalitaria e marxista.
Mari è morto in questo periodo di lockdown, e Milano si è attrezzata per rendergli quell'omaggio a 360 gradi, da sempre atteso ma arrivato solo postumo.
Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli
Con una mostra alla Triennale di Milano, “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist”, visitabile sino al 18 aprile per cui il direttore di Triennale e amico di Mari, Stefano Boeri, ha chiamato Hans Ulrich Obrist, HUO. Qui sono documentati oltre 60 anni di attività di quello che è riconosciuto come uno dei principali maestri e teorici del design italiano, attraverso progetti, modelli, disegni, approfondimenti tematici, con materiali spesso inediti provenienti dall’Archivio Enzo Mari e interventi di artisti e progettisti di fama internazionale.
Secondo Mari: “Gli artisti antichi non erano gli artisti romantici di oggi, erano dei designer o dei sacerdoti. Realizzavano un'opera di significato collettivo che doveva sempre comunicare l'utopia”. E Stefano Boeri spiega che la mostra è stata realizzata sulla scia delle parole di Enzo che diceva di voler donare tutta la sua opera alla città di Milano, ma con l'unica condizione che nessuno per 40 anni avesse accesso a quell'archivo perchè, secondo Mari, nessuno avrebbe compreso il senso della sua arte. “Questa mostra quindi nasce come preludio di quarant'anni di oblio”, continua Boeri.
Enzo Mari era profondamente convinto del legame indissolubile tra lavoro e politica: “Il lavoro, se si ha l'atteggiamento giusto, determina un secondo lavoro che è quello politico, quindi il lavoro è la sola condizione perchè gli uomini possano realizzare la propria felicità”. Sulla scia di queste affermazioni, Boeri conferma che il tema della mostra è proprio il lavoro come continua possibilità intorno alla vita di un oggetto, ma anche la sua capacità di sintetizzare un intero mondo in un disegno.
La prima parte dell'esposizione contiene alcuni pezzi storici della produzione del designer, come il celeberrimo vassoio a putrella. Con Mari le forme vengono ridotte all'essenzialità, ma con una tensione, quasi involontaria, alla “trascendenza”, che emerge solo quando la ruvida bonaria guardia viene abbassata: “Pensavo a un lavoro che non finisse subito per cui ho pensato agli animali”. Ed ecco in mostra alcuni pezzi che rimandano al suo lavoro sulle forme animali.
La seconda parte della mostra si occupa delle sue ricerche come quella sull'autoprogettazione, secondo Boeri si tratta di una vera e propria scuola, lezioni in cui spiegava il significati di reimparare a realizzare.
In questa sezione si trova anche “Allegoria della morte” dove sono rappresentate le 3 grandi ideologie, il comunismo, la religione monoteista e, al centro, grande provocazione, il commercio, che rappresenta la mercificazione della vita.
E' anche riproposta una rapprentazione dell'arte Vodoo pensata per la Fondation Cartier, sculture in legno congiunte a una dimensione umana rappresentata da una serie di porte chiuse: il culto dei morti legato ad una dimensione domestica.
C'è infine una parte dedicata alle interviste, alla dimensione retorica, Enzo Mari era un produttore di invettive, “occorre produrre meno” era il suo mantra.
“Enzo Mari oscilla tra ricerca progammata e intuizione, era un ricercatore serio, ma mai serioso, percorso da un continuo gusto del disincanto. Un uomo sorridente che non si prendeva del tutto sul serio”, conclude Stefano Boeri.
Falce e Martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe
Per comprendere il genio di Enzo Mari non si può non visitare le mostra gratuita, aperta sino al 31 marzo 2021, nello spazio di Galleria Milano di Via Turati 14/Via Manin.Si tratta di una riproposizione della stessa mostra, inaugurata nel medesimo spazio il 9 aprile del 1973. Carla Pellegrini allora sceglieva Enzo Mari per aprire ufficilamente il suo nuovo centro espositivo. La mostra suscitò grande scalpore e successo di pubblico. Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, è proposta una riproduzione fedele della stessa, ricostruita filologicamente grazie ad un’operazione di ricerca che ha coinvolto principalmente l’Archivio della Galleria Milano e l’Archivio Enzo Mari.
La falce e il martello sono riprodotti quasi ossessivamente. Nell’abisso che separa la percezione del simbolo dagli anni Settanta ai giorni d’oggi, attraverso la visione di un autore illuminato come Mari, è possibile leggere il cambiamento epocale che ha riguardato non solo la società, ma anche il tessuto culturale e lo spirito più profondo della città di Milano.
Il progetto allora nacque da un esercizio proposto ad una studentessa, Giuliana Einaudi. Il punto di partenza fu una raccolta di dati, in cui vennero confrontati emblemi riprodotti sui muri, le comunicazioni di partito, i volantini, nel tentativo di allargare la ricerca a più luoghi possibili. Il secondo momento fu la progettazione di un simbolo di qualità esteticamente elevata, per giungere alla conclusione che il valore formale non incide sul significato veicolato. Da qui le opere in mostra, raffiguranti tutte la falce e martello: i due singoli oggetti d’uso, il simbolo progettato in studio, una grande scultura rossa, lignea, bandiere in lana serigrafate in diversi colori, una litografia riproducente la ricerca con 168 simboli, una serigrafia in due colori. Questi ultimi tre elementi furono inclusi insieme ad una piccola pubblicazione in una cartella pubblicata dalle Edizioni O, la casa editrice della Galleria Milano fondata da Baldo Pellegrini, marito di Carla. Dopo un animato dibattito, la stessa sera dell’inaugurazione fu proiettato il film Comitati politici – Testimonianze sulle lotte operaie in Italia nella primavera del ’71, realizzato da Mari con il Gruppo di Lavoro, composto da alcuni studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Il documentario, ritrovato dopo una lunga ricerca, è stato digitalizzato dall’Archivio Home Movies di Bologna ed è visibile anche nell'esposizione attuale.
Falce e Martello si inserisce pienamente nell'impegno di Mari degli anni Sessanta, del suo legame con il comunismo e con il movimento Arts and Crafts, e del suo modo di vedere il design come intrinsecamente politico.
Enzo Mari resiste al tempo
Mari è un designer industriale, un disegnatore di mobili, un progettista di mostre, scrittore di libri per bambini e adulti, un artista, un autore di manifesti, un polemista celebre per le sue sfuriate contro il mondo del design.
Nonostrante abbia realizzato pezzi celebri per noti marchi, come il Calendario da Parete e i 16 animali per Danese, la sedia Tonietta, e la libreria componibile per Zanotta, lo spremiagrumi Squeezer e i cavalletti Ypsilon di Alessi, le posate piuma di Zani&Zani, solo per citarne alcuni, ciò che lo infastidiva di più era che il mondo del design puntasse al profitto: voleva liberarsi di questa idea di guadagno, di commercializzazione, di industria, di marchi, persino di pubblicità. Perché, secondo Mari, il design è tale soltanto se comunica anche conoscenza.
Come sottolineato da Hans Ulrich Obrist: “Ciò che colpisce dei suoi progetti – a qualsiasi campo essi appartengano – è la loro resistenza alla prova spietata del tempo. Il suo obiettivo è sempre stato quello di creare progetti che fossero sostenibili sia nella loro materialità sia nell’estetica, e che risultassero accessibili a tutti. Nel 1974, in linea con la sua idea di democratizzazione del design, concepì l’incredibile Autoprogettazione, un “esercizio individuale da realizzare per migliorare la propria consapevolezza”. Questa guida pratica è diventata una fonte di grande ispirazione per numerosi progetti, tra i quali il progetto Do It che Christian Boltanski, Bertrand Lavier e io abbiamo inaugurato negli anni Novanta.
Una volta Enzo mi ha detto – continua Obrist: “Guarda fuori dalla finestra e se ciò che vedi ti piace, allora non c’è ragione di fare nuovi progetti. Se invece ci sono cose che ti riempiono di orrore al punto da farti venire voglia di uccidere i responsabili, allora esistono buone ragioni per un progetto”.
La trasformazione secondo Mari nasceva nasce quindi dal bisogno – conclude Obrist: “E c’è qualcosa di molto umile nell’idea di creare solo ciò che serve. La modestia e il dubbio hanno sempre fatto parte della pratica di Mari”.
Sara Rossi
Per informazioni sulle mostre su Enzo Mari in corso a Milano, consultate il sito della Triennale (Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli) e quello di Galleria Italia (Falce e Martello. Tre dei modi con cui un artista può contribuire alla lotta di classe)

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Da qualche parte bisogna pur ricominciare. Dal food ai motori, all’arte e la cultura: i ‘distretti produttivi’ per rilanciare il turismo
I sistemi turistici locali esistono da anni, ma oggi presentano un nuovo potenziale da sviluppare in vista della ripresa. Meglio se in sinergia con i distretti produttivi. E non solo quelli enogastronomici.
Sono già diversi anni che i territori promuovono i distretti anche nel turismo. Spesso valorizzando le sinergie con le produzioni locali. Le Strade del Vino e le Strade dell’Olio sono ottimi esempi di come una produzione strettamente connessa a un territorio – in questo caso più un terroir che un distretto – possa trasformarsi in una vocazione turistica. E, in un Paese che vanta il record mondiale di prodotti alimentari a denominazione protetta, non esiste praticamente un solo angolo che non abbia un prodotto tipico da valorizzare. Grazie alla sinergie tra BitMilano, TUTTOFOOD e HostMilano, Fiera Milano rappresenta un punto di riferimento e integrazione tra le filiere del turismo, del food e dell’ospitalità.
Oggi però, in vista della ripresa post-pandemia, è il momento di spingere sull’acceleratore per cogliere potenzialità non ancora sviluppate. Anche oltre il food le possibilità sono pressoché infinite: pensiamo alla Motor Valley emiliana, alla rete dei musei aziendali della Lombardia (dove altro nel mondo si potrebbe trovare un museo dedicato alle macchine per caffè?) o nel Triangolo della Moda del Veneto, per non parlare degli innumerevoli percorsi legati alle grandi epoche o personaggi della nostra storia dell’arte.
Da distretti produttivi a destinazioni turistiche?
Perchè no. Potrebbe essere questa quindi una delle chiavi per rilanciare l’incoming Italia puntando anche a una ripresa del turismo domestico. Una opportunità che può fondarsi su una lunga tradizione e una solida base giuridica. I distretti produttivi sono uno dei fattori chiave che, a partire dal dopoguerra, hanno abilitato la rapida trasformazione del nostro Paese da economia ancora sostanzialmente agricola a potenza industriale. La loro importanza è tale che per disciplinarne lo sviluppo è stata varata una legge apposita, la n. 317/91 che li definisce come “aree territoriali caratterizzate da elevate concentrazioni di piccole imprese con una particolare specializzazione produttiva, e dove esiste un particolare rapporto tra presenza di imprese e popolazione esistente”.
Anche se ci si riferisce in genere ai distretti industriali – dai più noti come il distretto dell’arredo in Brianza a quello dell’occhialeria di Belluno, fino ai più recenti ma altrettanto di successo come il distretto dell’aerospaziale in Puglia – a molti non sfuggirà che una simile definizione descrive perfettamente anche molte destinazioni turistiche del Bel Paese. E infatti già l’anno successivo la disciplina si è ampliata all’industria turistica con la legge 488/92, che ha istituito i Sistemi Turistici Locali, veri e propri distretti turistici che introducono anche nel turismo il concetto di integrazione tra le PMI caratterizzante dei distretti industriali. Un patrimonio che in questa fase storica presenta sicuramente un ulteriore potenziale da valorizzare.
Tutte le opportunità di rilancio dell’Italia saranno approfondite e valorizzate a Bit 2021, a fieramilanocity dal 9 all’11 maggio prossimi.
la redazione

