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La ricetta per lo sviluppo, e scongiurare la crisi, è creare sinergie. Lo ha capito la Toscana che alla Bit ha iniziato la sua batteria di conferenze con una bella novità: la partnership tra due grandi destinazioni del vino e dell’enogastronomia, la Toscane e la regione piemontese delle Langhe Roero Monferrato. All’insegna di similitudini e differenze, il titolo dell’iniziativa è appunto: “Toscana e Langhe Roero Monferrato: Discover The Differences”. Progetti e proposte comuni per creare un’unica regione di grande appeal, che strizza l’occhio in particolare al turismo straniero.
La convenzione è stata siglata tra la Toscana Promozione Turistica e l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero. Paesaggi unici, patrimonio dell’Unesco, da cui nascono pregiatissimi vini rossi e quello che gli antichi greci e romani consideravano il cibo divino: il tartufo bianco.
L’accordo ha innescato un circolo virtuoso e una collaborazione tra la toscana Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco di San Giminiano e quella piemontese, ma Internazionale, del Tartufo Bianco di Alba.
Il progetto, presentato per la prima volta a ottobre 2019 a New York, come ricorda Marie Elena Rossi dell’Enit, dopo la Bit partirà alla volta dell’ITB di Berlino.
Con questa intesa si sono messi in rete 7 operatori toscani e 3 dell’area delle Langhe Monferrato Roero specializzati in tour di alto livello per abbinare enogastronomia, arte e momenti di svago all’aria aperta. Si tratta quindi di una sinergia non solo geografica ma anche tra operatori pubblici, quali sono le Atp, e privati.
I pacchetti vanno da un minimo di 5 giorni ad un massimo di due settimane e prevedono un’immersione territoriale a 360° dalla natura, all’arte per concentrarsi sull’enogastronomia.
Sono territori di grandi vini, al richiamo dei toscani Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, all’antico Moscadello, conosciuto sin dal Rinascimento, fanno da contraltare i piemontesi Barolo, Barbaresco, Barbera d’Asti, solo per citarne alcuni.
Per quanto attiene la cucina, siamo davanti a ricette saldamente radicate alla tradizione contadina, ma che danno vita a piatti immensi: dai pici, gli agnolotti al plin, il peposo, il brasato, e poi ancora i salumi della cinta senese Dop, la salsiccia di Bra, il cacio di Pienza, la Robiola di Roccaverano Dop. Non si possono poi non menzionare le carni pregiate, dalla chianina alla fassona.
E ora veniamo a lui, il re della tavola: il tartufo bianco. Questo gemellaggio permette di far dialogare due terre elettive del Tuber Magnatum e di approfondire la sua conoscenza all’insegna del gusto.
La presentazione di questo accordo tra Toscana e Piemonte è stato celebrato da Francesco Palumbo, direttore di Toscana Promozione Turistica: “L’obiettivo di questa sinergia è celebrare il patrimonio agroalimentare e paesaggistico italiano, aprendo prospettive ad un turismo di qualità che può trovare, in questo crocevia di eccellenze, una opportunità unica ed irripetibile come quella di scoprire due territori che per affinità enogastronomiche sono famosi in tutto il mondo”.
Luigi Barbero, presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero parla di “Un’esperienza di marketing innovativa e intelligente che, grazie al coinvolgimento degli operatori si concretizza in un’offerta di livello come quella del lusso. Uno degli obiettivi che ci preme raggiungere – continua Barbero - è la competitività di un prodotto integrato made in Italy caratterizzato da qualità ed esclusività”.
Nel suo intervento l’assessore regionale toscano Stefano Ciuoffo si dice molto ottimista sulla ricaduta proficua di iniziative come queste che a suo dire “Sono l’archetipo del buon vivere, fatto di tradizione enogastronomica e tutela e valorizzazione dell’ambiente”.
E’ intervenuta anche la sottosegretaria di Stato del Ministero per i beni e le attività culturali con delega al turismo Lorenza Bonaccorsi che ha dichiarato: “Questa occasione rappresenta benissimo la filosofia su cui pensiamo si debbano muovere le politiche del turismo del nostro Paese. Dobbiamo saper mettere a sistema tutte le bellezze e le eccellenze nel nostro territorio. E la partnership tra Langhe e Toscana rappresenta questo elemento. Un turismo esperienziale e sostenibile che crea ricchezza e la lascia nel territorio dove la crea. Il nostro è un turismo che deve puntare sulla qualità, sempre più su quello e dobbiamo avere la capacità di alzare il livello di tutta l’offerta. È lì la sfida dei prossimi anni”.
Ma le parole più appassionanti sono quelle di un operatore, che assurge quasi a figura mitologica: il tartufaro. Di generazione in generazione, spiega questo signore ultra sessantenne, in famiglia si tramandano la professione, dove chiave è la figura del cane da tartufo: “Noi tartufari non valiamo nulla senza i nostri aiutanti a quattro zampe, diciamo che loro sono i nostri supereroi”. E, mentre dietro di lui un video ritrae il padre con il suo cane durante il rinvenimento del prezioso tubero, il professionista spiega che è sempre emozionante portare, soprattutto i turisti stranieri specifica, alla ricerca del cibo degli dei: “Ho visto gente commuoversi, del resto noi trasmettiamo passione: il tartufaro è un sognatore che ogni mattina fantastica di trovare il tartufo più grande del mondo”.
Sara Rossi

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San Valentino, festa degli innamorati, ma se al posto di fiori e cioccolatini fosse una fuga romantica?
CON TE PARTIRÒ
In amore vince che fugge! Gli innamorati potranno decidere di partire insieme per il romantico viaggio a bordo del Trenino Rosso del Bernina. Non più ormai solo un collegamento tra Italia e Svizzera ma patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO, il "Trenino Rosso" o "Bernina Express" permette di vivere un’esperienza unica e affascinante attraverso le alte quote dell’Ospizio Bernina, l’alta Engadina, la blasonata St.Moritz e la vallata del fiume Inn percorrendo la tratta ferroviaria più alta delle Alpi.
E, udite udite, dal primo febbraio è possibile approfittare della speciale offerta: viaggio a/r Tirano - St. Mortiz, pranzo incluso, a soli € 99 per due persone.
UNA NOTTE DA SOGNO
Unica, romantica e glamour: sono questi i tre aggettivi che descrivono 2 Cuori in Pista, la prima suite costruita interamente su un gatto delle nevi che permette di vivere un’esperienza da mille e una notte, tra le montagne innevate dell’Alpe Palù a Chiesa Valmalenco. 2 Cuori in Pista non è solo un’esperienza, ma permette di regalare un soggiorno con tutti i comfort. Un layout semplice e confortevole, moderno e allo stesso tempo legato alla tradizione di montagna, un letto matrimoniale accogliente, un bagno privato, una vasca per momenti rilassanti e una vista panoramica che si affaccia su paesaggi unici.
Un servizio innovativo per vivere una splendida esperienza di glamping in alta quota immergendosi anche nei sapori della Valtellina, infatti la cena sarà in uno dei rifugi presenti lungo le piste raggiunto a bordo di una motoslitta.
UNA CENA A CINQUE SENSI
San Valentino è l’occasione perfetta per celebrare in modo speciale l’Amore, perché non prendere per la gola chi si ama? In Valtellina, numerosi sono i ristoranti che proporranno speciali menù dedicati agli innamorati. Tra questi uno davvero unico nel suo genere, lo Snow Cave di Livigno: un ristorante ghiacciato che saprà sicuramente stupire la vostra metà. La struttura è interamente di ghiaccio e scolpita da un’artista locale, tranne il tavolo e le sedie che sono ricoperte con una morbida pelliccia.
Il menù è a cura dello chef Luca Galli ed è un menù di piatti caldi studiato appositamente per rendere piacevole la cena. Lo chef propone una cucina alpina gourmet che non tradisce però la tradizione, rendendo omaggio ai sapori autentici della Valtellina.
TERME, CUORE E AMORE
Per esprimere un San Valentino all’insegna del relax c’è solo una parola: terme.
QC Terme Bagni di Bormio (Bagni Nuovi e Bagni Vecchi) invita gli innamorati a una fuga d’amore. Un pacchetto all’insegna delle coccole e del benessere che comprende l’ingresso giornaliero nel centro termale dell'hotel in cui si soggiorna; una cena romantica per due, bevande escluse, nel ristorante dell’hotel; un profumo Hortus for her QC Terme Cosmetics; colazione dolce e salata a buffet, con selezione di prodotti gluten free.
Bormio Terme, invece, propone il pacchetto Gocce d’amore, un puro momento di relax pensato per la coppia. Dopo ave fatto il pieno di benessere all’interno del percorso termale la magia prosegue nella cabina di coppia per per un piacevole massaggio in un'atmosfera illuminata dalla rilassante luce delle candele. 50 minuti di puro piacere.
ACTIVE LOVE
Per gli innamorati alla ricerca di esperienze al cardiopalma, imperdibile l’avventura del Flyemotion - Aerofune, in compagnia del proprio partner.
Il sogno di volare tradotto in un’esperienza sicura e accessibile a tutti grazie a un impianto, situato vicino a Morbegno, che congiunge -mediante possenti funi d’acciaio- Albaredo per San Marco e Bema dopo essere stati accuratamente imbragati e assicurati al carrello. Non è richiesta nessuna abilità particolare, basta solo avere la voglia di vivere un’esperienza emozionante, godendosi il panorama dall’alto.
In Val Tartano, invece, sarà possibile andare da un versante all’altro della valle percorrendo il Ponte nel Cielo: il ponte tibetano più alto d’Europa lungo 234 metri e sospeso a oltre 140 metri di altezza. Il ponte è percorribile da tutti (anche bambini) e offre una vista panoramica unica: dalle montagne alla vallata del Tartano, dalla diga di Colombera al maggengo Frasnino sino al fondovalle della Valtellina che culmina nel lago di Como.
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Anche quest'anno torna l'appuntamento solidale con Fa' la cosa giusta, la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, che arriva alla sua diciassettesima edizione.
Dal 6 all’8 marzo 2020, a fieramilanocity, la grande mostra-mercato, organizzata da Terre di mezzo Editore, con centinaia di espositori da tutta Italia e un ricco calendario di incontri, laboratori e presentazioni, a ingresso gratuito per tutti i visitatori.
Tema centrale di quest'anno sarà la vegetazione, linea con le Nazioni Unite che hanno proclamato il 2020 “Anno internazionale della salute delle Piante”, con l’intento di sensibilizzare i governi e la società civile a tutelare il mondo vegetale, anche allo scopo di contrastare il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici. Uno dei temi portanti della prossima edizione di Fa’ la cosa giusta! sarà proprio “ambiente, giustizia sociale e sostenibilità”, che mette al centro il prezioso, e spesso sottovalutato, rapporto tra vita vegetale, umana e animale, e la loro interdipendenza. La presenza delle piante, infatti, concorre a ridurre la povertà e a migliorare il nostro benessere psicofisico.
La vegetazione influenza in maniera importante le condizioni meteorologiche, garantendo precipitazioni piovose e mitigando il cambiamento climatico. Fenomeni come la deforestazione e la perdita di biodiversità hanno ripercussioni concrete sulla vita quotidiana degli esseri umani e sui processi migratori causati da desertificazione e carestie. Fa’ la cosa giusta! affronterà questi temi con incontri, approfondimenti e laboratori per adulti e ragazzi. “La Foresta di città” sarà uno spazio dedicato a grandi e bambini, caratterizzato da laboratori in cui sperimentare i molteplici usi delle piante: erboristici, farmaceutici, cosmetici e alimentari; conoscere la biodiversità presente nelle aree urbane e non del nostro territorio, imparando a tutelarla.
Una novità di questa edizione è la “Fiera delle idee dei Territori Resistenti”, uno spazio per la condivisione di progetti e pratiche dai “territori di frontiera”, aree interne e periferie urbane.
La Fiera delle idee è organizzata da Terre di mezzo in collaborazione con Cramars società cooperativa sociale & INNOVALP, e con la rete d’imprese “Saint Barthélemy Vivere Guardando Lontano”.
Cosa sarà la “Fiera delle idee dei Territori Resistenti”?
Un modo per conoscere, rendere visibili e condividere le esperienze di chi ritorna ad abitare paesaggi dimenticati; di chi lotta per non doversene andare e promuove il proprio territorio; di chi da solo o creando cooperative o consorzi, investe sulla terra, sulla qualità dei propri prodotti, sul rispetto dell’ambiente, sulla valorizzazione delle risorse locali, creando economia e promuovendo uno sviluppo economico e sociale del territorio. L'obiettivo è quello di promuovere la narrazione e condivisione delle esperienze in una logica di identificazione di “casi di successo trasferibili” che facciano riferimento, in generale, al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dentro i Territori Resistenti e che siano attivatori di reti e di socialità, oltre che di uno sviluppo economico ed imprenditoriale.
Queste esperienze saranno raccolte e poi presentate in uno spazio e con momenti dedicati durante i 3 giorni di Fa’ la cosa giusta! Parallelamente la volontà è quella di cogliere questa occasione di scambio per interrogarsi su che ruolo e che prospettive di facilitazione può avere la Fiera per accompagnare processi di scambio di esperienze di questo tipo.
Chi fosse interessato a portare in Fiera la propria esperienza può inviare l'apposito modulo, scaricabile sul sito www.falacosagiusta.org, entro il 15 febbraio.
L'inizitiva sarà presentata venerdì 6 marzo dalle 18.00 alle 20.00, durante il convegno di apertura ufficiale dei “Territori Resistenti”. Le esperienze saranno invece condivise con il pubblico nei giorni sabato 7 e domenica 8 marzo.
Per qualsiasi suggerimento o richieste di chiarimento, è possibile scrivere a:
Altre novità e conferme della diciassettesime edizione
A Fa' la cosa giusta! 2020 ci sarà anche spazio per il cibo biologico e a kmzero, il turismo consapevole e la cosmesi naturale, la moda etica e l'arredamento sostenibile, ma anche proposte vegan, cruelty free e per intolleranti. Il programma di incontri, laboratori e appuntamenti si affiancherà a 32mila m2 di spazio espositivo, suddiviso in sezioni tematiche che ospiteranno centinaia di realtà, aziende, associazioni e le loro proposte di servizi, prodotti e tecnologie per ridurre l’impatto della nostra vita quotidiana. Infine, Fa’ la cosa giusta! 2020 ospiterà la terza edizione del salone Sfide. La scuola di tutti, dedicato a insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie, con un fitto programma di incontri, laboratori e seminari che affronteranno, tra i molti temi: l’insegnamento e l’apprendimento “con gli altri”, il legame tra scuola, territorio e cittadinanza e lo stretto legame tra libri e libertà. Il convegno principale sarà dedicato alla valorizzazione degli elementi di eccellenza della scuola italiana, ad esempio nel campo dell’inclusione delle differenti abilità e culture. Il programma di Sfide offrirà anche 2 giorni di formazione specifica per i dirigenti scolastici. L'edizione 2019 di Fa’ la cosa giusta! si è chiusa con 65mila visitatori registrati, oltre 700 aziende e realtà presenti e 450 appuntamenti nel programma culturale.
Fa’ la cosa giusta! 2020
da venerdì 6 a domenica 8 marzo
Giorni e orari di apertura: Venerdì 6 marzo: 9 - 21 Sabato 7 marzo: 9 – 22 Domenica 8 marzo: 10 – 20
fieramilanocity, Padiglioni 3 e 4 viale Scarampo, angolo Via Colleoni, GATE 4, Milano (Metropolitana M5, fermata Portello)
INGRESSO GRATUITO
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Potrebbe sembrare, l’inverno, la stagione da dedicare in modo esclusivo alla montagna ma, con poco tempo a disposizione e la voglia impellente di nuovi orizzonti, ci sono piccoli capolavori spesso sconosciuti da visitare impegnando una sola giornata.
COSA VEDERE

