https://2024.terramadresalonedelgusto.com/
Un'estate tanto attesa e contrastata da un meteo sempre più imprevedibile merita un brindisi e, meglio ancora, se al tramonto. Tra le iniziative per celebrare il buon agroalimentare italiano in estate, Eataly Roma, il tempio del Gusto di Via Ostiense, ha scelto il vino e per due giorni, come le Wine Nights ha messo in speciale degustazione una selezione di etichette italiane che meritano l'eccellenza. Nomi di produttori blasonati come Casale del Giglio o Fontanafredda, ma anche di vignaioli con produzioni contenute, in genere aziende familiari come quella di Marco e Bianca Antonelli di Olevano Romano che gestisce poco più di tre ettari di vigneto. E c'era anche una buona rappresentanza al femminile, come Silvia
Branetti, attivissima nella gestione bio di un antico brand, Riserva della Cascina. Ad accomunare tutti è il comune investimento sulla qualità di un prodotto come il vino simbolo di tanti valori, conviviali e culturali.
E' stata un'occasione importante per assaggiare vini raccontati dagli stessi produttori, in un viaggio lungo la penisola e le isole, alla scoperta dei vitigni e dei terroir che caratterizzano le principali produzioni dei nostri territori. Atmosfera rilassata con buona musica in sottofondo e possibilità di abbinare i calici con piatti che gli chef Eataly avevano predisposto come uova al tartufo, amatriciana e il sempre amato hamburger.
Ed eccolo il viaggio proposto: partenza dalle eccellenze locali, con i vini dei Castelli Romani e quelli del Parco dell’Appia Antica di Riserva della Cascina, quelli biologici e biodinamici di Carpineti lungo la Via Francigena, il Frascati DOC di Fontana Candida a poca distanza in linea d’aria dal Mar Tirreno che, con le sue brezze fresche e salmastre, ne impreziosisce l’aroma delle uve. Dalla provincia romana si va verso la campagna senese, con Colombaio di Cencio e il suo Chianti e Sangiovese per spingersi poi fino alla Maremma, grazie alle etichette di Celestina Fè.
Si passa quindi per le Marche con i vini piceni dell’Azienda Agrobiologica San Giovanni e, scendendo lungo l’Adriatica, arriviamo in Puglia per assaggiare il Nero di Troia e il Primitivo, della Daunia, di Gioa del Colle e di Manduria. Non manca una rappresentanza dalla Campania felix, con i suoi apprezzati vitigni autoctoni, e dell Basilicata con i vini del Vulture di Re Manfredi. Traghettando in Sicilia, ecco in degustazione la DOC Etna declinata in bianco e rosso di Carranco e Tornatore, ma anche il Nero d’Avola, il Grillo, il Catarratto, lo Chardonnay e il Syrah di Tenuta Rapitalà. Risalendo lungo la Penisola, non possono mancare anche i rossi fruttati della Valpolicella e la bollicina italiana più venduta al mondo, il Prosecco, declinato da Villa Sandi. Di banco in banco si giungeva fino all’estremo nord-est approdando in Friuli Venezia Giulia, per degustare la Ribolla Gialla e i bianchi del Collio. Non poteva mancare la tradizione piemontese con i vini delle tenute di Re Vittorio Emanuele di Fontanafredda, tra le colline delle Langhe, patrimonio dell’Unesco e gli spumanti metodo classico Alta Langa di Gancia.
LE CANTINE PRESENTI:
Antica Enotria
Borgo Conventi
Cantine Silvestri
Carranco
Casale del Giglio
Castello di Buttrio
Celestina Fè
Colombaio di Cencio
Fattoria La Rivolta
Fontanafredda
Fontana Candida
Gancia
Le Vigne di Zamò
Marco Carpineti
Pietraventosa
Produttori di Manduria
Re Manfredi
Riserva della Cascina
San Giovanni
Santi
Sorrentino
Tenute Rapitalà
Tornatore
Villa Sandi
Mariella Morosi
GUSTO, LEGGEREZZA E FANTASIA ANCHE NEL GLUTEN FREE
La pizzeria Cimarra 4 prende il nome dall'omonima stradina del rione Monti a Roma che la ospita ma è facile arrivarci perchè si è affermata come pizzeria di quartiere e tutti la conoscono. E' un locale accogliente ma volutamente essenziale, con sedie recuperate e tavoli ampi in cui alla bellezza è stata preferita la praticità.
Un'ammiccante scritta luminosa in fondo alla parete, "pizza, pizza, pizza", attrae lo sguardo e invita al rito gioioso e conviviale. Semplicità, qualità, leggerezza e freschezza degli ingredienti sono alla base dell'offerta proposta da Mathew Myladoor, classe 1988, e dal suocero Renato Strazzeri. Il menu è inclusivo perchè c'è anche grande attenzione alle intolleranze, come quella al lattosio, e soprattutto alle esigenze di chi deve seguire un regime dietetico gluten free. Una scelta, in linea con le esigenze emergenti, ma in questo caso nata anni fa dalla celiachia di Martina, moglie di Mattew e figlia di Renato. Creare l'impasto giusto senza sacrificare il sapore era stato un atto d'amore per lei, in tempi in qui questa patologia era poco conosciuta, ma orma Cimarra 4 è diventato un indirizzo sicuro per molti altri.
“All’epoca non c’era un’offerta sul mercato vasta come oggi, e quindi avendo questa necessità, ho cominciato a realizzare pane e pizza da me - racconta Renato - non senza difficoltà, perché hanno una struttura diversa. Ma soprattutto il vero problema era dare un sapore a questa pizza, la differenza si sentiva".
Le cucine sono due, totalmente indipendenti per evitare contaminazioni, e in bella vista c'è un Neapolis (Moretti forni), forno a legna adattato all’elettrico, che accoglie fino a 9 pizze convenzionali. L'impasto gluten free è fatto separatamente nel laboratorio sottostante con un mix di farina di riso e farina deglutinizzata, lievitato 48 ore e con il 90% di idratazione e poi steso al mattarello.
Stessa attenzione anche per le pizze convenzionali, croccanti e insieme soffici ben armonizzate al topping. La cottura risulta uniforme anche al centro, il punto critico dove la guarnizione tende a scivolare.
A Via Cimarra c'è la storia di famiglia: nello stesso locale il papà originario del Kerala aveva aperto il primo ristorante indiano della città, Il Guru, che ancora oggi in molti ricordano. Poi ecco la svolta generazionale e la conversione al cibo più amato, la pizza. ”La ristorazione ce l’ho nel sangue - dice Mattew - in questo luogo sono cresciuto e qui ho scelto di restare". E' stato anche pioniere del binomio cocktail&pizza ma in lista c'è anche una selezione di birre nazionali e internazionali e qualche valida etichetta di vini e bollicine. Oggi è un locale all’avanguardia, con l’impiego dei QR code che permettono l'aggiornare costante su base settimanale del menu. La carta delle pizze comprende le classiche, e gustose varianti come quella con patate al forno, lardo di Patanegra e miele, la “Indiavolata” e la tonda che prende il nome dal locale, la “Cimarra 4”, rossa, con (o senza) mozzarella, salsa tonnata e datterini rossi e gialli, e tutte le novità di ogni stagione.
Da provare anche le variazioni del fritto, tra crocchette, supplì e fiori di zucca ripieni, ispirati alla romanità verace. Non possono mancare, entrambi rigorosamente senza glutine, anche la selezione di primi romani e la linea di dolci, dal classico tiramisù a quello al caramello salato, cheesecake e profiteroles al piatto.