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Un bel lavoro di ricerca che esplora i Cammini d’Italia per analizzare il valore e la ricchezza dei Piccoli Comuni italiani.
A presentare lo studio e l'atlante “Piccoli Comuni e Cammini d’Italia” è la Fondazione Symbola, con il presidente Ermete Realacci, alla presenza, tra gli altri, del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, e del presidente IFEL Guido Castelli.
All’interno di questa rete, i Cammini d’Italia si configurano come un network di percorsi che collega tradizioni, natura e bellezza, economia sostenibile, agroalimentare a filiera corta, privati etici e associazioni non profit.
Si tratta di un viaggio composto da 44 itinerari in 15.400 km che si snoda lungo tutta la penisola e le isole, attraversa 1.435 comuni, di cui 944 piccoli (66% di quelli interessati dalla rete degli itinerari), e incontra oltre 2mila beni culturali e 179 produzioni DOP/IGP, l’86,6% di queste ultime nei piccoli comuni.
Ermete Realacci, Presidente Fondazione Symbola, ricorda che tutto nasce dalla Legge 158 del 2017 per la valorizzazione dei piccoli comuni che, partendo dall'unicità del nostro paese, tende alla costruzione di un'economia sempre più a misura d'uomo. Continua dicendo che: “L'Italia è tra i paesi più influenti al mondo, ma occorrono nuovi progetti, investimenti sulle nuove tecnologie come la banda larga”. E soprattutto: “Occorre coesione sociale politiche pubbliche, nuove tecnologie, questo virus ci ha fatto riflettere. L'Europa di fondi ce ne darà per la green economy, le nuove tecnologie, occorre crossare questi aspetti con le nostre virtù”. I cammini vanno proprio in direzione di un turismo green, sostenibile che, conclude “E' un turismo perfetto per l'Italia”.
Giuseppina Paterniti, Direttrice Direzione Editoriale per l’Offerta Informativa RAI, che ha moderato la presentazione, ha sostenuto la validità di questo progetto a cui va creata una solida rete di sostegno e di investimenti.
Secondo Guido Castelli, Presidente Ifel-Fondazione Anci, i comuni di Italia hanno scommesso sulla dimensione dei cammini: “Una delle metafore che amo ricordare sulla pandemia è quella di far venire tanti nodi al pettine, come quello dei piccoli comuni, delle zone montane. In tanti hanno rivalutato quelle aree, che possono essere una via per la ripresa”. Nelle aree marginali spesso si è trovata una chiave di risposta in questo momento così delicato. “La forza dell'Italia sta proprio nell'assecondare la logica metro-montana tipica della nostra nazione. Il turismo è uno dei fattori determinanti di questa sfida, ma la prospettiva non è l'idea di salvare dall'estinzione certe zone, ma di renderle protagoniste. Occorre la giusta assegnazione dei diritti, vanno valutate le capacità di essere moderni nell'affrontare il problema. Il lavoro fatto sui cammini abbina green new deal e tradizione”. E conclude: “Il cammino è una scelta di per sé generativa. Prevede una meta, uno studio, uno spirito e la voglia di costruire, cose di cui l'Italia ha bisogno”.
Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, dimostra un cauto ottimismo: “In questi anni sono stati fatti molti passi avanti, già ci stavamo muovendo in questa direzione, un turismo che valorizzi l'Italia meno conosciuta, che sia sostenibile. Sui cammini da qualche anno è stato fatto un percorso, abbiamo lavorato sull'Atlante dei cammini. In italia c'è un reticolo di cammini, non un percorso di Santiago, ci sono tantissime possibilità, si tratta di un reticolato enorme che valorizza borghi, case cantoniere, ferrovie storiche , quest'anno era proprio l'anno delle ferrovie. Ora non è più un'idea utopistica, l'idea era quella di decongestionare le aree urbane, oggi lo scopo è un altro, ma è altrettanto valido. Occorre continuare con determinazione.
Marco Bussone, Presidente Uncem nazionale dei piccoli comuni montani, ritiene indissolubile il rapporto tramodernizzazione e sviluppo: “Con la legge 158 già c'è stato un segnale, manca una maggior coesione e interconnessione, occorre fare un grande lavoro sulla fiscalizzazione che va differenziata e agire sulle aree interne con investimenti europei che servano al rilancio”.
Secondo Ettore Prandini, Presidente Coldiretti, è necessario sostenere le aree agricole, innanzitutto portando la rete nei piccoli comuni e nelle aree interne in particolare: “Occorre tenere i nostri giovani che possono restare legati alla terra, nei nostri borghi. I turisti vanno attirati in zone poco conosciute, anche nelle zone montane, con le bici elettriche ad esempio. Non bisogna dimenticare che l'agricoltura dop nasce nei piccoli comuni e va valorizzata”.
Sofia Bosco, Direttore sede di Roma e dei Rapporti Istituzionali FAI, parla dei territori italiani che sono al centro dell'interesse del Fai negli ultimi anni, quelli sopra i 600 metri di altitudine: “E' un territorio che rappresenta la metà dell'Italia. Queste zone si stanno svuotando, occorrono campagne di comunicazione conoscitiva, occorre promuovere turismo anche grazie a mappature ed eventi”. A tal proposito afferma come il censimento dei “luoghi del cuore” stia producendo una mappa molto interessante. Continua poi la sua disamina sui flussi turistici: “Il turismo di massa non era piacevole, e già l'orientamento era quello di fuga dai luoghi affollati e di avvicinamento ai piccoli borghi, per un turismo di approfondimento”. Il Fai da anni fa la sua parte in questa direzione: “Noi stiamo già spingendo i turisti fuori dai grandi centri con i nostri beni che sono quasi sempre periferici. La riconversione verso la scoperta di luoghi minori ma che sono in realtà la parte integra dell'Italia è la ricetta per lo sviluppo”.
Enzo Bianco, Presidente Consiglio Nazionale ANCI, ringrazia per gli investimenti sulla mobilità e afferma come ad esempio grazie ad un vino dop siciliano sia possibile riscoprire alcuni territori sconosciuti, come ad esempio il comune di Randazzo. Conferma poi il ruolo attivo dell'Anci nel supporto ai piccoli comuni che vogliano usufruire dei fondi stanziati dall'Europa.
Alessandra Bonfanti di Legambiente nazionale sostiene come l'unione tra cammini e piccoli comuni sia intelligente e che debba trattarsi di un sodalizio ecologico: “I borghi e i cammini possono costruire un sistema sostenibile che sia attento al paesaggio agricolo-storico. Ringrazio il ministro Franceschini che ha uno sguardo alto che permetterà di affrontare una sfida climatica e di sviluppo ecocompatibile”. Occorre – secondo Bonfanti - un turismo che sia di qualità e rispettoso: “I piccoli comuni devono diventare protagonisti nella mobilità dolce. Siamo in una stagione nuova ma occorre certamente una fiscalità di vantaggio che permetta alle piccole economie di sostenersi”.
Franco Iseppi, Presidente Touring club italiano, ringrazia per il momento di confronto ma nutre qualche dubbio sul turismo nostrano: “Io non sono convinto che sia il turismo domestico a salvarci, il 50 % dei turisti è straniero”. A suo avviso: “Occorre concentrarsi su una mobilità che sia prodotto turistico, come quella su treni, fiumi”. Rivela che anche l'incontro annuale del Touring avrà come tema i cammini, ma sostiene che perchè vi sia un effettivo sviluppo turistico sarebbe necessario recuperare i “sistemi turistici” mettendo insieme infrastrutture, materiali e piattaforme. In particolare afferma la volontà di concentrarsi sull'Appennino e su di un progetto che lo coinvolga.
Giampiero Lupatelli,Vicepresidente progetto Caire, assumere il punto i vista dei piccoli comuni per quanto riguarda i cammini. “I piccoli comuni non sono centri al margine ma sono la frontiera, densi di storia, imprese e giovani, dove la politica dei cammini può rappresentare un importante punto di svolta”. Poi citando il rettore di Urbino: “L'innovazione è la disobbedienza che ha avuto successo, e questo sono i piccoli comuni”.
Questo modo di fare turismo allarga la platea di turisti e la rende di maggior valore. Ed è interessante per questa fase post pandemia che stiamo vivendo. Non sono parti accessorie, ma protagoniste “produttive” come è necessario in questo periodo. I cammini sono una rivendicazione di libertà e movimento, con meno fretta e al di fuori dalla contingenza, che consentono di “guardare con occhi nuovi” come diceva Marcel Proust.
Giampiero Sammuri, Presidente Federparchi, sostiene che “I parchi sono il cardine delle zone di cui stiamo parlando ma occorre che siano messi nelle condizioni di offrire un prodotto di qualità”.
Innanzitutto, afferma Sammuri, devono essere messi nelle condizioni di spendere i fondi stanziati: “I parchi hanno risorse che possono spendere, lo stato ha limitato le loro possibilità di spesa, chiedo al ministro che sblocchi i fondi che già ci sono”.
Ermete Realacci conclude la presentazione dicendosi sicuro che i tempi sono maturi per mettersi in gioco e per valorizzare questo tipo di turismo e mobilità: “Dentro al percorso del manifesto di Assisi vorremmo riunire tutti i soggetti proprio nella città umbra, vedremo come fare. Intanto occorre fare vivere questa esperienza ed incrociarla con le sfide del futuro”.
Sara Rossi

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Palazzo Rodio brinda a questo importante traguardo. Spiagge a misura di Bambino
Chiamata anche ‘città bianca‘, Ostuni si trova nel Salento ed è una delle località più celebri di tutta la rinomata e splendida costa pugliese.
E' qui che, per il nono anno consecutivo, sventola la Bandiera Verde, per le sue spiagge a misura di bambino.
E Palazzo Rodio festeggia questo importante e meritato traguardo, facendo un omaggio alle spiagge di Ostuni a tratti lunghissime, a tratti, piccole calette incastonate nella scogliera bassa.
Ma quali sono i requisiti per ottenere la Bandiera Verde? Eccoli e Ostuni li ha tutti: fondali bassi e trasparenti a riva, sabbia dove poter fare tanti castelli e giochi, un accurato sistema di salvamento, possibilità di avere nursery dove cambiare i pannolini e vicinanza di bar gelaterie, ristoranti dove poter rispondere immediatamente ai bisogni dei piccoli. A conferire questo prestigioso riconoscimento è l’Assocazione Medici Pediatri, che sottopone le spiagge ad un’accurata selezione e che dà appuntamento per la cerimonia di consegna al 27 giugno 2020 ad Alba Adriatica, cittadina abruzzese.
Palazzo Rodio è la soluzione ideale per la vacanza con bimbi piccoli. Infatti si compone di ben quattro appartamenti molto spaziosi, dove è possibile lasciar giocare i bambini in libertà e preparare le pietanze adatte a loro, grazie alla presenza di cucine attrezzate. Ha un giardino interno sicuro perché protetto da alte pareti e lontano dalla via principale.
Siamo nel cuore del centro storico di Ostuni dove si può uscire la sera per rilassanti passeggiate. Il mare si trova ad appena sei chilometri e ha tutte le caratteristiche indicate dalla Bandiera Verde oltre ad essere limpido e trasparente come solo il mare del Salento sa esserlo.
Infine all’interno del Palazzo sono stati adottati tutte le misure precauzionali e i protocolli di sicurezza anti Covid19.
Info:
Palazzo Rodio
Largo Bianchieri 43 - Ostuni (BR)
Tel.349 162 7019
www.palazzorodio.it
FB: Palazzo Rodio ArtHouse&Holidays
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E' stata presentata la nuova guida edita da Terre di Mezzo Editore: “La via Francisca del Lucomagno”.
Il titolo evoca qualcosa di lontano e immaginoso, in realtà con questo agile supporto alla mano è possibile percorrere 135 chilometri in Lombardia, nelle province di Varese, Milano e Pavia, a piedi o in bici, suddivisi in 8 comode tappe. La guida è già scaricabile online e sarà in libreria dal 18 di giugno.
Un percorso di natura, acqua e storia, accessibile a tutti, da soli o in piccoli gruppi ma anche da famiglie con bambini, perfettamente in linea con i percorsi di camminamento classici. Al momento è possibile accogliere sino a gruppi di 15-20 persone, ma assicurano gli autori: “Aspetta che si si sparga la voce che anche il comparto dell'accoglienza investirà”.
Il tragitto è stato studiato, verificato, provato. E' stato segnalato e la guida, fornita di mappe rappresenta l'hub dell'incontro tra territorio e accoglienza. Lungo la via si contano 40 punti di accoglienza o ristoro. Si tratta di “esperienze povere”, ostelli ad esempio. Strutture spesso messe a disposizione da alcuni enti su base volontaria, dove si preferisce un approccio easy, perfettamente in linea con la filosofia del viandante.
Scaricando l'app gratuita realizzata da Itineraria è possibile ricevere tutte le informazioni necessarie.
Mattia Gadda, che ha curato la redazione della guida, ci ha raccontato che è stato frutto di un progetto che nasce dal coordinamento di una serie di enti e istituzioni: “Il mio compito è stato metterli in rete”.
Durante la presentazione è intervenuto il sindaco di Saronno, Alessandro Fagioli, che ha ribadito come la pubblicazione sia il risultato di un lavoro di squadra: “Gli enti lombardi si sono messi a disposizione dimostrando molta collaborazione, quindi tutto è stato facile”. Ha affermato poi come il desiderio fosse quello di riattualizzare un percorso dimenticato. “C'è stata la volontà di superare piccoli e grandi ostacoli tecnici. Anche in luce del periodo appena passato, sia ha la voglia trascorrere del tempo libero all'aria aperta, senza dimenticare la valenza storica di questo percorso, che si può percorrere in gruppo o in solitaria, è adatto agli amanti del trekking, della natura e anche, ovviamente, ai pellegrini”.
Con un pizzico di commozione ha poi ricordato il contributo di Donatella Ballerini, funzionario della provincia di Varese, che ha messo passione e impegno nel progetto e che è venuta a mancare di recente.
Marco Giovannelli, tra gli autori della guida, dice che quello che stanno presentando non è tanto il prodotto quanto il lavoro della squadra che c'è dietro. Ringrazia Mattia Gadda che definisce curatore di “encomiabile professionalità”. Dice poi che “Il prodotto è piccolino, ma molto bello, come è il percorso”. Altri ringraziamenti vanno a Pietro Scidurlo e Alberto Conte - coautore - “che ha preso la sua bici per indicare il percorso che va da Lavena Ponte Tresa a Pavia”. Tra coloro che vanno ringraziati c'è poi Fai che lungo il precorso ha suoi due beni: il Monastero di Torba e Casa Macchi, ora in ristrutturazione.
Il percorso in realtà parte da Costanza, attraversa il Liechtenstein, arriva in Canton Ticino, e attraversando appunto il passo del Lucomagno arriva poi in Lombardia. Si tratta di una via affluente
della francigena. In Lombardia parte da Vercelli, che è in Piemonte, e arriva a Palestro, attraversa la Lomellina e giuge a Pavia.Si tratta anche di una via d'acqua, che dal lago di Lugano passa ad Argentera, poi dal lago di Ghirla al lago di Ganna, sino a quello di Varese, poi c'è il fiume Olona sino a Castellanza, si arriva quindi sul Naviglio Grande, lo si percorre tutto sino a Bereguardo e da lì a Pavia, sul Ticino.
Tanta natura, parchi, acqua, ma anche passaggi storici con solo due parti fortemente antropizzate: “La via è quasi tutta in sicurezza – afferma - in un paio di punti occorre prestare un po' più di attenzione, non bisogna dimenticare che si tratta di una via che ha 1000 anni di storia”.
Cita poi i due siti Unesco presenti sul percorso: il Sacro Monte di Varese e il Monastero di Torba, ma anche altri centri di importante interesse storico, artistico e religioso come la Canonica di Bernate e l'Abbazia di Morimondo.
Ferruccio Maruca di Regione Lombardia racconta gli albori del progetto: “Si tratta della conclusione di un percorso che è terminato nel gennaio del 2015, sono stati gli svizzeri a proporcelo, poiché volevano attivare percorsi romei che congiungessero la Svizzera a Roma. E' frutto di una forte condivisione con gli enti locali, una cinquantina, tra cui la Regione Lombardia. A fianco alla parte istituzionale si è inserita quella privata che ha dato il suo importante contributo, creando il 'sistema delle vie'. La via è nata come riattualizzazione che è stato sin da subito fruibile. Questa dimensione è stata colta anche dai piccoli comuni che hanno collaborato fattivamente”.
Tutto è pronto quindi. La guida è uscita. I primi 8 turisti partiranno settimana prossima e faranno da apripista. In questa estate all'insegna del turismo di prossimità, preferibilmente outdoor, mantenendo la distanza sociale, nulla mi toglie dalla testa che la via Francisca del Lucomagno rientri tra le migliori mete turistiche.
Per informazioni su percorso e accoglienza consultate il sito
(foto: - lago di Ghirla - credits Marco Giovannelli; lago di Ceresio - credits Marco Giovannelli; Boffalora Ticino Naviglio Grande - credits Marco Giovannelli; Robecco sul Naviglio - credits Marco Giovannelli)
Sara Rossi