COSA COMPRARE

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Se si desidera passare qualche giorno di inverno nella più assoluta ma strategica tranquillità, il mio consiglio è di soggiornare nell’Agriturismo la Tana del Gusto di Comacchio, in provincia di Ferrara. Difficilmente attacco subito con la “sponsorizzazione” un esercizio, e so già che Simone strabuzzerà gli occhi e finalmente comprenderà il perché delle tante domande. Curiosità, certo, ma anche per spendere qualche parola sull’agriturismo che lui con instancabile ardore gestisce.
Progetti iniziati, abbandonati, poi ripresi e tanti ancora nel cassetto, perchè Simone è un vulcano di idee e certamente non si fermerà a questo disegno. Al momento la fotografia che vediamo è quella di 12 ettari di campi nei quali è inserito un casolare ben ristrutturato dove si riposa divinamente, nel più totale silenzio, e dove si mangia ancora meglio. La produzione principale dell'azienda agricola è quella delle zucche difatti all'ingresso una mensola piena di zucche di ogni forma e dimensione accoglie gli ospiti. Animali allevati poco distante da cui nasce uno stufato strepitoso, cotto quasi un giorno intero.
Poche camere che vengono rifatte una volta ogni due giorni, neanche a casa cambiamo la biancheria ogni giorno, perchè pretenderlo quando non siamo tra le quattro mura domestiche? Pochi orpelli, nessuna tv, l'essenziale per rimanere in pace son se stessi. Ho amato questo luogo. Complice questo inverno che ci ha regalato tante belle giornate di sole, perchè nei mesi freddi la nebbia delle Valli di Comacchio avvolge questi luoghi come una bianca coperta, il soggiorno è stato perfetto.
Visitare Comacchio
A Comacchio non ci passi, è una meta che devi scegliere.Si trova all'interno del Parco del Delta del Po, anche se in realtà è collocata a sud dell'ampia foce del grande fiume. Una “piccola Venezia” così la appellano i locali per via dei canali che la attraversano. Io la definirei la città dei ponti poiché il centro abitato antico sorgeva su piccole isole collegate le une alle altre da questi elementi architettonici che ancora oggi lo denotano. Simbolo della città è infatti il complesso architettonico dei Trepponti, creato nel 1634 dall'architetto Luca Danesi, e costituito da cinque ampie scalinate - tre anteriori e due posteriori - culminanti in un piano in pietra d'Istria. Nel periodo natalizio sotto ad ogni ponte sono istallati i presepi che creano un'atmosfera davvero suggestiva, soprattutto verso sera quando la cittadina è avvolta da una sottile e onirica nebbia.
Nata come città lagunare, l'insularità di Comacchio ha avuto fine nel 1821, quando venne costruito il terrapieno stradale che la collega al vicino borgo di Ostellato.
Anche in inverno è possibile passeggiare lungo una delle spiagge dei suoi lidi, lentamente. Ascoltare il suono del mare. E chi lo ha detto che il mare di inverno è triste? Sarà che non lo amo molto d'estate, ma quando fa freddo il suo movimento riappacifica con il mondo.
Comacchio, inoltre, si trova a poco più di mezz'ora da Ravenna, dove si possono spendere tranquillamente un paio di giorni per ammirarne i mosaici, e a quaranta minuti da Ferrara, perla estense.
La storia di Comacchio
Comacchio, dal greco-latino “piccola onda”, o “raggruppamento di dossi” in etrusco, ha origine circa duemila anni fa proprio da una colonia etrusca stanziatasi nel Delta del Po. Comacchio, nata dall'unione di tredici piccole isole, fu assoggettata al potere dell'Esarcato di Ravenna prima, del Ducato di Ferrara poi, per tornare a far parte dei territori dello Stato Pontificio.
La vicinanza di Ravenna permise la diffusione del cristianesimo a Comacchio. Il primo vescovo della città di cui si ha memoria fu Pagaziano. A testimonianza del periodo tardo-romano restano i monasteri di Santa Maria in Padovetere e Santa Maria in Aula Regia.
Con l'invasione longobarda, tutti i territori del Delta del Po furono perduti dall'Impero romano e Comacchio rimase l'unico centro commerciale della regione, continuando a ricevere i rifornimenti di olio e spezie dalle navi bizantine. In epoca longobarda il territorio di Comacchio venne donato ai monaci di San Colombano, divenendo così un possedimento del grande Feudo monastico di Bobbio. I monaci vi allestirono il porto fluviale e svilupparono l'agricoltura e l'allevamento. Infine migliorarono lo sfruttamento delle saline, il cui sale era trasportato in tutto il nord d'Italia. In epoca carolingia le proprietà delle saline erano distribuite fra l'Abbazia di Bobbio ed i monasteri di S.Pietro in Ciel d'Oro di Pavia, della Novalesa, Leno, San Sisto di Piacenza e del vescovado di Reggio Emilia. Tra i secoli dal VI al IX Comacchio dispose di una delle più potenti flotte dell'Adriatico entrando direttamente in concorrenza con Venezia. Nell'810 Carlomanno prese in prestito le navi comacchiesi per portare il suo attacco a Venezia. Venezia non accettò la presenza di un'avversaria nella sua stessa area geografica e nel 866 i veneziani occuparono Comacchio e la saccheggiarono per la prima di cinque volte.
Nel 1299 Comacchio passerà sotto il dominio estense per poi tornare nel 1598 sotto quello della chiesa che la pose all'inteno della neonata Legazione di Ferrara. Comacchio fece parte dello Stato Pontificio fino al marzo 1860, quando i territori delle ex Legazioni furono annessi al Regno di Sardegna per effetto dei plebisciti.
Comacchio è nota per due eventi che si tengono ogni anno: la Sagra dell'Anguilla che dal 1999 richiama numerosi visitatori e appassionati e, dal 2006, la Fiera Internazionale del birdwatching.
Autunno a Comacchio: la Sagra dell'anguilla
Si tiene l'ultimo fine settimana di settembre e i primi due di ottobre, giorni durante i quali concerti, spettacoli, presentazioni letterarie, approfondimenti culturali, proiezioni, convegni, animazioni per bambini tutto legato alla storia, pesca, cottura e preparazione di ricette tradizionali a base di anguilla. Ma anche rappresentazioni in teatro dialettale lungo le vie del centro. Per ulteriori informazioni, consultare il sito della sagra.
Primavera a Comacchio: la fiera internazionale del birdwatching
La Fiera Internazionale del Birdwatching e del Turismo Naturalistico quest'anno si terrà dal 28 aprile al 3 maggio. Sarà la X Edizione dell’unico evento in Italia specializzato e professionale dedicato al birdwatching, alla fotografia naturalistica e al turismo ambientale, seconda solo alla British Birdwatching Fair. Un importante appuntamento che si svolge nel cuore del Parco Delta del Po e che unisce la professionalità degli addetti ai lavori, all’ambiente, alla biodiversità, al turismo di un territorio ricco di avifauna e di un patrimonio naturalistico, storico-culturale.La novità 2020 dello spazio espositivo che in ogni edizione si rinnova: allestitimenti tra Palazzo Bellini e Argine Fattibello, a ridosso del Centro storico, con “hotspot” dedicati alle nuove tecniche fotografiche, all’osservazione dell’avifauna allestiti direttamente nelle Valli di Comacchio, per poter testare direttamente sul campo le ultime novità dei prodotti e delle strumentazioni ottiche e fotografiche. Questo permette di avvicinare il pubblico e far conoscere nuove tecniche fotografiche, praticare l’osservazione dell’avifauna con le strumentazioni appropriate e vivere esperienze uniche di turismo ambientale, in costante crescita rispetto al turismo tradizionale.
E in estate... I lidi
Non dimentichiamo che siamo a un passo dal mare e Comacchio è nota anche per i suoi sette lidi, distribuiti in ampi arenili lungo la costa dalle foci del fiume Reno fino al Po di Volano, interessando il Parco regionale Delta del Po. Lido di Volano, delle Nazioni, di Pomposa, degli Scacchi, Porto Garibaldi, Lido degli Estensi, di Spina.
Sara Rossi

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11, 12 e 13 gennaio grande inaugurazione con mostre, concerti, teatro ed eventi di piazza
Tutte le informazioni su www.parma 2020.it

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Perchè non passare un pomeriggio domenicale passeggiando tra i vigneti romagnoli?
Questo 1 dicembre non potrete non cogliere al volo l'ultimo di tre appuntamenti con le “Le camminate del gusto”, in collaborazione con “Strada dei vini e sapori dei colli di Forlì e Cesena”.
Si tratta di trekking a bassa intensità con partenza e arrivo presso presso la cantina "Il Glicine", via Cesuola 701, Rio Eremo a Cesena.
L'itinerario escursionistico porterà, tramite uno storico sentiero, dalla valle del Cesuola, torrente fondamentale nella storia di Cesena, a quella del Rio Donegallia. Deliziosi gli scorci su gran parte della costa romagnola e passaggio nei pressi di una rocca malatestiana. Il tutto a pochi km dal centro di Cesena. L'arrivo in cantina sarà allietato da una degustazione vini e da una merenda in compagnia dei proprietari della cantina Il Glicine che con passione racconteranno la loro storia e quella del loro vini.
Questo il programma della giornata
Ore 14.00 Ritrovo presso cantina "Il Glicine"
Ore 14.15 Partenza escursione
Ore 17.00 Rientro e degustazione
Qualche dettaglio tecnico sull'escursione
Distanza 8.5 km.
Dislivello 400 mt
Durata 2.5 ore
Difficoltà E
Si consiglia un abbigliamento da escursione con particolare attenzione alle scarpe, da trekking visto anche la presenza di tratti fangosi. Consigliate ghette, bastoncini e una torcia o lampada frontale, visto l'ora di arrivo.
Iscrizioni
Prenotazioni per la degustazione entro venerdì sera via telefono o whatsapp al 3355352608 Grilli Andrea - Guida Ambientale Escursionistica assicurata.
La passeggiata è aperta a tutti, per i non soci è possibile iscriversi all'uscita direttamente in loco al costo di 5 euro.
Per altre info consultate il sito di Rubicone Gran Trail.
La degustazione avrà il costo di 10 euro.
L'Associazione "Strade dei Vini e dei Sapori dei Colli di Forlì e Cesena"
E ora qualche parola su questa prolifica associazione che è tra le protagoniste delle Strade del Vino e degli itinerari enogastronomici italiani, che, con all'attivo l'organizzazione di molti eventi in ogni stagione, ha contribuito, nel corso degli anni, alla creazione di una nuova immagine delle colline FC e della fascia pedemontana. Veri protagonisti sul territorio, gli imprenditori privati che hanno creduto nella “Nuova Ruralità”, assieme e grazie all’impegno degli amministratori comunali e provinciali che hanno permesso la rinascita delle frazioni e dei piccoli borghi rurali, promuovendo la conservazione del paesaggio collinare, valorizzando i grandi centri storici, e permettendo la crescita di strutture e servizi che aisupportassero le imprese e offrissero accoglienza e prodotti di qualità.
Nel corso del biennio 2013-14, la Strada dei Vini e dei Sapori di Forlì-Cesena ha contribuito all'ingresso di 11 nuovi Comuni: Dovadola-Portico di Romagna-Rocca S. Casciano-Tredozio-Premilcuore-Galeata-Santa Sofia-Sarsina-Bagno di Romagna-Verghereto-Borghi, all'interno dei circuito dei borghi delle colline di Forlì e Cesena, consentendo di raddoppiare l’itinerario da 285 a 534 Km. Tutto questo allo scopo di consolidare il ruolo del circuito enogastronomico della Strada dei Vini e dei Sapori riconosciuto dalla nostra Regione, anche grazie all'attività finanziata relativa ai progetti realizzati negli ambiti del Programma di Sviluppo Rurale negli anni dal 2009 al 2014.
Fondamentale è la creazione di sinergie con l'assessorato regionale all'agricoltura e, in particolare, con le altre strade dei vini romagnole, ma non solo, sviluppando pacchetti turistici e suggestioni di viaggio con al centro l'ospitalità rurale, l'offerta enogastronomica e l'ospitalità romagnola schietta e con un'attenzione conosciuta in tutto il mondo in particolare per quanto riguarda i luoghi di mare, ma che va valorizzata ed “esportata” anche nelle zone di campagna.
Non bisogna poi dimenticare l’esperienza di “Romagna Terra del Sangiovese” - le eccellenze selezionate delle Strade dei Vini e dei Sapori della Romagna, in cui la Strada e le aziende di Forlì e Cesena hanno dato un grande contributo - che ha fatto da effetto moltiplicatore delle potenzialità dell’insieme del territorio romagnolo, configurando un prezioso lavoro di concerto con la Regione Emilia Romagna, le Province, le Camere di Commercio, APT, Casa Artusi, GAL solo per indicarne alcuni.
La redazione
Per conoscere tutte le attività organizzate della Strade dei Vini FC visitate il loro sito.