Entrando nel locale si viene accolti dal grande bancone bar, a sinistra una sala più raccolta e l’altra, più grande con alle pareti insegne al led vivaci e giocose, come “Pizza pizza pizza” che richiama la celebre canzone (dell’omonimo album) “Girls girls girls”, l’astronave aliena che “rapisce” una fetta di pizza, o ancora “Eat, drink and be fancy”.
Ci sono anche quadri, realizzati dal fratello Robert Myladoor, con la tecnica del quadrattismo, che racconta con il suo stile cos’è la pizzeria e la convivialità. Ultimo pregio: il prezzo del tutto accettabile, rapportato all'alta qualità di tutta l'offerta.
Cimarra 4
Via Cimarra 4
tel. 06 4577 7297
Aperto dal martedì alla domenica 17:30 - 23:30 (cucina aperta fino alle 22:45). Lunedì chiuso.
instagram.com/cimarra4/
www.cimarra4.it
Mariella Morosi
ROMA, AL DOUBLE TREEBY HILTON PAOLO GRAMAGLIA HA APERTO LA NUOVA STAGIONE
La nuova stagione di “Chef sotto le Stelle", entusiasmante percorso tra le stelle della cucina e quelle che splenderanno sulla terrazza con vista del DoubleTree by Hilton Rome Monti, ha preso il via il 21 marzo con un ospite d'eccezione: Paolo Gramaglia. Chef del Ristorante President di Pompei e Ambassador della cucina italiana nelle più prestigiose location internazionali, sarà in amichevole collaborazione con il Resident Chef Mario Santamaria.
Seguiranno poi, nel calendario di incontri, Moreno Cedroni (26 settembre), Iside de Cesare (23 ottobre) e Nino Rossi (21 novembre).
Il format di degustazione, ideato ed organizzato dalla giornalista enogastronomica e consulente Giusy Ferraina, prevede infatti 4 cene con altrettanti chef stellati che presenteranno agli ospiti la loro cucina in un'atmosfera di speciale fascino, nel Rooftop del DoubleTree, all'ottavo piano della struttura dove il Cocktail Bar Mùn offre la vista della Basilica di Santa Maria Maggiore. Al piano terra invece c'è il Mamalia, ristorante con cucina a vista.
Dopo la prima cena a 4 mani con Paolo Gramaglia, con tutti i sapori della generosa Campania e del suo mare, da Senigallia arriverà Moreno Cedroni, 2 stelle Michelin del ristorante La Madonnina del Pescatore, per la terza volta ospite di "Chef sotto le Stelle". All'incontro, che vedrà la collaborazione di Lavazza, lo chef presenterà le sue interpretazioni del mare mirate alla sostenibilità e alla salvaguardia delle sue preziose risorse.
Il terzo appuntamento, vedrà protagonista la chef Iside de Cesare de La Parolina a Trevinano (VT) che saprà regalare un’immersione totale di sapori e profumi della Tuscia autunnale nella suggestiva cornice di Mamalia.
Chiusura infine il 21 novembre con Nino Rossi, chef patron di Qafiz a Santa Caterina d’Aspromonte (RC) che regalerà agli ospiti della serata la sua cucina da sempre ispirata alla scenografia selvaggia dell’Aspromonte con le sue erbe spontanee, le sue tradizioni, i suoi colori.
Ogni cena sarà la riproposizione di un percorso degustazione, costruito dallo stesso chef stellato, e per ogni percorso sarà studiato un wine pairing in collaborazione con le cantine del territorio, come omaggio allo chef ospite. Un modo per far conoscere vitigni autoctoni e realtà enologiche di livello.
Il menù firmato da Paolo Gramaglia, studioso appassionato di matematica e di ricette arcaiche, si è aperto con La Satura pompeiana, una ricetta è datata 79 d.C . E' un'insalata fresca di cereali con farro, orzo e grano, arricchita dalle uova di pesce volante con gocce di limone e panna acida, che era proposta dalle patrizie romane come "aperitivo" prima delle cene delle cronache luculliane.
A seguire, la Tagliatella con un tocco d'Oriente, con calamaro, agrumi di Sorrento, passion fruit, germogli in fiore e salsa ponzu, completata dalla punteggiatura di gelatine al passion fruit.
Si è passati poi ad uno dei piatti simbolo di Gramaglia, ma anche dell'appartenenza al suo territorio: la Pasta A… Mare, un miscuglio di vari formati di pasta da trafila di bronzo cotto in un brodo denso di crostacei al profumo di limone. Era una volta un piatto di recupero e antispreco che il genio partenopeo sapeva rendere grande, qui arricchito da sapori marini e da alghe.
Il secondo piatto di Gramaglia è stato Mediterraneo da Scoprire: Dentice in salsa di tuberi e limone amalfitano, alga wakame e polvere di summac. Un vero viaggio lungo le coste del nostro mare che abbraccia diverse culture e sapori e che si è concluso con una Sfera di Limone in acqua di arance, meringa al cavolo viola, frutti di bosco e cristalli di zucchero, un dessert elegante nella forma e nel sapore.
Come il format di Chef sotto le Stelle prevede, il percorso sarà realizzato in collaborazione con il Resident Chef Mario Santamaria, che per questo primo menù ha pensato ad una Panzanella di baccalà alla brace con ceci neri e peperone crusco. Un piatto che ricorda le sue origini pugliesi, anche se Roma lo ha accolto da tempo. Passato attraverso importanti esperienze, ha portato al Double Tree una cucina che punta tutto sulla tecnica, sui colori e sui sapori stagionali e territoriali che possono emergere da una materia trattata con competenza e rispetto.
L’intera cena è stata l'occasione per conoscere la cantina campana Casa Setaro e i suoi vini. Azienda di pregio e riferimento tra i vini del Vesuvio, scelta in omaggio allo stesso chef, con un focus particolare sul suo Caprettone, vitigno autoctono poco conosciuto che sarà degustato in diverse declinazioni, insieme alle altre etichette.
“Il sold out della prima stagione - dice il direttore del DoubleTree by Hilton Rome Monti, Simone Menga- ha confermato il successo dell’idea che sta all’origine di questo progetto: fare cultura dell'alta ristorazione, portando gli Chef Stellati fuori dalle loro cucine e creando un confronto sinergico con il Resident Chef per incontrare in modo innovativo un pubblico amante della ristorazione fine dining. Un modo alternativo per fare cultura del buon bere e dell'alta cucina. Per questa seconda stagione abbiamo viaggiato dal centro verso il sud della Penisola, toccando tre nuovi territori ricchi e molto particolari come la Tuscia, il Vesuvio e l’Aspromonte. Prevedo delle esperienze intense sotto molti punti di vista”.
Il DoubleTree by Hilton Rome Monti si affaccia su Piazza dell’Esquilino e dal quartiere prende pienamente ispirazione, un mix di contemporaneità glamour e stile industriale, ma anche una grande scommessa su una variegata offerta ristorativa, aperta sia agli ospiti che al pubblico esterno, con il MiT Food & Coffee Brewery giovane e vivace bistrot con patio sulla piazza; il Mamalia accogliente ristorante con cucina a vista, che propone tradizione italiana e romana rivisitate in chiave moderna dal resident chef, per concludere poi con una ascesa all’ottavo piano al Mùn Rooftop Cocktail Bar.