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La località dolomitica di Arabba, un piccolo ma meraviglioso centro incastonato tra il Passo Pordoi e il Passo Campolongo da una parte e la Marmolada dall’altra, è pronta ad accogliere gli amanti della montagna con le sue attività outdoor all’insegna della sicurezza. Tra pochi giorni, il 13 giugno riaprono i primi impianti di risalita, permettendo così ai turisti di praticare escursioni, ferrate e trail in mountain bike, grazie anche a speciali promozioni.
Cosa ci ha lasciato il periodo di lockdown? Sicuramente la voglia di rivalutare le piccole cose e respirare di nuovo la libertà. Tra le sensazioni che mancano maggiormente agli amanti dell’outdoor c’è la frizzante aria di montagna e il senso di appartenenza che si prova in un trekking in quota o l’adrenalina di una discesa sulle due ruote lungo i sentieri predisposti.
Un paese a misura d'uomo
Posizionata ai piedi del massiccio del Sella, a 1600 metri di quota, a poca distanza dalla montagna “Regina” delle Dolomiti, la Marmolada, Arabba è un piccolo villaggio ladino che ha conservato la cultura, le tradizioni e i valori di uno stile di vita semplice e genuino, che oggi permette agli ospiti di immergersi in un “mondo fuori dal mondo”. Un paese raccolto e caratteristico, un luogo ideale per riscoprire una dimensione a misura d’uomo con aria pulita, natura incontaminata e zero stress, “the place to be”.
Le strutture ricettive della zona, così come bar e ristoranti, sono pronte ad entrare in funzione e ad accogliere gli amanti della montagna. Un territorio da scoprire in maniera slow per vivere un’esperienza unica sulle Dolomiti, patrimonio mondiale Unesco.
Impianti pronti a ripartire e attività outdoor
I primi impianti ad aprire saranno la funivia Arabba-Porta Vescovo e la seggiovia Campolongo-Bec de Roces, rendendo praticabili numerosi percorsi di trekking e ferrate in quota.
Grazie alla funivia Porta Vescovo si potrà percorrere il sentiero Viel dal Pan: adatto a tutta la famiglia, questo itinerario conduce al Passo Pordoi e deve il suo nome agli scambi commerciali che, in passato, avvenivano lungo questa direttrice. Seguendo il sentiero 601 si percorre la dorsale della montagna in direzione del Passo Pordoi, accompagnati dalla presenza del lago di Fedaia e dall’imponente ghiacciaio della Marmolada. Arrivati al “Belvedere”, il sentiero conduce gli escursionisti in discesa fino al Passo Pordoi e ad Arabba.
Grazie al fatto che il percorso non presenta grandi pendenze e si mantiene costantemente in quota attorno ai 2500 metri, questo trekking è perfetto per le famiglie e per i camminatori meno esperti che vogliono però godere di un panorama incontaminato.
Sarà accessibile anche la Ferrata delle Trincee, che da Porta Vescovo arriva fino al Passo Padon, attraverso l’impervio campo di battaglia della Prima Guerra mondiale, con molti vecchi appostamenti, trincee e postazioni letteralmente aggrappate alla roccia. La prima parte impegnativa è compensata da una seconda lunga, ma più semplice, con tratti in cresta e un panorama sempre spettacolare sui 3343 metri del ghiacciaio della Marmolada. Da un paio di anni è stato ripristinato e messo a disposizione degli appassionati il tratto denominato Sasso dell’Eremita, una parete a difficoltà media con un dislivello verticale di circa 55 metri.
La seggiovia Campolongo – Bec de Roces renderà disponibile l’omonimo percorso trekking e la falesia associata, una vera palestra per gli alpinisti locali, con 25 vie disponibili (alcune di queste adatte anche ai bambini) soprattutto nella zona est dove si trovano settori di monotiri con grado di difficoltà dal 5b al 7a, e lunghezza fino 35 metri su muri verticali o leggermente a strapiombo. Sul lato ovest si trovano salite più lunghe (fino a tre tiri di corda) di stampo più alpinistico, la cui difficoltà è compresa tra il III e V grado, dove è consigliabile integrare le protezioni ed effettuare discese in corda doppia.
Interessante è il trekking Bec de Roces. Il percorso, con partenza fissata al Passo Campolongo, permette di raggiungere un enorme masso chiamato Sasso Quadro dove è possibile ammirare i resti di una vecchia postazione di guerra austro-ungarica, che funge ora da balcone naturale, con una bellissima vista sulla Marmolada, e arrivare in un paio di ore al Lago Boè: dopo una rilassante pausa ai bordi del piccolo specchio d’acqua naturale si rientra a Passo Campolongo, per un tempo totale dell’escursione di circa quattro ore.
Dal 27 giugno riapriranno anche la telecabina Fodom, che unisce Pont de Vauz a Passo Pordoi, e la seggiovia Burz, che permetterà quindi di effettuare Sellaronda MTB Tour, ovvero il periplo del massiccio del Sella, dove Arabba rappresenta il punto di partenza ideale. Fissata al 5 luglio l’apertura della seggiovia che da Passo Campolongo porta al Cherz.
Insieme agli impianti riapriranno anche i rifugi nel rispetto delle norme legate alla sicurezza personale, e che permetteranno dei pit-stop strategici per riprendere fiato e gustare i piatti della tradizione ladina.
Le promozioni per un'estate indimenticabile e conveniente
Sono due le possibili soluzioni per gli amanti degli sport all’aria aperta.
La prima è Arabba-Marmolada Summer Pass 2020, la tessera nominativa che permette, fino a settembre, di raggiungere tutti i percorsi e le attrazioni in quota utilizzando gli impianti di risalita nel comprensorio Arabba-Marmolada.
Due le formule a disposizione, per chi sceglie di fare un weekend lungo, con 3 giorni su 4 a 50,00 €, oppure 5 giorni su 7, anche non consecutivi, a 60 €, per chi si vuole concedere una settimana intera.
Per ragazzi e bambini sono previste riduzioni; i nati dopo il 04.06.2004 avranno le due tessere rispettivamente a € 35,00 e € 42,00, invece la categoria Baby, valida per i nati dopo il 04.06.2012, potrà usufruire gratuitamente degli impianti, se accompagnata da un adulto.
La seconda opzione è la Super Summer Card, tessera nominativa che include la possibilità del trasporto bike, nella formula giornaliera a 47,00 €, 3 giorni su 4 a 110,00 €, e 5 giorni su 7 a 147,00 €.
Anche in questo caso sono previste riduzioni: i nati dopo il 16.05.2004 avranno il 30% di sconto, mentre per i nati dopo il 16.05.2012 sarà gratuita, nel rapporto un bambino per accompagnatore.
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Uno dei Borghi più Belli d’Italia del Trentino, sotto le Pale di San Martino
Se suoni la campanella che trovi su una sedia rossa posizionata a sorpresa,
ecco arrivare un abitante del paese a farti da cicerone!
Paese-Museo en plein air, Mezzano di Primiero (fra i Borghi più Belli d’Italia del Trentino) rivendica fiero il suo passato rurale e manda in scena uno spettacolo tutto suo, di quelli che incantano nella loro disarmante semplicità. Il passato altrove dimenticato non si limita a sopravvivere, ma è vivo, si fa presente, si mette in mostra e viene condiviso con i visitatori che sono accolti con il cuore. Rimasto tenacemente aggrappato alle sue radici, alle sue architetture, alle tradizioni di un popolo fiero, fortificato dalla vita dura di montagna, Mezzano ha trasformato in arte le tradizioni e in storie da raccontare i ricordi delle vite contadine di pochi decenni fa, all’apparenza così lontane, ma che fanno parte integrante della sua realtà odierna. Oggi Mezzano è l’angolo romantico e suggestivo del Primiero, un serbatoio di vita alpina, di cui si ripercorrono le tracce in ogni angolo nascosto, lungo i vicoli, nelle piazzette, all’ombra dei ballatoi in un vibrante museo all’aperto in cui si intrecciano architetture, dipinti murali, antiche iscrizioni, fontane e stoili (piccoli acquedotti in cunicoli pensati per condurre al coperto l’acqua dalle alture), orti e cataste artistiche di legna.
Mezzano Romantica
Un museo en plein air, senza ressa o code, che ciascuno può scoprire da solo passeggiando senza fretta, seguendo semplicemente le indicazioni molto intuitive dell’accattivante segnaletica con le scritte rosse in italiano e inglese sotto il logo di Mezzano Romantica, a ricordare che tutto qui si fa col cuore. Un totem dà il benvenuto ai visitatori, e li invita a scaricare gratuitamente l’App bilingue, che può essere scaricata on line anche prima di arrivare, in modo da prepararsi alla visita. Seguendo le frecce rosse, ci si imbatte via via in una serie di piccoli tesori d’arte e tradizione, contrassegnati da un cartello con un occhio. Avvicinandosi, si riceve un messaggio che avvisa di ascoltarne se si vuole la storia, oppure leggerla sullo smartphone.
La sedia rossa
Ma soprattutto bisogna cercare una semplice sedia rossa, che compare a sorpresa negli angoli più suggestivi del paese, e suonare la campanella appoggiata sul suo sedile. Al suo suono, arriva una persona che abita nei paraggi e che si mette a disposizione per dare informazioni, raccontare la storia di Mezzano e delle sue montagne, svelare curiosità e aneddoti, indicare dove poter trovare prodotti tipici e lavorazioni artigianali, dove poter dormire e mangiare, quali sentieri da percorrere per salire a malghe e rifugi, quali le attività sportive e quelle più adatte per i bambini… Sono anziani, ragazzi, donne, artigiani che, con l’autenticità e l’immediatezza che solo il racconto diretto sa dare, condividono con gli ospiti la propria vita e le proprie conoscenze, li consigliano come potrebbe fare un amico affinché possano godersi al meglio la loro permanenza a Mezzano, sia una visita di qualche ora, oppure un ritemprante periodo di vacanza. La sedia rossa si può trovare tutti i giorni dal 20 giugno a metà settembre (e poi durante i fine settimana), ad indicare che qualche abitante di Mezzano è a disposizione dei turisti per dare informazioni e condividere racconti. Così, semplicemente, come si fa quando si passa a casa di un amico senza preannunciarsi.
Cataste&Canzèi, quando le cataste di legna si fanno arte
Il percorso è punteggiato da una trentina di monumentali cataste artistiche di legna, Cataste&Canzei, che per la loro originalità hanno reso famoso anche all’estero questo piccolo borgo montano. Unica nel suo genere, la rassegna inanella stupefacenti e fantasiose cataste artistiche di legna, nate dalla tradizione della gente di montagna di accatastare in bell’ordine la scorta di legname per l’inverno. Ed ecco così la fisarmonica in tensione che pare una stella, la clessidra chiusa tra sole e luna a segnare il trascorrere del tempo, la grande parete che ricorda l’alluvione che colpì il paese nel 1966, gli uomini intenti a tagliare l’albero, la catasta instabile che cede a un coreografico crollo… Ogni canzèl è un piccolo capolavoro di perizia e attenzione, nello spirito parsimonioso di chi abita i paesi di montagna, ma anche una vivida e cangiante tavolozza nelle calde tinte del legno che colora le vie di Mezzano, abbellite anche dalle cataste che le famiglie sistemano fuori dalle proprie case.
I tabià e le stalle
I caratteristici tabià (vecchi fienili in disuso, ora recuperati) narrano ancora il rito del filò, le storie narrate dagli anziani del paese nelle lunghe serata d’inverno. In particolare cinque sono stati recuperati a nuova vita. Il Tabià del Rico è un piccolo ma interessantissimo museo etnografico zeppo di oggetti che raccontano vita e lavori di un tempo, raccolti in tanti anni con amore e passione da Mary Orsingher e intitolato al padre Enrico. Il Tabià del Checo espone in moderne vetrine cubiche, che mescolano l’ambiente rustico con una raffinata soluzione moderna, le eccellenze di alcuni artigiani e produttori agroalimentari locali: Zeni scultori, Gianluigi Zeni, Artelér, Artistica legno GT, Macelleria Bonat, Bionoc’, La Rondine. Il Tabià de la Gema, situato in una delle più caratteristiche case del paese, viene utilizzato come teatro nelle serate di Mezzano Romantica. La Stalla dei Presepi (visitabile durante tutto l’anno) contiene una quindicina di presepi a diverso tema fra storico, classico, moderno, immaginario realizzati in vari anni dall'artista Mario Corona.
La Stalla “In nome de Iesu” contiene infine delle scene che raccontano la vita e la passione di Cristo realizzate anch’esse dall'artista Mario Corona. Il suo nome si ricollega alla frase che contadini e boscaioli pronunciavano un tempo all’inizio della giornata lavorativa, per mettere il loro lavoro nelle mani della protezione divina.
L’antica lisiera e i 250 orti
Un’altra piccola perla in cui ci si imbatte è la lisiera, l’unica in tutto il Trentino a essere tutelata dalla Soprintendenza. È la lisciaia, ovvero il locale dove si produceva la lisia (acqua in cui è stata fatta bollire cenere) per il bucato, spesso profumandola con bucce di limone. Il bucato era un lavoro lungo e faticoso, che le femene cominciavano già a sette o otto anni. Di questo, delle loro fatiche, delle chiacchiere, delle amicizie e delle contese che nascevano lì dentro racconta ancora romanticamente la lisiera. Amorevolmente restaurata con le sue tre calgere (caldaie di rame), ospita anche piccoli eventi: un luogo insomma di aggregazione così come lo era per le femene intente al bucato. Il verde entra deciso fra le antiche pietre del paese grazie ai suoi orti: se ne contano circa 250 fra Mezzano e frazioni, su circa 1.600 abitanti. Partiti da un’esigenza di produzione di cibo per la famiglia, rispettano fedelmente la tradizione trentina che tra le staccionate dell’orto sposa l’utile al dilettevole spartendo la terra tra ortaggi, fiori, odori, piante da frutto e viti rampicanti. Veri e propri orti-giardino, costituiscono tappa imprescindibile anche delle visite guidate per il borgo, organizzate questa estate per piccoli gruppi e su prenotazione in modo da garantire il distanziamento richiesto dalle normative.
Il ponte tibetano e gli abeti giganti
Mezzano non è bella solo tra le sue stradine e le sue architetture. È circondata da una natura forte e rigogliosa, che accoglie il quotidiano della gente di montagna e si fonde con esso. Ci sono tante piccole perle che circondano il paese, mete di passeggiate o pedalate in relax, alla scoperta dei romantici scorci di questo angolo del Primiero, di boschi, malghe, vette, seguendo sentieri di bassa e media quota ben battuti e segnalati. Ci sono luoghi che si godono meglio su due ruote come la pista ciclabile del Molaren, una passeggiata illuminata anche la sera con diverse soste per godersi il panorama in completo relax. Altri che conquistano i più avventurosi, come gli orridi di Val Noana, in uno dei quali si fa anche canoyng, o il ponte tibetano che fa da collegamento tra rifugi Caltena e Fonteghi. Altri che conquistano per l’assoluta bellezza dei boschi, come il Parco Naturale di Panveggio e il Sentiero degli Abeti Giganti in Val Noana, con i suoi alberi secolari che svettano fino a toccare i 50 metri ed hanno il diametro del tronco che può arrivare a misurare un metro di larghezza.
Per informazioni: Ufficio Turistico Comune di Mezzano
Tel. 349.7397917 -
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Con una serie di seminari Città del Vino riflette sulla ripresa post covid-19.
Il 5 giugno, durante un incontro in diretta Facebook, si è parlato della riorganizzazione delle cantine tra suggestione e accoglienza sicura.
Paolo Corbini, vicedirettore di Città del vino, ha aperto la chiacchierata sullo sviluppo dei territori del vino e sulle misure da adottare, anche a livello politico, per la tutela e il rilancio del turismo enogastronomico.
Giorgio Salvan, presidente Movimento del turismo del vino Veneto, dopo i doverosi ringraziamenti perchè: “Avere amiche le città del vino è importante”, ha ricordato la collaborazione decennale tra le due realtà, nonché l'appuntamento, imperdibile per gli amanti del vino, con Calici di stelle. Con un briciolo di amarezza ha poi affermato: “Non vendiamo vino quest'anno, ma sogni, non sappiamo quale sarà l'Iva su questi sogni, ma non ci interessa, quelli possiamo sempre venderli”.
Il presidente di Città del vino, Floriano Zambon, ha sottolineato come sia un momento problematico, ma anche come questa sia una grandissima occasione per l'enoturismo. “Si tratta di mesi utilissimi, da cogliere – ha affermato - c'è la possibilità di fare un salto di qualità che permetta di godere maggiormente delle cantine, delle vigne e dei nostri orizzonti. Bisogna cogliere la poesia che sta dietro la produzione per stimolare emozioni che daranno risultati soprattutto in prospettiva”.
Il celebre enologo Roberto Cipresso ci ha raccontato che lo scorso anno il turismo del vino era in crescita, ma dopo quello che è successo in questo periodo, l'entusiasmo non è più sufficiente, ora: “E' necessario essere rassicuranti ed usare un linguaggio nuovo”. E, ha continuato: “Prima, camminare nel fango del vigneto era poetico, adesso occorre essere più attenti, mantenendo il romanticismo ma con uno sguardo nuovo alla sicurezza. Occorre che tutto sia misurabile, il mercato si è progressivamente saturato, e oggi il valore aggiunto si ottiene solo con scientificità e storicità”. Cipresso sostiene che la scientificità, la tracciabilità e la sostenibilità ora siano necessarie, non più solo un plus. Ci sono modalità di accoglienza in cantina che vanno seguite.
Corbini ha poi sottolineato come il territorio debba dimostrare di essere in grado di fare accoglienza a tutti i livelli.
Nel suo intervento Elena Sgambati, consulente per le cantine, ha affermato come la sua attività sia tesa ad aiutare i produttori di vino ad aprirsi all'enoturismo: “La pandemia ci ha bloccato, ma ci ha fatto riconsiderare l'essenzialità. Il turista andrà sempre più alla ricerca di verità, e questo va oltre il marketing”. Occorre una maggiore attenzione alla sicurezza, ma soprattutto alla comunicazione della stessa: “L'ospite diventava ambasciatore dei prodotti. Ci saranno nuove linee guida che si spera siano più omogenee possibili. Occorre empatia e sintonizzazione con l'ospite, solo così renderemo le esperienze memorabili e sicure”. Secondo Sgambati, i produttori si preoccupano degli investimenti, ma in realtà andranno sfruttati gli spazi all'aperto, le vigne, le esperienze a contatto con la natura. Ci saranno un ventaglio di possibilità più ampie, occorre utilizzare creatività, con gazebo, terrazze all'aperto, tavolate che garantiscano il distanziamento, in una frase: “Utilizzare le vigne come teatro naturale”.
Giuseppe Festa dell'Osservatorio turismo del vino ha chiesto a Roberto Cipresso come è possibile che rassicurazione e sicurezza possano accordarsi con la suggestione. Secondo Festa, negli ultimi anni i lavori fatti dalle cantine sono stati enormi, ma più che un'attenzione all'irrobustimento dell'offerta sarebbe necessario lavorare sullo stimolo della domanda.
Secondo Cipresso la vera emozione in ambito enologico nasce quando il vino porta in un luogo oppure riporta a rivivere un momento storico legato alla sua datazione, queste sono le sole due aree in cui il vino riesce a fare venire la pelle d'oca. Oggi, il clima di incertezza ha cambiato le modalità di spostamento e le percezioni. “La priorità è trovare un posto rassicurante, che oggi è lo spazio aperto, non le persone con le mascherine e le visiere”. E poi, continua: “Occorre infondere sicurezza senza ostentarla. Non bisogna che l'enoturista si ponga troppe domande: “Tu pensa a vivere l'esperienza in tranquillità che alla tua sicurezza pensiamo noi”. In realtà l'unico aspetto che conta è che la cantina sia seriamente certificata, non bisogna raccontare storie insomma.
Sempre secondo Cipresso: “Il valore aggiunto è dato dai fatti, la tracciabilità è effettiva, occorre serietà. Un ospite tranquillo e sicuro che si gode la sua esperienza sensoriale è la ricetta per avere successo oggi”.
Occorre equilibrio, fare percepire un ambiente sicuro in cui vivere un'esperienza. “Il marketing è fallito perchè non ce la fa più, ma se il produttore riesce a vivere al meglio questo momento ne uscirà rafforzato”.
Giuseppe Festa ha chiesto poi alla Dott.ssa Sgambati quale è quindi questa nuova modalità di comunicazione che si deve utilizzare per informare l'enoturista.
Secondo Elena Sgambati occorre far sapere che si fa ospitalità, quali tipo di esperienze e la sicurezza igienico sanitaria che si troverà: “Deve passare il messaggio che lavorare con piccoli gruppi è esclusività, occorre mostrare teche con raggi uv per disinfettare i bicchieri ad esempio e una nuova tensione al dettaglio che va comunicata a chi sta programmando una visita”.
Di tutta altra idea sembra essere il produttore Giorgio Salvan che spera solo che questa situazione passi in fretta: “Per accogliere l'enoturista si deve essere a posto con la normativa, ma non è necessario ostentarlo. Un turista cerca prima di tutto accoglienza, e io accolgo sempre all'aperto, la cantina è per i tecnici o per chi vuole un'esperienza da raccontare, non bisogna tediare, ne terrorizzare l'ospite”. Secondo Salvan: “Il vino deve essere buono che sia certificato è un fatto personale, lo deve essere, ma non serve in questo settore. E' necessario invece nella grande distribuzione, quando il vino viaggia. Chi viene in cantina è un turista elitario e a lui questi dettagli non interessano”. Chiosa poi: “Io sono stato certificato per 12 anni, ma è avvilente. Ho perso le vigne e ho perso gli amici. Ho provato a fare le stesse cose in maniera diversa e tutto è migliorato. Ribadisco che quando si muove la persona è diverso da quando si muove il vino”.
Il movimento turismo del vino è nato con lo slogan: “Vieni e vedi cosa bevi”, è fondamentale il rispetto del paesaggio, solo in questo modo è possibile ottenere del buon vino.
Sul rispetto del paesaggio sono tutti d'accordo. Aggiunge Corbini: “Un bel paesaggio, servizi efficienti e qualità della vita sono alla base per buoni prodotti e valide esperienze enoturistiche”.
Floriano Zambon, in merito alla cura del paesaggio ha proposto di fare incontri mirati tra amministratori e territori: “Penso che diversi proventi, tipo la tassa di soggiorno, se ben spesi non possano che migliorare la qualità del vivere sul territorio, sia per turisti che per gli abitanti. I comuni devono investire bene le risorse per fare la loro oculata parte”.
Paolo Corbini ha accolto l'invito di Zambon e ha rivelato di lavorare con Festa per mettere in rete una sorta di “pillole dei territori delle città del vino” dove raccontare i progetti virtuosi nella gestione dei territori, tesi a migliorare la qualità della vita.
Sara Rossi
nelle foto
- Paolo Corbini
- Floriano Zambon
- I vigneti del Sannio
- Roberto Cipresso
- Giorgio Salvan
- Città del vino