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Nessuna nazione europea può considerarsi scevra da colpe per quanto riguarda la “soluzione finale”, quel folle disegno criminale che ha portato il regime nazista all’eliminazione sistematica di sei milioni di ebrei, nonché di oppositori politici, partigiani, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, zingari.
Anche l’Italia ha le sue atroci responsabilità e la Risiera di San Sabba, nell'omonimo quartiere triestino, è uno di quei luoghi che continuano a ricordarcelo, tanto che, ormai nel lontano aprile del 1965, il presidente della repubblica Giuseppe Saragat dichiarò l'ex pileria monumento nazionale, quale “unico esempio di lager nazista in Italia”.
Le origini della Risiera e l'evoluzione
Costruita nel 1898 alla periferia sud di Trieste, come stabilimento per la pilatura del riso, la Risiera fu trasformata inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’armistizio dell’8 settembre, e denominata Stalag 339.
Al termine dell'ottobre 1943, la costruzione dai mattoni rossi diviene Polizeihaflager, campo di detenzione politica, utilizzato come centro di raccolta dei detenuti in attesa di essere deportati nei più “efficienti” campi di Germania e Polonia e come deposito dei beni sequestrati a deportati e condannati a morte.
Il progetto del Museo Civico di Romano Boico
L'ingresso alla Risiera è stretto e in cemento armato, frutto di un progetto del 1975, firmato dall'architetto Romano Boico che ha messo mano a tutti gli edifici nell'intento, da un lato di restituirne l'atmosfera originaria, dall'altro di inchiodarci al nostro senso di responsabilità.Queste le sue parole: “La Risiera semidistrutta dai nazisti in fuga era squallida come l’intorno periferico, pensai allora che questo squallore totale potesse assurgere a simbolo e monumentalizzarsi. Mi sono proposto di togliere e restituire, più che di aggiungere. Eliminati gli edifici in rovina ho perimetrato il contesto con mura cementizie alte undici metri, articolate in modo da configurare un ingresso inquietante nello stesso luogo dell’ingresso esistente. Il cortile cintato si identifica, nell’intenzione, quale una basilica laica a cielo libero. L’edificio dei prigionieri è completamente svuotato e le strutture lignee portanti scarnite di quel tanto che è parso necessario”.
La struttura della Risiera di San Sabba
Al pianterreno dell'edificio a tre piani, in cui erano sistemati i laboratori di sartoria e calzoleria, dove venivano impiegati i prigionieri, nonché le camerate per gli ufficiali e i militari delle SS, vi erano 17 micro-celle in ciascuna delle quali venivano ristretti fino a sei prigionieri. Questi spazi angusti erano riservati in particolare a partigiani, oppositori politici ed ebrei, la cui eliminazione era prevista a distanza di giorni, e talora di settimane.
Le prime due celle venivano usate a fini di tortura o di raccolta di materiale prelevato ai prigionieri, qui sono stati rinvenuti migliaia di documenti d'identità sequestrati a detenuti e deportati.
Il fabbricato centrale, di sei piani, aveva la funzione di caserma per le SS tedesche e per gli italiani impiegati in Risiera con funzioni di sorveglianza. Le cucine e la mensa si trovavano al piano inferiore, ora adattato a Museo. L’edificio, oggi adibito al culto, senza differenziazione di credo religioso, al tempo dell’occupazione serviva da autorimessa per i mezzi delle SS. Qui stazionavano anche i furgoni, con lo scarico collegato all’interno dell'edificio, usati, secondo le testimonianze dei sopravvissuti, per la gassazione delle vittime.
Nell'adiacente edificio a quattro piani venivano rinchiusi, in ampie camerate, i detenuti destinati alla deportazione nei campi del nord Europa, si trattava di uomini e donne di tutte le età ma anche di bambini di pochi mesi. Da qui finivano a Dachau, Auschwitz, Mauthausen, verso un tragico destino che solo in pochi hanno evitato.
Nel cortile interno, di fronte alle celle, sull'area oggi contrassegnata da una piastra metallica, c'era l'edificio destinato alle eliminazioni - la cui sagoma è ancora visibile sul fabbricato centrale - con il forno crematorio. L’impianto, al quale si accedeva scendendo una scala, era interrato. Un canale sotterraneo univa il forno alla ciminiera. Qui oggi sorge una simbolica e moderna Pietà, segno della spirale di fumo che usciva dal camino.
Dopo essersi serviti, nel periodo gennaio - marzo 1944, del preesistente essicatoio, i nazisti, reputandolo insufficiente, lo trasformarono in forno crematorio secondo il progetto di Erwin Lambert, ingegnere che si era occupato di costruzioni simili in alcuni campi di sterminio nazisti polacchi. Questa nuova struttura venne collaudata il 4 aprile 1944 con la cremazione di settanta corpi di ostaggi fucilati il giorno prima nel poligono di Opicina.
La notte tra il 29 e 30 aprile del 1945, l’edificio del forno crematorio e la ciminiera vennero distrutti con la dinamite dai nazisti in fuga per eliminare le prove dei loro crimini.
Le esecuzioni nella Risiera
Sul tipo di uccisioni in uso nelle Risiera, le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate: gassazione con automezzi, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre le esecuzioni riuscivano alla perfezione, così il forno finì con l'ingoiare persone ancora vive. Fragore di motori, latrati di cani appositamente aizzati, musica a tutto volume, coprivano le grida delle esecuzioni.
Quante sono state le vittime?
Si pensa che abbiano trovato la morte qui tra le tremila e cinquemila persone, ma un numero ben maggiore sono stati i prigionieri da qui transitati e smistati nei lager europei. Triestini, friulani, istriani, sloveni e croati, militari, ebrei, bruciarono nella Risiera alcuni tra i migliori uomini della Resistenza e dell’Antifascismo.
Noi e la storia
Quando si visitano questa tipologia di luoghi ci si interroga sulla motivazione e sulla consapevolezza delle città silenti. Probabilmente tutti sapevano quello che succedeva a San Sabba, anche il vescovo di Trieste, il monsignor Santin, si spese per salvare alcune famiglie rinchiuse in risiera, con alterne fortune. Ma se questi edifici parlano del nostro atroce passato, non è vero che la storia poi dà sempre ragione.
Il breve processo del 1976, dove ben 60 tra associazioni, enti e singoli si sono costituiti parte civile, ha visto un solo colpevole, il comandante della Risiera, Joseph Oberhauser, condannato in contumacia per omicidio plurimo aggravato, ma che tuttavia non scontò mai la pena e rimase libero lavorando in una birreria di Monaco di Baviera fino alla morte, sopravvenuta solo 3 anni dopo. L'Italia non poté chiederne l’estradizione a causa degli accordi italo-tedeschi che la permettono solamente per i crimini commessi dopo il 1948.
La giustizia non ha trionfato dunque, e ancora una volta ha perso l'uomo, e abbiamo perso tutti noi.
Non ci resta che visitare questi luoghi e tenere viva la nostra memoria, quella di chi incontreremo e che, come in questo caso, forse ci leggeranno.
di Sara Rossi
www.risierasansabba.it

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Una residenza di charme nata per accontentare anche il turista più esigente tra rituali termali e SPA di assoluta eccellenza, raffinate esperienze gastronomiche, immersi in un territorio ricco di proposte culturali e folkloristiche, golfistiche e sportive; questo è l'Abano Ritz Hotel.
L’autunno, tempo di benessere e relax, è il periodo migliore dell’anno per concedersi una vacanza rigenerante alle terme. Nel cuore della Regione Veneto, a due passi dalla palladiana Vicenza; da Padova, città del Santo e del mitico Caffè Pedrocchi; dalla gettonatissima Venezia che in ogni stagione assicura emozionanti incantesimi; da Verona, la città tanto amata da Byron, densa di meraviglie, magica e romantica e ai piedi dei Colli Euganei, tra boschi, vigneti, oliveti, campi da golf, prati e un’ampia rete di sentieri percorribili a piedi, in bicicletta o a cavallo, l’area delle Terme Euganee, è dal tempo dei Romani un luogo privilegiato per ritemprare corpo e spirito.
Avete provato ad immergervi in una vasca d’acqua calda?
Immediatamente il calore dell'acqua vi regala un effetto distensivo aiutandovi a recuperare energie e vitalità.
Il calore dell’acqua termale amplifica tali sensazioni, in particolare, l'acqua salso-bromo-iodica delle Terme Euganee, che, partendo dai Monti Lessini e dalle piccole Dolomiti, dopo un lungo viaggio sotterraneo di decine di anni riaffiora, presso il bacino termale, alla temperatura di 78-82 gradi centigradi, ricca di proprietà minerali che la rendono risorsa termale preziosa e ad alto valore terapeutico. Raffreddata, per poter essere utilizzata ad una grado di calore ideale nelle piscine termali (tra i 30° e i 35°), per i trattamenti di balneoterapia (36°-38°), per le terapie inalatorie, viene poi riutilizzata negli impianti delle strutture alberghiere ad una temperatura ancora sufficientemente alta per riscaldarle nei mesi freddi prevenendo così l’inquinamento dell’aria ed evitando il consumo di gas metano o gasolio.
Ma le Terme Euganee non sono famose solo per l’acqua termale, ma anche per il famosissimo fango, l’unico garantito da un Brevetto europeo, un talismano assolutamente naturale, proveniente da laghetti ai piedi dei Colli Euganei, impareggiabile sia dal punto di vista curativo sia estetico grazie alle proprietà dell’acqua calda termale in cui viene fatto maturare. Il fango, infatti, può essere usato non solo in ambito medico, riconosciuto come cura dal servizio sanitario, per intervenire su patologie dell’apparato osseo articolare e muscolare, ma anche in ambito beauty, per combattere le impurità della pelle, la cellulite e la ritenzione idrica. E non per ultimo anche contro lo stress.
Altra peculiarità, a differenza delle altre centri termali, dove si trova un unico stabilimento al quale tutti devono accedere per le cure, ogni struttura ricettiva delle Terme Euganee possiede un reparto curativo al proprio interno che rende estremamente confortevole il soggiorno.
Vi è venuta voglia di partire? Non vi rimane che fare la valigia ed andare ad Abano, la più vivace delle cittadine del comprensorio termale con una zona pedonale ideale per una passeggiata, un aperitivo in un localino, quattro passi con l'amico quattro zampe nel parco, un po' di shopping, una chiacchierata cogli amici seduti sul bordo di una fontana......e mille eventi e manifestazioni che ravvivano il quotidiano dei vacanzieri.
Per il soggiorno l’offerta è davvero ampia e spazia da hotel a 2 stelle fino a 5 stelle extra lusso. Se desiderate fuggire dai ritmi frenetici imposti dalla città e trascorrere un fine settimana di qualità in una struttura di grande charme ed eleganza niente di meglio che l’Abano Ritz Hotel, un 5 stelle lusso condotto da Ida e Terry Poletto, figlie del fondatore, due sorelle diverse come studi e formazione, ma complementari nella gestione dell’albergo e con un'unica filosofia: fare dell’accoglienza una passione, più che una professione.
Il primo elemento di un soggiorno di lusso funzionale al relax ed al benessere psico-fisico degli ospiti è sicuramente l'alloggio: qui vi attendono 123 raffinate camere, di diverse tipologie, dalla standard alla special, tutte spaziose e assai confortevoli, sapientemente arredate e curate in ogni dettaglio, dai materiali scelti ai colori, ai set di biancheria fino ai kit di benvenuto. Per chi vuole vivere una vacanza-esperienza, a cominciare dalla camera da letto, basta scegliere il 5 piano, battezzato “Neverending story”, dove il classico e il tradizionale lasciano spazio al design, all'innovazione e alla fantasia, ma anche alla razionalità e comodità regalando camere tutte diverse, da vivere e da abitare: creative, shabby, vintage o di design..... una vera e propria collezione di pezzi d’arte delle grandi firme dello stile italiano, studiati appositamente per il massimo comfort degli ospiti. Ospiti che, senza supplemento, potranno consumare nelle loro camere la colazione, "indulgendo così a quella sana indolenza mattutina che è il vero relax, il momento più importante in cui si fa scorte di energia per affrontare una giornata stimolante".
Personalmente amo la Suite Design, oltre 60 mq, colori bianchi e luminosissima, angolo studio e salotto e grandi vetrate con vista panoramica sul parco piscina incorniciato dai colli Euganei. Stupendo letto rotondo dall'anima glamour dove trascorrere notti serene tra sogni a colori e lampade a sospensione firmate Foscarini. Ma non disdegnerei neppure una notte nella The Garage, una stanza on the road dove si dorme all'interno di una Jaguar!
Perfetto ed armonioso punto di incontro tra modernità e tradizione, l’Abano Ritz è anche un tempio del gusto. Un luogo dove lasciarsi sedurre da una cucina che conquista gli occhi e ingolosisce il palato, preparata con prodotti di gran qualità, carni DOC, pesci di prima scelta, verdure e frutta di stagione, ripieni e dolci fatti in casa, il tutto "annaffiato" da vini finemente selezionati, con particolare attenzione alle etichette del territorio euganeo e, più in generale, di quello veneto. Senza dimenticare la cucina regionale, che non rinuncia a slanci creativi e innovativi, le ricette dietetiche, i piatti vegetariani, light o gluten free.
Cucina servita in tre ristoranti: il White Gloves, finemente arredato con una preziosa collezione di piatti dell'800 sulle pareti, dove si consumano la prima colazione e la cena, servite in un’atmosfera d’altri tempi, da camerieri in guanti bianchi e col servizio “al gueridon”, che tradotto sarebbe il servizio di sala di classe, che si vede ancora in pochi ristoranti; il Brutto Anatroccolo, affascinante, innovativo e giocoso ristorante à la carte, aperto anche al pubblico esterno, che propone una serie di ricette e piatti ispirati e declinati secondo fantasia, ma sempre con le radici ben piantate nel territorio. Durante la bella stagione poi, nello splendido parco di 6000 mq, una food experience indimenticabile aspetta gli ospiti presso il Barbecue Easy che, su prenotazione, propone come primi piatti un trionfo di sapori mediterranei, poi invitanti insalate miste, ed infine grigliate di pesce e carne, dolci e frutta fresca di stagione.
Il benessere degli ospiti, che inizia in camera e prosegue a tavola, ha il suo complemento con una serie di servizi relax e termali. Sono infatti a disposizione degli ospiti, non solo due accoglienti piscine termali, una semi-olimpionica coperta e una scoperta, semi-comunicanti, entrambe con acqua termale a 34°, ma anche sauna e bagno turco, doccia emozionale, palestra attrezzata Technogym con personal trainer, balneoterapia, massaggi e trattamenti bellezza, personalizzati, proposti da personale altamente specializzato con brand di alta gamma.
Ma la ciliegina sulla torta è sicuramente il suo rinomato Centro Termale, classificato di livello superiore dal Ministero della Salute, con la propria sorgente di acqua ipertermale che propone trattamenti di fango–balnoterapia accreditati e brevettati a livello europeo, massoterapia, terapie riabilitative e antalgiche, trattamenti per il benessere psico-fisico e per l’estetica viso e corpo, ed anche terapie inalatorie. Inoltre l’albergo è l’unico nella zona termale euganea dotato al suo interno di un Centro di sordità rinogena, convenzionato ASL, dove si interviene con ottimi risultati, con inalazioni ed aerosol, insufflazioni endotimpaniche, visite audiologiche, lavaggi endonasali ed estrazioni di tappi di cerume, su questo deficit uditivo transitorio, ma ricorrente, diffuso soprattutto nei bambini e negli adolescenti. Ma non solo: l’AbanoRITZ possiede un altro primato: è l'unica struttura alberghiera a livello nazionale ad offrire un Professional Voice Center con protocolli che aiutano a rimettere in forma la voce di attori, cantanti ed altri professionisti che, con le corde vocali, devono lavorare.
E la sera? Anche le serate sono tutte da vivere all'Abano Ritz Hotel tra concerto di musica classica nella suggestiva Sala Specchi; serate a tema; balli al Midnight Club con DJ e musica anni 60-70-80 con vinili; concerti jazz e mille altri appuntamenti tutti da scoprire.
Gloria Giovanetti

