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Con una serie di seminari Città del Vino riflette sulla ripresa post covid-19.
Il 5 giugno, durante un incontro in diretta Facebook, si è parlato della riorganizzazione delle cantine tra suggestione e accoglienza sicura.
Paolo Corbini, vicedirettore di Città del vino, ha aperto la chiacchierata sullo sviluppo dei territori del vino e sulle misure da adottare, anche a livello politico, per la tutela e il rilancio del turismo enogastronomico.
Giorgio Salvan, presidente Movimento del turismo del vino Veneto, dopo i doverosi ringraziamenti perchè: “Avere amiche le città del vino è importante”, ha ricordato la collaborazione decennale tra le due realtà, nonché l'appuntamento, imperdibile per gli amanti del vino, con Calici di stelle. Con un briciolo di amarezza ha poi affermato: “Non vendiamo vino quest'anno, ma sogni, non sappiamo quale sarà l'Iva su questi sogni, ma non ci interessa, quelli possiamo sempre venderli”.
Il presidente di Città del vino, Floriano Zambon, ha sottolineato come sia un momento problematico, ma anche come questa sia una grandissima occasione per l'enoturismo. “Si tratta di mesi utilissimi, da cogliere – ha affermato - c'è la possibilità di fare un salto di qualità che permetta di godere maggiormente delle cantine, delle vigne e dei nostri orizzonti. Bisogna cogliere la poesia che sta dietro la produzione per stimolare emozioni che daranno risultati soprattutto in prospettiva”.
Il celebre enologo Roberto Cipresso ci ha raccontato che lo scorso anno il turismo del vino era in crescita, ma dopo quello che è successo in questo periodo, l'entusiasmo non è più sufficiente, ora: “E' necessario essere rassicuranti ed usare un linguaggio nuovo”. E, ha continuato: “Prima, camminare nel fango del vigneto era poetico, adesso occorre essere più attenti, mantenendo il romanticismo ma con uno sguardo nuovo alla sicurezza. Occorre che tutto sia misurabile, il mercato si è progressivamente saturato, e oggi il valore aggiunto si ottiene solo con scientificità e storicità”. Cipresso sostiene che la scientificità, la tracciabilità e la sostenibilità ora siano necessarie, non più solo un plus. Ci sono modalità di accoglienza in cantina che vanno seguite.
Corbini ha poi sottolineato come il territorio debba dimostrare di essere in grado di fare accoglienza a tutti i livelli.
Nel suo intervento Elena Sgambati, consulente per le cantine, ha affermato come la sua attività sia tesa ad aiutare i produttori di vino ad aprirsi all'enoturismo: “La pandemia ci ha bloccato, ma ci ha fatto riconsiderare l'essenzialità. Il turista andrà sempre più alla ricerca di verità, e questo va oltre il marketing”. Occorre una maggiore attenzione alla sicurezza, ma soprattutto alla comunicazione della stessa: “L'ospite diventava ambasciatore dei prodotti. Ci saranno nuove linee guida che si spera siano più omogenee possibili. Occorre empatia e sintonizzazione con l'ospite, solo così renderemo le esperienze memorabili e sicure”. Secondo Sgambati, i produttori si preoccupano degli investimenti, ma in realtà andranno sfruttati gli spazi all'aperto, le vigne, le esperienze a contatto con la natura. Ci saranno un ventaglio di possibilità più ampie, occorre utilizzare creatività, con gazebo, terrazze all'aperto, tavolate che garantiscano il distanziamento, in una frase: “Utilizzare le vigne come teatro naturale”.
Giuseppe Festa dell'Osservatorio turismo del vino ha chiesto a Roberto Cipresso come è possibile che rassicurazione e sicurezza possano accordarsi con la suggestione. Secondo Festa, negli ultimi anni i lavori fatti dalle cantine sono stati enormi, ma più che un'attenzione all'irrobustimento dell'offerta sarebbe necessario lavorare sullo stimolo della domanda.
Secondo Cipresso la vera emozione in ambito enologico nasce quando il vino porta in un luogo oppure riporta a rivivere un momento storico legato alla sua datazione, queste sono le sole due aree in cui il vino riesce a fare venire la pelle d'oca. Oggi, il clima di incertezza ha cambiato le modalità di spostamento e le percezioni. “La priorità è trovare un posto rassicurante, che oggi è lo spazio aperto, non le persone con le mascherine e le visiere”. E poi, continua: “Occorre infondere sicurezza senza ostentarla. Non bisogna che l'enoturista si ponga troppe domande: “Tu pensa a vivere l'esperienza in tranquillità che alla tua sicurezza pensiamo noi”. In realtà l'unico aspetto che conta è che la cantina sia seriamente certificata, non bisogna raccontare storie insomma.
Sempre secondo Cipresso: “Il valore aggiunto è dato dai fatti, la tracciabilità è effettiva, occorre serietà. Un ospite tranquillo e sicuro che si gode la sua esperienza sensoriale è la ricetta per avere successo oggi”.
Occorre equilibrio, fare percepire un ambiente sicuro in cui vivere un'esperienza. “Il marketing è fallito perchè non ce la fa più, ma se il produttore riesce a vivere al meglio questo momento ne uscirà rafforzato”.
Giuseppe Festa ha chiesto poi alla Dott.ssa Sgambati quale è quindi questa nuova modalità di comunicazione che si deve utilizzare per informare l'enoturista.
Secondo Elena Sgambati occorre far sapere che si fa ospitalità, quali tipo di esperienze e la sicurezza igienico sanitaria che si troverà: “Deve passare il messaggio che lavorare con piccoli gruppi è esclusività, occorre mostrare teche con raggi uv per disinfettare i bicchieri ad esempio e una nuova tensione al dettaglio che va comunicata a chi sta programmando una visita”.
Di tutta altra idea sembra essere il produttore Giorgio Salvan che spera solo che questa situazione passi in fretta: “Per accogliere l'enoturista si deve essere a posto con la normativa, ma non è necessario ostentarlo. Un turista cerca prima di tutto accoglienza, e io accolgo sempre all'aperto, la cantina è per i tecnici o per chi vuole un'esperienza da raccontare, non bisogna tediare, ne terrorizzare l'ospite”. Secondo Salvan: “Il vino deve essere buono che sia certificato è un fatto personale, lo deve essere, ma non serve in questo settore. E' necessario invece nella grande distribuzione, quando il vino viaggia. Chi viene in cantina è un turista elitario e a lui questi dettagli non interessano”. Chiosa poi: “Io sono stato certificato per 12 anni, ma è avvilente. Ho perso le vigne e ho perso gli amici. Ho provato a fare le stesse cose in maniera diversa e tutto è migliorato. Ribadisco che quando si muove la persona è diverso da quando si muove il vino”.
Il movimento turismo del vino è nato con lo slogan: “Vieni e vedi cosa bevi”, è fondamentale il rispetto del paesaggio, solo in questo modo è possibile ottenere del buon vino.
Sul rispetto del paesaggio sono tutti d'accordo. Aggiunge Corbini: “Un bel paesaggio, servizi efficienti e qualità della vita sono alla base per buoni prodotti e valide esperienze enoturistiche”.
Floriano Zambon, in merito alla cura del paesaggio ha proposto di fare incontri mirati tra amministratori e territori: “Penso che diversi proventi, tipo la tassa di soggiorno, se ben spesi non possano che migliorare la qualità del vivere sul territorio, sia per turisti che per gli abitanti. I comuni devono investire bene le risorse per fare la loro oculata parte”.
Paolo Corbini ha accolto l'invito di Zambon e ha rivelato di lavorare con Festa per mettere in rete una sorta di “pillole dei territori delle città del vino” dove raccontare i progetti virtuosi nella gestione dei territori, tesi a migliorare la qualità della vita.
Sara Rossi
nelle foto
- Paolo Corbini
- Floriano Zambon
- I vigneti del Sannio
- Roberto Cipresso
- Giorgio Salvan
- Città del vino