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Per tutto il mese di giugno tariffa promozionale di 1 euro
Dopo quasi tre mesi di chiusura forzata martedi 2 giugno riapriranno il Castello del Buonconsiglio, Castel Thun, Castel Beseno e Castel Stenico con il nuovo orario continuato dalle 11.00 alle 18.30 pronti ad accogliere nuovamente i visitatori.
L'ingresso, per tutto il mese di giugno, sarà alla tariffa promozionale di 1 euro.
Si tratta di un'occasione eccezionale di visita che, con modalità inedite e per un periodo così ampio, apre edifici e sale affrescate, mostra opere d'arte allo scopo di offrire un'esperienza importante, fornire spunti di svago e di intrattenimento, conoscenza e costruzione di identità individuali e collettive, che aiutino e accompagnino la fase di ripresa.
Proprio per questo nel corso di giugno molte iniziative promuoveranno il contatto diretto con il patrimonio custodito nei castelli.
TI PRESENTO L’OPERA:
alle 17.30 di ogni martedì, viene presentato al pubblico un manufatto delle collezioni, da tempo non esposto o rientrato dopo un intervento di restauro, che rimarrà visibile per l'intera settimana, e un conservatore accompagna i partecipanti nella sua lettura e nella sua storia.
Davanti allo specchio: CONOSCI TE STESSO dal mercoledì al venerdì, alle 17.30 l’appuntamento è con un’opera già presente nel percorso di visita, che, in un dialogo tra operatori museali e visitatori, è destinata a stimolare riflessioni, interrogativi e dubbi da condividere in un piccolo gruppo.
Per tutto il mese di giugno, ad orario fisso e connesso al sistema di turnazione tramite prenotazione on line o telefonica, i visitatori saranno accolti nei giardini da educatori museali che forniranno una dettagliata introduzione al complesso museale e al percorso interno, che poi ciascuno potrà effettuare in autonomia e in sicurezza.
Nelle ampie aree verdi del Buonconsiglio, di Thun, di Beseno e di Stenico le famiglie potranno accedere anche avvalendosi dei kit autogestiti e pensati appositamente per giochi e svaghi dei più piccoli.
Per tutti e quattro i castelli è obbligatoria la prenotazione che si potrà fare sul sito internet del museo o telefonando allo 0461 492811 dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 - 13.00 e 14.00 - 16.00.
Tutte le informazioni relative alla visita in sicurezza sono consultabili nella pagina Disposizioni in merito a Covid 19.
Info:
Museo Castello del Buonconsiglio monumenti e collezioni provinciali
Via B. Clesio,5 Trento
tel. 0461 233770
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(casa Lajolo Piossasco -To)
Le Dimore Storiche - spesso intese come luoghi delle meraviglie inossidabili al tempo – sono in
realtà gioielli fragili. La loro cura e conservazione, demandata interamente ai proprietari privati,
preserva la nostra storia, la nostra cultura, il nostro paesaggio. Tutti elementi che all’estero ci
contraddistinguono con eccellenza e che per noi costituiscono un immenso valore di identità e
riconoscimento, su cui merita investire per il futuro.
Riflessioni e nuovi propositi, dunque, per le Dimore Storiche del Piemonte e Valle d’Aosta perché, in questo
momento di emergenza sanitaria e crisi economica, la conservazione del patrimonio storico-artistico
resta il fondamento della nostra cultura e civiltà, per una ripartenza del popolo italiano.
Castelli, ville storiche, forti, rocche, palazzi di città e tenute di campagna … Sono circa 4.500 le
proprietà private che in Italia aderiscono all’ADSI (Associazione Dimore Storiche Italiane) e la
Sezione Piemonte e Val d’Aosta, con oltre 300 soci, è fra le regioni che vantano il maggior numero di
dimore iscritte.
Realtà che custodiscono la memoria e la tradizione di famiglie le cui radici affondano nella storia e
che rivestono non solo un ruolo fondamentale dal punto di vista storico e culturale, ma anche sono
trainanti per l’economia territoriale di tanti comuni sotto i 20.000 abitanti e per ben il 29% dei
piccoli borghi con meno di 5.000 residenti. Molte dimore storiche sono attive in una o più filiere
produttive, come eventi, ristorazione, alberghiero, ma il 60% è costituito da antichi borghi, ville,
tenute, cascinali e palazzi che semplicemente testimoniano la nostra Storia, contribuendo a
impreziosire e preservare l’architettura urbana e il paesaggio grazie agli interventi sostenuti
unicamente dai proprietari.
Un patrimonio unico di “musei diffusi” dell’intera Penisola che oggi più che mai, considerando le
limitazioni ai viaggi a media/lunga distanza causate dall’emergenza in atto, può dare un valore
aggiunto al turismo di vicinanza.
LA GIORNATA NAZIONALE ADSI
La Giornata Nazionale A.D.S.I. è l’appuntamento clou dell’Associazione: da dieci anni consente al
pubblico di entrare a piccoli passi in alcune di queste residenze e visitarne gratuitamente gli interni.
Ogni anno si arricchisce di un’ampia gamma di eventi culturali – mostre, concerti, spettacoli
teatrali… - affidati ad artisti e studenti di scuole ed istituti d’arte con cui A.D.S.I ha stretto rapporti di
collaborazione sia a livello centrale che locale. Ogni dimora poi apre i suoi spazi ed il proprio baule
virtuale di memorie. Guidati dagli stessi proprietari e dalle nuove generazioni che li stanno sempre
più affiancando, tra scampoli di storia e simpatici aneddoti, si ripercorre la storia di famiglie e
dinastie. Quasi a voler ricomporre, anno dopo anno, un Patrimonio immateriale che rappresenta
una risorsa preziosa e distintiva del nostro Paese e di cui la Giornata Nazionale delle Dimore
Storiche è sempre più Ambasciatrice.
L’appuntamento 2020 era fissato per domenica 24 maggio e in Piemonte e Valle d’Aosta
aveva già raccolto l’adesione di 35 Dimore Storiche. Vista l’emergenza sanitaria è stato necessario
sospendere tutte le visite ma i proprietari non si sono arresi e pensano a un doppio appuntamento:
- Domenica 24 maggio ADSI ha voluto comunque ricordare quel momento di coinvolgimento e di
condivisione che è la Giornata Nazionale e ha realizzato un video che
consente di ammirare giardini, fioriture e angoli nascosti di gran parte delle Dimore
Storiche, in attesa di poterne varcare le soglie di persona.
Domenica 4 ottobre, nuovo appuntamento per la Giornata Nazionale ADSI 2020, le Dimore
Storiche si offriranno a turisti italiani e stranieri per la prima volta in versione autunnale.
Come sempre daranno la possibilità di accedere gratuitamente ad atmosfere uniche e
scoprire luoghi spesso poco conosciuti dal grande pubblico perché fuori dagli itinerari
tradizionali, luoghi che le dimore contribuiscono a mantenere in vita e a tramandare intatti
alle generazioni future.
UN COMPARTO DA VALORIZZARE…
La crisi determinata dal Coronavirus può divenire una opportunità per questo segmento oggi messo
a serio rischio. Il recentissimo studio “Covid-19: Indagine economica sui beni culturali privati in
Italia”, che ADSI ha commissionato alla Fondazione Bruno Visentini in collaborazione con
Confagricoltura e Confedilizia, evidenzia le concrete ripercussioni sulla rete degli immobili storici e
ne stima perdite di circa 2 miliardi di euro, 30.000 posti di lavoro a rischio, tra i 25 e i 30 milioni di
visitatori in meno (circa il 50% dei 45 milioni di persone che annualmente visitano le dimore
storiche aperte al pubblico e che rappresentano la metà dei 90 milioni di turisti che ogni anno
visitano, complessivamente i musei italiani).
Dati dai quali Piemonte e la Valle d’Aosta prendono spunto per dimostrare come la rete delle
Dimore Storiche del Nord Ovest possa rivestire un ruolo importante nel tessuto e nei progetti di
valorizzazione turistica che la Regione Piemonte dovrà mettere in atto nella fase del post
emergenza.
(Castello di Piovera AL)
Ogni dimora è perno, fulcro di territori di cui tramandano fatti e vicende minori con l’affascinante
compito di divenire autorevoli “testimoni del tempo”, nonché complemento imprescindibile alle
visite delle più illustri Residenze Sabaude a cui sono unite da legami politici e commerciali secolari,
che hanno contribuito a scrivere la Storia d’Italia e intrecciare relazioni con il resto d’Europa.
In sintonia con quanto dichiarato dal Presidente Nazionale ADSI, Giacomo di Thiene, il presidente
della Sezione Piemonte Valle d’Aosta, Sandor Gosztonyi, si sta attivando affinché nasca un
confronto rapido e costruttivo con i partner e con le istituzioni per progettare in modo lungimirante
la ripartenza, così come avviene da tempo in molti Paesi d’Europa (Francia ed Inghilterra come primi
esempi), che prevedono incentivi, detassazioni ed altre formule di sostegno per coloro che aprono
al pubblico le proprie residenze, portando ricchezza a tutto il territorio.
…CHE MIRA AD UN NUOVO RUOLO NEL TURISMO
“Le dimore storiche rappresentano una categoria trasversale e a sé stante, ed ora più che mai è
necessario individuare regole precise di fruizione di questi ambienti, sinora dimenticati nelle varie
ordinanze” dichiara Gosztonyi e aggiunge “spesso molti soci svolgono attività senza essere
organizzati come impresa, ma con semplice codice fiscale. Molte poi le realtà che pur essendo
aperte alle visite, non sono classificate come musei; o che pur svolgendo attività ricettiva spesso
non sono alberghi o strutture extra alberghiere e cosi via…”
Senza contare le residenze che costellano molti centri storici di città grandi e piccole, e che, pur non avendo la possibilità di
destinare il bene all’accoglienza o alla ristorazione o di aprire al pubblico, contribuiscono a
impreziosire e preservare l’architettura urbana grazie agli interventi sostenuti unicamente dai
proprietari.
“Sarebbe utile cogliere l’occasione per dare una nuova “regia” al comparto” dichiara Sandor
Gosztonyi. “La bellezza, la fruizione e la manutenzione delle dimore storiche è a carico dei privati. E
a differenza di altre attività e aziende, queste non si possono fermare in quanto la manutenzione
degli spazi verdi, degli arredi e degli immobili storici é quotidiana. Malgrado i decreti attuali e futuri,
le aziende stenteranno a ripartire. Molti i soci piemontesi che già hanno confermato la
cancellazione fino a fine luglio per tutti gli eventi privati e aziendali e per l’ospitalità nelle varie
forme b&b, casa vacanze e agriturismi, con i clienti in dubbio anche per i mesi di settembre e
ottobre vista l’incertezza. Ad esempio, sarebbe importante avere informazioni più chiare sulle
modalità di visite dei parchi all’interno delle dimore, sulla gestione di piccoli gruppi…
Si rischia che il danno per il 2020 sia del 100% a fronte di spese di manutenzione ordinaria e
straordinaria non comprimibili “. Il sostegno alle Dimore Storiche è un aiuto per i gestori di questi
beni ma anche per tutto l’indotto, per le molte piccole filiere, le piccole medie imprese e gli artigiani
attivi sui singoli territori.
Associazione Nazionale Dimore Storiche
L’Associazione Dimore Storiche italiane, Ente morale riconosciuto senza fini di lucro, è l’associazione
che riunisce i titolari di dimore storiche presenti in tutta Italia.
Nata nel 1977, l’Associazione conta attualmente circa 4500 soci e rappresenta una componente
significativa del patrimonio storico e artistico del nostro Paese.
L’Associazione promuove attività di sensibilizzazione per favorire la conservazione, la valorizzazione
e la gestione delle dimore storiche, affinché tali immobili, di valore storico-artistico e di interesse per
la collettività, possano essere tutelati e tramandati alle generazioni future nelle condizioni migliori.
Questo impegno è rivolto in tre direzioni: verso i soci stessi, proprietari dei beni; verso le Istituzioni
centrali e territoriali, competenti sui diversi aspetti della conservazione; verso la pubblica opinione,
interessata alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.
www.adsi.it
Facebook: Associazione Dimore Storiche Italiane
Twitter: @dimorestoriche
Youtube: Associazione Dimore Storiche Italiane
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Una giornata all'aria aperta all'insegna del cicloturismo gastronomico "soft", alla scoperta delle bellezze naturalistiche e culturali del finalese.
In e-bike, bici a pedalata assistita, nello splendido scenario dell’Altopiano delle Mànie, immersi nei profumi, nei colori e nella storia dell’entroterra ligure, circondati da una rigogliosa natura vista mare.
Tour gastronomico-culturali con bici a pedalata assistita, per vivere un’esperienza attiva senza faticare troppo, distanti dal più classico turismo balneare tipico della Riviera Ligure di Ponente.
Mare e montagne, sabbia e rocce, splendidi borghi e piccoli centri abitati: la Liguria e, in particolar modo, il Finalese, consente di vivere escursioni ed esperienze immersi nella macchia mediterranea.
Uno dei modi migliori per scoprire questa zona lentamente, senza fretta, in modo sano e lontano dal più classico turismo balneare, è una pedalata in bicicletta lungo i numerosi percorsi dell’entroterra, dove il silenzio regna sovrano.
Gli appassionati di cicloturismo e di mountain bike troveranno in questi luoghi pane per i loro denti. Ma per scoprirne le meraviglie a due ruote, in ogni periodo dell’anno, non serve essere allenati o amanti dei sentieri più impervi.
Finally E-Bike, membro del Consorzio FOR Finale Outdoor Region, ad esempio, organizza bellissimi tour con bici a pedalata assistita per affrontare senza sforzo i percorsi più belli di Finale e della Riviera Ligure di Ponente, per conoscerne le tradizioni enogastronomiche e culturali.
Il tour nell'Altopiano delle Mànie è un percorso gastronomico-culturale di circa 24 km che ha inizio dal borgo di Calvisio, dove vi attende un primo vero e proprio “assaggio” del territorio con visita e degustazione di olio extra vergine d’oliva nello storico Frantoio Magnone, in direzione della borgata di Verzi.
Lungo questo primo tratto del circuito scorgerete Calvisio Vecchia, arroccata sulla pendice occidentale del Monte Tolla e, raggiunta la suggestiva Val Ponci, oltre all’incantevole paesaggio naturalistico e rurale, vi ritroverete immersi in un vero e proprio museo a cielo aperto. Risalendo la valle incontrerete infatti 5 ponti di epoca romana (il nome stesso deriva dall’antica Vallis Pontium, Valle dei Ponti), la Caverna delle Fate, particolarmente importante in quanto sono stati rinvenuti resti umani risalenti al paleolitico, ora esposti presso il Museo Archeologico del Finale a Finalborgo, le cosiddette “cave romane”, uno degli ambienti più suggestivi del Finalese, con tre grandi cave in galleria dalle quali fu estratta la Pietra di Finale e, infine, la Grotta dell’Arma delle Mànie, uno tra i più importanti siti archeologici preistorici del Finalese.
Sulla sommità della grotta naturale si trova la “Trattoria La Grotta”, della famiglia Mendaro dagli anni ’50: questo è il luogo ideale per concedersi una piccola pausa gastronomica, a base di prodotti locali come l’immancabile formaggetta con olive taggiasche, i salumi artigianali, il pane fatto in casa e cotto nel forno a legna e un buon bicchiere di vino del territorio.
Dopo aver fatto il ‘pieno’ di energia e aver ricaricato le vostre e-bike (la struttura è dotata di un impianto “Protec Bike Repair Station” che, oltre a consentire la ricarica per le e-bike offre anche alcuni strumenti per la manutenzione ordinaria delle bici), vi potete diregere verso i “prati di Ferrin”, conosciuti a livello internazionale per essere il punto di partenza della mitica 24h di Finale: potrete anche voi avventurarvi e percorrere una parte dei tracciati di questa famosa competizione di mountain-bike.
Spostandosi sull’estremità destra dell’altopiano, quello rivolto verso Finale Ligure, vi fermerete per pranzo in un altro luogo simbolo delle Mànie, l’Osteria della Briga, dove gustare una cucina semplice, ma che valorizza i migliori ingredienti del territorio, sapientemente preparati dallo chef Jacopo Lovisolo.
Dopo questo piacevole ristoro, si torna in sella per raggiungere le “Terre Rosse”, cosiddette per il colore del terreno ricco di minerali; in questo angolo di paradiso, ad un’altitudine di 300 m.s.l.m., Vladimiro Galluzzo e la sua famiglia coltivano vigneti con tecniche biologiche senza usare diserbanti e concimi chimici, da cui nasce una produzione di ben sette tipi di vino: vermentino doc, pigato doc, apogeo, l’acerbina, le banche, solitario e passito, molti dei quali più volte vincitori di riconoscimenti internazionali.
Prima di intraprendere la discesa di circa 4km verso le spiagge del Rione di Finalpia, punto d’arrivo di questo imperdibile tour, raggiungerete l’emozionante punto panoramico a picco sulla località Selva, da dove si può ammirare Varigotti e la costa da Punta Crena al porto.
Tra uliveti, vigneti, frutteti in mezzo ai quali spuntano piccoli borgate storiche intatte, scorgerete in fondo, proiettata a picco sul mare sull’omonimo capo, l’antica Torre di San Donato, punto di avvistamento litoraneo realizzato in funzione delle frequenti incursioni barbaresche.
Sulla strada di rientro, vi attende l’agriturismo La Realidad, una delle storiche Osterie Slow Food, presso il quale potrete trovare frutta, verdura, olio, vino e marmellate, conserve di verdura e il celebre pesto preparati solo con prodotti provenienti dagli orti di famiglia.
Il tour volge al termine, ma non prima di aver ammirato lo spettacolo del mare quando si tinge dei colori tenui del tramonto, volgendo le spalle alla splendida vallata di Calvisio.
Dettagli del tour proposto
Percorso in e-bike: dalle ore 9.30 alle 17 circa (a seconda delle deviazioni lungo il percorso)
Difficoltà: S0/S1
Percorrenza: circa 24 km
Dislivello positivo: 800 mt
Punto di partenza: Finale Ligure, nella frazione di Calvisio
Circuito: si snoda principalmente lungo l’altopiano delle Manie, attraverso sentieri alternativi
Punto di arrivo: Finale Ligure nel Rione di Finalpia
Il tour si effettua su prenotazione; il costo a persona dipende dall’itinerario definitivo, dalle soste ai menù concordati e dal numero di persone.
Quota indicativa per 4 persone: a partire da € 90,00 a persona, pasti e guide comprese.
Per informazioni: Ufficio Turismo e Cultura – Finale Ligure
Fotografie: © courtesy Mudif e foto archivio Comune di Finale Ligure
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E' tornato il tempo delle cicogne. Oggi, lunedì 18 maggio, la fine del lockdown fa riaprire i battenti anche al Villaggio delle Cicogne di Fosso Ghiaia, in provincia di Ravenna. L'ingresso è gratuito ogni giorno dalle 9 al tramonto. Decine le specie animali in libertà che si possono ammirare nel proprio habitat: uno spazio naturale splendido, attrezzato per essere visitato in totale facilità e libertà da grandi e piccini. Una scuola naturalistica a cielo aperto dove di osservare da vicino moltissime specie di uccelli e di mammiferi.
Il Villaggio delle Cicogne sorge appunto a Fosso Ghiaia, pochi chilometri a sud di Ravenna: lo si può raggiungere lasciando l’auto al parcheggio gratuito del ristorante La Campaza, e da lì seguendo una breve, piacevole passeggiata segnalata, che in pochi minuti porta all’accesso del parco.
Al suo interno, liberi e integrati, vivono centinaia di animali di diverse specie. Prima fra tutte la cicogna bianca, che dà il nome al Villaggio e di cui sono presenti decine di esemplari, con i caratteristici grandi nidi tondi che sorgono a una decina di metri d’altezza.
Ma fra gli uccelli, è possibile vedere anche numerose altre specie autoctone: dai fenicotteri rosa alle volpoche, dai cigni bianchi e neri agli aironi cenerini, dalle oche selvatiche ai pavoni bianchi e blu, fino a germani reali, fagiani, gallinelle mantovane, solo per citarne alcune.
Non mancano però anche i mammiferi: caprette, asinelli, pecore nane di Ouessant. E poi ancora le tartarughe, o alcune specie di animali non autoctoni ma molto affascinanti, come l’alpaca, l'ibis o la gru coronata.
Una gita immancabile per chi ama gli animali: e soprattutto per i bambini, che hanno la possibilità di godere di uno “spettacolo” davvero inedito, nella più assoluta tranquillità e libertà.
La redazione