Le prenotazioni alle cene sono già aperte .
Per informazioni e prenotazioni:
https://www.dtromemonti.com/it/events/chef-sotto-le-stelle-2024-chef-paolo-gramaglia/
www.hnh.it
Mariella Morosi
Festa grande a Roma, dove 20 anni fa, in Via dei Predetti 24, accanto al Parlamento, era nato il primo ristorante del Gruppo Obicà. Oggi il bilancio dei vari locali, in Italia come a Londra e a New York, è di 500 dipendenti, con un fatturato di oltre 500 milioni di euro e 300 fornitori coinvolti nel corso degli anni.
Un successo dell'innovativa idea di ristorazione della famiglia Scuderi da celebrare tutto il 2024 . E se non basta sono in corso espansione sui mercati internazionali mirate all'acquisizione di nuove realtà con speciali focus dedicati alle risorse umane.
Al centro dell'offerta sono la Mozzarella di Bufala Campana dop e la mixology. Della prima ne sono stati venduti un milione di kg in 20 anni e per l'anniversario viene proposta una speciale rassegna di piatti signature, simbolo dell’autenticità e della genuinità dei migliori prodotti italiani. In dialetto napoletano Obicà significa “Eccolo qua!” ed è un’espressione usata per indicare qualcosa di sorprendente, proprio come una Mozzarella, morbida, saporita, da gustare nelle sue infinite declinazioni.
La festa si prolungherà alla fine di maggio con al centro una specialità campana, la Figliata di Latte di Bufala Campana Dop con all'interno mini Bocconcini di Mozzarella, sia come piatto singolo che abbinata a small plates, come i Crostini con Pacchetelle di Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP e Origano Fresco o la Caponata Siciliana e il Pesto di Pomodori Secchi.
“Viaggio in Italia” è invece la drink list firmata dal beverage specialist Luca Scrimenti, dedicata alle sei città in Italia in cui è presente il Gruppo: Torino, Milano,Firenze Roma Cagliari e Palermo.
Da giugno ad agosto, sarà, invece, disponibile uno speciale menù campano con pasta di Gragnano IGP e altri prodotti della tradizione rigorosamente campana.
A settembre e ottobre, sarà la volta del Salumificio pugliese Santoro che produce salumi nel cuore della Valle D'Itria, tra cui il Capocollo di Martina Franca, nato da antiche tradizioni contadine, marinato e affumicato con la corteccia di fragno, un albero che cresce solo in Puglia e in Basilicata. A chiudere i festeggiamenti, a novembre e dicembre, il tartufo di Savitar.
Questa la drink list “Viaggio in Italia” di Luca Scrimenti in abbinamento ai piatti: per Torino (Vermouth Bianco Del Professore, Chartreuse Verte, Cordiale al Ribes e Lampone, Tonica Superfine Tassoni), per Milano (Campari, Cordiale al Mango e Zenzero, Cinzano Prosecco DOC), per Firenze (Gin, Campari, Cinzano Vermouth Rosso, Liquore al Caffè), per Roma (Sambuca, Vodka, Liquore al Caffè, Espresso Dolcificato), per Cagliari (Mirto, Gin Superfine al Cedro Tassoni, Succo di Lime, Zucchero) e per Palermo (Passito di Pantelleria DOC Sentivento, Gassosa Bio Galvanina, Tintura di Limone).
“Siamo orgogliosi di celebrare il ventennale di questo marchio che da sempre valorizza la cultura enogastronomica del made in Italy - ha detto Achille Scudieri, Vice Presidente del Gruppo Obicà- ma guardiamo al futuro per continuare a portare i migliori prodotti italiani nel mondo, valorizzando l'impegno dei piccoli produttori, anche di vino, come la cantina Abraxas Pantelleria, le carni di Chianina della Tenuta La Fratta di Sinalunga ".
E' una strategia a lungo termine, quella della famiglia Scudieri, che nel 2021 ha acquisito il marchio da un fondo di investimento inglese che lo deteneva da ìl 2012, riportandolo in mani italiane con la mission di internazionalizzare il miglior made in Campania e in Italy.
“La qualità - dice il CEO Davide Di Lorenzo - resta al centro del progetto, con una visione che guarda anche a un’integrazione verticale della supply chain, attraverso l’acquisizione di società agricole, come Tenuta La Fratta, e la cantina Abraxas Pantelleria. Per il prossimo biennio guardiano all'espansione all’estero, con alcune nuove aperture, la prima vicino a Parigi ma anche negli States sulla East Coast, oltre ai due attuali locali a Manhattan. Nel Middle East le principali mete di interesse rimangono gli Emirati e l’Arabia Saudita. Ci dedichiamo anche allo e sviluppo di attività dedicate alle risorse umane, su cui puntiamo molto dal punto di vista della formazione e dell’engagement. Infine, per fidelizzare ancora di più la nostra clientela, pensiamo di introdurre nei prossimi mesi una loyalty card valida sia negli store sia sul nostro shop”.
Ogni dipendente viene seguito da un team interno di recruitment and training e viene coinvolto in classi di ‘Induction’, per approfondire i valori, la mission e la vision; mentre un training a parte è riservato ai Manager con il progetto ‘Train the Trainer’. Infine, è stato strutturato un processo di ‘Appraisal’, sia per l'Head Office che per i ristoranti, incentivando la restituzione del feedback come buona prassi aziendale.
Ristorante Italiano Campo Marzio | Obicà Parlamento (obica.com)
www.obica.com
Mariella Morosi
La Sardegna, terra dove le tradizioni si perdono nella notte dei tempi - è tra le zone più antiche del Mediterraneo - è uno dei pochi luoghi al mondo dove ancora si possono ammirare i Dolmen. Hanno circa 7000 anni e insieme agli Stonehenge (Gran Bretagna) sono tra i più importanti monumenti megalitici.
Dall’archeologia alla gastronomia il passo è breve. Dalle grandi pietre alle grandi “gemme” che questa terra offre c’è un filo di autenticità e tradizione. Ad esempio, un birrificio artigianale nel cuore dell’isola, in provincia di Sassari, trae il suo nome proprio dai monumenti megalitici. La birra Dolmen, anzi “le birre” - come specifica uno dei giovani imprenditori, Fabio Scarpa - "nasce nel 2005 ma avevo iniziato già 6 anni prima ad appassionarmi all’arte birraia. Produciamo le nostre birre in un laboratorio che è moderno rimanendo artigianale. Seguiamo scrupolosamente le antiche tradizioni birraie ma siamo attenti anche all’esigenza di mercato, quindi ad una sperimentazione dei nuovi gusti”.
Il birrificio produce circa mille ettolitri l’anno, usano malti d’orzo selezionati, luppoli e lieviti ricercati. “cerchiamo di dare sapori semplici ma autentici. – continua Fabio Scarpa - Usiamo solo acqua purissima, non aggiungiamo anidride carbonica, né conservanti o antiossidanti e cerchiamo di dare stabilità con 18 mesi di scadenza”.
Per gli amanti della birra e per tutti i visitatori della Sardegna si consiglia dunque una sosta a Uri, un piccolo paese di quasi tremila abitanti, distante 15 chilometri da Sassari e 18 da Alghero. E’ immerso da rilievi di rocce calcaree e dolci colline ricoperte di macchia mediterranea e coltivazioni di cereali, vigneti, oliveti e carciofeti. Il paese fa parte delle città dell’olio e prodotto d’eccellenza è il carciofo, cui è dedicata anche una sagra che richiama migliaia di visitatori.