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Per tutto il mese di giugno tariffa promozionale di 1 euro
Dopo quasi tre mesi di chiusura forzata martedi 2 giugno riapriranno il Castello del Buonconsiglio, Castel Thun, Castel Beseno e Castel Stenico con il nuovo orario continuato dalle 11.00 alle 18.30 pronti ad accogliere nuovamente i visitatori.
L'ingresso, per tutto il mese di giugno, sarà alla tariffa promozionale di 1 euro.
Si tratta di un'occasione eccezionale di visita che, con modalità inedite e per un periodo così ampio, apre edifici e sale affrescate, mostra opere d'arte allo scopo di offrire un'esperienza importante, fornire spunti di svago e di intrattenimento, conoscenza e costruzione di identità individuali e collettive, che aiutino e accompagnino la fase di ripresa.
Proprio per questo nel corso di giugno molte iniziative promuoveranno il contatto diretto con il patrimonio custodito nei castelli.
TI PRESENTO L’OPERA:
alle 17.30 di ogni martedì, viene presentato al pubblico un manufatto delle collezioni, da tempo non esposto o rientrato dopo un intervento di restauro, che rimarrà visibile per l'intera settimana, e un conservatore accompagna i partecipanti nella sua lettura e nella sua storia.
Davanti allo specchio: CONOSCI TE STESSO dal mercoledì al venerdì, alle 17.30 l’appuntamento è con un’opera già presente nel percorso di visita, che, in un dialogo tra operatori museali e visitatori, è destinata a stimolare riflessioni, interrogativi e dubbi da condividere in un piccolo gruppo.
Per tutto il mese di giugno, ad orario fisso e connesso al sistema di turnazione tramite prenotazione on line o telefonica, i visitatori saranno accolti nei giardini da educatori museali che forniranno una dettagliata introduzione al complesso museale e al percorso interno, che poi ciascuno potrà effettuare in autonomia e in sicurezza.
Nelle ampie aree verdi del Buonconsiglio, di Thun, di Beseno e di Stenico le famiglie potranno accedere anche avvalendosi dei kit autogestiti e pensati appositamente per giochi e svaghi dei più piccoli.
Per tutti e quattro i castelli è obbligatoria la prenotazione che si potrà fare sul sito internet del museo o telefonando allo 0461 492811 dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 - 13.00 e 14.00 - 16.00.
Tutte le informazioni relative alla visita in sicurezza sono consultabili nella pagina Disposizioni in merito a Covid 19.
Info:
Museo Castello del Buonconsiglio monumenti e collezioni provinciali
Via B. Clesio,5 Trento
tel. 0461 233770
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(casa Lajolo Piossasco -To)
Le Dimore Storiche - spesso intese come luoghi delle meraviglie inossidabili al tempo – sono in
realtà gioielli fragili. La loro cura e conservazione, demandata interamente ai proprietari privati,
preserva la nostra storia, la nostra cultura, il nostro paesaggio. Tutti elementi che all’estero ci
contraddistinguono con eccellenza e che per noi costituiscono un immenso valore di identità e
riconoscimento, su cui merita investire per il futuro.
Riflessioni e nuovi propositi, dunque, per le Dimore Storiche del Piemonte e Valle d’Aosta perché, in questo
momento di emergenza sanitaria e crisi economica, la conservazione del patrimonio storico-artistico
resta il fondamento della nostra cultura e civiltà, per una ripartenza del popolo italiano.
Castelli, ville storiche, forti, rocche, palazzi di città e tenute di campagna … Sono circa 4.500 le
proprietà private che in Italia aderiscono all’ADSI (Associazione Dimore Storiche Italiane) e la
Sezione Piemonte e Val d’Aosta, con oltre 300 soci, è fra le regioni che vantano il maggior numero di
dimore iscritte.
Realtà che custodiscono la memoria e la tradizione di famiglie le cui radici affondano nella storia e
che rivestono non solo un ruolo fondamentale dal punto di vista storico e culturale, ma anche sono
trainanti per l’economia territoriale di tanti comuni sotto i 20.000 abitanti e per ben il 29% dei
piccoli borghi con meno di 5.000 residenti. Molte dimore storiche sono attive in una o più filiere
produttive, come eventi, ristorazione, alberghiero, ma il 60% è costituito da antichi borghi, ville,
tenute, cascinali e palazzi che semplicemente testimoniano la nostra Storia, contribuendo a
impreziosire e preservare l’architettura urbana e il paesaggio grazie agli interventi sostenuti
unicamente dai proprietari.
Un patrimonio unico di “musei diffusi” dell’intera Penisola che oggi più che mai, considerando le
limitazioni ai viaggi a media/lunga distanza causate dall’emergenza in atto, può dare un valore
aggiunto al turismo di vicinanza.
LA GIORNATA NAZIONALE ADSI
La Giornata Nazionale A.D.S.I. è l’appuntamento clou dell’Associazione: da dieci anni consente al
pubblico di entrare a piccoli passi in alcune di queste residenze e visitarne gratuitamente gli interni.
Ogni anno si arricchisce di un’ampia gamma di eventi culturali – mostre, concerti, spettacoli
teatrali… - affidati ad artisti e studenti di scuole ed istituti d’arte con cui A.D.S.I ha stretto rapporti di
collaborazione sia a livello centrale che locale. Ogni dimora poi apre i suoi spazi ed il proprio baule
virtuale di memorie. Guidati dagli stessi proprietari e dalle nuove generazioni che li stanno sempre
più affiancando, tra scampoli di storia e simpatici aneddoti, si ripercorre la storia di famiglie e
dinastie. Quasi a voler ricomporre, anno dopo anno, un Patrimonio immateriale che rappresenta
una risorsa preziosa e distintiva del nostro Paese e di cui la Giornata Nazionale delle Dimore
Storiche è sempre più Ambasciatrice.
L’appuntamento 2020 era fissato per domenica 24 maggio e in Piemonte e Valle d’Aosta
aveva già raccolto l’adesione di 35 Dimore Storiche. Vista l’emergenza sanitaria è stato necessario
sospendere tutte le visite ma i proprietari non si sono arresi e pensano a un doppio appuntamento:
- Domenica 24 maggio ADSI ha voluto comunque ricordare quel momento di coinvolgimento e di
condivisione che è la Giornata Nazionale e ha realizzato un video che
consente di ammirare giardini, fioriture e angoli nascosti di gran parte delle Dimore
Storiche, in attesa di poterne varcare le soglie di persona.
Domenica 4 ottobre, nuovo appuntamento per la Giornata Nazionale ADSI 2020, le Dimore
Storiche si offriranno a turisti italiani e stranieri per la prima volta in versione autunnale.
Come sempre daranno la possibilità di accedere gratuitamente ad atmosfere uniche e
scoprire luoghi spesso poco conosciuti dal grande pubblico perché fuori dagli itinerari
tradizionali, luoghi che le dimore contribuiscono a mantenere in vita e a tramandare intatti
alle generazioni future.
UN COMPARTO DA VALORIZZARE…
La crisi determinata dal Coronavirus può divenire una opportunità per questo segmento oggi messo
a serio rischio. Il recentissimo studio “Covid-19: Indagine economica sui beni culturali privati in
Italia”, che ADSI ha commissionato alla Fondazione Bruno Visentini in collaborazione con
Confagricoltura e Confedilizia, evidenzia le concrete ripercussioni sulla rete degli immobili storici e
ne stima perdite di circa 2 miliardi di euro, 30.000 posti di lavoro a rischio, tra i 25 e i 30 milioni di
visitatori in meno (circa il 50% dei 45 milioni di persone che annualmente visitano le dimore
storiche aperte al pubblico e che rappresentano la metà dei 90 milioni di turisti che ogni anno
visitano, complessivamente i musei italiani).
Dati dai quali Piemonte e la Valle d’Aosta prendono spunto per dimostrare come la rete delle
Dimore Storiche del Nord Ovest possa rivestire un ruolo importante nel tessuto e nei progetti di
valorizzazione turistica che la Regione Piemonte dovrà mettere in atto nella fase del post
emergenza.
(Castello di Piovera AL)
Ogni dimora è perno, fulcro di territori di cui tramandano fatti e vicende minori con l’affascinante
compito di divenire autorevoli “testimoni del tempo”, nonché complemento imprescindibile alle
visite delle più illustri Residenze Sabaude a cui sono unite da legami politici e commerciali secolari,
che hanno contribuito a scrivere la Storia d’Italia e intrecciare relazioni con il resto d’Europa.
In sintonia con quanto dichiarato dal Presidente Nazionale ADSI, Giacomo di Thiene, il presidente
della Sezione Piemonte Valle d’Aosta, Sandor Gosztonyi, si sta attivando affinché nasca un
confronto rapido e costruttivo con i partner e con le istituzioni per progettare in modo lungimirante
la ripartenza, così come avviene da tempo in molti Paesi d’Europa (Francia ed Inghilterra come primi
esempi), che prevedono incentivi, detassazioni ed altre formule di sostegno per coloro che aprono
al pubblico le proprie residenze, portando ricchezza a tutto il territorio.
…CHE MIRA AD UN NUOVO RUOLO NEL TURISMO
“Le dimore storiche rappresentano una categoria trasversale e a sé stante, ed ora più che mai è
necessario individuare regole precise di fruizione di questi ambienti, sinora dimenticati nelle varie
ordinanze” dichiara Gosztonyi e aggiunge “spesso molti soci svolgono attività senza essere
organizzati come impresa, ma con semplice codice fiscale. Molte poi le realtà che pur essendo
aperte alle visite, non sono classificate come musei; o che pur svolgendo attività ricettiva spesso
non sono alberghi o strutture extra alberghiere e cosi via…”
Senza contare le residenze che costellano molti centri storici di città grandi e piccole, e che, pur non avendo la possibilità di
destinare il bene all’accoglienza o alla ristorazione o di aprire al pubblico, contribuiscono a
impreziosire e preservare l’architettura urbana grazie agli interventi sostenuti unicamente dai
proprietari.
“Sarebbe utile cogliere l’occasione per dare una nuova “regia” al comparto” dichiara Sandor
Gosztonyi. “La bellezza, la fruizione e la manutenzione delle dimore storiche è a carico dei privati. E
a differenza di altre attività e aziende, queste non si possono fermare in quanto la manutenzione
degli spazi verdi, degli arredi e degli immobili storici é quotidiana. Malgrado i decreti attuali e futuri,
le aziende stenteranno a ripartire. Molti i soci piemontesi che già hanno confermato la
cancellazione fino a fine luglio per tutti gli eventi privati e aziendali e per l’ospitalità nelle varie
forme b&b, casa vacanze e agriturismi, con i clienti in dubbio anche per i mesi di settembre e
ottobre vista l’incertezza. Ad esempio, sarebbe importante avere informazioni più chiare sulle
modalità di visite dei parchi all’interno delle dimore, sulla gestione di piccoli gruppi…
Si rischia che il danno per il 2020 sia del 100% a fronte di spese di manutenzione ordinaria e
straordinaria non comprimibili “. Il sostegno alle Dimore Storiche è un aiuto per i gestori di questi
beni ma anche per tutto l’indotto, per le molte piccole filiere, le piccole medie imprese e gli artigiani
attivi sui singoli territori.
Associazione Nazionale Dimore Storiche
L’Associazione Dimore Storiche italiane, Ente morale riconosciuto senza fini di lucro, è l’associazione
che riunisce i titolari di dimore storiche presenti in tutta Italia.
Nata nel 1977, l’Associazione conta attualmente circa 4500 soci e rappresenta una componente
significativa del patrimonio storico e artistico del nostro Paese.
L’Associazione promuove attività di sensibilizzazione per favorire la conservazione, la valorizzazione
e la gestione delle dimore storiche, affinché tali immobili, di valore storico-artistico e di interesse per
la collettività, possano essere tutelati e tramandati alle generazioni future nelle condizioni migliori.
Questo impegno è rivolto in tre direzioni: verso i soci stessi, proprietari dei beni; verso le Istituzioni
centrali e territoriali, competenti sui diversi aspetti della conservazione; verso la pubblica opinione,
interessata alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.
www.adsi.it
Facebook: Associazione Dimore Storiche Italiane
Twitter: @dimorestoriche
Youtube: Associazione Dimore Storiche Italiane
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Una giornata all'aria aperta all'insegna del cicloturismo gastronomico "soft", alla scoperta delle bellezze naturalistiche e culturali del finalese.
In e-bike, bici a pedalata assistita, nello splendido scenario dell’Altopiano delle Mànie, immersi nei profumi, nei colori e nella storia dell’entroterra ligure, circondati da una rigogliosa natura vista mare.
Tour gastronomico-culturali con bici a pedalata assistita, per vivere un’esperienza attiva senza faticare troppo, distanti dal più classico turismo balneare tipico della Riviera Ligure di Ponente.
Mare e montagne, sabbia e rocce, splendidi borghi e piccoli centri abitati: la Liguria e, in particolar modo, il Finalese, consente di vivere escursioni ed esperienze immersi nella macchia mediterranea.
Uno dei modi migliori per scoprire questa zona lentamente, senza fretta, in modo sano e lontano dal più classico turismo balneare, è una pedalata in bicicletta lungo i numerosi percorsi dell’entroterra, dove il silenzio regna sovrano.
Gli appassionati di cicloturismo e di mountain bike troveranno in questi luoghi pane per i loro denti. Ma per scoprirne le meraviglie a due ruote, in ogni periodo dell’anno, non serve essere allenati o amanti dei sentieri più impervi.
Finally E-Bike, membro del Consorzio FOR Finale Outdoor Region, ad esempio, organizza bellissimi tour con bici a pedalata assistita per affrontare senza sforzo i percorsi più belli di Finale e della Riviera Ligure di Ponente, per conoscerne le tradizioni enogastronomiche e culturali.
Il tour nell'Altopiano delle Mànie è un percorso gastronomico-culturale di circa 24 km che ha inizio dal borgo di Calvisio, dove vi attende un primo vero e proprio “assaggio” del territorio con visita e degustazione di olio extra vergine d’oliva nello storico Frantoio Magnone, in direzione della borgata di Verzi.
Lungo questo primo tratto del circuito scorgerete Calvisio Vecchia, arroccata sulla pendice occidentale del Monte Tolla e, raggiunta la suggestiva Val Ponci, oltre all’incantevole paesaggio naturalistico e rurale, vi ritroverete immersi in un vero e proprio museo a cielo aperto. Risalendo la valle incontrerete infatti 5 ponti di epoca romana (il nome stesso deriva dall’antica Vallis Pontium, Valle dei Ponti), la Caverna delle Fate, particolarmente importante in quanto sono stati rinvenuti resti umani risalenti al paleolitico, ora esposti presso il Museo Archeologico del Finale a Finalborgo, le cosiddette “cave romane”, uno degli ambienti più suggestivi del Finalese, con tre grandi cave in galleria dalle quali fu estratta la Pietra di Finale e, infine, la Grotta dell’Arma delle Mànie, uno tra i più importanti siti archeologici preistorici del Finalese.
Sulla sommità della grotta naturale si trova la “Trattoria La Grotta”, della famiglia Mendaro dagli anni ’50: questo è il luogo ideale per concedersi una piccola pausa gastronomica, a base di prodotti locali come l’immancabile formaggetta con olive taggiasche, i salumi artigianali, il pane fatto in casa e cotto nel forno a legna e un buon bicchiere di vino del territorio.
Dopo aver fatto il ‘pieno’ di energia e aver ricaricato le vostre e-bike (la struttura è dotata di un impianto “Protec Bike Repair Station” che, oltre a consentire la ricarica per le e-bike offre anche alcuni strumenti per la manutenzione ordinaria delle bici), vi potete diregere verso i “prati di Ferrin”, conosciuti a livello internazionale per essere il punto di partenza della mitica 24h di Finale: potrete anche voi avventurarvi e percorrere una parte dei tracciati di questa famosa competizione di mountain-bike.
Spostandosi sull’estremità destra dell’altopiano, quello rivolto verso Finale Ligure, vi fermerete per pranzo in un altro luogo simbolo delle Mànie, l’Osteria della Briga, dove gustare una cucina semplice, ma che valorizza i migliori ingredienti del territorio, sapientemente preparati dallo chef Jacopo Lovisolo.
Dopo questo piacevole ristoro, si torna in sella per raggiungere le “Terre Rosse”, cosiddette per il colore del terreno ricco di minerali; in questo angolo di paradiso, ad un’altitudine di 300 m.s.l.m., Vladimiro Galluzzo e la sua famiglia coltivano vigneti con tecniche biologiche senza usare diserbanti e concimi chimici, da cui nasce una produzione di ben sette tipi di vino: vermentino doc, pigato doc, apogeo, l’acerbina, le banche, solitario e passito, molti dei quali più volte vincitori di riconoscimenti internazionali.
Prima di intraprendere la discesa di circa 4km verso le spiagge del Rione di Finalpia, punto d’arrivo di questo imperdibile tour, raggiungerete l’emozionante punto panoramico a picco sulla località Selva, da dove si può ammirare Varigotti e la costa da Punta Crena al porto.
Tra uliveti, vigneti, frutteti in mezzo ai quali spuntano piccoli borgate storiche intatte, scorgerete in fondo, proiettata a picco sul mare sull’omonimo capo, l’antica Torre di San Donato, punto di avvistamento litoraneo realizzato in funzione delle frequenti incursioni barbaresche.
Sulla strada di rientro, vi attende l’agriturismo La Realidad, una delle storiche Osterie Slow Food, presso il quale potrete trovare frutta, verdura, olio, vino e marmellate, conserve di verdura e il celebre pesto preparati solo con prodotti provenienti dagli orti di famiglia.
Il tour volge al termine, ma non prima di aver ammirato lo spettacolo del mare quando si tinge dei colori tenui del tramonto, volgendo le spalle alla splendida vallata di Calvisio.
Dettagli del tour proposto
Percorso in e-bike: dalle ore 9.30 alle 17 circa (a seconda delle deviazioni lungo il percorso)
Difficoltà: S0/S1
Percorrenza: circa 24 km
Dislivello positivo: 800 mt
Punto di partenza: Finale Ligure, nella frazione di Calvisio
Circuito: si snoda principalmente lungo l’altopiano delle Manie, attraverso sentieri alternativi
Punto di arrivo: Finale Ligure nel Rione di Finalpia
Il tour si effettua su prenotazione; il costo a persona dipende dall’itinerario definitivo, dalle soste ai menù concordati e dal numero di persone.
Quota indicativa per 4 persone: a partire da € 90,00 a persona, pasti e guide comprese.
Per informazioni: Ufficio Turismo e Cultura – Finale Ligure
Fotografie: © courtesy Mudif e foto archivio Comune di Finale Ligure
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E' tornato il tempo delle cicogne. Oggi, lunedì 18 maggio, la fine del lockdown fa riaprire i battenti anche al Villaggio delle Cicogne di Fosso Ghiaia, in provincia di Ravenna. L'ingresso è gratuito ogni giorno dalle 9 al tramonto. Decine le specie animali in libertà che si possono ammirare nel proprio habitat: uno spazio naturale splendido, attrezzato per essere visitato in totale facilità e libertà da grandi e piccini. Una scuola naturalistica a cielo aperto dove di osservare da vicino moltissime specie di uccelli e di mammiferi.
Il Villaggio delle Cicogne sorge appunto a Fosso Ghiaia, pochi chilometri a sud di Ravenna: lo si può raggiungere lasciando l’auto al parcheggio gratuito del ristorante La Campaza, e da lì seguendo una breve, piacevole passeggiata segnalata, che in pochi minuti porta all’accesso del parco.
Al suo interno, liberi e integrati, vivono centinaia di animali di diverse specie. Prima fra tutte la cicogna bianca, che dà il nome al Villaggio e di cui sono presenti decine di esemplari, con i caratteristici grandi nidi tondi che sorgono a una decina di metri d’altezza.
Ma fra gli uccelli, è possibile vedere anche numerose altre specie autoctone: dai fenicotteri rosa alle volpoche, dai cigni bianchi e neri agli aironi cenerini, dalle oche selvatiche ai pavoni bianchi e blu, fino a germani reali, fagiani, gallinelle mantovane, solo per citarne alcune.
Non mancano però anche i mammiferi: caprette, asinelli, pecore nane di Ouessant. E poi ancora le tartarughe, o alcune specie di animali non autoctoni ma molto affascinanti, come l’alpaca, l'ibis o la gru coronata.
Una gita immancabile per chi ama gli animali: e soprattutto per i bambini, che hanno la possibilità di godere di uno “spettacolo” davvero inedito, nella più assoluta tranquillità e libertà.
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“Io non viaggio in autostrada” è la filosofia di Mirko Confaloniera. Un principio espresso battendosi la mano sul petto perché tutto è possibile, ma questa regola non si infrange. Mai. In un mondo in piena crisi climatica, questi viaggi in Matiz Gpl sono carichi di commovente poesia e di rispetto per il territorio.
Quando ormai si sa che lo spostamento climaticamente più irrispettoso è quello aereo perché per effettuare una sola tratta si producono tonnellate di CO2, quello più sano è a piedi o in bici, Mirko sceglie il gpl. Le distanze sono ampie, l’Italia è girata in lungo e in largo, ma soprattutto, per geografiche ragioni, in lungo. E le motivazioni della scelta del suo mezzo non sono strettamente ambientali, ma liriche. Sì, sono viaggi poetici, pennellate d’Italia.
Nei suoi sette racconti di viaggio "on the road" lungo la penisola, percorrendo solo strade statali, Mirko Confaloniera non è mai didascalico o noioso, lascia immagini che raggiungono la meta.
Inseparabile compagna di viaggio: la Livietta, una cagnolina di peluche, silente testimone di incontri e sensazioni.
Mirko macina chilometri, percorre strade mai battute ma spesso i medesimi tragitti, sperimenta emozioni, rinnova stupori, annota mutamenti, si ferma in bar fuori mano per rifocillarsi.
“Il solo concetto che una strada, il più importante mezzo di comunicazione su questo pianeta dalla notte dei tempi, possa essere etichettata come privata o a pagamento mi fa ribollire il sangue nelle vene. Le strade devono essere di tutti: libere, gratuite accessibili. Purtroppo non è così in molte parti del mondo. Ed è per questo che #iononviaggioinautostrada e preferisco pure per lunghi viaggi ripercorrere le vecchie, malinconiche, ma irrimediabilmente romantiche, strade statali di una volta”.
Questo è il pensiero di Mirko, non solo poetico quindi ma oserei dire politico. Non si paga per percorrere strade, non si trovano scorciatoie, nel viaggio, così come nella vita. Tutto si conquista, ma tutto si può anche perdere come un amore giovanile fuggito a Est oppure un amico, come Christian Sartori, scomparso prematuramente su una strada non statale come quelle che Confaloniera tanto ama, a cui il libro è dedicato.
Sara Rossi
Titolo: Io non viaggio in autostrada
Casa Editrice: Albeggi Edizioni, 2019
Autore: Mirko Confaloniera
ISBN 8898795564, 9788898795567
Pagine: 343