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“Io non viaggio in autostrada” è la filosofia di Mirko Confaloniera. Un principio espresso battendosi la mano sul petto perché tutto è possibile, ma questa regola non si infrange. Mai. In un mondo in piena crisi climatica, questi viaggi in Matiz Gpl sono carichi di commovente poesia e di rispetto per il territorio.
Quando ormai si sa che lo spostamento climaticamente più irrispettoso è quello aereo perché per effettuare una sola tratta si producono tonnellate di CO2, quello più sano è a piedi o in bici, Mirko sceglie il gpl. Le distanze sono ampie, l’Italia è girata in lungo e in largo, ma soprattutto, per geografiche ragioni, in lungo. E le motivazioni della scelta del suo mezzo non sono strettamente ambientali, ma liriche. Sì, sono viaggi poetici, pennellate d’Italia.
Nei suoi sette racconti di viaggio "on the road" lungo la penisola, percorrendo solo strade statali, Mirko Confaloniera non è mai didascalico o noioso, lascia immagini che raggiungono la meta.
Inseparabile compagna di viaggio: la Livietta, una cagnolina di peluche, silente testimone di incontri e sensazioni.
Mirko macina chilometri, percorre strade mai battute ma spesso i medesimi tragitti, sperimenta emozioni, rinnova stupori, annota mutamenti, si ferma in bar fuori mano per rifocillarsi.
“Il solo concetto che una strada, il più importante mezzo di comunicazione su questo pianeta dalla notte dei tempi, possa essere etichettata come privata o a pagamento mi fa ribollire il sangue nelle vene. Le strade devono essere di tutti: libere, gratuite accessibili. Purtroppo non è così in molte parti del mondo. Ed è per questo che #iononviaggioinautostrada e preferisco pure per lunghi viaggi ripercorrere le vecchie, malinconiche, ma irrimediabilmente romantiche, strade statali di una volta”.
Questo è il pensiero di Mirko, non solo poetico quindi ma oserei dire politico. Non si paga per percorrere strade, non si trovano scorciatoie, nel viaggio, così come nella vita. Tutto si conquista, ma tutto si può anche perdere come un amore giovanile fuggito a Est oppure un amico, come Christian Sartori, scomparso prematuramente su una strada non statale come quelle che Confaloniera tanto ama, a cui il libro è dedicato.
Sara Rossi
Titolo: Io non viaggio in autostrada
Casa Editrice: Albeggi Edizioni, 2019
Autore: Mirko Confaloniera
ISBN 8898795564, 9788898795567
Pagine: 343