(Birrificio Dolmen - Via Sardegna, 11 - URI (Sassari) www.birradolmen.it )
Se ci si sposta in provincia di Sassari, esattamente a Thiesi, c è un caseificio che sin dagli anni ’20 del secolo scorso opera nel settore lattiero-caseario con la produzione di formaggi tipici sardi. La filosofia aziendale è sempre quella di una filiera corta. Da una ventina d’anni, pur conservando il marchio F.lli Mannoni (la famiglia originaria di costituzione), la nuova società si chiama Sargra.
E’un’azienda casearia a conduzione familiare legata da tre generazioni alle produzioni più tipiche della storia casearia sarda sia da puro latte ovino e caprino sia da misto ovino/vaccino. Perciò si trovano le tipicità come il pecorino, caciotte, semi stagionati, duri stagionati con crosta rigata e il famoso pecorino romano.
Oggi con la nuova generazione, la quarta, si cercano nuove sfide per un mercato sempre più competitivo e globalizzato, con l’obiettivo di sperimentare e introdurre sul mercato prodotti innovativi al di fuori del “tunnel” del Pecorino Romano DOP.
Come ad esempio il BungaBunga, un formaggio sardo spalmabile dal sapore marcato e piccante. Di prossima uscita sul mercato la novità piu interessante: “Spicchio di Cuore” prodotto da latte 100% sardo e ideato con lo scopo di realizzare un formaggio salutistico, a basso contenuto di sodio, di grassi e conservanti.
(https://mannoniformaggi.it/ )
Un soggiorno a Thiesi dunque è consigliabile. Di epoca medievale ma forse ancora prima datata, i dintorni del paese offrono un enorme patrimonio sia storico e archeologico (la valle dei Nuraghi, le necropoli, domus de janas e Dolmen) e sia agricolo e pastorizio: nel corso degli anni è diventato il centro delle maggiori industrie casearie di tutta Italia. Sosta quindi anche al Caseificio, che dispone di un punto vendita all’interno dell’azienda.
SECONDO UNA RICERCA SUM-UP, MOSTRANO SEMPRE PIU' INTERESSE PER QUELLI DEL RESTO DEL MONDO
I gusti degli italiani sono in continua evoluzione e, nonostante ogni regione vanti le proprie specialità dolci, sembra che attualmente vadano per la maggiore i dessert "degli altri", di popoli anche molto distanti da noi, come i giapponesi, gli argentini o gli arabi.
E' quanto emerge da un'indagine di SumUp, fintech attiva nel settore dei pagamenti digitali con soluzioni innovative per business di ogni dimensione, che ha scoperto quali si stanno più affermando nelle nostre pasticcerie e nei laboratori.
Eppure la pasticceria italiana ha da tempo eguagliato, se non superato, la grandeur di quella francese. Una nuova generazione di talenti continua a creare nuove preparazioni, superando le tradizioni e talvolta osando, infrangendo i confini tra il dolce e il salato. Anche l'innovazione entra così nella cultura del dessert, tanto che si potrebbe parlare di una vera e propria rivoluzione del gusto.
Le pasticcerie - così come il comparto dei caffè e dei ristoranti- nel 2023 ha fatto registrare un +41,5% di pagamenti senza contanti e questo soprattutto ha guidato reso il progetto di ricerca SumUp, insieme all'attenzione che i consumatori rivolgono al web.
Il risultato è la curiosità di nuovi sapori e tradizioni provenienti da tutto il mondo, dall'Asia all'America Latina fino al Medio Oriente. Dall’analisi di SumUp emerge che per i Dorayaki giapponesi si registrano durante l’anno mediamente oltre 33.000 contatti al mese: in particolare, nel primo trimestre del 2024 si è passati dalle 22.000 di gennaio alle quasi 50.000 di fine marzo. Altrettante le ricerche per i Mochi (33.000 in media al mese), che sono passate dalle 40.000 di gennaio alle oltre 60.000 di fine marzo.
In crescita anche l’interesse per i Baklava, dolci della tradizione balcanica e mediorientale (27.000/mese), con il volume di ricerca passato da 27.100 di gennaio a quasi 40.500 di fine marzo, e per il Dulche de leche (15.000 ricerche/mese durante l’anno) che nel primo trimestre 2024 è passato da 12.100 a 22.200 ricerche online, tra ricette e luoghi in cui provarlo2.
“Nuove tradizioni culinarie si innestano su quelle storiche, allargando gli orizzonti e offrendo ai consumatori una varietà di sapori e di esperienze mai vista prima - ha detto il Responsabile Online Sales EU di SumUp Umberto Zola- e per gli esercenti è fondamentale intercettare i trend di consumo per rispondere alle nuove esigenze degli utenti. Non solo il nuovo è a portata di mano, ma oggi è sempre più facile anche effettuare ordini e pagamenti a distanza grazie a soluzioni digitali come quelle offerte da noi, supportando le pasticcerie italiane in questo processo di evoluzione, aiutandole a raggiungere nuovi clienti e ad aumentare il loro business”.
L'itinerario delineato attraversa il mondo e indica le preferenze degli italiani. Ma oltre al web a convincerli sono stati anche ricordi di viaggi, sempre più frequenti anche nella fascia del millennials. Ed eccoli i dolci vincenti. I giapponesi Fluffy pancakes e i Fuwa fuwa, sanno rispondere ad ogni gusto, spesso soffici e leggeri grazie all'uso di un impasto speciale e alla tecnica di cottura che prevede gli albumi montati a neve e la cottura al vapore. Poi ci sono i Dorayaki. In giapponese "dora" significa gong. Lo strumento musicale ha dato il nome a questi morbidi pancakes dorati a base di farina, uova e zucchero, uniti a miele e acqua che racchiudono un ripieno di anko, una marmellata di fagioli. Ma sono soprattutto i Mochi in numerose varianti ad essere scelti, bocconcini glutinosi di farina di riso, gustati durante celebrazioni importanti del Sol Levante, tra cui il Capodanno.
I Moon cake cinesi a base di pasta sfoglia invece sono legati alla leggenda di “Chang’e vola sulla Luna” consumati in autunno al Festival della Luna, che commemora l’unica notte dell’anno in cui l’arciere Houyi può raggiungere sua moglie sulla Luna. Ripieni di tuorlo d'uovo sodo e pasta di semi di loto o fagioli dolci, rappresentano l’unione tra i due amanti.
Il Baklava invece è un dessert dolcissimo della cucina mediorientale e balcanica. Le sue radici sono nell’Impero Ottomano,tra Turchia, Grecia e Armenia. Si tratta di un dolce ricco, tra croccantezza, dolcezza e aromi speziati, con strati di pasta fillo alternati a noci o pistacchi tritati e conditi con sciroppo di zucchero o miele.La Chebakia e soprattutto il Kaab el Ghazal appartengono più alla tradizione magrebina. Riservati all'origine alla famiglia reali e ai suoi ospiti, col tempo sono stati consumati in occasioni speciali come matrimoni, festività e celebrazioni religiose. Il nome Kaab el Ghazal in arabo significa "corna di gazzella" per la sua forma e prevede un ripieno di mandorle macinate, zucchero e acqua di fiori d'arancio, poi avvolto in pasta sfoglia e coperto di zucchero a velo o sciroppo di miele. La Chebakia è invece una pasta di semola di grano duro fritta e aromatizzata con acqua di fiori d'arancio, zafferano e cannella. A forma di losanga o spirale e viene gustata per riprendere le forze dopo il digiuno del Ramadan, il mese sacro islamico.