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E’ il campione mondiale delle due ruote Vincenzo Nibali, il testimone d’eccezione del progetto Marche Outdoor di rinascita post sisma della regione Marche. L’idea è quella di mettere in rete il territorio e di valorizzare le strade secondarie che attraversano il paesaggio marchigiano, dal mare alla montagna, che possono essere percorse in bicicletta da tutti i tipi di ciclisti.
Nibali, di origini messinesi, ma con il cuore un po’ marchigiano, è uno dei sei corridori al mondo - secondo italiano dopo Felice Gimondi - ad aver conseguito la Tripla Corona, ovvero aver conquistato un'edizione di tutti i tre Grandi Giri, avendo vinto la Vuelta a España 2010, il Giro d'Italia 2013 e il Tour de France 2014, è entusiasta del progetto: “La mia fuga sono le Marche, il paradiso del bike”.
Per il momento i percorsi ciclabili sono 24, ma in continuo aumento e aggiornamento, collegati ad innumerevoli experience disseminate su tutto il territorio, che rappresentano il concetto di “Marche Rebirth” - coniato dall’artista Michelangelo Pistoletto - che sposa la filosofia del suo Terzo Paradiso e rappresenta la “rinascita” culturale, economica e sociale delle Marche, anche attraverso l’arte.
Il nuovo anno era iniziato sotto i migliori auspici e propositi, e la Regione Marche è stata nominata da Lonely Planet Best in Travel 2020, al secondo posto tre le dieci migliori destinazione al mondo e unica italiana in classifica.
Punta di diamante della proposta turistica marchigiana per il 2020 è appunto il progetto Marche Outdoor, inaugurato nel 2019.
Il campione del mondo ama la regione Marche: “Nello stesso viaggio si possono ammirare bellezze naturali e opere d’arte senza tempo, da Raffaello Sanzio a Lorenzo Lotto. I percorsi ad anello di Marche Outdoor accompagnano i cicloturisti dal mare alla montagna attraverso laghi, gole, cascate, eremi e grotte. 180 km di coste incantate, montagne da togliere il fiato, intime strade di collina e centinaia di borghi arroccati, non solo, tanti diversi itinerari cicloturisti, servizi specializzati e soprattutto l’accoglienza autentica e genuina: la regione Marche ha tutto!”.
La filosofia di Marche Outdoor è quella di promuovere un’economia del territorio sostenibile, proponendo la bicicletta come mezzo e non come “fine” e facendo vivere al cicloturista tutte le emozioni che la regione può offrire, attraverso 24 percorsi ciclabili - in continuo aggiornamento con soluzioni diversificate e pensate per tutte le due ruote - per circa 2.000 Km e 130 comuni interessati in tutta la regione Marche.
Marche Outdoor è un progetto inclusivo, pensato per chi ama immergersi nella natura con le due ruote – non solo per professionisti ma anche per semplici cicloamatori, da soli o in gruppo - e scoprire lungo il percorso piccoli paradisi verdi quasi incontaminati e gioielli di un patrimonio millenario fra storia, cultura e arte. Percorsi che accolgono tutti i tipi di ciclisti, poche tappe per chi è alle prime armi, lunghi percorsi dedicati agli sportivi più esperti, e per tutti i gusti, per chi ama la bici da strada e per chi preferisce la mountain bike, il downhill o il Gravel.
È un sistema messo in rete composto da un lato da percorsi tematici e georeferenziati, e dall’altro da strutture ricettive specializzate e integrato da accompagnatori e servizi pensati per gli amanti della bicicletta. Attraverso il sito Marche Outdoor e la app interattiva, disponibile per Ios e Android, è possibile rimanere sempre aggiornati su nuovi percorsi ed attività, orientarsi più facilmente e costruirsi un percorso corrispondente ai propri interessi e desideri, attingendo alle tante informazioni sui punti di interesse storico, culturale, naturalistico. Non mancano neppure le segnalazioni dei servizi più vicini dedicati a chi viaggia in bicicletta (es. officine, guide, affitta bici...) e un navigatore che aiuta a non perdersi lungo il percorso. Attivi anche una pagina Facebook e un profilo Instagram @MarcheOutdoor che pubblicano continui aggiornamenti, curiosità e news.
La filosofia del progetto è stata inoltre sposata anche dall’artista Michelangelo Pistoletto che ha visto nella regione il luogo della “Rinascita” per l’Italia e il mondo, coniando il concetto di “Marche Rebirth” e associando il suo Terzo Paradiso, rappresentato da tre anelli concentrici, a vari percorsi di Marche Outdoor. “Far dialogare la natura e la bici, riportando equilibrio tra questi due elementi”, sono queste le parole di Pistoletto che sintetizzano il progetto Marche Outdoor e i percorsi di Marche Rebirth.
Con i percorsi simbolo del Terzo Paradiso, ognuno composto da tre anelli che partono dal mare e arrivano in montagna, si può scoprire tutto il territorio marchigiano. Uno di questi, che percorrere il senso longitudinale del Sibillini, è chiamato Sibillini Rebirth ed è uno dei più impegnativi da attraversare vista l’altitudine, ma al tempo stesso il più appassionante da scoprire. Alle rotte di Marche Rebirth si aggiungono altri itinerari, tra cui la Grande via del Parco dei Monti Sibillini, le vedute Feltresche e la salita del Pirata in ricordo di Marco Pantani
L’obiettivo del progetto Marche Outdoor è quello di raggiungere un turismo non solo italiano, ma internazionale e rilanciare il territorio duramente colpito dal sisma del 2016 attraverso le risorse materiali - paesaggistiche e artistiche - e immateriali - costituite da persone, tradizioni, mestieri e saperi - che si trasformano in un’opera artistica collettiva che può essere percorsa dal viaggiatore, in particolare seguendo i percorsi cicloturistici proposti.
Pesaro Rebirth
Il primo percorso di Marche Rebirth attraversa la provincia di Pesaro - Urbino. Dal borgo medievale di Gradara dove si consumò la storia d’amore di Paolo e Francesca narrata da Dante al Parco Regionale del Monte San Bartolo, primo promontorio dell’Adriatico, in cui si trova un luogo chiamato “Tetto del Mondo” dove lo sguardo si perde all’infinto dagli Appennini alla costa e dove il sole sorge e tramonta sul mare, fino ad arrivare all’oro di Pergola che si manifesta in diverse sembianze, da degustare assaporando il tartufo bianco di Pergola e da ammirare con i Bronzi di Cartoceto, l’unico gruppo bronzeo-dorato esistente al mondo giunto a noi dall’Età romana. Si passa poi per Serra Sant’Abbondio con l’Abbazia di Santa Croce di Fonte Avellana, situato sulle pendici boscose del monte Catria le cui origini si collocano alla fine del X secolo, e snodo di molti percorsi per mountain bike, fino a arrivare a Pesaro con la sua Bicipolitana in cui le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette e dove si può visitare la Villa Imperiale, fondata da Federico III nel 1469, uno dei più spettacolari esempi di soggiorno estivo Rinascimentale, ma anche il Villino Ruggeri sul lungomare, uno degli esempi di architettura Liberty più importanti di Italia, ma anche farsi trasportare dalle note del compositore Gioacchino Rossini visitando la sua casa natale o partecipando al Rossini Opera Festival in agosto. Infine tornando nell’entroterra non può mancare una visita a Urbino, menzionata dal New York Times tra le mete del 2020, nonché città natale di Raffaello Sanzio di cui quest’anno si celebra il 500° anniversario della morte. La città rinascimentale per eccellenza che ha ospitato non solo Raffaello ma una geniale schiera di artisti, musicisti, intellettuali e letterati, uno su tutti Leonardo, in cui si può visitare il Palazzo Ducale, “Palazzo in forma di città” come lo definì Baldassarre Castiglione e dove dimorò Federico da Montefeltro e oggi sede della Galleria Nazionale delle Marche.
Ci sono anche alcuni percorsi OFF che partono dalle Marmitte dei Giganti vicino Fossombrone, il canyon delle Marche alto 30 metri, da cui in mountain bike si può raggiungere la Gola del Furlo. Ma anche fare il percorso Vedute Feltresche da Carpegna con deviazione sulla famosa salita “il Cippo” dove Marco Pantani si allenava, toccando anche Sassocorvaro con la Rocca Ubaldinesca e il Lago di Mercatale.
Ancona Rebirth
Con il percorso nella provincia di Ancona si può toccare mare, natura e cultura, percorrendo scenari differenti ma al tempo stesso uniti da percorsi perfettamente ciclabili, esplorando la magia delle terre del Verdicchio e dei castelli con Corinaldo, Trecastelli, Morro d’Alba e non da ultimo Jesi, dove nacque nel 1196 Federico II di Svezia e del Parco Naturale del Monte Conero, caratterizzato da un panorama meraviglioso, una grande biodiversità, un territorio esteso che comprende Camerano, Numana, Sirolo e Portonovo, una delle spiagge più belle d’Italia dove si possono degustare i tipici moscioli, e il capoluogo Ancona che sorge anch’essa su un promontorio collinare da cui svetta la Chiesa di San Ciriaco e giù verso il mare il Porto Antico con la Mole Vanvitelliana e il Lazzaretto, l’Anfiteatro Romano e l’Arco di Traiano. Da Ancona si può raggiungere il Parco Naturale della Gola della Rossa e di Frasassi, proprio al centro del terzo anello, dove nel comune di Genga si trovano le Grotte di Frasassi, il parco ipogeo più grande d’Italia, il Tempietto Valadier incastonato nella roccia, e l’Abbazia romanica di San Vittore alle Chiuse. Lì vicino c’è Fabriano, città della carta, nel cui museo è ricostruita una cartiera medievale e dove si può visitare il Palazzo del Podestà, il Loggiato di San Francesco e il Palazzo Comunale dal quale si accede al Teatro Gentile, uno dei teatri storici delle Marche. E poi c’è Osimo, cinta da potenti mura romane risalenti al 174 a.C, alta su di un colle dove svetta la Cattedrale di San Leopardo da cui parte la città sotterranea. E infine Loreto culla della spiritualità marchigiana e una delle mete di pellegrinaggio mariano più importanti in Europa e nel mondo, perché all’interno della Basilica è custodito uno dei più grandi tesori della spiritualità cattolica, la Santa Casa di Nazareth, dove la Vergine Maria nacque, crebbe e dove avvenne l’annunciazione della sua divina maternità, e che quest’anno sarà sede del Giubileo Lauretano indetto dal Papa.
Macerata Rebirth
Partendo dalla costa, in particolare dalla pista ciclabile di Civitanova Marche, si può prendere la via delle abbazie incontrando a Corridonia la Chiesa di San Claudio al Chienti, un’importantissima testimonianza dell’architettura romanica delle Marche, e poi l’Abbadia di Fiastra con la sua Riserva Naturale ideale per le passeggiate in bici e dove è possibile godere, grazia alla presenza costante dei monaci, di un ambienta accogliente e armonioso. Lì vicino c’è Macerata dove spiccano l’Arena Sferisterio, dall’architettura neoclassica che ospita una prestigiosa stagione lirica, e il settecentesco Palazzo Buonaccorsi, oggi sede delle raccolte di arte antica e moderna e del Museo della Carrozza. Attraverso i campi coltivati si può arrivare a Urbisaglia, che conserva l’imponente Rocca del XV secolo e che è stata costruita sull’antica Urbis Salvia con il Tempio criptoportico augusteo, il cui materiale archeologico è custodito nel museo statale, e poi a Tolentino con il suo Castello della Rancia della fine del XII secolo e ancora a Valfornace con la Chiesa di San Giusto in San Maroto che sorge su un bellissimo poggio e la cui particolare struttura a pianta circolare ha alimentato varie supposizioni sulle sue origini di fondazione, chi suggerisce Carlo Magno e chi le maestranze provenienti dalla Siria, e infine si arriva all’Eremo di Sant’Angelo in Prefoglio detto ‘Eremo dei Santi’ a Pieve Torina, dove si raccoglie “l’acqua santa” da stillicidio, che la devozione popolare definisce terapeutica per la cura dei reumatismi. Un percorso off può essere quello che da Montelupone, tra i borghi più belli d’Italia, porta Recanati dove si possono ripercorrere le tracce di Lorenzo Lotto nella Regione e la storia di Leopardi nella sua casa natale. Sudando un po’ sulla salita si arriva a Monte Rinaldo con l’Area Archeologica La Cuma.
Fermo Rebirth
L’itinerario nella provincia di Fermo inizia nella cittadina di Servigliano, un unicum italiano per quanto riguarda l’urbanistica, progettata nel 1771 dall’Architetto pontificio Virginio Bracci che creò un quadrato imperfetto nelle dimensioni (137x144m) ma perfetto nelle proporzioni auree: una pianta unica che secondo le dottrine illuministiche rappresenta l’unico esempio italiano di città ideale, chiuso da un quadrilatero di case a schiera in mattoni d’argilla rossa, tre porte d’ingresso, splendidi palazzi e la centrale Chiesa di San Marco. Si prosegue poi per Amandola, punto di snodo per numerose escursioni sui sibillini e famosa per il Tartufo Bianco, con la sua Abbazia dei SS. Rufino e Vitale fondata intorno al X secolo che conserva una cripta scavata nel tufo a croce greca con antichissimi affreschi. E si passa a Montefalcone, un delizioso borgo arrampicato su uno sperone roccioso con un balcone panoramico a dir poco spettacolare, con la sua rocca del XII secolo che custodiva la mitica pianta della Mandragora, attualmente conservata nell’erbario del Museo Orsini di Ascoli Piceno. Montefalcone è anche punto di snodo con altri percorsi del Bike Park “Big Hawk Trail Paradise”. Continuando a pedalare si giunge a Monte Rinaldo con l’Area Archeologica La Cuma dove si può ammirare l’imponenza del santuario ellenistico romano. Infine si arriva a Fermo con la rinascimentale Piazza del Popolo dove si trova il cinquecentesco Palazzo dei Priori che ospita la Pinacoteca Civica con importanti dipinti di scuola veneziana e marchigiana e la “Natività” del Rubens e la Sala del Mappamondo. A Fermo è possibile visitare anche le Cisterne Romane databili al I secolo d.C., le più grandi in Italia con ben 2.200 metri quadri di estensione. Per chi vuole arrivare fino al mare c’è anche una pista ciclabile che collega Porto San Giorgio a Porto Sant’Elpidio.
Ascoli Rebirth
Infine si arriva nella provincia più a sud delle Marche con Ascoli Piceno, una delle città medievali più belle d’Italia nonché patria dell’Anisetta Meletti, dell’Oliva all’Ascolana e del Falerio e Rosso Piceno Superiore, dove si trova il Monte dell’Ascensione, il Monte Sibilla e la grotta “delle due sorelle”, dove si può ascoltare ancora il melodioso canto di una bellissima fata-fanciulla. Poi Venarotta con la chiesa di San Francesco, fondata da San Francesco nel 1215 e sede di un antico hospitale medievale dove ancora oggi vengono accolti i pellegrini del “Cammino francescano della Marca” e dove nel convento, sede dell’ambasciata del Terzo Paradiso, si può̀ visitare l’orto dei semplici, il laboratorio alchemico e il museo del vino cotto e dei vini medicati. Sulla costa c’è Grottammare con le Logge e l’annessa pista ciclabile di 16 km della Riviera delle Palme e la passeggiata fino a Grottammare alta, borgo medievale a picco sul mare. Impossibile non passare per Offida con la spettacolare Chiesa di Santa Maria della Rocca e poi per Montemonaco e la chiesa di Santa Maria in Casalicchio dove si andavano a sancire i giuramenti guardando il Monte Sibilla. E infine si ritorna ad Ascoli Piceno, arrivando fino a Piazza del Popolo, di stile rinascimentale, che riprende le teorie vitruviane con proporzione 1:3 e la cui pavimentazione nelle giornate di pioggia ha un suggestivo effetto specchiante.
Sibillini Rebirth
Il più appassionante tra tutti i percorsi, ma forse anche il più impegnativo vista l’altitudine e il dislivello che coinvolge la parte più a nord della provincia di Macerata, parte alle porte del Parco dei Monti Sibillini, ovvero dal Lago di Fiastra, dominato nelle imminenti alture dall’Abbazia di San Salvatore di Rio Sacro. Da qui partono anche diversi percorsi trekking tra cui le Lame Rosse e la “Grotta dei Frati”, così chiamata perché si narrava che da lontano si sentivano i frati che cantavano la messa e che c’era un albero d’oro.
Si prosegue poi per Sarnano, dove è molto affascinante andare in bici, anche da enduro, tra i boschi e le vette più alte visitando anche le cascatelle di Sarnano e le Cascata della Gola dei tre Santi e in primavera a maggio la Fioritura delle Orchidee dei Sibillini sui Piano di Ragnolo, e poi scendere in paese per visitare il centro storico medievale e i tesori artistici conservati nella Pinacoteca. Qualche km più avanti si arriva all’Abbazia di S. Maria in Rio Sacro di Fiastra, che conservava uno splendido crocifisso del XII secolo, portato dai monaci dall’antichissimo eremo del Rio Sacro e da dove, il giorno dell’Ascensione, si partiva per il rito della Rogazione, ovvero una serie di processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle semine. Completano i percorsi Serravalle di Chienti con la Chiesa di Santa Maria di Plestia sotto cui si trovano i resti databili I secolo a.C. dell’antica Plestia e della sua divinità “Cupra/Bona Mater” e Visso, con l’incantevole Santuario della Madonna di Macereto, uno dei centri di pellegrinaggio dei Sibillini la cui bianca armoniosa bellezza spicca nel verde paesaggio dell’altopiano. Proprio da Visso parte il terzo anello dei Sibillini, che percorre la famosa Valnerina attraversando borghi che vivono di pastorizia come Fematre, Rio Freddo, fino a raggiungere gli altopiani marchigiani di Colfiorito. Tutto il territorio offre sentieri mountain bike arrivando alla Riserva naturale Montagna di Torricchio, Piano Plestini e Cesi e l’Oasi di Protezione di Monte Fietone.
La bella stagione sta arrivando, non resta che pensare al prossimo viaggio su due ruote, nelle Marche.
La redazione