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Ogni anno, la prima domenica di settembre è il giorno della Regata Storica a Venezia.
Una festa che affonda l'origine nella notte dei tempi e che, nel tempo, ha subito qualche cambiamento, ma che è rimasta, nei suoi tratti essenziali, la stessa di sempre.
O per lo meno, la stessa di quell'assolato 6 giugno del 1489.
Un corteo per una regina triste
Il 6 giugno 1489 Caterina Cornaro, o Corner alla veneziana, entra a Venezia sul Bucintoro, imbarcazione ufficiale del Doge di Venezia.
Accanto a lei, il Doge e la Dogaressa Barbarigo.
Arriva da Cipro, o meglio, sta scappando da Cipro.
L'accoglienza è trionfale, ma Caterina è tutt'altro che felice.
Ha dovuto abdicare al suo trono, ereditato alla morte improvvisa del marito Giacomo II nel 1473, e ha dovuto cedere le terre alla Serenissima.
In cambio, ha avuto salva la vita, ha mantenuto il titolo di Regina di Cipro, di Gerusalemme e dell'Armenia e ha ottenuto di divenire regina di Asolo, dove vivrà fino alla morte.
Oggi, la Regata Storica è un momento di grande celebrazione per Venezia.
Sia i veneziani che i turisti si accalcano sulle rive, ai balconi e sulle terrazze dei palazzi che si affacciano su Canal Grande.
Qualcuno sa che la Regata Storica ripercorre un momento storico importante per la Serenissima, qualcun altro ricorda la Regina di Cipro, Caterina Corner, ma pochi sanno che tutta questa allegria, questo corteo storico celebrativo in cui l'acqua di Canal Grande è nuovamente solcata da imbarcazioni patrizie su cui ci sono donne e uomini in lussuosi abiti ha origine nelle lacrime di una donna.
La Regata Storica e le gare
Mentre i turisti fanno a gara per non cadere in canale, riuscire a vedere qualche squarcio di un'imbarcazione sontuosa che scivola sull'acqua e mentre qualche fortunato si gode lo spettacolo del corteo storico, Bucintoro e Doge compresi, da una qualche terrazza con affaccio su Canal Grande, i veneziani e i local sono presi dalla frenesia crescente per la gara, anzi per le gare.
Peché la Regata Storica non esaurisce la giornata di festa. Ne è solo l'inizio.
Sono ben 6 le gare che si susseguono nel giro di poco più di un 'ora lungo il Canal Grande ed è allora che la lunga tradizione di Repubblica Marinara e di città d'acqua torna in tutta la sua potenza a Venezia.
Oltre alla più nota Regata dei Gondolini, imbarcazioni che ricordano le gondole ma sono più leggeri e veloci, ci sono:
- la regata de le Maciarelle e de le Schie: gara per giovani
- la regata dei Pupparini: gara dei giovanissimi che usano le imbarcazioni un tempo usate per la vigilanza marittima
- la regata delle Caorline: gara con le barche usate un tempo, ma anche ora, per il trasporto degli ortaggi. La caratteristica principale è quella di avere prua e poppa uguali.
- la regata degli universitari: gara in cui le università di Venezia e quelle dei dintorni si sfidano su galeoni
- la regata delle donne in macareta: una barca veloce, un tempo usata per la pesca e per il diporto. Secondo la tradizione il nome mascareta deriva dal fatto che fosse usata dalla prostitute in maschera.
Cosa succede durante le regate di Venezia
Il punto di partenza delle gare è sempre all'altezza dei Giardini di Castello, quasi all'estremo lembo a Sud Est di Venezia.
Da lì, le imbarcazioni entrano in Canal Grande tra Punta della Dogana e Piazza San Marco per sfrecciare verso il paleo, il punto in cui devono girare e ripercorrere il Canal Grande verso il traguardo.
Se la linea di via è la medesima per tutti, il paleo è in punti diversi.
Ad esempio, i gondolini, le caorline e le donne girano all'altezza di Ca' Vendramin Calergi a Cannareio, mentre altri devono arrivare proprio fino alla Stazione di Santa Lucia.
Il traguardo resta sempre, invece, lo stesso: tutti devono arrivare a Ca' Foscari per vincere.
E cosa si vince alla Regata di Venezia?
Denaro, sì, ma sono le bandiere colorate ad essere il premio più ambito delle Regate di Venezia.
L'equipaggio che è arrivato prima ha in dono una bandiera rossa.
L'ultimo ha una bandiera bianca con un maialino, animale per tradizione non esattamente velocissimo.
Cosa fare a Venezia prima e durante la Regata Storica:
- Prima della Regata Storica, c'è il Disnar per la Storica.
Giorni prima della Regata Storica i sestieri e le associazioni remiere organizzano una giornata di incontro con la voga veneta che culmina con una cena libera in cui ognuno porta qualcosa. Una vera immersione nella Venezia autentica
Info per la cena pre Regata Storica - Corteo e benedizione dei Gondolini alla Chiesa della Salute, qualche giorno prima della Regata Storica
- Assistere alla Regata Storica in tribuna d'onore proprio su Canal Grande è possibile: i biglietti di possono acquistare online
- Dopo la Regata Storica, è il momento perfetto per cicchetti e un 'ombra de vin in uno dei bacari, locali tipici di Venezia.
I migliori per On the Roads sono:
- Ruga Rialto in Ruga Rialto
- Ai Zimei in Ruga Rialto
- Ai Do Mori zona Rialto
- Al Timon in Riva Ormesin
- Al Paradiso Perduto in Riva Ormesin
Cristiana Pedrali

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Tre valli valdostane e due piemontesi, oltre 71 mila ettari di aree protette, 533 chilometri di sentieri accessibili, 57 ghiacciai e 183 laghi, questi alcuni dei numeri del parco nazionale naturale più antico d'Italia: Il Gran Paradiso. Fondato ufficialmente nel 1922 allo scopo di proteggere il suo animale simbolo, lo stambecco, cacciato indiscriminatamente per secoli su tutto l'arco alpino. L'ungulato era preda ambita per le sue carni, per alcune parti del suo corpo che erano utilizzate come medicinale, per le sue corna e per un ossicino, la croce del cuore, che si credeva avesse potere afrodisiaco.
All'inizio del XIX secolo si pensava che la specie fosse definitivamente estinta sino a quando l'ispettore forestale valdostano Joseph Delapierre scoprì che proprio negli scoscesi valloni del massiccio del Gran Paradiso ne sopravviveva una colonia di un centinaio di esemplari. Così, il 21 settembre 1821, il re di Sardegna Carlo Felice ordinava che: “Rimane fin d'ora proibita in qualsivoglia parte de' regni domini la caccia degli stambecchi”. Ma la passione venatoria del giovane re Vittorio Emanuele II lo portarono nel 1856 a farne una Riserva Reale di Caccia, si creeranno dei sentieri ed aree per le escursioni, ma l'intera zona era battuta da intense campagne di caccia della famiglia reale, durante le quali solo il re aveva il potere di sparare. Venivano abbattuti solo capi maschi ed in breve, il numero di animali aumentò. L'ultima caccia reale si tenne nel 1913. Vittorio Emanuele III cedette i territori del parco allo stato italiano nel 1919, dando specifiche indicazioni per l'istituzione di una zona protetta. Si arriverà al 3 dicembre 1922, quando, durante i primi giorni del regime di Mussolini, il re firmerà il decreto legge che istituiva il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Oggi l'ente parco ha censito 2568 stambecchi. Ma non solo, si contano anche oltre 6700 camosci, 27 coppie di aquile reali e, vero fiore all'occhiello, 3 coppie nidificanti di gipeti, si tratta dei più grandi avvoltoi europei, estinti nel novecento e reintrodotti nel parco negli anni Ottanta, in Val di Rhêmes. Oggi il gipeto nidifica grazie alle condizioni ideali che trova nel parco: abbondante fauna selvatica, pareti rocciose scoscese, tranquillità, per effetto anche del divieto di sorvolo aereo.
In Val d'Aosta il parco comprende: la Val di Rhêmes, la Valsavarenche e la Valle di Cogne. Infinite le possibilità di escursioni, dalle più semplici alle più impegnative. Tantissimi i rifugi da raggiungere e dove sostare per rifocillarsi con una polenta oncia, uno per tutti, dove si giunge dopo una passeggiata di un paio d'ore, è il rifugio Benevolo in Val di Rhêmes, dove è possibile anche fermarsi per la notte, nei mesi di maggior affluenza è sempre meglio prenotare.
L'estate valdostana si presenta sempre ricca di eventi, dai laboratori per bambini, alla scuola di arrampicata, a feste della birra, sagre, ma anche il Gran Paradiso Film Festival che, quest'anno alla sua 22 esima edizione, nei mesi di luglio e agosto, permette di assistere a numerose proiezioni gratuite distribuite nei diversi comuni del parco. Si tratta di una tra le più famose kermesse europee dedicate al cinema naturalistico. Ma le vere protagoniste di una vacanza più o meno lunga in questi luoghi sono la natura e la montagna, in tutte le loro declinazioni. Non fanno per voi queste valli se disdegnate il silenzio, la tranquillità e la vita all'aria aperta.Per il soggiorno una delle possibilità, forse la migliore, è fermarsi in una delle case del Villaggio diffuso, a Rhêmes Notre-Dame e a Rhêmes Saint-Georges c'è quello gestito dalla famiglia Pellissier. Qui è possibile vivere come nei borghi alpini di una volta, con ritmi lenti e a contatto con la natura. Interessanti le offerte per l'autunno, quando il bosco si tinge di colori caldi, il silenzio regna sovrano e, con le temperature che ci regalano ottobre e novembre negli ultimi anni, è possibile godere a pieno di questi luoghi meravigliosi. Per informazioni sulle strutture del borgo: www.casegranparadiso.com.
Via accorgerete che in queste case non manca nulla, ma soprattutto si aprono le imposte ed il parco è lì e ti sembra di toccarlo allungando una mano.
Per info sul parco: www.grand-paradis.it
di Sara Rossi

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IL 24 OTTOBRE INGRESSO LIBERO AGLI SCAVI DI POMPEI IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO DELL’ERUZIONE DEL VESUVIO
E’ stata la recente scoperta di un’iscrizione a carboncino realizzata da "un operaio buontempone", a spostare la data della catastrofe più famosa della storia da agosto a ottobre del 79 dC e per la precisione al 24 ottobre del 79 a.C. Per questo motivo, in occasione dell’anniversario dell’eruzione del Vesuvio, si consente ai visitatori di entrare gratuitamente agli scavi per godere degli affreschi e mosaici recuperati, giardini riallestiti e grandi sculture bronzee moderne. L’area archeologica di Pompei continua tra l’altro ad aumentare il numero di visitatori di anno in anno. Pompei si trova a soli 40 km dalla rigogliosa costiera amalfitana, gita ideale ad un’ora di strada dal lussuoso Hotel Santa Caterina di Amalfi che accoglierà i suoi ospiti in un ambiente unico dalla spettacolare bellezza.
Pompei è stata una delle città più grandi e splendenti dell’epoca romana, come testimoniano i ritrovamenti che continuano ad emergere dalla terra. La grande produzione ed esportazione di olii e vini fece di Pompei una città molto ricca, che divenne meta turistica per i patrizi romani quando la città fu assorbita dall’espansione della futura Capitale d’Italia.
I pompeiani non sapevano che il “monte Vesuvio” fosse un vulcano.I terremoti che avevano preceduto l'eruzione non insospettirono i pompeiani che erano ancora occupati nel restauro degli edifici colpiti dal forte sisma di 17 anni prima. Pompei, insieme alle città vicine di Stabia, Ercolano ed Oplontis offre al visitatore contemporaneo una suggestiva ed impareggiabile esperienza. Passeggiare tra le strade ed i vicoli, affacciarsi nelle varie case ed officine, visitare i templi e le terme di 2000 anni fa in un’area di oltre 66 ettari è possibile farlo solo e soltanto a Pompei.
Gli Scavi di Pompei non smettono di regalare agli archeologi continue sorprese. Gli scavi effettuati nel Regio V del Parco Archeologico di Pompei, la nuova area in cui si stanno concentrando i lavori, continuano a regalare scoperte su scoperte. La più sensazionale, forse, è stata effettuata in una delle domus che sorgono nel settore, conosciuta come Casa del Giardino, nella quale è stata ritrovata una stanza con dieci vittime dell'eruzione del Vesuvio che sommerse Pompei nel 79 d.C, tra cui donne e bambini. Nella stessa domus è stata rinvenuta anche una cassa in legno che al suo interno custodiva un piccolo tesoro: 140 piccoli oggetti, perlopiù amuleti e monili legati al mondo femminile, utilizzati per proteggersi dalla cattiva sorte o semplicemente come ornamento. Si tratta di oggetti preziosi soprattutto in osso, bronzo e ambra, spiccano anche due specchi, come ad esempio vaghi di collana, frammenti di una spiga, amuleti fallici apotropaici, ma anche varie gemme. Gli oggetti, infatti, potrebbero appartenere a una delle 10 vittime, probabilmente una intera famiglia. I 140 preziosi saranno presto esposti in una mostra alla Palestra Grande degli Scavi di Pompei.
Di recente riapertura e quindi visitabili sono attualmente Casa della Fontana Grande, Casa dell’Ancora e Tempio di Iside: sono tre le riaperture al pubblico di quest’anno nel sito di Pompei a seguito degli interventi di restauro e manutenzione. Per l’occasione sono stati anche riproposti allestimenti storici, interventi di decoro del verde e indagini di ricerca.
Dopo molti anni di chiusura si restituisce al pubblico la possibilità di accedere anche ad una delle case più famose dell’area archeologica di Pompei, la Casa dei Vettii; le nuove scoperte visitabili e i luoghi più importanti e imperdibili dell’itinerario classico standard dell’area archeologica di Pompei. Si visita soprattutto per lo splendido corredo di affreschi che ornano gli ambienti, rinnovati in età imperiale, appartenuti ai mercanti Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva.
Le altre domus di nuova apertura sono: la Domus dell’Efebo, le Domus di Fabius Amandio o quella del Sacerdote Amandus, entrambe più piccole e modeste della precedente con meno stanze delle altre eppure decorate con una certa raffinatezza. E poi c’è la Domus del Criptoportico che deve essere stata di grandissimo prestigio nell’età augustea, con le stanze decorate con scene dell’Illiade e, pitture di altissima qualità, terme. Particolarmente interessante è poi la visita della Fullonica, che è uno dei più completi e importanti laboratori per il lavaggio e il trattamento dei tessuti scoperti a Pompei
Soggiornare nel magico Hotel Santa Caterina:
Un’opportunità da non perdere per visitare l’area archeologica più interessante e suggestiva al mondo senza rinunciare a momenti di relax soggiornando all’Hotel Santa Caterina di Amalfi
A pochi minuti di distanza da Amalfi, in uno dei punti più suggestivi della costiera, l’Hotel Santa Caterina è costruito a picco sul mare, all’interno di una vasta proprietà che “precipita” fino all’acqua con una serie di splendide terrazze naturali. Due ascensori scavati nella roccia o un sentiero di spettacolare bellezza portano gli ospiti attraverso agrumeti e giardini lussureggianti fino agli impianti a livello del mare, che comprendono una piscina con acqua marina, solarium, fitness centre, café/bar e ristorante all’aperto.
La sera la magia continua nell’elegantissimo ristorante con una cena a lume di candela ammirando il suggestivo panorama di Amalfi illuminata dalla luna. E che dire della suite “Follia Amalfitana” con la sua minipiscina tonda con vetrata e vista mozzafiato sulla baia o della suite “Giulietta e Romeo” con terrazzino a picco sul mare e piscina privata a sfioro…
L’Hotel Santa Caterina ha 36 camere di tipologia standard, superior e deluxe e 13 tra junior suite, executive junior suite, suite e senior deluxe suite che si trovano nell'edificio principale. Inoltre, tra le Garden Suite, le dépendances “Villa Santa Caterina” e la “Villa il Rosso” nel lussureggiante parco si contano altre 17 camere e suite. Dal 2019 l’offerta gastronomica dell’albergo è firmata dal nuovo Chef Giuseppe Stanzione: le colazioni, gli snack, il Bistrot, l’elegante Ristorante fine dining Glicine con le vetrate affacciate sul panorama del golfo, e un menù più raffinato e personale con l’impronta dello Chef, il Ristorante Al Mare, aperto adesso sia a pranzo che a cena, con piatti più semplici e tradizionali e prevalentemente marinari. I due ristoranti panoramici dell’Hotel Santa Caterina saranno quindi aperti entrambi la sera. La Carta dei Vini offre un’accurata selezione di etichette italiane ed estere e una scelta produzione della Campania.
La Redazione