Infine dal Sud America arriva il Dulce de leche.E' una crema dolce ottenuta cuocendo a lungo latte e zucchero, con cui si fanno i famosi biscotti alfajores, torte e gelati o più semplicemente è spalmato sul pane. Spesso viene fatto in casa è dagli argentini considerato il dolce nazionale. Sembra - secondo la leggenda- che sia nato per caso, dall'errore della cuoca di Juan Manuel de Rosas, che governò l’Argentina nell’800, che lasciò bollire il latte troppo a lungo. Ma anche i cileni ne rivendicano la formula.
https://www.sumup.com/it
Mariella Morosi
DA "ELYSIUM"
LEGGEREZZA ED ESALTAZIONE DELLA QUALITA' DEGLI INGREDIENTI CON LA CONSULENZA DI UN MAESTRO COME VALENTINO TAFURI
Ha appena issato l'insegna, a un passo da Campo de' fiori, la pizzeria "Elysium" che propone una nuova formula di pizza, frutto dell'entusiasmo di un giovane, Alessio Iaci, che ha saputo innovare la tradizione senza troppo distaccarsene. Non poteva che essere quella napoletana a ispirare il format che sta appassionando i romani, nonostante qui a vincere è quella bassa e scrocchiarella. La proposta originale e innovativa, sia nella leggerezza dell'impasto che nell'esaltazione e nell'armonica concentrazione dei sapori del topping, è il risultato di intuizioni, ricerca ed esperienza del maestro pizzaiolo, Valentino Tafuri, docente e patron del Tre Voglie di Battipaglia, unita alla passione di Iaci che anche sulla competenza va forte. Prima cameriere, si iscrive a un corso per diventare pizzaiolo con la scuola del Gambero Rosso, poi lavora in una pizzeria gourmet.
A questo punto entra in gioco la madre, Jenny Migliorelli, che investe su di lui creando un grande locale, pizzeria e lounge bar (e c’è anche qualche proposta di cucina) in Via Monte della Farina. E' una strada dal nome evocativo dove anticamente si trovavano uffici frumentari che facevano prestiti in grano ai cittadini più poveri, invece che di denaro.
“Volevamo creare una pizza particolare - spiegano- per differenziarci da un'offerta omologata, puntando con tecnica ed equilibrio sulla qualità degli ingredienti e sulla leggerezza dell'impasto".
Perchè poi limitarsi a una sola pizza? Tafuri è partito dall'idea della pizza a ruota di carro napoletana, quella che per richiamare l'idea dell'abbondanza usciva un po' fuori dal piatto, ma l'ha resa croccante, con una base sottile e leggerissima "che quando la mangi - dice- avverti il sapore del pane e ne senti il suono”. Il segreto è l'impasto con biga Giorilli, 16 ore di prefermento altre 24 di maturazione. La cottura nel forno Moretti permette poi di scegliere tre diverse modalità di cottura statica.
Le tipologie in carta sono una ventina e cambiano con la stagionalità degli ingredienti. Ci sono le superclassiche, scelta obbligata per i puristi, e le speciali con le più varie composizioni nel topping, oltre alle baciate e alle ripiene. Quella alla scarpariello (pomodoro cotto, grana, pecorino romano dop, origano, pomodoro al forno, olio all’aglio, polvere di pomodoro) vuole essere un omaggio speciale a Napoli e l’amatriciana con guanciale d'autore e pelati, alla Città Eterna.
Il menu si apre con i fritti e soprattutto con il pane fatto in casa, che qui diventa comprimario tanto da avere voci dedicate in menu come “Il mio food porn”, con vari extravergine e Pane&co abbinato a salumi e formaggi. Ma anche tutto il resto esce dalla cucina, dai sughi alle salse.
Già l'abbondanza dei fritti rende problematica la scelta tra Frittatine, Polpette di baccalà, Crocché di patate, Mozzarella in carrozza, Supplì al telefono e Carciofo in slice con uova, farina, paprika e menta.
Si passa poi alle pizze, suddivise in Tradizionali e Le Stagionali. Nelle prime trovano spazio Capricciosa, Bianca al cotto stesa nel mais, Napoletana, Sauna calabrese (pomodoro cotto, pecorino, salame stagionato, mozzarella di bufala, nduja calabrese, origano), Tonno e cipolla, Cotto e funghi. Tra le stagionali la scelta è tra Scarola e baccalà, Bolognese, Zucca & nduja, Dylan Dog 2.0 (fiordilatte, cotto home made, chips di patate, ketchup di pomodoro San Marzano dop, olio evo), Broccoli e salsiccia, Amatriciana, 4 formaggi con fonduta di parmigiano reggiano, fiordilatte, Provolone del Monaco, blu di bufala, misticanza, chutnay di pere e olio
Alla sola Margherita è dedicata una carta: la Popolare, l’Antico (con il pomodoro antico di Napoli), gli Anni 80 con pelati, fior di latte, olio evo, grana e pecorino, la Regina Battipagliese e l’Umami della Margherita con pomodoro al forno, stracciatella, salsa al basilico, olio evo.
In carta anche le pizze Ripiene: Camera d’aria, gonfia e croccante grazie alla stesura nella farina di mais, con all’interno prosciutto cotto, stracciata, olio evo, fiordilatte e Racchetto classico, una pizza la cui forma ricorda una racchetta con un manico ripieno di prosciutto crudo di Parma 20 mesi, fior di latte, provola, pomodoro San Marzano dop, rucola, olio evo.Le Baciate infine sono piegate e ripiene: la Pop di stracciata, rucola, mayo classica, prosciutto crudo di Parma 20 mesi, olio evo e la Moris, focaccia con pistacchio nell'impasto e e mortadella Igp, senape di Digione in grani, mayo e zeste di limone.
Dolce finale con la cheescake al cioccolato e ai frutti di bosco, il semifreddo al pistacchio e al marron glacé. Gli amanti dell’espresso possono scegliere la miscela preferita Carta di Mondicaffè.
Interessante la drink list, elaborata dal mixologist Marco Mozzano pensando anche agli abbinamenti con le pizze, e approvata da mamma Jenny che è anche sommelier. Oltre ad una carta dei vini competente, varie le proposte di cocktails signature, dal Mediterranean Martini, gin italiano e olio d’oliva, vermouth dry, acqua di mare e foglie di sedano al Very Berry con rum e sciroppo di lamponi, fino all'Uncle Pedro a base di rye whisky e riduzione di sherry px. Tra i moktail, Miss Mary con pomodoro, mix di spezie, succo di limone.A chi ama lo spritz è dedicato l' Elysium,con vodka, sciroppo di prosecco, succo di limone, Aperol infuso al cardamomo, e ananas. Il locale, 500mq per 150 coperti, è arredato in stile post industriale con scritte al neon sulle pareti, tavoli distanziati e comode sedute. .
Elysium Pizza &Cocktail
Via Monte della Farina, 23 - Roma
Tel: 06 70163649
Instagram: elyisumroma
(credits Flavia Fiengo)
Mariella Morosi
Latte e derivati: oltre 50 milioni di contatti raggiunti dal progetto triennale “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”
Importante fonte di micro e macro nutrienti, il latte bovino è un prezioso elemento fonte di proteine ad alto valore biologico, di vitamine e di aminoacidi essenziali in proporzioni ideali, contenuti anche nei suoi derivati, formaggi e latticini. L'Europa, che ne sostiene la qualità e il consumo, con il progetto triennale “Think Milk, Taste Europe, Be Smart” realizzato dall’agenzia di comunicazione Blancdenoir, ha ottenuto il coinvolgimento di circa 50 milioni di persone.