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In questo momento di inquietudine collettiva, noi lombardi che ancora non ci troviamo isolati in zone rosse possiamo buttarla in gita. A poco più di un’ora da Milano in auto, direzione Piacenza, in Val Trebbia, ci sono le Cascate del Carlone, una più piccola situata più in alto e la seconda più grande, di acqua sulfurea, collocata più in basso. Si tratta di un luogo poco battuto ed incontaminato. Lo si raggiunge dall’abitato di Bobbio, una meraviglia medievale che vale la pena visitare, ma non divaghiamo. Ci torneremo dopo. Da Bobbio si imbocca via del Bargo e si prosegue per circa 5 chilometri fino alla piccola frazione di San Cristoforo. In corrispondenza di un tornante inizia il sentiero 160 del CAI da percorrere a piedi per giungere alle cascate. In una passeggiata di una ventina di minuti si giunge a un bivio: scendendo a sinistra si va alla prima cascata di acqua termale del Carlone, mentre salendo a destra si arriva a quella alta.
Se si vuole camminare più a lungo è possibile lasciare l’auto un paio di chilometri prima dell’abitato di San Cristoforo, la strada tra l’alto è molto stretta e un po’ sconnessa, alla prima piazzola utile si può parcheggiare e continuare a piedi e in maggior sicurezza lungo la strada. Personalmente ho incrociato solo un paio d’auto. Le dolci colline piacentine rendono la passeggiata estremamente rilassante.
Il Carlone è un torrente lungo circa 10 km che nasce a 1.000 m. circa a metà delle Rocche del Casone (o di Colleri) verso la cima delle Scalette e sfocia nella Trebbia nella zona di San Martino di Bobbio.
I piedi della Cascata termale sono raggiungibili percorrendo un ultimo e brevissimo tratto di ferrata, dove occorre aiutarsi con una corda, ma ne vale la pena perché si arriva al laghetto d’acqua termale con proprietà termominerali, si tratta di acque salso-bromo-iodiche-solforose ricche di magnesio.
Nel XI secolo i monaci di un vicino convento sfruttavano le saline della cascata e il laghetto per guarire le malattie della pelle. Nel medioevo allo scoppiò dell’epidemia di peste gli stessi monaci, ritenendo queste acque miracolose le utilizzavano per trattare i malati con fanghi, inalazioni e salvando, a loro dire, gli abitanti della zona e i pellegrini che passavano da Bobbio per percorrere la Via Franchigena dalla pandemia. E’ proprio da allora che la località verrà dedicata a San Cristoforo, considerato uno dei quattordici santi ausiliatori, cioè che recano aiuto, particolarmente invocati in occasione di gravi calamità naturali. Il patrocinio di San Cristoforo era in genere invocato durante le gravi epidemie di peste.
Non siamo ai tempi della peste, ma l’isteria collettiva di questi giorni mi indurrebbe a consigliare a tutti una bella gita alle Cascate del Carlone, anzi tutti no, creeremmo pericolosi assembramenti.
Se dopo la gita alle cascate voleste passare per Bobbio
Bobbio, il cui nome deriva da “Saltus Boielis”, cioè Monte Penice, a cui la cittadina si trova ai piedi, è un toponimo di origine celto-ligure proprio anche del torrente alle cui sponde sorse il primitivo abitato dopo la conquista romana del territorio dal 14 a.C. Simbolo del borgo è il Ponte Gobbo, o ponte del diavolo, in pietra, di origine romana, che attraversa il fiume Trebbia con ben undici arcate irregolari.
La leggenda del Ponte Gobbo o Ponte del Diavolo
La costruzione di un ponte è da sempre stata considerata un'opera di grande ingegno, per questo la sua edificazione ha dato origine a leggende, che non di rado avevano come protagonista il diavolo. Colui in grado di unire due luoghi che la natura, ma anche Dio, aveva voluto separati. Si aggiunga che in questo caso, l'assoluta assenza di ogni simmetria o logica nella disposizione delle arcate del ponte, evochi di per sé una costruzione diabolica. La leggenda narra che San Colombano volesse unire le due sponde del fiume Trebbia per poter accelerare l’evangelizzazione del luogo, e che il Diavolo si offrì di aiutarlo costruendo un ponte in una sola notte, a patto di avere in cambio l'anima del primo che lo avesse attraversato. San Colombano accettò e il demonio costruì l’opera con l'aiuto di un gruppo diavoli di altezza e corporatura diversa, ognuno dei quali eresse la sua parte in modo personale e difforme dagli altri ottenendo la caratteristica gibbosità ed irregolarità del ponte. Al mattino il santo monaco tenne fede alla parola data, ma giustificandosi con l'osservazione che il ponte non era stato costruito secondo le regole, ingannò il demonio facendovi passare per primo un cane. L’ira del diavolo fu tale che sferrò un calcio al ponte, stortandolo.
Per ulteriori informazioni sul Piacenza e dintorni visitate il sito dedicato
Sara Rossi

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Una Calabria in crescita, e che guarda sempre di più alla conquista di nuovi mercati esteri quella che si è presentata a Milano in occasione di BIT – Borsa Internazionale del Turismo. Tante attività promozionali e un’offerta che guarda alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente con particolare evidenza per le città di Tropea e Cosenza. Tropea, perla del Tirreno, non è solo mare e spiagge incantevoli ma vanta una storia millenaria, ospita palazzi nobiliari, musei e cattedrali ed è candidata a capitale della cultura 2021.
Incorniciata da due mari, la città di Cosenza negli ultimi anni è riuscita ad affermarsi come destinazione turistica puntando moltissimo sull’offerta artistico-culturale, l’enogastronomia, la natura dell’entroterra, lo sport. “Cosenza è oggi una città viva, animata ogni mese da eventi e iniziative culturali, di grande appeal anche per il turismo straniero, specialmente tedesco” ha detto l’Assessore al Turismo e marketing territoriale del comune di Cosenza Rosaria Succurro, che ha aggiunto: “Abbiamo lavorato a un portale turistico multilingue, alla produzione di cartografie in collaborazione con il National Geographic, al miglioramento degli info point e destinato le tasse di soggiorno allo sviluppo di progetti turistici, coinvolgendo diversi soggetti sul territorio per fare rete”.
Federalberghi Calabria ha aderito al progetto Gran Tour, promosso dalla Comunità Europea, che consentirà a 100 diplomati calabresi di fare stage di 5 mesi all’estero tra Spagna, Inghilterra, Malta e Belgio, per formarsi in ambito turistico. “La formazione è fondamentale per garantire l’eccellenza nell’accoglienza; in Calabria ci sono ampi margini di crescita ma dobbiamo lavorare insieme alle amministrazioni e agli altri player del settore turistico per migliorare il livello delle infrastrutture e dei trasporti, in primis con gli aeroporti, per garantire adeguati collegamenti con il resto d’Italia e d’Europa”, questo il commento di Fabrizio D’Agostino, Presidente di Federalberghi Calabria, che ha concluso “In Calabria c’è tutto per poter destagionalizzare, abbiamo strutture di lusso che non hanno nulla da invidiare a quelle di altre regioni, oltre al mare abbiamo natura, cultura, buona tavola e credo davvero che in questo contesto il turismo possa rappresentare una leva sociale, economica e culturale”.
Antonio Vanzillotta