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Un weekend al Castello......tra elfi, gnomi, l'esercito dei guerrieri di Xian e robot
Metti un castello, una locanda ed aggiungi un particolarissimo museo..ti ritrovi a San Pietro in Cerro, nel piacentino, nella rinascimentale Cortemaggiore
dove storia e cultura si abbracciano tra gli antichi domini dei Pallavicino, i Malaspina, i Barattieri e molte atre famiglie nobili di epoche passate. Appena fuori dal paese
c'è un maestoso castello del '400: suggestivo non è il termine esatto, riduce la sensazione di bellezza e di sorpresa non appena si varca la soglia.
Grazie ad un percorso guidato è possibile rivivere tutta la magia di un tempo visitando le 30 sale riccamente decorate ed arredate.
Come documenta un'epigrafe in pietra che si affaccia sul Cortile dei Cavalieri, il Castello fu edificato nel 1460 da Bartolomeo Barattieri, nobile giureconsulto
e ambasciatore di Piacenza presso la corte di Papa Giulio II della Rovere. La famiglia Barattieri ha mantenuto la proprietà fino al 1993, permettendo un'ottima
conservazione della struttura originaria che si presenta oggi come fedele e preziosa testimonianza di dimora gentilizia quattrocentesca. Disposto su un impianto
rettangolare da cui emergono il mastio d'ingresso e due torrioni rotondi collocati a difesa del lato Nord, il Castello appare esternamente austero e compatto,
mentre all'interno una perfetta corte quadrata a doppio ordine di arcate dal delicato disegno lo rende leggiadro ed elegante. Concepito come residenza nobiliare fortificata,
il Castello presenta soluzioni architettoniche difensive dovute all'introduzione delle armi da fuoco. E' circondato da ampi spazi verdi,un grande parco
alberato, un vasto giardino e da oltre 18 anni il nuovo proprietario, Franco Spaggiari ha permesso la riapertura al pubblico della splendida fortezza affiancando una nuova
struttura all'interno del parco dove un tempo c'erano le scuderie. E' la locanda del Re Guerriero, che, senza snaturare le bellezze naturali e storiche del luogo,
offre al visitatore e turista un servizio alberghiero elegante e riservato, ideale per una breve vacanza immersa nella quiete della campagna piacentina
(www.locandareguerriero.it ).
Ma c'è un 'altra cosa che rende questo luogo particolarmente interessante e meritevole di una visita. Nel sottotetto del Castello,inaugurato nel 2001, è stato allestito il MiM
Museum in motion: esposizione di opere contemporanee, molte delle quali di pittori e scultori piacentini. Le opere sono piu di 400 (tra pittura, scultura, grafica e
fotografia) e sono esposte a rotazione offrendo un panorama delle maggiori tendenze di arte contemporanea dal dopoguerra ai nostri giorni. Fortemente voluto dall'attuale
proprietario del Castello, Franco Spaggiari, grande appassionato d'arte, in collaborazione con la Fondazione D'Ars Oscar Signorini, il museo ha davvero suggestivi colpi di
scena e sorprendenti opere.
Nell'ala ovest dei sotterranei del Castello arriva la prima sorpresa:qui è allestita una mostra permanente di 39 statue dei Guerrieri di Xian, fedeli riproduzioni degli
originali autenticate dal governo cinese. Le statue di terracotta, di dimensioni naturali, sono schierate proprio come lo erano nel III a.C. quando furono poste a guardia del
mausoleo del primo imperatore cinese Qin Shi Huang. La tecnica di fabbricazione è identica a quella impiegata in antichità e consiste nel compattare cerchi di argilla per
creare il torace, al quale è poi aggiunta la testa. La struttura è quindi ricoperta di blocchetti di argilla per creare le uniformi, decorata e dipinta. Le figure, oltre ad
avere pose differenti e armi specifiche che corrispondono alla loro funzione nell’esercito, mostrano anche tratti fisionomici diversi fra loro. Le statue dei guerrieri
hanno un’eccezionale qualità tecnica ed artistica, dimostrando un sorprendente senso realistico.
Salendo nel sottotetto, in una delle torri si può ammirare un altro esercito, questa volta futuristico: disposti nella medesima posizione dei loro "avi" cinesi la sala
presenta un esercito di robot perfettamente funzionanti e che comunicano tra loro.
Ma il Castello di San Pietro offre tante sorprese anche ai piu piccoli visitatori: propone infatti ai bambini delle scuole dell’infanzia, delle scuole primarie e di quelle secondarie, oltre alla visita guidata del maniero, progetti
ludico-didattici realizzati ah hoc per le diverse fasce d’età. Le avventure in costume sono un efficace modo di imparare giocando; l’esperienza consente ai piccoli partecipanti, vestiti
da legionari romani o da cavalieri, da elfi o da gnomi del mondo delle fiabe, di immedesimarsi completamente in un personaggio storico o leggendario di un’epoca lontana
e vivere un’avventura emozionante. I bambini sono, così, i protagonisti di un progetto che lega l'aspetto ludico del gioco agli argomenti dei percorsi storico-culturali
affrontati a scuola durante l'anno.
Per info e prenotazioni:
Il Castello è aperto la Domenica e i Festivi, da Marzo al ponte di Ognissanti.www.castellodisanpietro.it
Visite guidate ore 11 - 15 - 16 - 17 - 18*
*unicamente nei mesi di Maggio, Giugno, Luglio, Agosto
Ingresso: bimbi fino a 5 anni GRATUITO - bambini da 6 a 12 anni €6,00 - ragazzi da 13 a 18 anni e ridotto card del ducato €7,00 - adulti €8,00
Castello di San Pietro via Roma 19 - 29010 San Pietro in Cerro (Pc)
Tel. +39.0523.839056 -
Silvia Donnini

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Tre appuntamenti in settembre per riscoprire “la vita sobria”