Il bilancio finale dell'iniziativa, rivolta soprattutto ai giovani, sviluppata in Italia e in Germania e realizzata attraverso trasmissioni radio, tv, testate cartacee e online, è stato illustrato a Roma in un convegno all'Hotel de La Ville. All'incontro è seguito un evento conviviale con la presenza di Giovanni Guarneri del Settore lattiero-caseario di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari che aveva promosso questa campagna nel 2022.
Presenti anche il campione olimpico di sci Giuliano Razzoli e alcuni nutrizionisti che hanno sottolineato i vantaggi per la salute e per le attività sportive di una alimentazione in cui entrino il latte e i formaggi.
Ha presentato gli interventi il conduttore tv Tinto (Nicola Prudente) .
“Arriviamo al termine di questo progetto - ha detto Giovanni Guarneri - con la consapevolezza, confermata dagli importanti numeri registrati, di aver fatto luce sull’importanza di latte e latticini, sia nell’ambito di uno stile alimentare corretto e consapevole, sia nel più ampio contesto economico che vede la filiera lattiero casearia tra i settori di rilevanza nazionale con 13 milioni di tonnellate di latte prodotte ogni anno. La cooperazione, nello specifico, detiene il 70% della quota latte raccolta in Italia, ha un’incidenza del 70% nelle principali filiere DOP e la quota di fatturato delle cooperative nel settore lattiero caseario si attesta al 45%” L'approccio scelto per la campagna è stato in linea con le nuove tendenze di consumo e gli stili di vita soprattutto dei consumatori più giovani, ai quali è stato spiegato il valore del latte. Secondo le statistiche, proprio i millenials e la generazione Z si sarebbero allontanati dal suo consumo.
Sul tema sono stati pubblicati oltre 1600 articoli mentre sul sito web sono state contate quasi due milioni di visualizzazioni sul sito web. Inoltre sono stati coinvolti nella campagna di sensibilizzazione e in progetti digitali 1200 giornalisti e 30 influencer italiani. Anche gli stessi consumatori hanno svolto un ruolo attivo in varie iniziative. Soprattutto con la degustazione del latte di mucca e dei formaggi, spesso dotati di certificazione europea. Per il prezioso apporto di nutrienti, i giovani coinvolti hanno compreso la differenza con altri prodotti non garantiti e poco affidabili. Solo latte e latticini di provenienza europea possono garantire sicurezza, benessere animale, qualità, sostenibilità sociale, economica e ambientale: tutti valori su cui fa leva il settore lattiero-caseario.
Durante viaggi gastronomici attraverso le zone di produzione in tre regioni del Centro Italia i millenians hanno anche potuto seguire i processi produttivi, speso legati ad antiche tradizioni, anche con la collaborazione di chef-influencer, mixologist e content creator. Coinvolti anche giornalisti con corsi di formazione e continui aggiornamenti.
Tra le altre iniziative degli ultimi tre anni, on field e online, con il claim volutamente cool “Think Milk, Taste Europe, Be Smart”, molte presenze a fiere di settore come Vinitaly in Italia e Cheese Berlin in Germania, Forme a Bergamo e il Festival del Giornalismo Alimentare. Altre , destinate a un pubblico di consumatori eterogeneo, hanno avuto come palcoscenico per tre volte l’evento milanese Vanity Fair Stories.
www.thinkmilkbesmart.eu e canali social: INSTAGRAM @thinkmilk_tasteeu; FACEBOOK Think Milk, Taste Europe, Be Smart e YOUTUBE Think Milk, Taste Europe, Be Smart.
Mariella Morosi
ROMA 6 APRILE 2024: LA SFIDA DEI CUOCHI PER FARLA PIU' BUONA....ANCHE IN PANINO, CON HAMBURGER E SU PIZZA
Continua e si intensifica l'impegno degli chef romani a proporre la propria idea di Carbonara nella giornata dedicata a questa pasta sontuosa e iconica che nei gusti ha sbaragliato tutte le altre espressioni della romanità più verace. La loro fantasia non ha limite e si potrà gustare non solo "normale" ma in forma in panino, in hamburger o addirittura sulla pizza. Piatto popolarissimo, è entrato di prepotenza nella tradizione romana stranamente senza aver avuto origine negli orti dell'Agro Romano e negli allevamenti ovini. Ma non ha neppure un chiaro, incontrovertibile certificato di nascita, e sembra che anche col carbone c'entri poco. A meno che non fosse all'origine il pasto preferito dei carbonai, ma neanche questo sembra un dogma.
La tesi più accreditata la fa risalire al rancio di fortuna delle truppe alleate durante la seconda guerra mondiale, frutto della combinazione tra il bacon e le uova in polvere contenute nelle razioni K.
La Carbonara basica (uova, guanciale e pecorino, rigorosamente romano) è esplosa nella popolarità - questo il segreto- soltanto per il suo gusto, miracoloso risultato di pochi, poveri ingredienti disponibili in ogni cucina. Va da sè, però, che bisogna partire da una buona pasta, secca o fatta mano, come la propongono in tanti per renderla ancora più unica.
Ciò non toglie che si scatenino scontri continui tra puristi e innovatori e non c'è chef che con le proprie proposte non unisca alla sfida di fare quella "perfetta". Tuorlo soltanto o l'intero uovo? E si può mitigare la forza del pecorino col parmigiano? Il pepe ci vuole? Senza parlare del salume usato: si sono rotte solide amicizie tra chi usa la pancetta invece del guanciale. Ma gli chef - si sa- sono dei creativi e a loro sono concesse variazioni sul tema.
E così nella giornata della Carbonara istituita il 6 aprile dall'Unione Italiana Food, in collaborazione con l’International Pasta Organization (IPO), non c'è cuoco che si sottragga alla sfida, dalle trattorie tipiche alle cucine stellate. Ne citiano alcuni, rivelando la loro formula.
La “shakerata” di Aroma
Ecco dunque, tra gli chef stellati, Giuseppe Di Iorio che, con vista sul Colosseo dall’alto del ristorante Aroma, all’interno di Palazzo Manfredi, propone la sua Carbonara realizzata con materie prime d’eccellenza unite con tecnica raffinata. Si distingue anche dal modo in cui è servita: è la Carbonara shakerata, Di Iorio fa arrivare in tavola la pasta mentre è ancora all’interno di uno shaker da mixology. È proprio lì dentro che la preparazione viene ultimata, permettendo a tutti gli ingredienti di amalgamarsi per bene tra di loro e rigorosamente lontani dal fuoco. Così, la cremina a base di pecorino romano e uova va a farcire le mezze maniche e a fondersi col guanciale croccante. Il tutto viene poi versato sul piatto del commensale attraverso una rotazione dello shaker, che sprigionerà così una pietanza ricca, dai profumi e dalle consistenze unici.