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E’ il campione mondiale delle due ruote Vincenzo Nibali, il testimone d’eccezione del progetto Marche Outdoor di rinascita post sisma della regione Marche. L’idea è quella di mettere in rete il territorio e di valorizzare le strade secondarie che attraversano il paesaggio marchigiano, dal mare alla montagna, che possono essere percorse in bicicletta da tutti i tipi di ciclisti.
Nibali, di origini messinesi, ma con il cuore un po’ marchigiano, è uno dei sei corridori al mondo - secondo italiano dopo Felice Gimondi - ad aver conseguito la Tripla Corona, ovvero aver conquistato un'edizione di tutti i tre Grandi Giri, avendo vinto la Vuelta a España 2010, il Giro d'Italia 2013 e il Tour de France 2014, è entusiasta del progetto: “La mia fuga sono le Marche, il paradiso del bike”.
Per il momento i percorsi ciclabili sono 24, ma in continuo aumento e aggiornamento, collegati ad innumerevoli experience disseminate su tutto il territorio, che rappresentano il concetto di “Marche Rebirth” - coniato dall’artista Michelangelo Pistoletto - che sposa la filosofia del suo Terzo Paradiso e rappresenta la “rinascita” culturale, economica e sociale delle Marche, anche attraverso l’arte.
Il nuovo anno era iniziato sotto i migliori auspici e propositi, e la Regione Marche è stata nominata da Lonely Planet Best in Travel 2020, al secondo posto tre le dieci migliori destinazione al mondo e unica italiana in classifica.
Punta di diamante della proposta turistica marchigiana per il 2020 è appunto il progetto Marche Outdoor, inaugurato nel 2019.
Il campione del mondo ama la regione Marche: “Nello stesso viaggio si possono ammirare bellezze naturali e opere d’arte senza tempo, da Raffaello Sanzio a Lorenzo Lotto. I percorsi ad anello di Marche Outdoor accompagnano i cicloturisti dal mare alla montagna attraverso laghi, gole, cascate, eremi e grotte. 180 km di coste incantate, montagne da togliere il fiato, intime strade di collina e centinaia di borghi arroccati, non solo, tanti diversi itinerari cicloturisti, servizi specializzati e soprattutto l’accoglienza autentica e genuina: la regione Marche ha tutto!”.
La filosofia di Marche Outdoor è quella di promuovere un’economia del territorio sostenibile, proponendo la bicicletta come mezzo e non come “fine” e facendo vivere al cicloturista tutte le emozioni che la regione può offrire, attraverso 24 percorsi ciclabili - in continuo aggiornamento con soluzioni diversificate e pensate per tutte le due ruote - per circa 2.000 Km e 130 comuni interessati in tutta la regione Marche.
Marche Outdoor è un progetto inclusivo, pensato per chi ama immergersi nella natura con le due ruote – non solo per professionisti ma anche per semplici cicloamatori, da soli o in gruppo - e scoprire lungo il percorso piccoli paradisi verdi quasi incontaminati e gioielli di un patrimonio millenario fra storia, cultura e arte. Percorsi che accolgono tutti i tipi di ciclisti, poche tappe per chi è alle prime armi, lunghi percorsi dedicati agli sportivi più esperti, e per tutti i gusti, per chi ama la bici da strada e per chi preferisce la mountain bike, il downhill o il Gravel.
È un sistema messo in rete composto da un lato da percorsi tematici e georeferenziati, e dall’altro da strutture ricettive specializzate e integrato da accompagnatori e servizi pensati per gli amanti della bicicletta. Attraverso il sito Marche Outdoor e la app interattiva, disponibile per Ios e Android, è possibile rimanere sempre aggiornati su nuovi percorsi ed attività, orientarsi più facilmente e costruirsi un percorso corrispondente ai propri interessi e desideri, attingendo alle tante informazioni sui punti di interesse storico, culturale, naturalistico. Non mancano neppure le segnalazioni dei servizi più vicini dedicati a chi viaggia in bicicletta (es. officine, guide, affitta bici...) e un navigatore che aiuta a non perdersi lungo il percorso. Attivi anche una pagina Facebook e un profilo Instagram @MarcheOutdoor che pubblicano continui aggiornamenti, curiosità e news.
La filosofia del progetto è stata inoltre sposata anche dall’artista Michelangelo Pistoletto che ha visto nella regione il luogo della “Rinascita” per l’Italia e il mondo, coniando il concetto di “Marche Rebirth” e associando il suo Terzo Paradiso, rappresentato da tre anelli concentrici, a vari percorsi di Marche Outdoor. “Far dialogare la natura e la bici, riportando equilibrio tra questi due elementi”, sono queste le parole di Pistoletto che sintetizzano il progetto Marche Outdoor e i percorsi di Marche Rebirth.
Con i percorsi simbolo del Terzo Paradiso, ognuno composto da tre anelli che partono dal mare e arrivano in montagna, si può scoprire tutto il territorio marchigiano. Uno di questi, che percorrere il senso longitudinale del Sibillini, è chiamato Sibillini Rebirth ed è uno dei più impegnativi da attraversare vista l’altitudine, ma al tempo stesso il più appassionante da scoprire. Alle rotte di Marche Rebirth si aggiungono altri itinerari, tra cui la Grande via del Parco dei Monti Sibillini, le vedute Feltresche e la salita del Pirata in ricordo di Marco Pantani
L’obiettivo del progetto Marche Outdoor è quello di raggiungere un turismo non solo italiano, ma internazionale e rilanciare il territorio duramente colpito dal sisma del 2016 attraverso le risorse materiali - paesaggistiche e artistiche - e immateriali - costituite da persone, tradizioni, mestieri e saperi - che si trasformano in un’opera artistica collettiva che può essere percorsa dal viaggiatore, in particolare seguendo i percorsi cicloturistici proposti.
Pesaro Rebirth
Il primo percorso di Marche Rebirth attraversa la provincia di Pesaro - Urbino. Dal borgo medievale di Gradara dove si consumò la storia d’amore di Paolo e Francesca narrata da Dante al Parco Regionale del Monte San Bartolo, primo promontorio dell’Adriatico, in cui si trova un luogo chiamato “Tetto del Mondo” dove lo sguardo si perde all’infinto dagli Appennini alla costa e dove il sole sorge e tramonta sul mare, fino ad arrivare all’oro di Pergola che si manifesta in diverse sembianze, da degustare assaporando il tartufo bianco di Pergola e da ammirare con i Bronzi di Cartoceto, l’unico gruppo bronzeo-dorato esistente al mondo giunto a noi dall’Età romana. Si passa poi per Serra Sant’Abbondio con l’Abbazia di Santa Croce di Fonte Avellana, situato sulle pendici boscose del monte Catria le cui origini si collocano alla fine del X secolo, e snodo di molti percorsi per mountain bike, fino a arrivare a Pesaro con la sua Bicipolitana in cui le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette e dove si può visitare la Villa Imperiale, fondata da Federico III nel 1469, uno dei più spettacolari esempi di soggiorno estivo Rinascimentale, ma anche il Villino Ruggeri sul lungomare, uno degli esempi di architettura Liberty più importanti di Italia, ma anche farsi trasportare dalle note del compositore Gioacchino Rossini visitando la sua casa natale o partecipando al Rossini Opera Festival in agosto. Infine tornando nell’entroterra non può mancare una visita a Urbino, menzionata dal New York Times tra le mete del 2020, nonché città natale di Raffaello Sanzio di cui quest’anno si celebra il 500° anniversario della morte. La città rinascimentale per eccellenza che ha ospitato non solo Raffaello ma una geniale schiera di artisti, musicisti, intellettuali e letterati, uno su tutti Leonardo, in cui si può visitare il Palazzo Ducale, “Palazzo in forma di città” come lo definì Baldassarre Castiglione e dove dimorò Federico da Montefeltro e oggi sede della Galleria Nazionale delle Marche.
Ci sono anche alcuni percorsi OFF che partono dalle Marmitte dei Giganti vicino Fossombrone, il canyon delle Marche alto 30 metri, da cui in mountain bike si può raggiungere la Gola del Furlo. Ma anche fare il percorso Vedute Feltresche da Carpegna con deviazione sulla famosa salita “il Cippo” dove Marco Pantani si allenava, toccando anche Sassocorvaro con la Rocca Ubaldinesca e il Lago di Mercatale.
Ancona Rebirth
Con il percorso nella provincia di Ancona si può toccare mare, natura e cultura, percorrendo scenari differenti ma al tempo stesso uniti da percorsi perfettamente ciclabili, esplorando la magia delle terre del Verdicchio e dei castelli con Corinaldo, Trecastelli, Morro d’Alba e non da ultimo Jesi, dove nacque nel 1196 Federico II di Svezia e del Parco Naturale del Monte Conero, caratterizzato da un panorama meraviglioso, una grande biodiversità, un territorio esteso che comprende Camerano, Numana, Sirolo e Portonovo, una delle spiagge più belle d’Italia dove si possono degustare i tipici moscioli, e il capoluogo Ancona che sorge anch’essa su un promontorio collinare da cui svetta la Chiesa di San Ciriaco e giù verso il mare il Porto Antico con la Mole Vanvitelliana e il Lazzaretto, l’Anfiteatro Romano e l’Arco di Traiano. Da Ancona si può raggiungere il Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi, proprio al centro del terzo anello, dove nel comune di Genga si trovano le Grotte di Frasassi, il parco ipogeo più grande d’Italia, il Tempietto Valadier incastonato nella roccia, e l’Abbazia romanica di San Vittore alle Chiuse. Lì vicino c’è Fabriano, città della carta, nel cui museo è ricostruita una cartiera medievale e dove si può visitare il Palazzo del Podestà, il Loggiato di San Francesco e il Palazzo Comunale dal quale si accede al Teatro Gentile, uno dei teatri storici delle Marche. E poi c’è Osimo, cinta da potenti mura romane risalenti al 174 a.C, alta su di un colle dove svetta la Cattedrale di San Leopardo da cui parte la città sotterranea. E infine Loreto culla della spiritualità marchigiana e una delle mete di pellegrinaggio mariano più importanti in Europa e nel mondo, perché all’interno della Basilica è custodito uno dei più grandi tesori della spiritualità cattolica, la Santa Casa di Nazareth, dove la Vergine Maria nacque, crebbe e dove avvenne l’annunciazione della sua divina maternità, e che quest’anno sarà sede del Giubileo Lauretano indetto dal Papa.
Macerata Rebirth
Partendo dalla costa, in particolare dalla pista ciclabile di Civitanova Marche, si può prendere la via delle abbazie incontrando a Corridonia la Chiesa di San Claudio al Chienti, un’importantissima testimonianza dell’architettura romanica delle Marche, e poi l’Abbadia di Fiastra con la sua Riserva Naturale ideale per le passeggiate in bici e dove è possibile godere, grazia alla presenza costante dei monaci, di un ambienta accogliente e armonioso. Lì vicino c’è Macerata dove spiccano l’Arena Sferisterio, dall’architettura neoclassica che ospita una prestigiosa stagione lirica, e il settecentesco Palazzo Buonaccorsi, oggi sede delle raccolte di arte antica e moderna e del Museo della Carrozza. Attraverso i campi coltivati si può arrivare a Urbisaglia, che conserva l’imponente Rocca del XV secolo e che è stata costruita sull’antica Urbis Salvia con il Tempio criptoportico augusteo, il cui materiale archeologico è custodito nel museo statale, e poi a Tolentino con il suo Castello della Rancia della fine del XII secolo e ancora a Valfornace con la Chiesa di San Giusto in San Maroto che sorge su un bellissimo poggio e la cui particolare struttura a pianta circolare ha alimentato varie supposizioni sulle sue origini di fondazione, chi suggerisce Carlo Magno e chi le maestranze provenienti dalla Siria, e infine si arriva all’Eremo di Sant’Angelo in Prefoglio detto ‘Eremo dei Santi’ a Pieve Torina, dove si raccoglie “l’acqua santa” da stillicidio, che la devozione popolare definisce terapeutica per la cura dei reumatismi. Un percorso off può essere quello che da Montelupone, tra i borghi più belli d’Italia, porta Recanati dove si possono ripercorrere le tracce di Lorenzo Lotto nella Regione e la storia di Leopardi nella sua casa natale. Sudando un po’ sulla salita si arriva a Monte Rinaldo con l’Area Archeologica La Cuma.
Fermo Rebirth
L’itinerario nella provincia di Fermo inizia nella cittadina di Servigliano, un unicum italiano per quanto riguarda l’urbanistica, progettata nel 1771 dall’Architetto pontificio Virginio Bracci che creò un quadrato imperfetto nelle dimensioni (137x144m) ma perfetto nelle proporzioni auree: una pianta unica che secondo le dottrine illuministiche rappresenta l’unico esempio italiano di città ideale, chiuso da un quadrilatero di case a schiera in mattoni d’argilla rossa, tre porte d’ingresso, splendidi palazzi e la centrale Chiesa di San Marco. Si prosegue poi per Amandola, punto di snodo per numerose escursioni sui sibillini e famosa per il Tartufo Bianco, con la sua Abbazia dei SS. Rufino e Vitale fondata intorno al X secolo che conserva una cripta scavata nel tufo a croce greca con antichissimi affreschi. E si passa a Montefalcone, un delizioso borgo arrampicato su uno sperone roccioso con un balcone panoramico a dir poco spettacolare, con la sua rocca del XII secolo che custodiva la mitica pianta della Mandragora, attualmente conservata nell’erbario del Museo Orsini di Ascoli Piceno. Montefalcone è anche punto di snodo con altri percorsi del Bike Park “Big Hawk Trail Paradise”. Continuando a pedalare si giunge a Monte Rinaldo con l’Area Archeologica La Cuma dove si può ammirare l’imponenza del santuario ellenistico romano. Infine si arriva a Fermo con la rinascimentale Piazza del Popolo dove si trova il cinquecentesco Palazzo dei Priori che ospita la Pinacoteca Civica con importanti dipinti di scuola veneziana e marchigiana e la “Natività” del Rubens e la Sala del Mappamondo. A Fermo è possibile visitare anche le Cisterne Romane databili al I secolo d.C., le più grandi in Italia con ben 2.200 metri quadri di estensione. Per chi vuole arrivare fino al mare c’è anche una pista ciclabile che collega Porto San Giorgio a Porto Sant’Elpidio.
Ascoli Rebirth
Infine si arriva nella provincia più a sud delle Marche con Ascoli Piceno, una delle città medievali più belle d’Italia nonché patria dell’Anisetta Meletti, dell’Oliva all’Ascolana e del Falerio e Rosso Piceno Superiore, dove si trova il Monte dell’Ascensione, il Monte Sibilla e la grotta “delle due sorelle”, dove si può ascoltare ancora il melodioso canto di una bellissima fata-fanciulla. Poi Venarotta con la chiesa di San Francesco, fondata da San Francesco nel 1215 e sede di un antico hospitale medievale dove ancora oggi vengono accolti i pellegrini del “Cammino francescano della Marca” e dove nel convento, sede dell’ambasciata del Terzo Paradiso, si può̀ visitare l’orto dei semplici, il laboratorio alchemico e il museo del vino cotto e dei vini medicati. Sulla costa c’è Grottammare con le Logge e l’annessa pista ciclabile di 16 km della Riviera delle Palme e la passeggiata fino a Grottammare alta, borgo medievale a picco sul mare. Impossibile non passare per Offida con la spettacolare Chiesa di Santa Maria della Rocca e poi per Montemonaco e la chiesa di Santa Maria in Casalicchio dove si andavano a sancire i giuramenti guardando il Monte Sibilla. E infine si ritorna ad Ascoli Piceno, arrivando fino a Piazza del Popolo, di stile rinascimentale, che riprende le teorie vitruviane con proporzione 1:3 e la cui pavimentazione nelle giornate di pioggia ha un suggestivo effetto specchiante.
Sibillini Rebirth
Il più appassionante tra tutti i percorsi, ma forse anche il più impegnativo vista l’altitudine e il dislivello che coinvolge la parte più a nord della provincia di Macerata, parte alle porte del Parco dei Monti Sibillini, ovvero dal Lago di Fiastra, dominato nelle imminenti alture dall’Abbazia di San Salvatore di Rio Sacro. Da qui partono anche diversi percorsi trekking tra cui le Lame Rosse e la “Grotta dei Frati”, così chiamata perché si narrava che da lontano si sentivano i frati che cantavano la messa e che c’era un albero d’oro.
Si prosegue poi per Sarnano, dove è molto affascinante andare in bici, anche da enduro, tra i boschi e le vette più alte visitando anche le cascatelle di Sarnano e le Cascata della Gola dei tre Santi e in primavera a maggio la Fioritura delle Orchidee dei Sibillini sui Piano di Ragnolo, e poi scendere in paese per visitare il centro storico medievale e i tesori artistici conservati nella Pinacoteca. Qualche km più avanti si arriva all’Abbazia di S. Maria in Rio Sacro di Fiastra, che conservava uno splendido crocifisso del XII secolo, portato dai monaci dall’antichissimo eremo del Rio Sacro e da dove, il giorno dell’Ascensione, si partiva per il rito della Rogazione, ovvero una serie di processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle semine. Completano i percorsi Serravalle di Chienti con la Chiesa di Santa Maria di Plestia sotto cui si trovano i resti databili I secolo a.C. dell’antica Plestia e della sua divinità “Cupra/Bona Mater” e Visso, con l’incantevole Santuario della Madonna di Macereto, uno dei centri di pellegrinaggio dei Sibillini la cui bianca armoniosa bellezza spicca nel verde paesaggio dell’altopiano. Proprio da Visso parte il terzo anello dei Sibillini, che percorre la famosa Valnerina attraversando borghi che vivono di pastorizia come Fematre, Rio Freddo, fino a raggiungere gli altopiani marchigiani di Colfiorito. Tutto il territorio offre sentieri mountain bike arrivando alla Riserva naturale Montagna di Torricchio, Piano Plestini e Cesi e l’Oasi di Protezione di Monte Fietone.
La bella stagione sta arrivando, non resta che pensare al prossimo viaggio su due ruote, nelle Marche.
La redazione