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La Regione Lazio punta sull’ambiente per rilanciare la sua offerta turistica.
Alla tre giorni milanese di Borsa del Turismo, più di trenta gli eventi organizzati dall’Agenzia Regionale del Turismo e da Unioncamere Lazio, durante i quali oltre 8.000 persone hanno visitato lo stand “cento per cento green” creato per l’occasione, costruito in materiale totalmente riciclabile.
Si è fatto un gran parlare dell’errore fotografico rilevato dagli osservatori più attenti che subito si sono accorti che un tabellone espositivo, invece di riprodurre l'Isola di Ponza, ritraeva l’immagine della campana Procida, ma diciamo che lo scivolone può accadere e cerchiamo di concentrarci sulle tendenze virtuose.
Innanzitutto il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti arriva puntuale, e alla Bit non è affatto detto.
Ad inaugurare la conferenza di presentazione sono le parole dell’Assessora al Turismo e Pari Opportunità della Regione Lazio, Giovanna Pugliese, che sottolinea come anche in questo evento internazionale la Regione continui a rimarcare il solco green creato dal presidente Zingaretti e pone al centro della questione il turismo che “Rappresenta il 13% del pil italiano e che nella nostra regione ha fatto registrare nell’ultimo anno incremento dell’8,5%”. “Occorre quindi insistere” – ha continuato – “nella valorizzazione del territorio, concentrandosi ad esempio sulle nuove candidature Unesco di Civita di Bagnoregio e di Arpino e Cerveteri a Capitale della Cultura 2021”.L’intervento Lorenzo Tagliavanti, Presidente di Unioncamere Lazio, evidenzia la necessità di passare da un turismo verticale, integralmente concentrato sulla città di Roma, ad un turismo orizzontale che riesca a creare veri e proprio “territori turistici” per garantire la fruibilità della regione.
Anche il Presidente Nicola Zingaretti sostiene che l’obiettivo sia quello di “uscire da Roma”, con una “promozione che sia policentrica”, che cerchi di valorizzare tutto il territorio laziale: “Vogliamo rilanciare un modello di turismo che punti non solo a valorizzare il passato, ma che pensi al futuro”.
E per tendere ad un territorio con più appeal, occorre – continua Zingaretti – “potenziare e migliorare la qualità dei servizi, dai treni ai pullman”. Poi aggiunge: "Il turista è un cittadino provvisorio che chiede al territorio ciò che chiede il cittadino, cioè treni puliti e pullman che non prendano fuoco e di ultima generazione. Quindi abbiamo lavorato per migliorare la qualità dei servizi". Sempre in tema di turismo, il presidente ha sottolineato che “la sua valorizzazione e quella del benessere sono i pilastri del modello di vita che noi dobbiamo rilanciare.
Per quanto riguarda il Lazio, non esiste nel pianeta terra un'area geografica che contiene nei suoi perimetri una quantità di beni archeologici, ambientali, monumentali, storici, come l'area perimetrata dalla Regione Lazio". E "noi non abbiamo merito per questo, li abbiamo ereditati, non abbiamo merito se non la colpa a volte di non valorizzare sino in fondo questa eredità”.
Parla poi di un argomento che gli sta molto a cuore: il cinema.
Secondo il presidente, uno degli obiettivi dovrebbe essere promuovere il territorio attraverso una forma d’arte molto apprezzata come è quella cinematografica.
Un altro progetto che sta prendendo piede è quello della “valorizzazione tecnologica del territorio”, con la creazione, anche grazie alla collaborazione con il ministro Dario Franceschini, e agli investimenti in tale direzione, di una vera e propria “promozione innovativa di beni culturali”.
Ricordandando che lo stand dove ci stiamo muovendo è total green ed anche molto delicato, sempre all'insegna del rispetto dell'ambiente, rammenta l'utilizzo delle borracce al posto delle bottiglie di plastica usa e getta e il progetto regionale di piantare un albero per ogni nuovo nato.
Sara Rossi
per ulteriori informazioni potete consultare il sito di Visit Lazio
Civita di Bagnoregio, candidata a sito Unesco
Cittadina davvero peculiare, situata al confine con l’Umbria, si adagia su un colle tufaceo cuneiforme a 443 metri sul livello del mare, stretto fra i due profondi burroni del Rio Chiaro e del Rio Torbido. Grazie all’integrità del suo centro storico e alla bellezza paesaggistica, con merito è stato inserito nel club dei Borghi più Belli d’Italia.
Alle spalle dell’abitato si estende la grande vallata incisa dai “calanchi”, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, come il solenne e dolomitico “Montione” e la cosiddetta “Cattedrale”, offrendo uno dei paesaggi più straordinari e unici d’Italia.
Patria del monaco-filosofo francescano San Bonaventura e del saggista-romanziere Bonaventura Tecchi, Civita di Bagnoregio ha infatti origini antichissime. La zona fu abitata sin dall’epoca villanoviana (IX-VIII secc. a. C.), come testimoniano vari ritrovamenti archeologici. In seguito vi si insediarono gli etruschi, che fecero di Civita (di cui non conosciamo l’antico nome) una fiorente città. L’affaccio dal Belvedere della Grotta di San Bonaventura è meraviglioso: il borgo rossiccio su cui spicca lo snello campanile romanico della chiesa, si erge come un’isoletta nella fragile immensità dei calanchi, “mare” increspato ma immobile che dona la surreale sensazione di assistere ad una “quieta tempesta”. L’incanto e il silenzio avvolgono così d’un tratto il visitatore sensibile, mentre l’animo suo si strugge al pensiero che queste rupi argillose e instabili, modellate dalle acque dei torrenti e delle piogge, pian piano trascineranno a valle il borgo superstite, già smembrato e dimezzato dagli innumerevoli terremoti e franamenti avvenuti nel corso dei secoli: per questo Civita di Bagnoregio è famosa come la “città che muore”.

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Non una, ma ben 2 presentazioni a Milano per Tipicità Festival 2020, la kermesse marchigiana quest’anno alla sua ventottesima edizione. L’11 febbraio allo stand della Regione Marche allestito per la Bit e poi la grande soirée nel palazzo dell’Anci Lombardia di via Rovello, contiguo al Piccolo Teatro dove, in una formula vincente cocktail-vernissage, tutti hanno conosciuto tutti, in una sorta di contenitore/brainstoarming marchigiano, denso di energia positiva.
A confrontarsi, amministratori, operatori e talenti che si sono incrociati per darsi appuntamento a Fermo, dove, dal 25 al 27 aprile, le eccellenze della regione Marche saranno nuovamente al centro della scena. La manifestazione è slittata ad aprile a causa delle recenti vicende sanitarie, legate alla diffusione del virus Covid-19, coronavirus, che stanno interessando la penisola, e non solo.
A dare voce ai protagonisti il vulcanico Marco Ardemagni di Caterpillar Radio 2 che ha intervistato random, dal grande chef della serata, Gianmarco Di Girolami, che ha allietato i palati con specialità finger food di terra, mare dalle materie prime tutte rigorosamente marchigiane, agli amministratori locali.
Il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro, si è detto orgoglioso di ospitare da ventotto anni il Festival che celebra il Marche Style e lo proietta nel mondo.
La vicepresidente della Regione, Anna Casini, ha esaltato il valore di Tipicità come imperdibile occasione per valorizzare il paesaggio rurale, le filiere di qualità, la biodiversità e il biologico.
Sono stati ricordati anche altri importanti appuntamenti di quest'anno, da Tipicità in Blu, dal 21 al 24 maggio, al Grand Tour delle Marche, la staffetta di eventi che occuperanno il periodo da maggio a novembre, con lo scopo di far conoscere le peculiarità regionali.
Il presidente di ANCI Marche e sindaco di Senigallia, Maurizio Mangialardi, ha sottolineato l’enorme crescita del Grand Tour, vero e proprio volano di sviluppo e visibilità anche per i centri meno noti della regione. Secondo Paolo Marasca, assessore alla cultura di Ancona, è un prezioso “movimento” quello scaturito da Tipicità, che nella città dorica strizza l’occhio a tutte le sfaccettature della blue economy.
I contributi delle comunità locali marchigiane
Maika Gabellieri, assessore al turismo di Civitanova, si appresta a varare la terza edizione di Gustaporto; il sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli, insieme a Barbara Pagnoncelli, assessore alle attività produttive della “città creativa dell’Unesco”, a Tipicità Festival presenteranno la prossima edizione di Remake Festival; Rita Soccio, assessore alle culture di Recanati, ha annunciato l’anno dedicato a Beniamino Gigli, mentre Ruben Cittadini, assessore alla cultura di Castelfidardo, ha esibito i maestri fisarmonicisti, vanto musicale per l’intera regione. E ancora: da Porto Recanati il vicesindaco Rosalba Ubaldi ha presentato l’appuntamento con il Brodetto show e l’assessore al turismo di Porto San Giorgio, Elisabetta Baldassari, ha illustrato tutte le iniziative legate alla vocazione marinara della città, mentre Alessio Terrenzi, sindaco di Sant’Elpidio a Mare, ha comunicato le manifestazioni che saranno dedicate ad Andrea Bacci ed Elena Amurri, assessore al turismo di Porto Sant’Elpidio, ha anticipato le proposte per la stagione in arrivo.
I partner pubblici, ma anche privati
Oltre 300 i partner pubblici e privati che alimentano il brand di Tipicità nelle iniziative marchigiane e nelle sempre più frequenti puntate sullo scenario internazionale con il format “Taste Marche Experience” che, dopo la recante uscita canadese, prevede ad aprile una tappa a Londra.
Presenti a Milano anche molti dei numerosissimi partner privati di Tipicità, i quali hanno contribuito alla presentazione capitanati da Marco Moreschi, direttore generale di Banco Marchigiano, project partner del Festival, che crede nel “contenitore” di Tipicità quale ottimale strumento per sviluppare sempre più relazioni virtuose tra l’istituto di credito radicato nella regione ed il tessuto socioeconomico marchigiano. Presenti anche i responsabili di Domina, Paolo Giacchetti e Giuseppe di Maio, Valeria Ortolani di Esseoquattro, Dunia Romoli per Fintel Energia. Notevole apprezzamento è stato espresso per le scenografie in ecodesign di Stefania di Battista e per il “mixology coktail” proposto da Luca Facchini e Gianmarco di Girolami, dell’Accademia di Tipicità, con il contributo dell’Istituto alberghiero Carlo Urbani di Porto Sant’Elpidio.
Tutti gli ospiti intervenuti hanno apprezzato le Bibite Paoletti, abbinate ai prodotti Gingarbì, presentate da Pierluigi Paoletti. Ardemagni ha rubato le impressioni entusiaste del direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, e del presidente di Eurotoques International, Enrico Derfilingher.
Ad arricchire la squadra dei partner, con il loro contributo di idee e spunti: Daniela Bernardi di OTS, Massimo di Giacomo ed Ilaria Volpini di Anek Lines Italia, Fausto Bottoni di Getby, Davide Scansani di Natur All ed Enrico Gismondi per Nero Servizi, Franco Iommi per Pasta Montemonaco, Roberto Agostini di Molino Agostini e Gianluca Sbrolla per Sbrolla Frutta.
Tra un'intervista e l'altra hanno trovato il loro meritato spazio il tenore Dario Ricchizzi accompagnato dal maestro fisarmonicista Riccardo Serenelli che hanno omaggiato Beniamino Gigli, distogliendo, ma solo per poco, i presenti dal buon cibo e dal buon bere made in Marche.
Sara Rossi
per ulteriori informazioni consultare il sito di Tipicità Festival 2020