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Da destinazione ‘mare e divertimento’ a destinazione ‘multi-experience’con il progetto Romagna Welcome – GET YOUR RIMINI EXPERIENCE
Una degustazione di vini in una tenuta biodinamica, una sessione di yoga al tramonto, un tour in bicicletta sino a Verucchio, una visita al centro storico della Rimini romana e rinascimentale o una gita a Ravenna per ammirare il cielo stellato di Galla Placidia con una sosta a Cesena per un originale picnic sotto gli ulivi: sono solo alcune delle esperienze di viaggio proposte nel sito di Romagna Welcome (romagnawelcome.it), che, anche grazie al suo format GET YOUR RIMINI EXPERIENCE #GYRE, intende raccontare e promuovere una selezione di proposte esperienziali da vivere tra la costa e l’entroterra della Romagna.
Scoprire e promuovere Rimini e la Romagna attraverso esperienze di vacanza uniche e personalizzate: è questa la nuova sfida di Promozione Alberghiera, una delle più importanti cooperative di albergatori in Italia, che con il progetto Romagna Welcome – GET YOUR RIMINI EXPERIENCE e attraverso la sua piattaforma romagnawelcome.it sta portando avanti una strategia esclusiva, frutto della visione di un gruppo di albergatori illuminati, in cui vengono raccontate, promosse e commercializzate una selezione di esperienze di viaggio uniche da vivere tra Rimini, Cesena, Ravenna e Forlì.
Il progetto di Promozione Alberghiera, sostenuto da APT Emilia Romagna e Visit Romagna e creato dall’agenzia Happy Minds, fa anche leva sulla capacità narrativa e lo spirito di competizione di 20 influencer che si stanno sfidando per raccontare e vendere oltre 40 esperienze di viaggio e 17 alberghi aderenti al progetto.
“Da una Rimini di solo mare e divertimento – dichiara Marina Lappi di Promozione Alberghiera - a una Rimini perfettamente integrata con la Romagna dove arte, cultura, lifestyle, food & wine, natura e attività all’aria aperta diventano attrattori importanti per un turismo italiano e internazionale sempre più alla ricerca di esperienze originali da fare in vacanza”.
Basato su un’originale strategia di influencer marketing applicata al turismo dove la game experience vissuta dai travel influencer diventa uno straordinario incentivo per alimentare creatività e narrazione, il progetto Romagna Welcome - GET YOUR RIMINI EXPERIENCE intende promuovere un territorio unico, da vivere non solo d’estate e sulla costa, ma 12 mesi l’anno e ovunque, con tantissime proposte ‘multi-experience’. In questo senso, gli albergatori diventano veri testimonial del territorio, consapevoli che il successo del proprio lavoro sarà sempre più legato alla capacità di saper narrare i propri luoghi e ciò che il territorio propone.
Dall’inizio dell’estate, oltre 50 milioni di persone da diversi paesi del mondo stanno seguendo sui social gli oltre 30.000 contenuti (articoli, foto, video) prodotti da 20 viaggiatori (tra blogger, social star, videomaker e fotografi) e dalle loro community nell’ambito del progetto Romagna Welcome – GYRE.
I 20 viaggiatori provenienti da Usa, Portogallo, Francia, Inghilterra, Germania, Russia, Ucraina, Italia, divisi in 4 squadre corrispondenti a 4 itinerari tematici specifici - Sea&Sun, Art&Lifestyle, Outdoor & Wellness, Food & Wine – hanno raccontato alla propria community le esperienze vissute ‘live’ nei giorni dedicati alla sperimentazione delle attività (sempre connesse agli itinerari tematici), col fine ultimo di portare le persone a prenotare negli alberghi aderenti al progetto e ad acquistare le esperienze di viaggio utilizzando uno speciale codice sconto ‘GYRE’.
Al progetto hanno aderito 17 hotel di Rimini, che sono entrati a far parte del club di prodotto Romagna Welcome: in queste strutture, è possibile prenotare con gli speciali codici ‘GYRE’, che danno diritto a uno sconto del 10% e permetteranno al contempo agli influencer in gara di accumulare punti per contendersi il montepremi finale, riconosciuto soltanto alla squadra che avrà saputo raccontare e promuovere meglio la destinazione Rimini e Romagna multi-experience.
La squadra vincitrice di #GYRE sarà premiata nel corso della 56°edizione di TTG Travel Experience 2019, la più importante Fiera del Turismo b2b in Italia (Rimini, dal 9 all’11 ottobre).
Happy Minds è un’agenzia creativa di marketing e comunicazione digital con sede a Ravenna che opera in diversi settori: hospitality, sanità, servizi legali, ristorazione, hospitality, personal branding, charity e altri. Dal 2009 ha maturato una forte esperienza nel settore turismo lavorando in diverse regioni d'Italia con progetti di destination management, brand destination e strategie di marketing e comunicazione basate sulle tecniche di influencer marketing e gamification. Nel corso del 2019 Happy Minds, tra gli altri progetti, ha realizzato il primo travel city game per la promozione del turismo culturale di Genova (Travelart), la strategia di comunicazione per la rassegna Musicastelle della Valle d'Aosta, il portale di promozione turistica dell'Unione dei Comuni della Bassa Romagna, la strategia di influencer marketing per la promozione turistica del Comune di Genova.
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Festival della Mente
Sarzana, 30 agosto - 1 settembre 2019
Scienziati, umanisti e artisti esploreranno in 40 incontri il tema del futuro, fulcro di questa edizione
Il Festival della Mente è il primo festival europeo dedicato alla creatività e alla nascita delle idee promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana con la direzione di Benedetta Marietti. La XVI edizione si terrà dal 30 agosto al 1 settembre, a Sarzana.
40 gli incontri in programma ai quali si aggiungono 20 eventi ideati appositamente per bambini e ragazzi e 6 workshop didattici nella sezione curata da Francesca Gianfranchi, un vero festival nel festival.
Un centinaio di ospiti italiani e internazionali in tre giornate indagheranno i cambiamenti, il fermento creativo e le speranze della società attraverso incontri, letture, spettacoli, laboratori e momenti di approfondimento culturale, rivolgendosi, con un linguaggio chiaro e comprensibile, al pubblico ampio e intergenerazionale che è da sempre la vera anima del festival.
Tema del 2019: il futuro.
«Il concetto di “futuro” è sempre stato importante e necessario per la mente umana – spiega Benedetta Marietti – ma acquista particolare significato in un’epoca come la nostra, densa di cambiamenti sociali, di trasformazioni tecnologiche e di incognite che gravano sul presente. Con il consueto approccio multidisciplinare, il festival si interroga sugli scenari possibili che ci attendono in campo scientifico e umanistico, senza però dimenticare che per guardare al domani bisogna conoscere il passato. E con la ferma convinzione che per immaginare il futuro che vogliamo è necessario creare e inventare una realtà nuova a partire dall’oggi. Spero che il festival, attraverso le voci competenti e appassionate dei relatori, riesca a trasmettere la convinzione che tutti noi possiamo e dobbiamo diventare “inventori del futuro”».
500 i volontari, di cui la maggior parte studenti che con passione e generosità contribuiscono a creare quel clima unico di festa che si respira nel centro storico di Sarzana durante il festival. Testimonianza del forte legame che la manifestazione ha creato con il territorio e della voglia di molti giovani di mettersi in gioco.
IL PROGRAMMA:
Apre il festival la lezione inaugurale di Amalia Ercoli Finzi dal titolo “L’esplorazione spaziale: oggi, domani e…dopodomani”. L’ingegnere aerospaziale, che da oltre venticinque anni si occupa di dinamica del volo spaziale e progettazione di missioni spaziali, ha contribuito infatti alla realizzazione di satelliti e sonde per l’esplorazione planetaria e ricoperto incarichi presso l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Agenzia Spaziale Europea e l’International Astronautical Federation. Medaglia d’oro del Presidente della Repubblica per meriti scientifici, Ercoli Finzi ricorda che, per svelare i segreti di mondi tanto lontani da essere fino ad ora considerati irraggiungibili, servono una tecnologia esasperata, lunghi tempi di progettazione e realizzazione, finanziamenti ingenti, ma soprattutto menti visionarie. È fondamentale che le scelte future su dove e quando andare siano il frutto di uno sforzo collettivo, che non veda come protagonisti solo i paesi industrialmente avanzati.
IL FUTURO DELLA LETTERATURA, DELLA LINGUA E DELLE ARTI
Masha Gessen, una tra le più brillanti giornaliste della scena internazionale, firma del New Yorker e vincitrice del National Book Award 2017, racconta, in un dialogo con lo scrittore Wlodek Goldkorn, la nuova Russia, nazione che con un sorprendente rovesciamento è passata dall’essere il faro della sinistra internazionale a diventare il modello esemplare, in America e in Europa, del pensiero conservatore.
Come riuscire ad avere una storia d’amore durante un conflitto? Come scappare dalle bombe quando ci si ritrova orfani? Come sopportare le torture dei soldati? Il poeta e scrittore palestinese Mazen Maarouf, sul palco con lo scrittore Matteo Nucci, svela come si può fondere la quotidianità domestica con la spietata irrealtà della violenza bellica per tenersi a galla, per resistere nell’unico modo possibile: sognando, scherzando, immaginando il futuro.
Dalla Palestina a Israele: la scrittrice israeliana Dorit Rabinyan, in dialogo con lo scrittore Alessandro Zaccuri, riflette sui grandi ostacoli, tra cui il dialogo interreligioso, che si frappongono al raggiungimento della stabilità politica e all’interruzione della guerra fratricida tra Israele e Palestina. È possibile una convivenza pacifica tra popoli in guerra da generazioni? Quali sono le strade attualmente percorribili verso il domani?
Oggi la tecnologia è in continuo cambiamento: internet e i social media mutano nel profondo i nostri modi di comunicare e di pensare, con una velocità che la storia non ha mai conosciuto. Cosa significa questo per la lettura? È davvero a rischio estinzione o prenderà forme nuove? Lina Bolzoni, scrittrice e membro dell’Accademia dei Lincei e della British Academy, ricorda che – da Petrarca a Machiavelli, da Tasso a Montaigne – la lettura è un incontro personale, un dialogo con gli autori al di là delle barriere del tempo.
Il linguista Andrea Moro dimostra che le regole del linguaggio non sono convenzioni arbitrarie, ma sono legate all’architettura neurobiologica del cervello: non esistono quindi lingue migliori di altre, lingue musicali o lingue stonate, né l’essere umano vede il mondo diverso a seconda della lingua che parla, come se essa fosse un filtro per i sensi e i ragionamenti.
La poesia è il futuro della parola, perché è una parola che guarda sempre al futuro. Intorno a questa affermazione dialogano due tra le voci più riconoscibili dell’attuale letteratura italiana in versi, Antonella Anedda e Alessandro Fo, sollecitati dalle domande dello scrittore Alessandro Zaccuri.
La produzione artistica contemporanea si è polarizzata sempre più in un rapporto tra città e periferia. Ma alla luce delle recenti emergenze ambientali e della nuova ubiquità digitale, come si diversificano gli interventi e le pratiche artistiche? La storica dell’arte Ilaria Bonacossa e l’artista Massimo Bartolini indagano le trasformazioni in corso dell’attuale panorama culturale e produttivo.
Achille e Odisseo rappresentano, secondo gli antichi, due modelli caratteriali contrapposti: il primo spontaneo e diretto, il secondo ingannevole, prudente, dai pensieri tortuosi. Achille è costantemente gettato nel presente, Odisseo invece non smette mai di pianificare il futuro, osserva lo scrittore Matteo Nucci.
Al festival partecipa anche l’Atelier dell’Errore, un laboratorio di Arti visive e performative progettato dall’artista Luca Santiago Mora per i reparti di Neuropsichiatria infantile a Reggio Emilia e a Bergamo, che in questi anni si è rivelato valido complemento all’attività clinica. Mora accompagna sul palco del festival alcuni dei ragazzi che raccontano gli animali del futuro, i prototipi di una zoologia che noi non faremo in tempo a conoscere ma che, inesorabilmente, sono già in viaggio, direzione Terra.
IL FUTURO DELLA SCIENZA
L’Intelligenza Artificiale, anche se già presente nella nostra vita, pone alcune legittime preoccupazioni: l’uso dei dati, le possibili discriminazioni, l’allineamento ai valori umani, la trasparenza, la necessità di capire come l’IA prende decisioni, l’impatto sul mondo del lavoro. Francesca Rossi, global leader dell’Intelligenza Artificiale dell’IBM, sostiene che è nostra responsabilità progettare il futuro che vogliamo, identificando per l’IA linee guida etiche che la indirizzino in direzioni benefiche per gli individui, la società, e l’ambiente.
La scienziata Barbara Mazzolai, direttrice del Centro di MicroBioRobotica dell’IIT di Pontedera e nella classifica internazionale delle donne più geniali della robotica, ha inventato il plantoide, primo robot ispirato al mondo delle piante che potrà trovare impiego in numerosi ambiti, dall’esplorazione spaziale al monitoraggio dell’ambiente. A Sarzana racconta perché, per riuscire a immaginare un futuro ecosostenibile, è necessario che biologia e tecnologia procedano insieme nell’indagare i misteri della natura.
Ciò che mangiamo influenza la nostra salute: di questo la scienza è certa. Ma quale modello alimentare sia più efficace per restare sani e vivere a lungo è argomento di discussione e spesso di confusione; il chimico Dario Bressanini e la nutrizionista Lucilla Titta dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano mettono in guardia sulle bufale delle mode alimentari, che offrono soluzioni semplici, ma non poggiano su solide basi scientifiche.
Il neuropsichiatra e neuroscienziato Edward Bullmore dell’Università di Cambridge spiega il nesso esistente fra infiammazione e depressione, dimostrando come e perché l’infiammazione può rientrare tra le cause della depressione. Quali fattori di rischio conosciuti, come lo stress sociale, possono causare infiammazioni? In quale prospettiva futura si potranno utilizzare nuove medicine antinfiammatorie per il trattamento della depressione?
L’idea del male ha origini lontane, si è integrata con la storia dell’uomo sulla Terra, ma oggi, osserva Valter Tucci, direttore del laboratorio di genetica ed epigenetica del comportamento dell’IIT, possediamo gli strumenti per trattare il male come un fenomeno biologico. Possiamo identificare porzioni specifiche di DNA che influenzano le nostre peggiori azioni: conoscere la biologia dei comportamenti è una delle priorità nel futuro della nostra specie.
Ora che tutte le vette sono state scalate e i poli esplorati, quali nuovi obiettivi e quali sfide attendono i pionieri del futuro? Risponde a questa domanda la matematica, fisica e glaciologa svedese Monica Kristensen, una delle più note esploratrici polari nordeuropee e prima donna a ricevere la medaglia d’oro della Royal Geographical Society. Oggi esistono misteri da risolvere – come la ricostruzione del tragico destino del grande eroe polare Roald Amundsen, scomparso nel tentativo di ritrovare l’equipaggio del dirigibile Italia – intere aree al di sotto degli oceani ancora da esplorare e lo Spazio da indagare, con la speranza di trovare altre forme di vita: un sogno destinato agli esploratori del futuro.
“Alla ricerca dell’immortalità” è il titolo dell’incontro con lo scrittore, fotografo e regista Alberto Giuliani, che accompagna il pubblico in un viaggio nel futuro, alla scoperta della scienza che spera di vincere la morte: dagli astronauti della NASA che simulano la vita su Marte alla ricerca genomica in Cina, dai laboratori di crioconservazione umana e di clonazione ai padri della robotica umanoide.
IL FUTURO DELL’AMBIENTE
Il riscaldamento climatico, la deforestazione, l’urbanizzazione selvaggia e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse, alimentati dai nostri attuali modelli di sviluppo e di consumo, hanno già ridotto la biodiversità di un terzo. Il filosofo della scienza Telmo Pievani lancia una sfida: provare a immaginare come sarebbe la Terra senza la pervasiva presenza dell’uomo, per ritrovare la consapevolezza della nostra fragilità.
Fragments of Extinction è un progetto dell’artista interdisciplinare, compositore e ingegnere del suono David Monacchi, che sta conducendo una ricerca sul patrimonio dei suoni delle foreste primarie equatoriali. Raccoglie registrazioni che restituiscono, fissandolo nel tempo, il linguaggio sonoro di un pianeta che rotola verso la sesta estinzione, per accrescere la coscienza ecologica pubblica e sperare di salvare così quanti più ecosistemi possibili. L’incontro è completato dalla proiezione del film di Monacchi
Dusk Chorus.
Nel corso della sua storia, il clima del nostro pianeta è passato attraverso grandi cambiamenti, alternando glaciazioni globali con epoche molto più calde, pur mantenendo una sostanziale stabilità che ha permesso la presenza della vita da almeno tre miliardi e mezzo di anni. Quali cambiamenti sono avvenuti in passato e come influiscono sull’ambiente naturale e sulla società? E soprattutto, quale tipo di clima ci aspettiamo nel futuro? Sul palco del festival, per proporre soluzioni a questi pressanti interrogativi, sale Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR.
Qualche decina di anni fa il futuro era rappresentato dalla plastica, che ha velocemente sostituito i materiali tradizionali e ha contribuito in maniera decisiva a creare nuovi mercati, rivoluzionando il nostro modo di vivere e di consumare. Oggi, però, siamo tutti preoccupati per i problemi ambientali legati alla sua produzione, al suo utilizzo e al suo smaltimento: le bioplastiche possono rappresentare una soluzione efficace per il nostro futuro? Si confrontano sul tema il chimico Marco Ortenzi e il biologo Marco Parolini.
Negli ultimi decenni si osservano tendenze quali l’abbandono di milioni di ettari di aree rurali, problemi di inquinamento e di riscaldamento climatico, scarsa qualità e quantità delle risorse alimentari. È quindi necessaria, spiega il presidente del Comitato scientifico del Programma Mondiale della FAO sul patrimonio agricolo Mauro Agnoletti, una nuova visione che realizzi un equilibrio fra aree urbane e rurali, anche per far fronte alla crescita della popolazione. L’Italia può giocare un ruolo importante proponendo la propria cultura in materia di qualità dei prodotti agroalimentari e del patrimonio paesaggistico e ambientale.
IL FUTURO DELLA SOCIETÀ E DELL’INDIVIDUO
Il Festival della Mente indaga le questioni più attuali del presente e del futuro: non poteva mancare una riflessione sugli oltre 70 milioni di rifugiati e sfollati, che spesso si muovono insieme a migranti economici lungo rotte controllate da trafficanti o attraverso zone di conflitto. Povertà, ineguaglianze e cambiamenti climatici rendono la situazione ancora più complessa. Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati dal 2016, risponde agli interrogativi più pressanti: è possibile offrire soluzioni a questi fenomeni in modo concreto, organizzato e rispettoso del diritto internazionale? È possibile parlare di rifugiati senza che il discorso sia strumentalizzato dalla politica? Come rispondere agli esodi forzati di milioni di persone? La solidarietà esiste ancora?
Esattamente trent’anni fa cadeva il muro di Berlino e, sulle sue macerie, si è ingenuamente celebrata la “fine della storia”, con il trionfo delle democrazie liberali e del capitalismo, secondo un progresso ritenuto lineare e senza contraddizioni. Ma adesso ci sembra di sporgerci su una nuova frattura della storia, osserva il direttore del Censis Massimiliano Valerii. Quando la storia si rimette in moto riecheggia il clangore delle armi: come saremo in futuro, fra trent’anni?
Bertrand Badré, che è stato managing director della World Bank e chief financial officer del World Bank Group, sostiene che la finanza non è un nemico perché di per sé non è né buona né cattiva. È uno strumento, la più potente delle forze meccaniche che quando imbocca la strada sbagliata produce esiti rovinosi ma può avvantaggiare tutti se controllata e gestita con responsabilità.
Il sociologo Stefano Laffi spiega come si aiuta una generazione a riscrivere il futuro. Parlare con pessimismo della crisi provoca nei giovani paura, disincanto e cinismo; rifugiarsi nella celebrazione dei fasti antichi, di contro, non serve a nulla sul piano concreto. Che fare? Occorre rompere il ricatto del presente, imparare a immaginare, esercitare il possibile al posto dell’esistente.
L’architetto e ingegnere Carlo Ratti – considerato da Wired una delle 50 persone che cambieranno il mondo, copresidente del World Economic Forum Global Future Council su Città e Urbanizzazione e special advisor presso la Commissione Europea su digitale e smart cities – spiega la grande rivoluzione odierna nel campo dell’architettura e del design, che vede affermarsi sempre più un modello progettuale
partecipativo e collaborativo con idee sviluppate dal basso, più che imposte dall’alto.
L’amore resiste al tempo e vorrebbe non morire mai. Ma l’amore che sa durare non è forse un amore impossibile? Lo psicoanalista Massimo Recalcati si inoltra nel labirinto della vita amorosa e indaga il miracolo dell’amore, il sentimento più misterioso di tutti.
Dalle moderne guerre di religione agli attuali rigurgiti fondamentalisti il dialogo tra le fedi si è sempre mostrato irto di difficoltà, ricorda il filosofo della religione Roberto Celada Ballanti. Oggi la multiculturalità impone relazioni tra etnie, visioni del mondo e religioni, determinando confronti – che spesso diventano scontri – e la globalizzazione ridisegna gli assetti planetari: occorre un paradigma dialogico che superi il concetto di tolleranza, inadeguato a fronteggiare le sfide del terzo millennio.
L’epistemologa Luigina Mortari sottolinea come, con il venire al mondo, siamo chiamati alla responsabilità ontologica di avere cura della vita. Poiché all’essere umano non è data sovranità sulla sua esperienza ma sempre è dipendente da altro, il prendersi a cuore la vita non può che attualizzarsi nell’avere cura di sé, degli altri e del mondo.
LA TRILOGIA
Attesissimi, come ogni anno, i tre appuntamenti con lo storico Alessandro Barbero, che chiude ciascuna delle serate del festival con le sue lezioni in Piazza Matteotti. Il ciclo quest’anno è dedicato alle rivolte popolari nel Medioevo, che hanno cambiato il corso della storia. Venerdì si parla dei Jacques, i contadini dell’Île-de-France, che, a metà del 1300, a causa delle continue disfatte che i nobili francesi riportavano nella guerra dei Cent’Anni, si ribellarono al dovere di mantenerli con il loro lavoro. Sabato è la volta dei Ciompi fiorentini, che nel 1378 occuparono le piazze della città per ribadire il loro diritto a essere coinvolti direttamente nel governo della città. Si chiude domenica con la rivolta dei contadini inglesi del 1381, gli ultimi a essere liberati, in Europa, dalla servitù della gleba.
EVENTI SERALI
Non esiste invenzione che non sia anche il frutto delle visioni che altri hanno avuto prima di noi: da Magellano a Mozart, da Gabriel García Márquez a Joseph Conrad, da Albert Einstein a Jimi Hendrix, ogni creazione nuova è il prodotto complesso delle intuizioni che l'hanno preceduta. È possibile trovare una curva che colleghi quei punti e indichi la traiettoria del futuro? Rispondono a questa domanda, in un incontro speciale pensato per il festival, Lorenzo Jovanotti e Paolo Giordano.
L’attore Umberto Orsini, che calca le scene da ormai sessant’anni e ha lavorato con Fellini, Visconti, Zeffirelli e Ronconi, pensa sempre al teatro come a un eterno presente, come a un futuro che si costruisce osando. È quanto spiega nel dialogo con lo scrittore Paolo Di Paolo, mentre ripercorre la sua carriera e pensa a come si crea il futuro in scena: nella scelta dei testi, nell’interpretazione, nel dialogo con la platea e nella costruzione del pubblico.
In anteprima per il pubblico del Festival della Mente, il regista Raphael Tobia Vogel porta in scena Marjorie Prime, un testo che esplora il rapporto tra memoria e identità, scritto dal drammaturgo Jordan Harrison – finalista al premio Pulitzer 2015 – e prodotto dal Teatro Franco Parenti. Se esistessero tra noi i Prime, ologrammi di persone care venute a mancare, riusciremmo a relazionarci a loro come se fossero l’originale? L’Intelligenza Artificiale può soddisfare i nostri più chiari bisogni e i nostri più intimi desideri ed essere utilizzata per sconfiggere la solitudine o aiutare l’essere umano a conoscersi meglio?
Se ne avessimo l’opportunità, come decideremmo di ricostruire il nostro passato e cosa decideremmo di dimenticare? Sul palco gli attori Ivana Monti, Francesco Sferrazza Papa, Elena Lietti e Pietro Micci.
La Bandakadabra, estrosa formazione di fiati e percussioni, si cimenta in uno spettacolo comico-teatral-musicale dai toni vagamente surreali e dadaisti, che spazia dalle atmosfere western e dalle colonne sonore di Ennio Morricone ai brani dei Beatles, diventando occasione per riflettere ironicamente sulla tossicità degli smartphone e sulla sfortunata vita amorosa dei musicisti di “insuccesso”.
La musica, il teatro e la letteratura vivono del tempo e nel tempo, ma sanno rovesciarne la percezione.
Beatrice Venezi, tra i più giovani direttori d’orchestra d’Europa, incontra l’attore Gioele Dix: insieme ai Solisti di Milano Classica, confrontano i loro artisti più amati e provano a immaginare un futuro per il loro mestiere.
Due esploratori del suono, il pianista improvvisatore e compositore Cesare Picco e il musicista e dj Alessio Bertallot danno vita, sul palco, a uno speciale viaggio tra i brani iconici della dj culture, affiancata alla forza evocativa del pianoforte, per creare un caleidoscopico nuovo mondo di suoni.
L’esplorazione polare è il tema dell’incontro con lo storico Paolo Colombo e il disegnatore Michele Tranquillini, che ripercorrono la storia di Ernest Henry Shackleton e della sua impresa di attraversamento a piedi dell’Antartide. Le parole di Colombo e gli acquerelli disegnati dal vivo di Tranquillini fanno rivivere questa avventura e rispondono a una domanda importante: cosa significa essere eroi?
Biglietti: lezione inaugurale gratuita; eventi diurni e trilogia (incontri n. 6, 24, 40) €4,00;
eventi serali, approfonditaMente e didatticaMente €8,00.
Informazioni e prevendite (dal 17 luglio): www.festivaldellamente.it
Facebook: @festivaldellamente | Twitter: @FestdellaMente
Instagram: festival_della_mente | Youtube: Festival della Mente Sarzana
Hashtag ufficiale: #FdM19
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PERDERSI NELLA MASONE DI FRANCO MARIA RICCI: IL LABIRINTO PIÙ GRANDE DEL MONDO SI TROVA NEL PARMENSE
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di Sara Rossi
A poco più di un’ora da Milano, nel comune di Fontanellato, si trova il labirinto più grande del mondo: il Labirinto della Masone. Inaugurato nel maggio del 2015, con il suo perimetro a stella, nasce da un’idea dell’eclettico Franco Maria Ricci, italiano reso celebre, in particolare, per la sua casa editrice che ha dato alla luce dei veri e propri libri-capolavoro. Sette ettari di “disorientamento” costituiti interamente da piante di bambù, se ne contano oltre venti specie.
L’intero percorso si effettua in meno di un’ora, ma se si cerca di giungere all’uscita senza aver buttato un occhio alla mappa stilizzata fornita all’ingresso, ci si può tranquillamente rassegnare alla vagare senza meta.
Una volta usciti dal dedalo di bambù si arriva alla Piramide, all’interno della quale c’è una cappella, mentre al piano inferiore c’è una sala con alcuni volumi ed una descrizione video della storia di Franco Maria Ricci.
Franco Maria Ricci, classe 1937, figlio di un’aristocratica famiglia genovese, nasce come geologo ma, estremamente affascinato dal tratto, dalle linee, dalle geometrie si ritrova a fare il grafico e poi il designer. Amante dalle auto, dalla velocità, e quasi spaventato dal rapido fluire della vita, vuole lasciare un segno e per questo, dopo aver studiato lo stile e l’opera di Gianbattista Bodoni, di cui ristampa con enorme successo il Manuale Tipografico in 900 copie, nel 1965 decide di fondare la sua casa editrice FMR, il cui tratto distintivo rimarrà sempre l’utilizzo del carattere Bodoni.
Le grazie lievi del Bodoni, l’utilizzo dell’oro abbinato al nero, denotano un’eleganza barocca, per nulla discreta. Libri pregiati, dove la stampa si abbina ad una ricerca di perfezione maniacale.
Franco Maria Ricci si occuperà della pubblicazione di libri d’arte e di pregio,tra cui vanno ricordate le collane “I segni dell’uomo”, “la Biblioteca di Babele” curata da Jorge Luis Borges, ma anche “Le Guide impossibili”, “Grand Tour”. Tra le grandi opere non si può dimenticare “l’Encyclopedie” di Diderot e d’Alembert edita nel 1970, “L’Enciclopedia dell’arte ART FMR” del 1990 e la pubblicazione della rivista FMR stampata dal 1982 e acquistata nel 2002 dal gruppo Art’è.
Alla Masone, oltre a passeggiare nel labirinto, si può visitare la prestigiosa collezione artistica di Ricci, 500 opere che abbracciano un periodo che va dal Cinquecento al Novecento. All’ingresso lo sguardo è catturato dall’amata Jaguar nera anni Sessanta, assieme ad alcuni loghi disegnati dal padrone di casa; nella stanza successiva inizia la collezione di opere d’arte vera e propria, dettata esclusivamente dal gusto di Franco Maria Ricci, presenta alcune opere pregiatissime. Si va dalle sculture Seicentesche, con Bernini, Foggini, Melini, ad una splendida Venere di Canova, da nature mote con teschi, all’epoca napoleonica; dalla pittura romantica dell’Ottocento con Hayez, il Piccio e Fabris; all’art Decò. Le suggestioni sono vastissime, ma credo che l’opera che più di ogni altra lasci a bocca aperta sia la collezione completa e originale (1751 – 1780) dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, rinchiusa in una teca a vetro protettiva.
Sono invece liberamente consultabili, con tutta la calma necessaria, in una sala dedicata, diverse pubblicazioni di inestimabile valore firmate FMR.
Per info: www.labirintodifrancomariaricci.it