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In questo momento di inquietudine collettiva, noi lombardi che ancora non ci troviamo isolati in zone rosse possiamo buttarla in gita. A poco più di un’ora da Milano in auto, direzione Piacenza, in Val Trebbia, ci sono le Cascate del Carlone, una più piccola situata più in alto e la seconda più grande, di acqua sulfurea, collocata più in basso. Si tratta di un luogo poco battuto ed incontaminato. Lo si raggiunge dall’abitato di Bobbio, una meraviglia medievale che vale la pena visitare, ma non divaghiamo. Ci torneremo dopo. Da Bobbio si imbocca via del Bargo e si prosegue per circa 5 chilometri fino alla piccola frazione di San Cristoforo. In corrispondenza di un tornante inizia il sentiero 160 del CAI da percorrere a piedi per giungere alle cascate. In una passeggiata di una ventina di minuti si giunge a un bivio: scendendo a sinistra si va alla prima cascata di acqua termale del Carlone, mentre salendo a destra si arriva a quella alta.
Se si vuole camminare più a lungo è possibile lasciare l’auto un paio di chilometri prima dell’abitato di San Cristoforo, la strada tra l’alto è molto stretta e un po’ sconnessa, alla prima piazzola utile si può parcheggiare e continuare a piedi e in maggior sicurezza lungo la strada. Personalmente ho incrociato solo un paio d’auto. Le dolci colline piacentine rendono la passeggiata estremamente rilassante.
Il Carlone è un torrente lungo circa 10 km che nasce a 1.000 m. circa a metà delle Rocche del Casone (o di Colleri) verso la cima delle Scalette e sfocia nella Trebbia nella zona di San Martino di Bobbio.
I piedi della Cascata termale sono raggiungibili percorrendo un ultimo e brevissimo tratto di ferrata, dove occorre aiutarsi con una corda, ma ne vale la pena perché si arriva al laghetto d’acqua termale con proprietà termominerali, si tratta di acque salso-bromo-iodiche-solforose ricche di magnesio.
Nel XI secolo i monaci di un vicino convento sfruttavano le saline della cascata e il laghetto per guarire le malattie della pelle. Nel medioevo allo scoppiò dell’epidemia di peste gli stessi monaci, ritenendo queste acque miracolose le utilizzavano per trattare i malati con fanghi, inalazioni e salvando, a loro dire, gli abitanti della zona e i pellegrini che passavano da Bobbio per percorrere la Via Franchigena dalla pandemia. E’ proprio da allora che la località verrà dedicata a San Cristoforo, considerato uno dei quattordici santi ausiliatori, cioè che recano aiuto, particolarmente invocati in occasione di gravi calamità naturali. Il patrocinio di San Cristoforo era in genere invocato durante le gravi epidemie di peste.
Non siamo ai tempi della peste, ma l’isteria collettiva di questi giorni mi indurrebbe a consigliare a tutti una bella gita alle Cascate del Carlone, anzi tutti no, creeremmo pericolosi assembramenti.
Se dopo la gita alle cascate voleste passare per Bobbio
Bobbio, il cui nome deriva da “Saltus Boielis”, cioè Monte Penice, a cui la cittadina si trova ai piedi, è un toponimo di origine celto-ligure proprio anche del torrente alle cui sponde sorse il primitivo abitato dopo la conquista romana del territorio dal 14 a.C. Simbolo del borgo è il Ponte Gobbo, o ponte del diavolo, in pietra, di origine romana, che attraversa il fiume Trebbia con ben undici arcate irregolari.
La leggenda del Ponte Gobbo o Ponte del Diavolo
La costruzione di un ponte è da sempre stata considerata un'opera di grande ingegno, per questo la sua edificazione ha dato origine a leggende, che non di rado avevano come protagonista il diavolo. Colui in grado di unire due luoghi che la natura, ma anche Dio, aveva voluto separati. Si aggiunga che in questo caso, l'assoluta assenza di ogni simmetria o logica nella disposizione delle arcate del ponte, evochi di per sé una costruzione diabolica. La leggenda narra che San Colombano volesse unire le due sponde del fiume Trebbia per poter accelerare l’evangelizzazione del luogo, e che il Diavolo si offrì di aiutarlo costruendo un ponte in una sola notte, a patto di avere in cambio l'anima del primo che lo avesse attraversato. San Colombano accettò e il demonio costruì l’opera con l'aiuto di un gruppo diavoli di altezza e corporatura diversa, ognuno dei quali eresse la sua parte in modo personale e difforme dagli altri ottenendo la caratteristica gibbosità ed irregolarità del ponte. Al mattino il santo monaco tenne fede alla parola data, ma giustificandosi con l'osservazione che il ponte non era stato costruito secondo le regole, ingannò il demonio facendovi passare per primo un cane. L’ira del diavolo fu tale che sferrò un calcio al ponte, stortandolo.
Per ulteriori informazioni sul Piacenza e dintorni visitate il sito dedicato
Sara Rossi

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Una Calabria in crescita, e che guarda sempre di più alla conquista di nuovi mercati esteri quella che si è presentata a Milano in occasione di BIT – Borsa Internazionale del Turismo. Tante attività promozionali e un’offerta che guarda alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente con particolare evidenza per le città di Tropea e Cosenza. Tropea, perla del Tirreno, non è solo mare e spiagge incantevoli ma vanta una storia millenaria, ospita palazzi nobiliari, musei e cattedrali ed è candidata a capitale della cultura 2021.
Incorniciata da due mari, la città di Cosenza negli ultimi anni è riuscita ad affermarsi come destinazione turistica puntando moltissimo sull’offerta artistico-culturale, l’enogastronomia, la natura dell’entroterra, lo sport. “Cosenza è oggi una città viva, animata ogni mese da eventi e iniziative culturali, di grande appeal anche per il turismo straniero, specialmente tedesco” ha detto l’Assessore al Turismo e marketing territoriale del comune di Cosenza Rosaria Succurro, che ha aggiunto: “Abbiamo lavorato a un portale turistico multilingue, alla produzione di cartografie in collaborazione con il National Geographic, al miglioramento degli info point e destinato le tasse di soggiorno allo sviluppo di progetti turistici, coinvolgendo diversi soggetti sul territorio per fare rete”.
Federalberghi Calabria ha aderito al progetto Gran Tour, promosso dalla Comunità Europea, che consentirà a 100 diplomati calabresi di fare stage di 5 mesi all’estero tra Spagna, Inghilterra, Malta e Belgio, per formarsi in ambito turistico. “La formazione è fondamentale per garantire l’eccellenza nell’accoglienza; in Calabria ci sono ampi margini di crescita ma dobbiamo lavorare insieme alle amministrazioni e agli altri player del settore turistico per migliorare il livello delle infrastrutture e dei trasporti, in primis con gli aeroporti, per garantire adeguati collegamenti con il resto d’Italia e d’Europa”, questo il commento di Fabrizio D’Agostino, Presidente di Federalberghi Calabria, che ha concluso “In Calabria c’è tutto per poter destagionalizzare, abbiamo strutture di lusso che non hanno nulla da invidiare a quelle di altre regioni, oltre al mare abbiamo natura, cultura, buona tavola e credo davvero che in questo contesto il turismo possa rappresentare una leva sociale, economica e culturale”.
Antonio Vanzillotta

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La Regione Lazio punta sull’ambiente per rilanciare la sua offerta turistica.
Alla tre giorni milanese di Borsa del Turismo, più di trenta gli eventi organizzati dall’Agenzia Regionale del Turismo e da Unioncamere Lazio, durante i quali oltre 8.000 persone hanno visitato lo stand “cento per cento green” creato per l’occasione, costruito in materiale totalmente riciclabile.
Si è fatto un gran parlare dell’errore fotografico rilevato dagli osservatori più attenti che subito si sono accorti che un tabellone espositivo, invece di riprodurre l'Isola di Ponza, ritraeva l’immagine della campana Procida, ma diciamo che lo scivolone può accadere e cerchiamo di concentrarci sulle tendenze virtuose.
Innanzitutto il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti arriva puntuale, e alla Bit non è affatto detto.
Ad inaugurare la conferenza di presentazione sono le parole dell’Assessora al Turismo e Pari Opportunità della Regione Lazio, Giovanna Pugliese, che sottolinea come anche in questo evento internazionale la Regione continui a rimarcare il solco green creato dal presidente Zingaretti e pone al centro della questione il turismo che “Rappresenta il 13% del pil italiano e che nella nostra regione ha fatto registrare nell’ultimo anno incremento dell’8,5%”. “Occorre quindi insistere” – ha continuato – “nella valorizzazione del territorio, concentrandosi ad esempio sulle nuove candidature Unesco di Civita di Bagnoregio e di Arpino e Cerveteri a Capitale della Cultura 2021”.L’intervento Lorenzo Tagliavanti, Presidente di Unioncamere Lazio, evidenzia la necessità di passare da un turismo verticale, integralmente concentrato sulla città di Roma, ad un turismo orizzontale che riesca a creare veri e proprio “territori turistici” per garantire la fruibilità della regione.
Anche il Presidente Nicola Zingaretti sostiene che l’obiettivo sia quello di “uscire da Roma”, con una “promozione che sia policentrica”, che cerchi di valorizzare tutto il territorio laziale: “Vogliamo rilanciare un modello di turismo che punti non solo a valorizzare il passato, ma che pensi al futuro”.
E per tendere ad un territorio con più appeal, occorre – continua Zingaretti – “potenziare e migliorare la qualità dei servizi, dai treni ai pullman”. Poi aggiunge: "Il turista è un cittadino provvisorio che chiede al territorio ciò che chiede il cittadino, cioè treni puliti e pullman che non prendano fuoco e di ultima generazione. Quindi abbiamo lavorato per migliorare la qualità dei servizi". Sempre in tema di turismo, il presidente ha sottolineato che “la sua valorizzazione e quella del benessere sono i pilastri del modello di vita che noi dobbiamo rilanciare.
Per quanto riguarda il Lazio, non esiste nel pianeta terra un'area geografica che contiene nei suoi perimetri una quantità di beni archeologici, ambientali, monumentali, storici, come l'area perimetrata dalla Regione Lazio". E "noi non abbiamo merito per questo, li abbiamo ereditati, non abbiamo merito se non la colpa a volte di non valorizzare sino in fondo questa eredità”.
Parla poi di un argomento che gli sta molto a cuore: il cinema.
Secondo il presidente, uno degli obiettivi dovrebbe essere promuovere il territorio attraverso una forma d’arte molto apprezzata come è quella cinematografica.
Un altro progetto che sta prendendo piede è quello della “valorizzazione tecnologica del territorio”, con la creazione, anche grazie alla collaborazione con il ministro Dario Franceschini, e agli investimenti in tale direzione, di una vera e propria “promozione innovativa di beni culturali”.
Ricordandando che lo stand dove ci stiamo muovendo è total green ed anche molto delicato, sempre all'insegna del rispetto dell'ambiente, rammenta l'utilizzo delle borracce al posto delle bottiglie di plastica usa e getta e il progetto regionale di piantare un albero per ogni nuovo nato.
Sara Rossi
per ulteriori informazioni potete consultare il sito di Visit Lazio
Civita di Bagnoregio, candidata a sito Unesco
Cittadina davvero peculiare, situata al confine con l’Umbria, si adagia su un colle tufaceo cuneiforme a 443 metri sul livello del mare, stretto fra i due profondi burroni del Rio Chiaro e del Rio Torbido. Grazie all’integrità del suo centro storico e alla bellezza paesaggistica, con merito è stato inserito nel club dei Borghi più Belli d’Italia.
Alle spalle dell’abitato si estende la grande vallata incisa dai “calanchi”, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, come il solenne e dolomitico “Montione” e la cosiddetta “Cattedrale”, offrendo uno dei paesaggi più straordinari e unici d’Italia.
Patria del monaco-filosofo francescano San Bonaventura e del saggista-romanziere Bonaventura Tecchi, Civita di Bagnoregio ha infatti origini antichissime. La zona fu abitata sin dall’epoca villanoviana (IX-VIII secc. a. C.), come testimoniano vari ritrovamenti archeologici. In seguito vi si insediarono gli etruschi, che fecero di Civita (di cui non conosciamo l’antico nome) una fiorente città. L’affaccio dal Belvedere della Grotta di San Bonaventura è meraviglioso: il borgo rossiccio su cui spicca lo snello campanile romanico della chiesa, si erge come un’isoletta nella fragile immensità dei calanchi, “mare” increspato ma immobile che dona la surreale sensazione di assistere ad una “quieta tempesta”. L’incanto e il silenzio avvolgono così d’un tratto il visitatore sensibile, mentre l’animo suo si strugge al pensiero che queste rupi argillose e instabili, modellate dalle acque dei torrenti e delle piogge, pian piano trascineranno a valle il borgo superstite, già smembrato e dimezzato dagli innumerevoli terremoti e franamenti avvenuti nel corso dei secoli: per questo Civita di Bagnoregio è famosa come la “città che muore”.