I mix di guanciali di Madeleine
Purista della ricetta tradizionale è, invece, Simone Maddaleni chef del bistrot d’ispirazione parigina Madeleine nel quartiere Prati. Secondo Maddaleni, la tradizione ha l’onore e allo stesso tempo l’onere di raccontare tanto della cultura gastronomica di un territorio e non solo. Per questo motivo, il suo segreto è rispettare la ricetta secondo le sue indicazioni originali. Il suo personalissimo apporto alla ricetta tradizionale della Carbonara è uno speciale mix di guanciali calibrato alla perfezione, per armonizzarne il gusto. La selezione ne prevede infatti di diversi tipi, dal più sapido all’affumicato, dal più dolce a quello stagionato a lungo: in un perfetto equilibrio, compone così il mix presentato alla giusta croccantezza e in abbinamento alla cremina a base di uova e pecorino romano. Il tutto viene completato da una generosa spolverata di pepe nero, rigorosamente macinato al momento.Il Marchese e il pecorino a bassa salinità
100% tradizione e materie prime d’eccellenza sono anche gli ingredienti principali della Carbonara di Daniele Roppo, executive chef delle due sedi de Il Marchese, che è anche a Milano. Uova a pasta gialla di galline allevate a terra, guanciale Re Norcino, realizzato in maniera artigianale con una ricetta centenaria senza l’aggiunta di additivi da suini Duroc marchigiani alimentati con cereali e con una stagionatura di oltre trenta giorni, Parmigiano reggiano e pecorino romano DOP della selezione Cibaria. Si tratta di un prodotto unico, realizzato con latte intero di ovini allevati allo stato brado su pascoli di altopiano, con una pasta a bassa salinità, con delicata vena piccante. Viene servita a Il Marchese nel padellino in acciaio con manico. La Carbosarda di Calamosca
La fama della carbonara valica i confini regionali per giungere fino in Sardegna, dove al ristorante Calamosca. Lo chef Michele Ferrara proporrà la sua “Carbosarda”: realizzata a partire dallo spaghetto all’uovo fatto in casa e trafilato al bronzo nelle cucine del ristorante, variante isolana con materie prime eccellenti del territorio. Il progetto di Calamosca ha sede a Cagliari, in una struttura storica gestita dai fratelli Porcu, con un incredibile affaccio sul mare. Nella “Carbosarda” di Ferrara ecco così apparire il guanciale Su Sartizzu stagionato 60 giorni, speziato e con un grasso dal sapore ricco. Per la cremina del piatto, lo chef utilizza uova biologiche bianche di galline sarde allevate all’aperto, in abbinamento all’immancabile pecorino locale: il fiore sardo del caseificio Argiolas. Ed è così che un piatto della tradizione romana e laziale diventa simbolo d’unione del Paese intero, offrendo la possibilità di essere eseguito attraverso l’utilizzo di una materia prima che racconti la storia dei luoghi in cui viene celebrato e assaggiato.
Roma Amor
Ma c'è di piu': chi capita alla Stazione di Roma Termini, di fronte al binario 13, potrà gustarla anche in forma di panino con simbiosi con un'altra espressione dell'eccellenza italiana, in questo caso casearia e rigorosamente campana. Nella Stazione ferroviaria più grade d'Europa arriva infatti il “Roma Amor”, il panino che unisce Carbonara e Mozzarella di Bufala Campana Dop, prodotta dalle Fattorie Garofalo. E' un tributo in versione take away ai sapori del celebre piatto disponibile in esclusiva solo qui. E' un modo di celebrare il “World Carbonara Day” in modo originale e veloce. il “Roma Amor” è realizzato con pane nero e un hamburger di carne italiana, accompagnato da una crema carbonara arricchita di Mozzarella e croccante guanciale di maiale.
47 Circus Roof Garden (47 Boutique Hotel, Roma)
Lo chef Maurizio Lustrati, al 47 Boutique Hotel, uno degli hotel più green di Roma, l’unico in città ad aver ricevuto l’importante certificazione Green Globe la propone con un ingrediente in piu': il panorama bellissimo che si gode dalla terrazza del ristorante. La sua versione di carbonara è tradizionale, eseguita a regola d’arte e perfetta per i puristi. “Il consiglio è fare molta attenzione alla temperatura dell'uovo, per trovare il punto esatto in cui si crea la crema perfetta”, raccomanda lo chef a chi vuole cimentarsi nella sua preparazione casalinga. .
Controluce a Trastevere
Francesco Luciani, sous chef specializzato nei primi piatti rivela il suo segreto, ma prima di tutto raccomanda di farla in maniera genuina, senza arroganza. Qui la carbonara è una roba seria: si rispetta in tutto e per tutto la ricetta tradizionale. “Per me il segreto della carbonara è la temperatura della pasta, nel momento durante il quale si miscela con la crema d’uovo e pecorino
Controluce è il ristorante 'controcorrente' che non ti aspetti a Trastevere, amato dai romani che pure disertano la cucina del quartiere perchè "ormai troppo turistica".
San Martino Pizza e Bolle
Alessio Muscas (pizzaiolo) e Francesco Azzaretto (chef) offrono la vera pizza romana, bassa e crunchy, naturalmente gourmet con topping elaborati e studiati come un piatto di alta cucina, calibrati alla perfezione per il disco di pasta basso e croccante.
Qui la carbonara viene rivisitata: la pasta viene sostituita dalla pizza e la crema diventa il suo topping. “Visto che in questo caso non parliamo di una classica pasta alla carbonara ma di una pizza (romana nel nostro caso), il segreto è quello di calibrare alla perfezione la quantità e la consistenza topping con il disco d’impasto”, spiegano.
Morbido : Siamo a Roma, nel cuore del quartiere Appio Claudio, a due passi dal bellissimo Parco degli Acquedotti, uno dei polmoni verdi della città. Qui la carbonara è rivisitata è finisce dentro un hamburger: insieme al burger di scottona e al bun artigianale ci sono guanciale croccante, pecorino romano dop, uovo e pepe. “Nel nostro caso, parlando di un hamburger, il segreto è la cottura della crema carbonara a bassa temperatura”, spiega lo chef di Morbido Giuseppe Aronica.
Eggs a Milano
Al centro del'evento di questo nuovo ristorante che ha appena issato l'insegna a Via Solferino, ci sarà la Carbonara Galeotta, ispirata a quella americana di Ugo Tognazzi, folle e liberatoria, ricetta esclusiva del grande cuoco (e attore), protagonista della “Grande Abbuffata” e autore del memorabile ricettario “L’Abbuffone”.
Si tratta di una carbonara che non rispetta neanche uno dei canoni che oggi si vogliono sacri: una Carbonara con parmigiano, bacon, prosciutto crudo, burro, panna (ingiustamente demonizzata), peperoncino e brandy. Ma i 6 sarà anche al centro di un dibattito tra i la titolare Barbara Agosti, il socio Alessandro Trocino e autore di “La carbonara non esiste” e Luca Cesari, storico della gastronomia. Proprio lui, che era stato minacciato di morte sui social per avere osato proporre la Carbonara nella ricetta originale del 1954, quella pubblicata dalla Cucina Italiana, con pancetta, aglio e gruviera. Perché si può parlare male di tutto, ma la carbonara non si tocca.
Mariella Morosi
DEBUTTA A "TASTE" IL MITICO ANTICHISSIMO FORMAGGIO IN EDIZIONE LIMITAYA E NUMERATA E IN FORME DA 50 KG
Presentato ai gourmet che hanno affollato Taste 2024 di Firenze, il mitico Granone Lodigiano P.A.T. “capostipite di tutti i formaggi grana” che risale al Medioevo, apprezzato per la ricchezza del suo gusto e la sua particolare pasta dura, con una peculiare consistenza fondente al palato.