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Presentata alla Bit di Milano una delle mete turistiche venete piu amate dalle famiglie,dagli sportivi e dai buongustai
Affascinante incontro di cultura, gusto e benessere. Caorle è una destinazione dalla forte identità marinara da vivere tutto l’anno; dal mare all’entroterra passando per il centro storico. Dalla cucina tradizionale alla natura incontaminata della sua laguna.
Caorle è una località annoverata tra i Borghi Storici Marinari - Gioielli d’Italia e dalla forte tradizione peschereccia con ben 18 km di spiagge Bandiera Blu e Bandiera Verde. Un piccolo gioiello dell’Alto Adriatico, custode di un fascino senza tempo e di una storia antica: le abitazioni dai colori vivaci, le piccole calli e i campielli ricordano una piccola Venezia e la sua architettura,mentre il porto e la laguna narrano di un antico villaggio di pescatori. Suggestive le aree naturalistiche oggi protette, infine l’arte e la scultura danno vita ad una delle più belle passeggiate del litorale.
Anche l’entroterra offre un ricco paniere di specialità come il Riso Superfino Carnaroli, il Miele di Barena, il formaggio Montasio DOP, la birra artigianale e i vini. Specialità tipiche ma non solo: questo borgo sul mare si fa custode di una storia antica e di un interessante lato culturale con l’attuale città archeologica di Concordia Sagittaria attiva già in epoca romana, come dimostra la colonia Iulia Concordia. Il Duomo di Santo Stefano, eretto nel 1038, è l’edificio più importante e antico della città, mentre il Santuario della Madonna dell’Angelo sorge proprio sul mare nel luogo in cui probabilmente venne costruitala prima chiesa di Caorle, dedicata inizialmente all’Arcangelo Michele e poi, dopo il ritrovamento miracoloso della statua lignea della Vergine galleggiante nonostante il trono di marmo, anche alla Madonna.
Ed è proprio qui, tra il borgo e il mare, che si estende anche una delle passeggiate più suggestive della litoranea: una scogliera in massi di trachite su cui ogni due anni dal 1993, in occasione del simposio ScoglieraViva, artisti nazionali e internazionali scolpiscono le proprie opere d’arte. Si tratta solo di uno dei tanti eventi che arricchiscono il calendario culturale del suggestivo borgo sul mare: da Caorle Oltremare, una serie di incontri con l’autore in programma da giugno a settembre e che ha visto negli anni la partecipazione di personaggi del calibro di Vittorio Sgarbi, Arrigo Cipriani o Mario Giordano, a Caorle Wonderland, il Mercatino di Natale a due passi dalla spiaggia.
Non solo apprezzata località balneare che offre ben 18 km di spiagge Bandiera Blu e Bandiera Verde, tra il capoluogo e le vicine località Duna Verde, Porto Santa Margherita, Altanea, Brussa e Vallevecchia, Caorle è anche sinonimo di benessere e sport per tutti i gusti e le età. Tante le attività da vivere anche in primavera o in autunno: dal percorso vita in spiaggia, alle offerte wellness degli hotel, senza dimenticare le piste ciclabili che percorrono il litorale, collegando l’entroterra lagunare al mare. Singolare il giro alla scoperta dei Casoni, le caratteristiche abitazioni dei pescatori in legno e canna palustresituate nella Laguna di Caorle, area naturalistica protetta e Sito di Interesse Comunitario,dove anche lo scrittore Hemingway trascorse il suo tempo, traendo ispirazione per alcune pagine del libro “Al di là del Fiume e tra gli alberi”.
Caorle e la tradizione della pesca:
da antico villaggio di pescatori a borgo marinaro senza tempo

In questo borgo storico dalla forte identità marinara, meta gourmet dell’Alto Adriatico, è proprio il pescato il fiore all’occhiello dell’offerta enogastronomica, tra storia, natura e folclore. Pescato

La storia di Caorle narra di un antico villaggio di pescatori: piccole isole unite fra loro da ponti e canali navigabili, oggi interrati, su cui si affacciano case dai colori vivaci, tipiche della tradizione veneziana. Un territorio lagunare storicamente vocato alla pesca che comprende anche l’isola dei Casoni, in cui sorgono le antiche abitazioni realizzate in legno e canna palustre dei pescatori e delle loro famiglie, visitabili ancora oggi con suggestive escursioni in barca, a piedi o sui pedali. Oggi località di mare senza tempo, annoverata tra i Borghi Storici Marinari e ancora abitata da pescatori, Caorle conserva orgogliosa l’affascinante tradizione della pesca. Un vero spettacolo che quotidianamente (ogni pomeriggio a partire dalle 15.30), in ogni stagione dell’anno, coinvolge il suo centro storico: dall’arrivo delle imbarcazioni cariche di pesce nel Rio Interno, dove si trova il Porto Peschereccio, alla vendita del pesce nell’adiacente Mercato Ittico Comunale. È qui che ha luogo la tipica “asta ad orecchio”, un procedimento che consiste nel sussurrare all’orecchio dell’astatore la propria proposta, in attesa che l’asta venga infine aggiudicata ad alta voce al miglior offerente. Mentre lungo il Rio Interno è curioso assistere al lavoro dei pescatori che fino al tramonto del sole preparano le reti da pesca e le barche per il giorno successivo.
Imperdibile per gli amanti del mare, e non solo è la Festa del Pesce che nel mese di settembre coinvolge la caratteristica spiaggia della Sacheta, proprio a ridosso del Santuario della Madonna dell’Angelo, per celebrare la più importante tradizione caorlotta e i prodotti del suo mare. La manifestazione, organizzata ogni anno al termine della stagione estiva, propone stand enogastronomici, chioschi bar e tavoli in riva al mare, offrendo un menu a base pesce fresco cucinato dagli stessi pescatori secondo le ricette locali, in un’atmosfera originale e ricca di fascino in cui vengono ricreati anche i caratteristici Casoni, simbolo tipico dell’antico villaggio di pescatori della laguna.

Gusta Caorle, un progetto che guida alla scoperta di ricette tipiche, itinerari gourmet, ristoranti ed eventi a tema dedicati ai sapori del litorale
Tra cucina e territorio esiste un legame indissolubile e l’esperienza enogastronomica è da sempre un’importante chiave di lettura per la scoperta di un luogo e della sua identità. Meta gourmet dell’Alto Adriatico Caorle fa proprio della cucina il suo miglior biglietto da visita, offrendo un’interessante motivazione di viaggio per i buongustai e non solo. Nasce da queste premesse il progetto Gusta Caorle, una guida che invita a conoscere i sapori e i saperi locali, presentando prodotti a km zero, specialità tipiche, ristoranti e appuntamenti culinari che si svolgono durante tutto l’anno. Come Gusta La Cinquecento (ultimo finesettimana di maggio), appuntamento organizzato in occasione della regata velica “La Cinquecento” che ospita anche Sardee in Grea, competizione gastronomica in cui pescatori, velisti e curiosi si sfidano nel cucinare la miglior sardina alla griglia.A fine estate, invece,la sopracitata Festa del Pesce . Da non perdere anche altri eventi come lo Street Wine, laChocofest, il Caorle Street Festival o gli appuntamenti che portano il gusto caorlotto anche oltre confine: a Kronplatz (BZ) dal 20 al 22 marzo, a Bovolone (VR) l’1 febbraio e a Verona con Hostaria Verona dal 9 all’11 ottobre.

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La ricetta per lo sviluppo, e scongiurare la crisi, è creare sinergie. Lo ha capito la Toscana che alla Bit ha iniziato la sua batteria di conferenze con una bella novità: la partnership tra due grandi destinazioni del vino e dell’enogastronomia, la Toscane e la regione piemontese delle Langhe Roero Monferrato. All’insegna di similitudini e differenze, il titolo dell’iniziativa è appunto: “Toscana e Langhe Roero Monferrato: Discover The Differences”. Progetti e proposte comuni per creare un’unica regione di grande appeal, che strizza l’occhio in particolare al turismo straniero.
La convenzione è stata siglata tra la Toscana Promozione Turistica e l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero. Paesaggi unici, patrimonio dell’Unesco, da cui nascono pregiatissimi vini rossi e quello che gli antichi greci e romani consideravano il cibo divino: il tartufo bianco.
L’accordo ha innescato un circolo virtuoso e una collaborazione tra la toscana Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco di San Giminiano e quella piemontese, ma Internazionale, del Tartufo Bianco di Alba.
Il progetto, presentato per la prima volta a ottobre 2019 a New York, come ricorda Marie Elena Rossi dell’Enit, dopo la Bit partirà alla volta dell’ITB di Berlino.
Con questa intesa si sono messi in rete 7 operatori toscani e 3 dell’area delle Langhe Monferrato Roero specializzati in tour di alto livello per abbinare enogastronomia, arte e momenti di svago all’aria aperta. Si tratta quindi di una sinergia non solo geografica ma anche tra operatori pubblici, quali sono le Atp, e privati.
I pacchetti vanno da un minimo di 5 giorni ad un massimo di due settimane e prevedono un’immersione territoriale a 360° dalla natura, all’arte per concentrarsi sull’enogastronomia.
Sono territori di grandi vini, al richiamo dei toscani Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, all’antico Moscadello, conosciuto sin dal Rinascimento, fanno da contraltare i piemontesi Barolo, Barbaresco, Barbera d’Asti, solo per citarne alcuni.
Per quanto attiene la cucina, siamo davanti a ricette saldamente radicate alla tradizione contadina, ma che danno vita a piatti immensi: dai pici, gli agnolotti al plin, il peposo, il brasato, e poi ancora i salumi della cinta senese Dop, la salsiccia di Bra, il cacio di Pienza, la Robiola di Roccaverano Dop. Non si possono poi non menzionare le carni pregiate, dalla chianina alla fassona.
E ora veniamo a lui, il re della tavola: il tartufo bianco. Questo gemellaggio permette di far dialogare due terre elettive del Tuber Magnatum e di approfondire la sua conoscenza all’insegna del gusto.
La presentazione di questo accordo tra Toscana e Piemonte è stato celebrato da Francesco Palumbo, direttore di Toscana Promozione Turistica: “L’obiettivo di questa sinergia è celebrare il patrimonio agroalimentare e paesaggistico italiano, aprendo prospettive ad un turismo di qualità che può trovare, in questo crocevia di eccellenze, una opportunità unica ed irripetibile come quella di scoprire due territori che per affinità enogastronomiche sono famosi in tutto il mondo”.
Luigi Barbero, presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero parla di “Un’esperienza di marketing innovativa e intelligente che, grazie al coinvolgimento degli operatori si concretizza in un’offerta di livello come quella del lusso. Uno degli obiettivi che ci preme raggiungere – continua Barbero - è la competitività di un prodotto integrato made in Italy caratterizzato da qualità ed esclusività”.
Nel suo intervento l’assessore regionale toscano Stefano Ciuoffo si dice molto ottimista sulla ricaduta proficua di iniziative come queste che a suo dire “Sono l’archetipo del buon vivere, fatto di tradizione enogastronomica e tutela e valorizzazione dell’ambiente”.
E’ intervenuta anche la sottosegretaria di Stato del Ministero per i beni e le attività culturali con delega al turismo Lorenza Bonaccorsi che ha dichiarato: “Questa occasione rappresenta benissimo la filosofia su cui pensiamo si debbano muovere le politiche del turismo del nostro Paese. Dobbiamo saper mettere a sistema tutte le bellezze e le eccellenze nel nostro territorio. E la partnership tra Langhe e Toscana rappresenta questo elemento. Un turismo esperienziale e sostenibile che crea ricchezza e la lascia nel territorio dove la crea. Il nostro è un turismo che deve puntare sulla qualità, sempre più su quello e dobbiamo avere la capacità di alzare il livello di tutta l’offerta. È lì la sfida dei prossimi anni”.
Ma le parole più appassionanti sono quelle di un operatore, che assurge quasi a figura mitologica: il tartufaro. Di generazione in generazione, spiega questo signore ultra sessantenne, in famiglia si tramandano la professione, dove chiave è la figura del cane da tartufo: “Noi tartufari non valiamo nulla senza i nostri aiutanti a quattro zampe, diciamo che loro sono i nostri supereroi”. E, mentre dietro di lui un video ritrae il padre con il suo cane durante il rinvenimento del prezioso tubero, il professionista spiega che è sempre emozionante portare, soprattutto i turisti stranieri specifica, alla ricerca del cibo degli dei: “Ho visto gente commuoversi, del resto noi trasmettiamo passione: il tartufaro è un sognatore che ogni mattina fantastica di trovare il tartufo più grande del mondo”.
Sara Rossi

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San Valentino, festa degli innamorati, ma se al posto di fiori e cioccolatini fosse una fuga romantica?
CON TE PARTIRÒ
In amore vince che fugge! Gli innamorati potranno decidere di partire insieme per il romantico viaggio a bordo del Trenino Rosso del Bernina. Non più ormai solo un collegamento tra Italia e Svizzera ma patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO, il "Trenino Rosso" o "Bernina Express" permette di vivere un’esperienza unica e affascinante attraverso le alte quote dell’Ospizio Bernina, l’alta Engadina, la blasonata St.Moritz e la vallata del fiume Inn percorrendo la tratta ferroviaria più alta delle Alpi.
E, udite udite, dal primo febbraio è possibile approfittare della speciale offerta: viaggio a/r Tirano - St. Mortiz, pranzo incluso, a soli € 99 per due persone.
UNA NOTTE DA SOGNO
Unica, romantica e glamour: sono questi i tre aggettivi che descrivono 2 Cuori in Pista, la prima suite costruita interamente su un gatto delle nevi che permette di vivere un’esperienza da mille e una notte, tra le montagne innevate dell’Alpe Palù a Chiesa Valmalenco. 2 Cuori in Pista non è solo un’esperienza, ma permette di regalare un soggiorno con tutti i comfort. Un layout semplice e confortevole, moderno e allo stesso tempo legato alla tradizione di montagna, un letto matrimoniale accogliente, un bagno privato, una vasca per momenti rilassanti e una vista panoramica che si affaccia su paesaggi unici.
Un servizio innovativo per vivere una splendida esperienza di glamping in alta quota immergendosi anche nei sapori della Valtellina, infatti la cena sarà in uno dei rifugi presenti lungo le piste raggiunto a bordo di una motoslitta.
UNA CENA A CINQUE SENSI
San Valentino è l’occasione perfetta per celebrare in modo speciale l’Amore, perché non prendere per la gola chi si ama? In Valtellina, numerosi sono i ristoranti che proporranno speciali menù dedicati agli innamorati. Tra questi uno davvero unico nel suo genere, lo Snow Cave di Livigno: un ristorante ghiacciato che saprà sicuramente stupire la vostra metà. La struttura è interamente di ghiaccio e scolpita da un’artista locale, tranne il tavolo e le sedie che sono ricoperte con una morbida pelliccia.
Il menù è a cura dello chef Luca Galli ed è un menù di piatti caldi studiato appositamente per rendere piacevole la cena. Lo chef propone una cucina alpina gourmet che non tradisce però la tradizione, rendendo omaggio ai sapori autentici della Valtellina.
TERME, CUORE E AMORE
Per esprimere un San Valentino all’insegna del relax c’è solo una parola: terme.
QC Terme Bagni di Bormio (Bagni Nuovi e Bagni Vecchi) invita gli innamorati a una fuga d’amore. Un pacchetto all’insegna delle coccole e del benessere che comprende l’ingresso giornaliero nel centro termale dell'hotel in cui si soggiorna; una cena romantica per due, bevande escluse, nel ristorante dell’hotel; un profumo Hortus for her QC Terme Cosmetics; colazione dolce e salata a buffet, con selezione di prodotti gluten free.
Bormio Terme, invece, propone il pacchetto Gocce d’amore, un puro momento di relax pensato per la coppia. Dopo ave fatto il pieno di benessere all’interno del percorso termale la magia prosegue nella cabina di coppia per per un piacevole massaggio in un'atmosfera illuminata dalla rilassante luce delle candele. 50 minuti di puro piacere.
ACTIVE LOVE
Per gli innamorati alla ricerca di esperienze al cardiopalma, imperdibile l’avventura del Flyemotion - Aerofune, in compagnia del proprio partner.
Il sogno di volare tradotto in un’esperienza sicura e accessibile a tutti grazie a un impianto, situato vicino a Morbegno, che congiunge -mediante possenti funi d’acciaio- Albaredo per San Marco e Bema dopo essere stati accuratamente imbragati e assicurati al carrello. Non è richiesta nessuna abilità particolare, basta solo avere la voglia di vivere un’esperienza emozionante, godendosi il panorama dall’alto.
In Val Tartano, invece, sarà possibile andare da un versante all’altro della valle percorrendo il Ponte nel Cielo: il ponte tibetano più alto d’Europa lungo 234 metri e sospeso a oltre 140 metri di altezza. Il ponte è percorribile da tutti (anche bambini) e offre una vista panoramica unica: dalle montagne alla vallata del Tartano, dalla diga di Colombera al maggengo Frasnino sino al fondovalle della Valtellina che culmina nel lago di Como.
La Redazione