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Non una, ma ben 2 presentazioni a Milano per Tipicità Festival 2020, la kermesse marchigiana quest’anno alla sua ventottesima edizione. L’11 febbraio allo stand della Regione Marche allestito per la Bit e poi la grande soirée nel palazzo dell’Anci Lombardia di via Rovello, contiguo al Piccolo Teatro dove, in una formula vincente cocktail-vernissage, tutti hanno conosciuto tutti, in una sorta di contenitore/brainstoarming marchigiano, denso di energia positiva.
A confrontarsi, amministratori, operatori e talenti che si sono incrociati per darsi appuntamento a Fermo, dove, dal 25 al 27 aprile, le eccellenze della regione Marche saranno nuovamente al centro della scena. La manifestazione è slittata ad aprile a causa delle recenti vicende sanitarie, legate alla diffusione del virus Covid-19, coronavirus, che stanno interessando la penisola, e non solo.
A dare voce ai protagonisti il vulcanico Marco Ardemagni di Caterpillar Radio 2 che ha intervistato random, dal grande chef della serata, Gianmarco Di Girolami, che ha allietato i palati con specialità finger food di terra, mare dalle materie prime tutte rigorosamente marchigiane, agli amministratori locali.
Il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro, si è detto orgoglioso di ospitare da ventotto anni il Festival che celebra il Marche Style e lo proietta nel mondo.
La vicepresidente della Regione, Anna Casini, ha esaltato il valore di Tipicità come imperdibile occasione per valorizzare il paesaggio rurale, le filiere di qualità, la biodiversità e il biologico.
Sono stati ricordati anche altri importanti appuntamenti di quest'anno, da Tipicità in Blu, dal 21 al 24 maggio, al Grand Tour delle Marche, la staffetta di eventi che occuperanno il periodo da maggio a novembre, con lo scopo di far conoscere le peculiarità regionali.
Il presidente di ANCI Marche e sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi, ha sottolineato l’enorme crescita del Grand Tour, vero e proprio volano di sviluppo e visibilità anche per i centri meno noti della regione. Secondo Paolo Marasca, assessore alla cultura di Ancona, è un prezioso “movimento” quello scaturito da Tipicità, che nella città dorica strizza l’occhio a tutte le sfaccettature della blue economy.
I contributi delle comunità locali marchigiane
Maika Gabellieri, assessore al turismo di Civitanova, si appresta a varare la terza edizione di Gustaporto; il sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli, insieme a Barbara Pagnoncelli, assessore alle attività produttive della “città creativa dell’Unesco”, a Tipicità Festival presenteranno la prossima edizione di Remake Festival; Rita Soccio, assessore alle culture di Recanati, ha annunciato l’anno dedicato a Beniamino Gigli, mentre Ruben Cittadini, assessore alla cultura di Castelfidardo, ha esibito i maestri fisarmonicisti, vanto musicale per l’intera regione. E ancora: da Porto Recanati il vicesindaco Rosalba Ubaldi ha presentato l’appuntamento con il Brodetto show e l’assessore al turismo di Porto San Giorgio, Elisabetta Baldassari, ha illustrato tutte le iniziative legate alla vocazione marinara della città, mentre Alessio Terrenzi, sindaco di Sant’Elpidio a Mare, ha comunicato le manifestazioni che saranno dedicate ad Andrea Bacci ed Elena Amurri, assessore al turismo di Porto Sant’Elpidio, ha anticipato le proposte per la stagione in arrivo.
I partner pubblici, ma anche privati
Oltre 300 i partner pubblici e privati che alimentano il brand di Tipicità nelle iniziative marchigiane e nelle sempre più frequenti puntate sullo scenario internazionale con il format “Taste Marche Experience” che, dopo la recante uscita canadese, prevede ad aprile una tappa a Londra.
Presenti a Milano anche molti dei numerosissimi partner privati di Tipicità, i quali hanno contribuito alla presentazione capitanati da Marco Moreschi, direttore generale di Banco Marchigiano, project partner del Festival, che crede nel “contenitore” di Tipicità quale ottimale strumento per sviluppare sempre più relazioni virtuose tra l’istituto di credito radicato nella regione ed il tessuto socioeconomico marchigiano. Presenti anche i responsabili di Domina, Paolo Giacchetti e Giuseppe di Maio, Valeria Ortolani di Esseoquattro, Dunia Romoli per Fintel Energia. Notevole apprezzamento è stato espresso per le scenografie in ecodesign di Stefania di Battista e per il “mixology coktail” proposto da Luca Facchini e Gianmarco di Girolami, dell’Accademia di Tipicità, con il contributo dell’Istituto alberghiero Carlo Urbani di Porto Sant’Elpidio.
Tutti gli ospiti intervenuti hanno apprezzato le Bibite Paoletti, abbinate ai prodotti Gingarbì, presentate da Pierluigi Paoletti. Ardemagni ha rubato le impressioni entusiaste del direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, e del presidente di Eurotoques International, Enrico Derfilingher.
Ad arricchire la squadra dei partner, con il loro contributo di idee e spunti: Daniela Bernardi di OTS, Massimo di Giacomo ed Ilaria Volpini di Anek Lines Italia, Fausto Bottoni di Getby, Davide Scansani di Natur All ed Enrico Gismondi per Nero Servizi, Franco Iommi per Pasta Montemonaco, Roberto Agostini di Molino Agostini e Gianluca Sbrolla per Sbrolla Frutta.
Tra un'intervista e l'altra hanno trovato il loro meritato spazio il tenore Dario Ricchizzi accompagnato dal maestro fisarmonicista Riccardo Serenelli che hanno omaggiato Beniamino Gigli, distogliendo, ma solo per poco, i presenti dal buon cibo e dal buon bere made in Marche.
Sara Rossi
per ulteriori informazioni consultare il sito di Tipicità Festival 2020

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Presentata alla Bit di Milano una delle mete turistiche venete piu amate dalle famiglie,dagli sportivi e dai buongustai
Affascinante incontro di cultura, gusto e benessere. Caorle è una destinazione dalla forte identità marinara da vivere tutto l’anno; dal mare all’entroterra passando per il centro storico. Dalla cucina tradizionale alla natura incontaminata della sua laguna.
Caorle è una località annoverata tra i Borghi Storici Marinari - Gioielli d’Italia e dalla forte tradizione peschereccia con ben 18 km di spiagge Bandiera Blu e Bandiera Verde. Un piccolo gioiello dell’Alto Adriatico, custode di un fascino senza tempo e di una storia antica: le abitazioni dai colori vivaci, le piccole calli e i campielli ricordano una piccola Venezia e la sua architettura,mentre il porto e la laguna narrano di un antico villaggio di pescatori. Suggestive le aree naturalistiche oggi protette, infine l’arte e la scultura danno vita ad una delle più belle passeggiate del litorale.
Anche l’entroterra offre un ricco paniere di specialità come il Riso Superfino Carnaroli, il Miele di Barena, il formaggio Montasio DOP, la birra artigianale e i vini. Specialità tipiche ma non solo: questo borgo sul mare si fa custode di una storia antica e di un interessante lato culturale con l’attuale città archeologica di Concordia Sagittaria attiva già in epoca romana, come dimostra la colonia Iulia Concordia. Il Duomo di Santo Stefano, eretto nel 1038, è l’edificio più importante e antico della città, mentre il Santuario della Madonna dell’Angelo sorge proprio sul mare nel luogo in cui probabilmente venne costruitala prima chiesa di Caorle, dedicata inizialmente all’Arcangelo Michele e poi, dopo il ritrovamento miracoloso della statua lignea della Vergine galleggiante nonostante il trono di marmo, anche alla Madonna.
Ed è proprio qui, tra il borgo e il mare, che si estende anche una delle passeggiate più suggestive della litoranea: una scogliera in massi di trachite su cui ogni due anni dal 1993, in occasione del simposio ScoglieraViva, artisti nazionali e internazionali scolpiscono le proprie opere d’arte. Si tratta solo di uno dei tanti eventi che arricchiscono il calendario culturale del suggestivo borgo sul mare: da Caorle Oltremare, una serie di incontri con l’autore in programma da giugno a settembre e che ha visto negli anni la partecipazione di personaggi del calibro di Vittorio Sgarbi, Arrigo Cipriani o Mario Giordano, a Caorle Wonderland, il Mercatino di Natale a due passi dalla spiaggia.
Non solo apprezzata località balneare che offre ben 18 km di spiagge Bandiera Blu e Bandiera Verde, tra il capoluogo e le vicine località Duna Verde, Porto Santa Margherita, Altanea, Brussa e Vallevecchia, Caorle è anche sinonimo di benessere e sport per tutti i gusti e le età. Tante le attività da vivere anche in primavera o in autunno: dal percorso vita in spiaggia, alle offerte wellness degli hotel, senza dimenticare le piste ciclabili che percorrono il litorale, collegando l’entroterra lagunare al mare. Singolare il giro alla scoperta dei Casoni, le caratteristiche abitazioni dei pescatori in legno e canna palustresituate nella Laguna di Caorle, area naturalistica protetta e Sito di Interesse Comunitario,dove anche lo scrittore Hemingway trascorse il suo tempo, traendo ispirazione per alcune pagine del libro “Al di là del Fiume e tra gli alberi”.
Caorle e la tradizione della pesca:
da antico villaggio di pescatori a borgo marinaro senza tempo

In questo borgo storico dalla forte identità marinara, meta gourmet dell’Alto Adriatico, è proprio il pescato il fiore all’occhiello dell’offerta enogastronomica, tra storia, natura e folclore. Pescato

La storia di Caorle narra di un antico villaggio di pescatori: piccole isole unite fra loro da ponti e canali navigabili, oggi interrati, su cui si affacciano case dai colori vivaci, tipiche della tradizione veneziana. Un territorio lagunare storicamente vocato alla pesca che comprende anche l’isola dei Casoni, in cui sorgono le antiche abitazioni realizzate in legno e canna palustre dei pescatori e delle loro famiglie, visitabili ancora oggi con suggestive escursioni in barca, a piedi o sui pedali. Oggi località di mare senza tempo, annoverata tra i Borghi Storici Marinari e ancora abitata da pescatori, Caorle conserva orgogliosa l’affascinante tradizione della pesca. Un vero spettacolo che quotidianamente (ogni pomeriggio a partire dalle 15.30), in ogni stagione dell’anno, coinvolge il suo centro storico: dall’arrivo delle imbarcazioni cariche di pesce nel Rio Interno, dove si trova il Porto Peschereccio, alla vendita del pesce nell’adiacente Mercato Ittico Comunale. È qui che ha luogo la tipica “asta ad orecchio”, un procedimento che consiste nel sussurrare all’orecchio dell’astatore la propria proposta, in attesa che l’asta venga infine aggiudicata ad alta voce al miglior offerente. Mentre lungo il Rio Interno è curioso assistere al lavoro dei pescatori che fino al tramonto del sole preparano le reti da pesca e le barche per il giorno successivo.
Imperdibile per gli amanti del mare, e non solo è la Festa del Pesce che nel mese di settembre coinvolge la caratteristica spiaggia della Sacheta, proprio a ridosso del Santuario della Madonna dell’Angelo, per celebrare la più importante tradizione caorlotta e i prodotti del suo mare. La manifestazione, organizzata ogni anno al termine della stagione estiva, propone stand enogastronomici, chioschi bar e tavoli in riva al mare, offrendo un menu a base pesce fresco cucinato dagli stessi pescatori secondo le ricette locali, in un’atmosfera originale e ricca di fascino in cui vengono ricreati anche i caratteristici Casoni, simbolo tipico dell’antico villaggio di pescatori della laguna.

Gusta Caorle, un progetto che guida alla scoperta di ricette tipiche, itinerari gourmet, ristoranti ed eventi a tema dedicati ai sapori del litorale
Tra cucina e territorio esiste un legame indissolubile e l’esperienza enogastronomica è da sempre un’importante chiave di lettura per la scoperta di un luogo e della sua identità. Meta gourmet dell’Alto Adriatico Caorle fa proprio della cucina il suo miglior biglietto da visita, offrendo un’interessante motivazione di viaggio per i buongustai e non solo. Nasce da queste premesse il progetto Gusta Caorle, una guida che invita a conoscere i sapori e i saperi locali, presentando prodotti a km zero, specialità tipiche, ristoranti e appuntamenti culinari che si svolgono durante tutto l’anno. Come Gusta La Cinquecento (ultimo finesettimana di maggio), appuntamento organizzato in occasione della regata velica “La Cinquecento” che ospita anche Sardee in Grea, competizione gastronomica in cui pescatori, velisti e curiosi si sfidano nel cucinare la miglior sardina alla griglia.A fine estate, invece,la sopracitata Festa del Pesce . Da non perdere anche altri eventi come lo Street Wine, laChocofest, il Caorle Street Festival o gli appuntamenti che portano il gusto caorlotto anche oltre confine: a Kronplatz (BZ) dal 20 al 22 marzo, a Bovolone (VR) l’1 febbraio e a Verona con Hostaria Verona dal 9 all’11 ottobre.