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Città atea e santa
Taurisano, la città dell’ateo Giulio Cesare Vanini e della serva di Dio Mirella Solidoro, la città del Pane e della Madonna della strada. Questo piccolo centro a pochi
chilometri dalle spiagge di Ugento, è uno scrigno ricco di tesori ancora tutti da scoprire.
“Vogliamo valorizzare la nostra città in tutti i suoi aspetti, far emergere il suo carattere e le sue eccellenze per farla diventare una destinazione turistica.
Le potenzialità ci sono tutte”, dice il sindaco Raffaele Stasi sostenuto dagli assessori alla cultura, Katia Seclì e al turismo, Lina Normanno.
Un colpo d’occhio è la piazza dove si affacciano la chiesa madre e il palazzo ducale, divenuto oggi sede del Municipio.
Alle spalle si estende un incantevole giardino (che in passato era molto più vasto) dove i giovani sono abituati ancora oggi ad incontrarsi e giocare.
Taurisano è famosa in tutto il mondo perché nacque qui il filosofo Giulio Cesare Vanini, sul finire del ‘500. Illustre letterato e filosofo dalla vita un po’ complicata
finì al rogo, il 9 febbraio 1619, nella città francese di Tolosa, dopo essere stato condannato dalla Santa Inquisizione per ateismo. Per approfondire il suo pensiero
è stato fondato il Centro internazionale di studi vaniniani, presieduto dal professore Francesco Paolo Raimondi, docente di filosofia e già preside dello Scientifico Vanini
di Casarano, segretario. Il filosofo ispira anche il caffè letterario Normal, dove almeno una volta al mese si riuniscono intellettuali della zona per uno scambio di idee. E in occasione dell’anniversario dei 400 anni dalla morte, il 7, 8 e 9 febbraio 2019 sono arrivati a Taurisano studiosi di fama internazionale per partecipare a un convegno,
organizzato dall’amministrazione comunale e dal Centro studi internazionale Vanini. Ha partecipato, tra gli altri, il professore parigino Jean Pierre Cavaillè, docente
dell’Ecole des Haute Etudes di Parigi, paragonabile alla Normale di Pisa, esperto nel pensiero vaniniano.
Dice il professore Raimondi: “Patria mia nobilissima, quasi gemma al centro del mondo. Così Giulio Cesare Vanini definiva il Salento, la sua patria d’origine, che descrive
spesso nei suoi scritti. Allora l’Italia era raffigurata non come uno stivale, ma come una specie di mano e il Salento corrispondeva al dito indice dove si indossano gli
anelli".
Vanini è un precursore dell’età moderna e quindi dell’illuminismo. Originario di una famiglia ricchissima, lasciò a 16 anni Taurisano per proseguire i suoi studi ed entrare
nell’Ordine dei Carmelitani a Napoli, dove ebbe i primi dissapori con il Priore. E da lì iniziò la sua vita avventurosa. Con un compagno, Ginocchio, riuscì infatti a
rifugiarsi in Inghilterra, addirittura presso sir Abbot, capo della chiesa anglicana il quale appena due anni più tardi lo mise sotto accusa perché aveva scoperto che
Vanini tramava per ritornare sotto l’ala della chiesa cattolica. Riuscì a lasciare l’Inghilterra e ottenne la protezione del Nunzio apostolico di Bruxelles. Lo vediamo
ancora a Parigi, dove frequentava un cenacolo di letterati e filosofi protetti dal maresciallo di Parigi. Conosciuto per la sua prima opera, l’Anphiteatrum aeternae
provvidentiae, quando diede alle stampe il De Admirandis… “I segreti meravigliosi della natura, regina e dea dei mortali”, firmò la sua condanna. I professori della
Sorbona che ne avevano autorizzato la pubblicazione come accadeva allora, andarono alle autorità e dichiararono che lo scritto pubblicato era differente dalla copia
autorizzata. Vanini fuggì a Tolosa, ma appena due anni dopo venne raggiunto dal Tribunale della Santa Inquisizione e atrocemente giustiziato: strappata la lingua,
venne impiccato e poi bruciato. E le sue ceneri vennero disperse al vento”.
Ancora oggi per visitare la casa dove nacque Giulio Cesare Vanini e consultare i volumi della ricchissima biblioteca: 40mila volumi donati alla città anche da illustri
studiosi, arrivano appassionati da tutto il mondo.
Pullman di fedeli arrivano invece per pregare sulla tomba di Maria Solidoro, proclamata Serva di Dio e sulla via della Beatificazione e della Santità, una vita umile la sua,
ma dalla profonda spiritualità. A raccontarci la sua storia è il fratello: “Maria è nata nel 1964 ed è morta nel 1999. A 13 anni le venne diagnosticato un tumore al cervello.
Venne operata e ritornò in casa in coma, destinata a pochi giorni di vita. Invece trascorse tre anni in stato vegetativo. Il 2 maggio 1992 si risvegliò improvvisamente dal
coma. Raccontò di avere avuto una visione: un Signore con la barba le disse: guarirai, ma in cambio dovrai aiutare le anime che ti verranno a trovare. I vicini di casa le
portarono vari santini perché lei potesse riconoscere chi fosse questo Signore: lei lo riconobbe nel volto del Santissimo crocifisso così come raffigurato nella Chiesa di
Galatone. Da quel 2 maggio, mia sorella, pur non lasciando mai il letto, riprese le sue facoltà mentali e operò molte guarigioni e miracoli. Le telefonavano da ogni parte
del mondo e lei, incredibilmente, senza mai averle studiate, conosceva tutte le lingue. Aveva sempre una parola di conforto per tutti”
“Ti prego Maria, fai guarire mia moglie Maura!” quasi ogni giorno un marito disperato si reca sulla tomba di Maria Solidoro e scrive questo pensiero sull registro, adagiato
su un leggio e a disposizione dei fedeli. Poi ci sono tanti pensieri d’amore per la piccola fanciulla di Taurisano, che dicono, ormai sul punto di morire, diventava ogni
giorno più bella.
Non si può lasciare Taurisano senza visitare la Chiesa della Madonna della Strada, uno splendido esempio di arte romanica dalla facciata monumentale. Sul frontespizio
l’immagine della Madonna visitata dall’Angelo nel giorno dell’Annunciazione che dice Ave Maria, piena di tutte le grazie (espressione iscritta in greco sulla facciata)
e sul lato della chiesa la Meridiana. All’interno della chiesa si può ammirare un ciclo di affreschi attribuito alla stessa scuola pittorica della famosa Chiesa di
Santa Caterina di Alessandria a Galatina. Colpisce l’affresco che raffigura le lotte iconoclaste in Oriente: monaci perseguitati perché volevano dipingere l’immagine
dei santi e di Dio, imbrattati dal sangue che esce dal rosone di una chiesa! Da vedere.
La chiesa della Madonna della Strada era tappa obbligata lungo la via dei pellegrinaggi che portavano a Santa Maria di Leuca.
Ma che cosa sarebbe un pellegrinaggio senza il pane, così ricco di significati simbolici? Taurisano, con i suoi forni di eccellenza, vanta un’antica tradizione
nella produzione di pane e prodotti da forno, delizia per il palato e ristoro per l’anima. Un tour tra i forni del paese fa chiudere il tour in bellezza.
Redazione