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Anche quest'anno torna l'appuntamento solidale con Fa' la cosa giusta, la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, che arriva alla sua diciassettesima edizione.
Dal 6 all’8 marzo 2020, a fieramilanocity, la grande mostra-mercato, organizzata da Terre di mezzo Editore, con centinaia di espositori da tutta Italia e un ricco calendario di incontri, laboratori e presentazioni, a ingresso gratuito per tutti i visitatori.
Tema centrale di quest'anno sarà la vegetazione, linea con le Nazioni Unite che hanno proclamato il 2020 “Anno internazionale della salute delle Piante”, con l’intento di sensibilizzare i governi e la società civile a tutelare il mondo vegetale, anche allo scopo di contrastare il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici. Uno dei temi portanti della prossima edizione di Fa’ la cosa giusta! sarà proprio “ambiente, giustizia sociale e sostenibilità”, che mette al centro il prezioso, e spesso sottovalutato, rapporto tra vita vegetale, umana e animale, e la loro interdipendenza. La presenza delle piante, infatti, concorre a ridurre la povertà e a migliorare il nostro benessere psicofisico.
La vegetazione influenza in maniera importante le condizioni meteorologiche, garantendo precipitazioni piovose e mitigando il cambiamento climatico. Fenomeni come la deforestazione e la perdita di biodiversità hanno ripercussioni concrete sulla vita quotidiana degli esseri umani e sui processi migratori causati da desertificazione e carestie. Fa’ la cosa giusta! affronterà questi temi con incontri, approfondimenti e laboratori per adulti e ragazzi. “La Foresta di città” sarà uno spazio dedicato a grandi e bambini, caratterizzato da laboratori in cui sperimentare i molteplici usi delle piante: erboristici, farmaceutici, cosmetici e alimentari; conoscere la biodiversità presente nelle aree urbane e non del nostro territorio, imparando a tutelarla.
Una novità di questa edizione è la “Fiera delle idee dei Territori Resistenti”, uno spazio per la condivisione di progetti e pratiche dai “territori di frontiera”, aree interne e periferie urbane.
La Fiera delle idee è organizzata da Terre di mezzo in collaborazione con Cramars società cooperativa sociale & INNOVALP, e con la rete d’imprese “Saint Barthélemy Vivere Guardando Lontano”.
Cosa sarà la “Fiera delle idee dei Territori Resistenti”?
Un modo per conoscere, rendere visibili e condividere le esperienze di chi ritorna ad abitare paesaggi dimenticati; di chi lotta per non doversene andare e promuove il proprio territorio; di chi da solo o creando cooperative o consorzi, investe sulla terra, sulla qualità dei propri prodotti, sul rispetto dell’ambiente, sulla valorizzazione delle risorse locali, creando economia e promuovendo uno sviluppo economico e sociale del territorio. L'obiettivo è quello di promuovere la narrazione e condivisione delle esperienze in una logica di identificazione di “casi di successo trasferibili” che facciano riferimento, in generale, al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dentro i Territori Resistenti e che siano attivatori di reti e di socialità, oltre che di uno sviluppo economico ed imprenditoriale.
Queste esperienze saranno raccolte e poi presentate in uno spazio e con momenti dedicati durante i 3 giorni di Fa’ la cosa giusta! Parallelamente la volontà è quella di cogliere questa occasione di scambio per interrogarsi su che ruolo e che prospettive di facilitazione può avere la Fiera per accompagnare processi di scambio di esperienze di questo tipo.
Chi fosse interessato a portare in Fiera la propria esperienza può inviare l'apposito modulo, scaricabile sul sito www.falacosagiusta.org, entro il 15 febbraio.
L'inizitiva sarà presentata venerdì 6 marzo dalle 18.00 alle 20.00, durante il convegno di apertura ufficiale dei “Territori Resistenti”. Le esperienze saranno invece condivise con il pubblico nei giorni sabato 7 e domenica 8 marzo.
Per qualsiasi suggerimento o richieste di chiarimento, è possibile scrivere a:
Altre novità e conferme della diciassettesime edizione
A Fa' la cosa giusta! 2020 ci sarà anche spazio per il cibo biologico e a kmzero, il turismo consapevole e la cosmesi naturale, la moda etica e l'arredamento sostenibile, ma anche proposte vegan, cruelty free e per intolleranti. Il programma di incontri, laboratori e appuntamenti si affiancherà a 32mila m2 di spazio espositivo, suddiviso in sezioni tematiche che ospiteranno centinaia di realtà, aziende, associazioni e le loro proposte di servizi, prodotti e tecnologie per ridurre l’impatto della nostra vita quotidiana. Infine, Fa’ la cosa giusta! 2020 ospiterà la terza edizione del salone Sfide. La scuola di tutti, dedicato a insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie, con un fitto programma di incontri, laboratori e seminari che affronteranno, tra i molti temi: l’insegnamento e l’apprendimento “con gli altri”, il legame tra scuola, territorio e cittadinanza e lo stretto legame tra libri e libertà. Il convegno principale sarà dedicato alla valorizzazione degli elementi di eccellenza della scuola italiana, ad esempio nel campo dell’inclusione delle differenti abilità e culture. Il programma di Sfide offrirà anche 2 giorni di formazione specifica per i dirigenti scolastici. L'edizione 2019 di Fa’ la cosa giusta! si è chiusa con 65mila visitatori registrati, oltre 700 aziende e realtà presenti e 450 appuntamenti nel programma culturale.
Fa’ la cosa giusta! 2020
da venerdì 6 a domenica 8 marzo
Giorni e orari di apertura: Venerdì 6 marzo: 9 - 21 Sabato 7 marzo: 9 – 22 Domenica 8 marzo: 10 – 20
fieramilanocity, Padiglioni 3 e 4 viale Scarampo, angolo Via Colleoni, GATE 4, Milano (Metropolitana M5, fermata Portello)
INGRESSO GRATUITO
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Potrebbe sembrare, l’inverno, la stagione da dedicare in modo esclusivo alla montagna ma, con poco tempo a disposizione e la voglia impellente di nuovi orizzonti, ci sono piccoli capolavori spesso sconosciuti da visitare impegnando una sola giornata.
COSA VEDERE

COSA COMPRARE

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Se si desidera passare qualche giorno di inverno nella più assoluta ma strategica tranquillità, il mio consiglio è di soggiornare nell’Agriturismo la Tana del Gusto di Comacchio, in provincia di Ferrara. Difficilmente attacco subito con la “sponsorizzazione” un esercizio, e so già che Simone strabuzzerà gli occhi e finalmente comprenderà il perché delle tante domande. Curiosità, certo, ma anche per spendere qualche parola sull’agriturismo che lui con instancabile ardore gestisce.
Progetti iniziati, abbandonati, poi ripresi e tanti ancora nel cassetto, perchè Simone è un vulcano di idee e certamente non si fermerà a questo disegno. Al momento la fotografia che vediamo è quella di 12 ettari di campi nei quali è inserito un casolare ben ristrutturato dove si riposa divinamente, nel più totale silenzio, e dove si mangia ancora meglio. La produzione principale dell'azienda agricola è quella delle zucche difatti all'ingresso una mensola piena di zucche di ogni forma e dimensione accoglie gli ospiti. Animali allevati poco distante da cui nasce uno stufato strepitoso, cotto quasi un giorno intero.
Poche camere che vengono rifatte una volta ogni due giorni, neanche a casa cambiamo la biancheria ogni giorno, perchè pretenderlo quando non siamo tra le quattro mura domestiche? Pochi orpelli, nessuna tv, l'essenziale per rimanere in pace son se stessi. Ho amato questo luogo. Complice questo inverno che ci ha regalato tante belle giornate di sole, perchè nei mesi freddi la nebbia delle Valli di Comacchio avvolge questi luoghi come una bianca coperta, il soggiorno è stato perfetto.
Visitare Comacchio
A Comacchio non ci passi, è una meta che devi scegliere.Si trova all'interno del Parco del Delta del Po, anche se in realtà è collocata a sud dell'ampia foce del grande fiume. Una “piccola Venezia” così la appellano i locali per via dei canali che la attraversano. Io la definirei la città dei ponti poiché il centro abitato antico sorgeva su piccole isole collegate le une alle altre da questi elementi architettonici che ancora oggi lo denotano. Simbolo della città è infatti il complesso architettonico dei Trepponti, creato nel 1634 dall'architetto Luca Danesi, e costituito da cinque ampie scalinate - tre anteriori e due posteriori - culminanti in un piano in pietra d'Istria. Nel periodo natalizio sotto ad ogni ponte sono istallati i presepi che creano un'atmosfera davvero suggestiva, soprattutto verso sera quando la cittadina è avvolta da una sottile e onirica nebbia.
Nata come città lagunare, l'insularità di Comacchio ha avuto fine nel 1821, quando venne costruito il terrapieno stradale che la collega al vicino borgo di Ostellato.
Anche in inverno è possibile passeggiare lungo una delle spiagge dei suoi lidi, lentamente. Ascoltare il suono del mare. E chi lo ha detto che il mare di inverno è triste? Sarà che non lo amo molto d'estate, ma quando fa freddo il suo movimento riappacifica con il mondo.
Comacchio, inoltre, si trova a poco più di mezz'ora da Ravenna, dove si possono spendere tranquillamente un paio di giorni per ammirarne i mosaici, e a quaranta minuti da Ferrara, perla estense.
La storia di Comacchio
Comacchio, dal greco-latino “piccola onda”, o “raggruppamento di dossi” in etrusco, ha origine circa duemila anni fa proprio da una colonia etrusca stanziatasi nel Delta del Po. Comacchio, nata dall'unione di tredici piccole isole, fu assoggettata al potere dell'Esarcato di Ravenna prima, del Ducato di Ferrara poi, per tornare a far parte dei territori dello Stato Pontificio.
La vicinanza di Ravenna permise la diffusione del cristianesimo a Comacchio. Il primo vescovo della città di cui si ha memoria fu Pagaziano. A testimonianza del periodo tardo-romano restano i monasteri di Santa Maria in Padovetere e Santa Maria in Aula Regia.
Con l'invasione longobarda, tutti i territori del Delta del Po furono perduti dall'Impero romano e Comacchio rimase l'unico centro commerciale della regione, continuando a ricevere i rifornimenti di olio e spezie dalle navi bizantine. In epoca longobarda il territorio di Comacchio venne donato ai monaci di San Colombano, divenendo così un possedimento del grande Feudo monastico di Bobbio. I monaci vi allestirono il porto fluviale e svilupparono l'agricoltura e l'allevamento. Infine migliorarono lo sfruttamento delle saline, il cui sale era trasportato in tutto il nord d'Italia. In epoca carolingia le proprietà delle saline erano distribuite fra l'Abbazia di Bobbio ed i monasteri di S.Pietro in Ciel d'Oro di Pavia, della Novalesa, Leno, San Sisto di Piacenza e del vescovado di Reggio Emilia. Tra i secoli dal VI al IX Comacchio dispose di una delle più potenti flotte dell'Adriatico entrando direttamente in concorrenza con Venezia. Nell'810 Carlomanno prese in prestito le navi comacchiesi per portare il suo attacco a Venezia. Venezia non accettò la presenza di un'avversaria nella sua stessa area geografica e nel 866 i veneziani occuparono Comacchio e la saccheggiarono per la prima di cinque volte.
Nel 1299 Comacchio passerà sotto il dominio estense per poi tornare nel 1598 sotto quello della chiesa che la pose all'inteno della neonata Legazione di Ferrara. Comacchio fece parte dello Stato Pontificio fino al marzo 1860, quando i territori delle ex Legazioni furono annessi al Regno di Sardegna per effetto dei plebisciti.
Comacchio è nota per due eventi che si tengono ogni anno: la Sagra dell'Anguilla che dal 1999 richiama numerosi visitatori e appassionati e, dal 2006, la Fiera Internazionale del birdwatching.
Autunno a Comacchio: la Sagra dell'anguilla
Si tiene l'ultimo fine settimana di settembre e i primi due di ottobre, giorni durante i quali concerti, spettacoli, presentazioni letterarie, approfondimenti culturali, proiezioni, convegni, animazioni per bambini tutto legato alla storia, pesca, cottura e preparazione di ricette tradizionali a base di anguilla. Ma anche rappresentazioni in teatro dialettale lungo le vie del centro. Per ulteriori informazioni, consultare il sito della sagra.
Primavera a Comacchio: la fiera internazionale del birdwatching
La Fiera Internazionale del Birdwatching e del Turismo Naturalistico quest'anno si terrà dal 28 aprile al 3 maggio. Sarà la X Edizione dell’unico evento in Italia specializzato e professionale dedicato al birdwatching, alla fotografia naturalistica e al turismo ambientale, seconda solo alla British Birdwatching Fair. Un importante appuntamento che si svolge nel cuore del Parco Delta del Po e che unisce la professionalità degli addetti ai lavori, all’ambiente, alla biodiversità, al turismo di un territorio ricco di avifauna e di un patrimonio naturalistico, storico-culturale.La novità 2020 dello spazio espositivo che in ogni edizione si rinnova: allestitimenti tra Palazzo Bellini e Argine Fattibello, a ridosso del Centro storico, con “hotspot” dedicati alle nuove tecniche fotografiche, all’osservazione dell’avifauna allestiti direttamente nelle Valli di Comacchio, per poter testare direttamente sul campo le ultime novità dei prodotti e delle strumentazioni ottiche e fotografiche. Questo permette di avvicinare il pubblico e far conoscere nuove tecniche fotografiche, praticare l’osservazione dell’avifauna con le strumentazioni appropriate e vivere esperienze uniche di turismo ambientale, in costante crescita rispetto al turismo tradizionale.
E in estate... I lidi
Non dimentichiamo che siamo a un passo dal mare e Comacchio è nota anche per i suoi sette lidi, distribuiti in ampi arenili lungo la costa dalle foci del fiume Reno fino al Po di Volano, interessando il Parco regionale Delta del Po. Lido di Volano, delle Nazioni, di Pomposa, degli Scacchi, Porto Garibaldi, Lido degli Estensi, di Spina.
Sara Rossi