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Da più di 120 anni la funicolare collega il centro di Bergamo con la Città Alta, più precisamente con piazza Mercato delle Scarpe, già sede di numerose attività commerciali. Nel 1430 questa piazza viene adibita esclusivamente alla vendita delle scarpe, mentre il palazzo che vi si affaccia e che ora ospita la stazione proprio della funicolare costituiva la sede della corporazione dei calzolai.
La funicolare di città è molto amata dai bergamaschi, che non potrebbero più farne a meno: quale altro mezzo di trasporto infatti ti permette di viaggiare nella storia attraversando le antiche mura venete che in passato difendevano Bergamo dagli attacchi nemici? Due graziose vetture salgono e scendono immerse fra giardini fioriti e scorci unici: nelle giornate di cielo sereno puoi godere di un fantastico panorama su tutta la pianura padana e scorgere addirittura gli Appenini!
Questo tragitto vede la luce nel 1887, su progetto dall’ingegnere Alessandro Ferretti.
Nella prima versione, la funicolare è mossa da una macchina a vapore, con impianto a due carrozze, collegate secondo un classico sistema va e vieni, in cui il peso di una aiuta il sollevamento dell’altra.
L’ammodernamento. Nel 1917 i macchinari e le stazioni di arrivo vengono ammodernate e le rotaie da una passano a due. Nella stazione a monte viene realizzata una sala d’attesa e una balconata a veranda, dove ancora oggi si può sorseggiare un caffè o un aperitivo godendo di una fantastica vista su tutta la città.
Oggi. La funicolare è attualmente in attività e in pochi minuti ti permette di superare un dislivello di 85 metri lungo un percorso di soli 240, dove la pendenza massima toccata arriva al 52%.
Piazza Vecchia
Capolavoro rinascimentale nel cuore di Bergamo Alta, Piazza Vecchia è “la piazza perfetta” che ha incantato (anche) Le Corbusier
Non sarà necessario seguire un unico e preciso percorso per raggiungere Piazza Vecchia: tutte le stradine medievali di Città Alta confluiscono verso il suo “salotto” rinascimentale.
Potrai, quindi, raggiungerla da più punti e noterai come ogni angolo d’osservazione riesca a esaltare armoniosamente tutti gli edifici che la incoronano. Al centro della piazza, la Fontana del Contarini emana ancora la sua bellezza settecentesca, dal colore candido e neutro. Poco più in là, eleganti palazzi dall’aspetto solenne e imponente, testimoni taciti di ricordi di una vita lontana.
Dalla facciata austera del Palazzo della Ragione al bianco smagliante di Palazzo Nuovo, ora Biblioteca Angelo Mai, con il suo patrimonio di incunaboli, cinquecentine, stampe, manoscritti. Da non perdere, la Torre Civica, detta il Campanone, che con i suoi 52 metri di altezza, svetta sulla città. Una breve sosta ai caffè storici aperti sulla piazza e ti sentirai parte di chi ama prendersi una piacevole pausa per osservare il lento via vai che anima Città Alta.
La magia di questo borgo antico sarà ovunque: il trambusto delle auto sarà solo un lontano ricordo. Farai tesoro di questo momento suggestivo nell’eleganza e nelle luci di una piazza che da fulcro del potere politico di Bergamo è diventata cuore del tempo libero. Da qualche anno Piazza Vecchia è anche sede di un appuntamento internazionale di grande richiamo, “I Maestri del Paesaggio”, che accoglie paesaggisti da tutto il mondo, impegnati a progettare per due settimane una piazza verde nel cuore di Città Alta.
Il Museo delle storie di Bergamo vi invita nel cuore di Piazza Vecchia, a Bergamo, dove si erge, maestoso il Campanone (o Torre civica), che con i suoi 52,76 metri di altezza offre una vista panoramica mozzafiato sulla città antica.
Alla sommità, raggiungibile a piedi (230 gradini) o più comodamente con il comodo ascensore in vetro, trovate la più grande campana della Lombardia.
Ancora oggi, tutte le sere alle ore 22.00 il Campanone batte i suoi suggestivi cento rintocchi a perenne ricordo della chiusura delle porte della città, lungo le mura, durante la dominazione veneta.
Mura Veneziane
Patrimonio Unesco dal 2017, le Mura Veneziane di Bergamo, con i loro 6 km di tracciato, offrono scorci insuperabili in uno scenario unico. Dove fare una passeggiata romantica, sotto la luna, in compagnia della persona giusta, in un luogo super romantico.
C’è un luogo che proprio nel 2017 è entrato a far parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità Unesco, rafforzando il primato della Lombardia in Italia. Si tratta delle Mura Veneziane di Bergamo: le imponenti opere murarie e bastioni che cingono Città Alta dal lontano XVI secolo, quando Bergamo era territorio della Repubblica di Venezia. Le mura si estendono per più di 6 km, con un’altezza che in alcuni punti raggiunge i 50 metri. Durante il fine settimana il perimetro interno diventa una grande isola pedonale.
L’emozione di accedere a Città Alta da una delle 4 porte monumentali è unica. L’ingresso più suggestivo è quello a sud, “Porta San Giacomo”. Dalla “Porta San Lorenzo”, posta a nord, passò invece Garibaldi, quando nel 1859 annesse Bergamo al Regno di Sardegna. Città Bassa e Città Alta sono collegate anche da una Funicolare che parte da Viale Vittorio Emanuele, ai piedi delle Mura, e arriva all’inizio della “corsarola”, l’antica arteria che taglia Bergamo Alta fino a Colle Aperto.
Da più di 120 anni la funicolare collega il centro di Bergamo con la Città Alta, più precisamente con piazza Mercato delle Scarpe, già sede di numerose attività commerciali. Nel 1430 questa piazza viene adibita esclusivamente alla vendita delle scarpe, mentre il palazzo che vi si affaccia e che ora ospita la stazione proprio della funicolare costituiva la sede della corporazione dei calzolai.
La funicolare di città è molto amata dai bergamaschi, che non potrebbero più farne a meno: quale altro mezzo di trasporto infatti ti permette di viaggiare nella storia attraversando le antiche mura venete che in passato difendevano Bergamo dagli attacchi nemici? Due graziose vetture salgono e scendono immerse fra giardini fioriti e scorci unici: nelle giornate di cielo sereno puoi godere di un fantastico panorama su tutta la pianura padana e scorgere addirittura gli Appenini!
Questo tragitto vede la luce nel 1887, su progetto dall’ingegnere Alessandro Ferretti.
Nella prima versione, la funicolare è mossa da una macchina a vapore, con impianto a due carrozze, collegate secondo un classico sistema va e vieni, in cui il peso di una aiuta il sollevamento dell’altra.
L’ammodernamento. Nel 1917 i macchinari e le stazioni di arrivo vengono ammodernate e le rotaie da una passano a due. Nella stazione a monte viene realizzata una sala d’attesa e una balconata a veranda, dove ancora oggi si può sorseggiare un caffè o un aperitivo godendo di una fantastica vista su tutta la città.
Oggi. La funicolare è attualmente in attività e in pochi minuti ti permette di superare un dislivello di 85 metri lungo un percorso di soli 240, dove la pendenza massima toccata arriva al 52%.
Piazza Vecchia
Capolavoro rinascimentale nel cuore di Bergamo Alta, Piazza Vecchia è “la piazza perfetta” che ha incantato (anche) Le Corbusier
Non sarà necessario seguire un unico e preciso percorso per raggiungere Piazza Vecchia: tutte le stradine medievali di Città Alta confluiscono verso il suo “salotto” rinascimentale.
Potrai, quindi, raggiungerla da più punti e noterai come ogni angolo d’osservazione riesca a esaltare armoniosamente tutti gli edifici che la incoronano. Al centro della piazza, la Fontana del Contarini emana ancora la sua bellezza settecentesca, dal colore candido e neutro. Poco più in là, eleganti palazzi dall’aspetto solenne e imponente, testimoni taciti di ricordi di una vita lontana.
Dalla facciata austera del Palazzo della Ragione al bianco smagliante di Palazzo Nuovo, ora Biblioteca Angelo Mai, con il suo patrimonio di incunaboli, cinquecentine, stampe, manoscritti. Da non perdere, la Torre Civica, detta il Campanone, che con i suoi 52 metri di altezza, svetta sulla città. Una breve sosta ai caffè storici aperti sulla piazza e ti sentirai parte di chi ama prendersi una piacevole pausa per osservare il lento via vai che anima Città Alta.
La magia di questo borgo antico sarà ovunque: il trambusto delle auto sarà solo un lontano ricordo. Farai tesoro di questo momento suggestivo nell’eleganza e nelle luci di una piazza che da fulcro del potere politico di Bergamo è diventata cuore del tempo libero. Da qualche anno Piazza Vecchia è anche sede di un appuntamento internazionale di grande richiamo, “I Maestri del Paesaggio”, che accoglie paesaggisti da tutto il mondo, impegnati a progettare per due settimane una piazza verde nel cuore di Città Alta.
Il Museo delle storie di Bergamo vi invita nel cuore di Piazza Vecchia, a Bergamo, dove si erge, maestoso il Campanone (o Torre civica), che con i suoi 52,76 metri di altezza offre una vista panoramica mozzafiato sulla città antica.
Alla sommità, raggiungibile a piedi (230 gradini) o più comodamente con il comodo ascensore in vetro, trovate la più grande campana della Lombardia.
Ancora oggi, tutte le sere alle ore 22.00 il Campanone batte i suoi suggestivi cento rintocchi a perenne ricordo della chiusura delle porte della città, lungo le mura, durante la dominazione veneta.
Mura Veneziane
Patrimonio Unesco dal 2017, le Mura Veneziane di Bergamo, con i loro 6 km di tracciato, offrono scorci insuperabili in uno scenario unico. Dove fare una passeggiata romantica, sotto la luna, in compagnia della persona giusta, in un luogo super romantico.
C’è un luogo che proprio nel 2017 è entrato a far parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità Unesco, rafforzando il primato della Lombardia in Italia. Si tratta delle Mura Veneziane di Bergamo: le imponenti opere murarie e bastioni che cingono Città Alta dal lontano XVI secolo, quando Bergamo era territorio della Repubblica di Venezia. Le mura si estendono per più di 6 km, con un’altezza che in alcuni punti raggiunge i 50 metri. Durante il fine settimana il perimetro interno diventa una grande isola pedonale.
L’emozione di accedere a Città Alta da una delle 4 porte monumentali è unica. L’ingresso più suggestivo è quello a sud, “Porta San Giacomo”. Dalla “Porta San Lorenzo”, posta a nord, passò invece Garibaldi, quando nel 1859 annesse Bergamo al Regno di Sardegna. Città Bassa e Città Alta sono collegate anche da una Funicolare che parte da Viale Vittorio Emanuele, ai piedi delle Mura, e arriva all’inizio della “corsarola”, l’antica arteria che taglia Bergamo Alta fino a Colle Aperto.
Castello di San Vigilio
Oggi il forte si presenta come una struttura imponente, capace di trasmettere una sensazione di potenza.
Il Castello di San Vigilio costituiva l’ultimo bastione della difesa cittadina: se cadeva San Vigilio, cadeva Bergamo.
Ed è per questo motivo che, nel corso dei secoli, al di sotto delle sue mura è stato scavato un vero e proprio reticolato di tunnel, passaggi segreti e diverse vie di fuga da utilizzare in caso di pericolo e attacchi nemici.
Oggi il forte si presenta come una struttura imponente, capace di trasmettere una sensazione di potenza, grazie alla caratteristica pianta a stella, i quattro torrioni, le merlature, i camminamenti, le cannoniere e le feritoie.
Situato sull’omonimo colle, dal quale sovrasta la Città Alta, oggi il castello è di proprietà del comune che lo ha riaperto al pubblico, ripristinando anche la funicolare che costituisce forse il modo migliore per raggiungerlo.
Infine, grazie al gruppo speleologico Le Nottole, è possibile visitare il passaggio segreto che univa il castello al Forte di San Marco, nella parte settentrionale della cinta muraria che cinge l’abitato.
Ristorante Pizzeria Da Franco
Dal 1998 al Vostro servizio nella splendida cornice di Città Alta
Situato a due passi da un luogo e dalla grande storia come Piazza Vecchia, il Ristorante Pizzeria ‘Da Franco’ è uno dei migliori ristoranti a Bergamo Alta, il posto ideale dove gustare ottimi piatti della tradizione bergamasca e specialità marinare sempre fresche grazie alla bravura degli chef esperti.
Concedetevi una cena con gli amici, un pranzo veloce e gustoso, o una sosta mentre siete in visita in questa meravigliosa città, perdendovi tra le viette caratteristiche, il panorama e l’atmosfera ricca di storia di Bergamo Alta il ristorante da Franco è l’ottima conclusione di una giornata perfetta dall’arte del Duomo di Bergamo a quella culinaria tipica di questo posto.
Il ristorante accoglie comitive di amici, è ideale per un pranzo di lavoro oppure per una ricorrenza speciale grazie ai piatti di pesce raffinatissimi e sempre molto freschi, se siete di fretta ma non volete rinunciare al gusto e alla genuinità concedetevi ricordate che da Franco è anche pizzeria con forno a legna, sempre pronto a sfornare varianti golose e croccanti.
www.dafrancobergamo.it