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11, 12 e 13 gennaio grande inaugurazione con mostre, concerti, teatro ed eventi di piazza
Tutte le informazioni su www.parma 2020.it

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Perchè non passare un pomeriggio domenicale passeggiando tra i vigneti romagnoli?
Questo 1 dicembre non potrete non cogliere al volo l'ultimo di tre appuntamenti con le “Le camminate del gusto”, in collaborazione con “Strada dei vini e sapori dei colli di Forlì e Cesena”.
Si tratta di trekking a bassa intensità con partenza e arrivo presso presso la cantina "Il Glicine", via Cesuola 701, Rio Eremo a Cesena.
L'itinerario escursionistico porterà, tramite uno storico sentiero, dalla valle del Cesuola, torrente fondamentale nella storia di Cesena, a quella del Rio Donegallia. Deliziosi gli scorci su gran parte della costa romagnola e passaggio nei pressi di una rocca malatestiana. Il tutto a pochi km dal centro di Cesena. L'arrivo in cantina sarà allietato da una degustazione vini e da una merenda in compagnia dei proprietari della cantina Il Glicine che con passione racconteranno la loro storia e quella del loro vini.
Questo il programma della giornata
Ore 14.00 Ritrovo presso cantina "Il Glicine"
Ore 14.15 Partenza escursione
Ore 17.00 Rientro e degustazione
Qualche dettaglio tecnico sull'escursione
Distanza 8.5 km.
Dislivello 400 mt
Durata 2.5 ore
Difficoltà E
Si consiglia un abbigliamento da escursione con particolare attenzione alle scarpe, da trekking visto anche la presenza di tratti fangosi. Consigliate ghette, bastoncini e una torcia o lampada frontale, visto l'ora di arrivo.
Iscrizioni
Prenotazioni per la degustazione entro venerdì sera via telefono o whatsapp al 3355352608 Grilli Andrea - Guida Ambientale Escursionistica assicurata.
La passeggiata è aperta a tutti, per i non soci è possibile iscriversi all'uscita direttamente in loco al costo di 5 euro.
Per altre info consultate il sito di Rubicone Gran Trail.
La degustazione avrà il costo di 10 euro.
L'Associazione "Strade dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e Cesena"
E ora qualche parola su questa prolifica associazione che è tra le protagoniste delle Strade del Vino e degli itinerari enogastronomici italiani, che, con all'attivo l'organizzazione di molti eventi in ogni stagione, ha contribuito, nel corso degli anni, alla creazione di una nuova immagine delle colline FC e della fascia pedemontana. Veri protagonisti sul territorio, gli imprenditori privati che hanno creduto nella “Nuova Ruralità”, assieme e grazie all’impegno degli amministratori comunali e provinciali che hanno permesso la rinascita delle frazioni e dei piccoli borghi rurali, promuovendo la conservazione del paesaggio collinare, valorizzando i grandi centri storici, e permettendo la crescita di strutture e servizi che aisupportassero le imprese e offrissero accoglienza e prodotti di qualità.
Nel corso del biennio 2013-14, la Strada dei Vini e dei Sapori di Forlì-Cesena ha contribuito all'ingresso di 11 nuovi Comuni: Dovadola-Portico di Romagna-Rocca S. Casciano-Tredozio-Premilcuore-Galeata-Santa Sofia-Sarsina-Bagno di Romagna-Verghereto-Borghi, all'interno dei circuito dei borghi delle colline di Forlì e Cesena, consentendo di raddoppiare l’itinerario da 285 a 534 Km. Tutto questo allo scopo di consolidare il ruolo del circuito enogastronomico della Strada dei Vini e dei Sapori riconosciuto dalla nostra Regione, anche grazie all'attività finanziata relativa ai progetti realizzati negli ambiti del Programma di Sviluppo Rurale negli anni dal 2009 al 2014.
Fondamentale è la creazione di sinergie con l'assessorato regionale all'agricoltura e, in particolare, con le altre strade dei vini romagnole, ma non solo, sviluppando pacchetti turistici e suggestioni di viaggio con al centro l'ospitalità rurale, l'offerta enogastronomica e l'ospitalità romagnola schietta e con un'attenzione conosciuta in tutto il mondo in particolare per quanto riguarda i luoghi di mare, ma che va valorizzata ed “esportata” anche nelle zone di campagna.
Non bisogna poi dimenticare l’esperienza di “Romagna Terra del Sangiovese” - le eccellenze selezionate delle Strade dei Vini e dei Sapori della Romagna, in cui la Strada e le aziende di Forlì e Cesena hanno dato un grande contributo - che ha fatto da effetto moltiplicatore delle potenzialità dell’insieme del territorio romagnolo, configurando un prezioso lavoro di concerto con la Regione Emilia Romagna, le Province, le Camere di Commercio, APT, Casa Artusi, GAL solo per indicarne alcuni.
La redazione
Per conoscere tutte le attività organizzate della Strade dei Vini FC visitate il loro sito.

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- Scritto da La Redazione
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Nessuna nazione europea può considerarsi scevra da colpe per quanto riguarda la “soluzione finale”, quel folle disegno criminale che ha portato il regime nazista all’eliminazione sistematica di sei milioni di ebrei, nonché di oppositori politici, partigiani, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, zingari.
Anche l’Italia ha le sue atroci responsabilità e la Risiera di San Sabba, nell'omonimo quartiere triestino, è uno di quei luoghi che continuano a ricordarcelo, tanto che, ormai nel lontano aprile del 1965, il presidente della repubblica Giuseppe Saragat dichiarò l'ex pileria monumento nazionale, quale “unico esempio di lager nazista in Italia”.
Le origini della Risiera e l'evoluzione
Costruita nel 1898 alla periferia sud di Trieste, come stabilimento per la pilatura del riso, la Risiera fu trasformata inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’armistizio dell’8 settembre, e denominata Stalag 339.
Al termine dell'ottobre 1943, la costruzione dai mattoni rossi diviene Polizeihaflager, campo di detenzione politica, utilizzato come centro di raccolta dei detenuti in attesa di essere deportati nei più “efficienti” campi di Germania e Polonia e come deposito dei beni sequestrati a deportati e condannati a morte.
Il progetto del Museo Civico di Romano Boico
L'ingresso alla Risiera è stretto e in cemento armato, frutto di un progetto del 1975, firmato dall'architetto Romano Boico che ha messo mano a tutti gli edifici nell'intento, da un lato di restituirne l'atmosfera originaria, dall'altro di inchiodarci al nostro senso di responsabilità.Queste le sue parole: “La Risiera semidistrutta dai nazisti in fuga era squallida come l’intorno periferico, pensai allora che questo squallore totale potesse assurgere a simbolo e monumentalizzarsi. Mi sono proposto di togliere e restituire, più che di aggiungere. Eliminati gli edifici in rovina ho perimetrato il contesto con mura cementizie alte undici metri, articolate in modo da configurare un ingresso inquietante nello stesso luogo dell’ingresso esistente. Il cortile cintato si identifica, nell’intenzione, quale una basilica laica a cielo libero. L’edificio dei prigionieri è completamente svuotato e le strutture lignee portanti scarnite di quel tanto che è parso necessario”.
La struttura della Risiera di San Sabba
Al pianterreno dell'edificio a tre piani, in cui erano sistemati i laboratori di sartoria e calzoleria, dove venivano impiegati i prigionieri, nonché le camerate per gli ufficiali e i militari delle SS, vi erano 17 micro-celle in ciascuna delle quali venivano ristretti fino a sei prigionieri. Questi spazi angusti erano riservati in particolare a partigiani, oppositori politici ed ebrei, la cui eliminazione era prevista a distanza di giorni, e talora di settimane.
Le prime due celle venivano usate a fini di tortura o di raccolta di materiale prelevato ai prigionieri, qui sono stati rinvenuti migliaia di documenti d'identità sequestrati a detenuti e deportati.
Il fabbricato centrale, di sei piani, aveva la funzione di caserma per le SS tedesche e per gli italiani impiegati in Risiera con funzioni di sorveglianza. Le cucine e la mensa si trovavano al piano inferiore, ora adattato a Museo. L’edificio, oggi adibito al culto, senza differenziazione di credo religioso, al tempo dell’occupazione serviva da autorimessa per i mezzi delle SS. Qui stazionavano anche i furgoni, con lo scarico collegato all’interno dell'edificio, usati, secondo le testimonianze dei sopravvissuti, per la gassazione delle vittime.
Nell'adiacente edificio a quattro piani venivano rinchiusi, in ampie camerate, i detenuti destinati alla deportazione nei campi del nord Europa, si trattava di uomini e donne di tutte le età ma anche di bambini di pochi mesi. Da qui finivano a Dachau, Auschwitz, Mauthausen, verso un tragico destino che solo in pochi hanno evitato.
Nel cortile interno, di fronte alle celle, sull'area oggi contrassegnata da una piastra metallica, c'era l'edificio destinato alle eliminazioni - la cui sagoma è ancora visibile sul fabbricato centrale - con il forno crematorio. L’impianto, al quale si accedeva scendendo una scala, era interrato. Un canale sotterraneo univa il forno alla ciminiera. Qui oggi sorge una simbolica e moderna Pietà, segno della spirale di fumo che usciva dal camino.
Dopo essersi serviti, nel periodo gennaio - marzo 1944, del preesistente essicatoio, i nazisti, reputandolo insufficiente, lo trasformarono in forno crematorio secondo il progetto di Erwin Lambert, ingegnere che si era occupato di costruzioni simili in alcuni campi di sterminio nazisti polacchi. Questa nuova struttura venne collaudata il 4 aprile 1944 con la cremazione di settanta corpi di ostaggi fucilati il giorno prima nel poligono di Opicina.
La notte tra il 29 e 30 aprile del 1945, l’edificio del forno crematorio e la ciminiera vennero distrutti con la dinamite dai nazisti in fuga per eliminare le prove dei loro crimini.
Le esecuzioni nella Risiera
Sul tipo di uccisioni in uso nelle Risiera, le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate: gassazione con automezzi, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre le esecuzioni riuscivano alla perfezione, così il forno finì con l'ingoiare persone ancora vive. Fragore di motori, latrati di cani appositamente aizzati, musica a tutto volume, coprivano le grida delle esecuzioni.
Quante sono state le vittime?
Si pensa che abbiano trovato la morte qui tra le tremila e cinquemila persone, ma un numero ben maggiore sono stati i prigionieri da qui transitati e smistati nei lager europei. Triestini, friulani, istriani, sloveni e croati, militari, ebrei, bruciarono nella Risiera alcuni tra i migliori uomini della Resistenza e dell’Antifascismo.
Noi e la storia
Quando si visitano questa tipologia di luoghi ci si interroga sulla motivazione e sulla consapevolezza delle città silenti. Probabilmente tutti sapevano quello che succedeva a San Sabba, anche il vescovo di Trieste, il monsignor Santin, si spese per salvare alcune famiglie rinchiuse in risiera, con alterne fortune. Ma se questi edifici parlano del nostro atroce passato, non è vero che la storia poi dà sempre ragione.
Il breve processo del 1976, dove ben 60 tra associazioni, enti e singoli si sono costituiti parte civile, ha visto un solo colpevole, il comandante della Risiera, Joseph Oberhauser, condannato in contumacia per omicidio plurimo aggravato, ma che tuttavia non scontò mai la pena e rimase libero lavorando in una birreria di Monaco di Baviera fino alla morte, sopravvenuta solo 3 anni dopo. L'Italia non poté chiederne l’estradizione a causa degli accordi italo-tedeschi che la permettono solamente per i crimini commessi dopo il 1948.
La giustizia non ha trionfato dunque, e ancora una volta ha perso l'uomo, e abbiamo perso tutti noi.
Non ci resta che visitare questi luoghi e tenere viva la nostra memoria, quella di chi incontreremo e che, come in questo caso, forse ci leggeranno.
di Sara Rossi
www.risierasansabba.it