Ormai estinto, ma vero e proprio oggetto di culto per intenditori e appassionati proprio per la sua importanza storica e la sua rilevanza culturale, è stato riproposto grazie al lavoro di riscoperta e rilancio operato dal caseificio Pozzali Lodigrana, nome di riferimento dell’arte casearia lombarda, noto per i formaggi di alta qualità a marchio “Bella Lodi” e attivo da oltre 100 anni in un suggestivo angolo della Riserva Protetta del Parco Adda Sud.
Furono anticamente i monaci dell’Ordine cistercense a produrlo, come preziosa forma di nutrimento e di impiego del latte vaccino con un prodotto che potesse durare nel tempo. Questo formaggio storico era stato prodotto per secoli nelle campagne del territorio lodigiano e in alcune zone limitrofe a nord del Po ma la massima espansione si ebbe nel XIX secolo, con circa 450 casoni lodigiani attivi nella produzione
L’evento toscano è stata una preziosa occasione per scoprirne la produzione, con il debutto delle prime forme, realizzate con orgoglio e passione, seguendo in toto la ricetta originale, il metodo e gli ingredienti, nonché rispettando fedelmente tutte le caratteristiche, che fanno riferimento alla certificazione PAT (Prodotto agroalimentare tradizionale).
Il Lodigiano è, infatti, una terra molto fertile votata all’agricoltura e all’allevamento, per questo regala senza dubbio grandi soddisfazioni agli estimatori della produzione lattiero-casearia.
Il latte proviene da stalle concentrate nel lodigiano, dove viene lavorato rispettando le antiche regole di produzione. Solo una lunga e paziente stagionatura può garantire la formazione di caratteristici aromi.
La storia del caseificio comincia nel 1947 e oltre ad un'articolata produzione di formaggi stagionati a pasta dura del brand Bella Lodi: Classico, Riserva e Raspadura, dallo stabilimento escono altri formaggi tipici del territorio come Pannerone, Salva Cremasco, Laudella e Quartirolo Lombardo.
www.bellalodi.it
Mariella Morosi
IL CAFFE' NELLA RICERCA, NELL'INNOVAZIONE E IN PAIRING A TAVOLA
La rinnovata sede del Kimbo Training Center, spazio di ricerca e formazione all’interno dello stabilimento a Melito di Napoli, ha inaugurato la sua attività con la prima full immersion nella cultura del caffè dedicata a un team di esperti e appassionati della bevanda. A guidare gli ospiti in un articolato ciclo di analisi e degustazioni in tutte le sue declinazioni sono stati in tre masterclass Francesca Bieker, Andrej Godina, Mauro Illiano e Tommaso Luongo, tutti membri del Comitato Scientifico del Centro. (Nella foto: Godina, Luongo, Bieker, Illiano all'ingresso)
Per la prima volta è stato affrontato il possibile abbinamento del caffè a tutto pasto e non solo alla prima colazione, come già avviene in vari Paesi del mondo, che in genere è un prodotto diverso, allungato con acqua: il cosiddetto "americano". In questo caso tuttavia al centro del dibattito è stato l'espresso, in tradizionale tazzina, simbolo non solo di Napoli ma dell'Italia tutta.
Origine, tostatura, metodologia di estrazione e di temperatura di servizio danno profumi e sapori diversi e con l'aiuto dello chef Maurizio De Riggi sono stati preparati alcuni piatti per un possibile abbinamento con altrettanto tipologie di caffè degustato sia a caldo che a freddo. Sul tema “Il Coffee Pairing, assoluta novità nel campo della formazione dedicata al mondo dei sommelier” e sugli aspetti scientifici, salutistici e gustativi dei possibili abbinamenti, si sono confrontati in un coinvolgente dibattito Mauro Iliano, caffesperto, assaggiatore professionista e membro del comitato scientifico di Slow Food Coffee Coalition, e Tommaso Luongo, presidente di AIS Campania e Giudice internazionale per il Concours Mondial de Bruxelles. “Credo che oggi si sia segnato un momento importante nel mondo del caffè – ha detto Illiano - poiché con l’esercizio di food pairing condotto il caffè ha assunto un ruolo completamente nuovo nel mondo dell’abbinamento gastronomico. Presto potrebbe nascere una nuova figura professionale nel mondo del caffè, molto simile a quella del sommelier”.
Presente all'evento Teresa Armato, Assessora alle Attività Produttive del Comune di Napoli, che si è complimentata per l’iniziativa con Mario Rubino, presidente di Kimbo SPA, che ha arricchito l'incontro con un suo intervento nello stile provocatorio e concreto che lo contraddistingue: “Il caffè in grani - ha detto- è un vero e proprio semilavorato che deve essere necessariamente affidato a mani esperte. Se non si parte da una formazione accurata e costante dei baristi, anche la migliore miscela e la migliore macchina possono generare un risultato in tazza non soddisfacente. È per questo che non condivido la prassi del comodato d’uso. Se i bar fossero disposti ad investire in proprio su una buona macchina da caffè senza ricorrere alle concessioni dei torrefattori, la qualità del caffè sarebbe finalmente messa in primo piano e ciascun titolare di bar potrebbe scegliere il caffè migliore approfittando dei servizi di formazione forniti dal torrefattore".
Nuovo appuntamento Kimbo per il primo Corso per Coffee Master di I Livello il 23 febbraio 2024.
Ma Kimbo va anche in trasferta. A San Remo, durante il Festival della canzone è stato il caffè dei cantanti, dei musicisti e di tutti gli artisti che si alternano sul palco del Teatro Ariston. Simbolo del caffè italiano e ambasciatore della tradizione napoletana dell'espresso nel mondo, ha fatto conoscere la vera tradizione napoletana del caffè in tazzina. anche realizzato con la cuccuma, la caffettiera originale dei napoletani.
Mariella Morosi
JULIETTA PASTRY AND LABC'E' ANCHE UN LABORATORIO PER FERMENTATI E PRODOTTI INTERAMTE PLANT BASED
Essere vegano è una scelta di consapevolezza verso i nostri amici animali e la natura e grazie alla sensibilità emergente anche nella dominante comunità onnivora ci si sente sempre meno "diversi". Inoltre le alternative vegetali a tavola sanno essere sempre più invitanti. Ed ora, a Roma, al quartiere Ostiense, c'è anche una pasticceria tutta plant based, Julietta Pastry and Lab.
E' l'evoluzione di un progetto nato nel 2014 quando Valentina de Matteis e Maurizio Di Leta aprirono un bistrot vegano, il Romeow Cat Bistrot, 45 coperti e altri 15 nel dehor, tra piante ed erbe aromatiche. Oltre per il buon cibo divenne famoso per i gatti, adottati attraverso una onlus. Oggi sono diventati otto, e vi scorrazzano liberamente coccolati da tutti, come sucecde nei cat bistrot thailandesi e dai neko cafè giapponesi.
La cucina, affidata allo chef Jun Villarico, è deliziosamente gourmet con zuppe, taglieri di "formaggi-non formaggi" derivati da mandorle e soia e vari piatti esotici come il pad thai, il maki tako o gli spaghetti con crema di noci macadamia e ricotta di mandorle. In pochi anni l'approccio nei confronti dell’alimentazione vegetale - tutt'altro che triste o ripetitiva - è diventato sempre meno critico e si è scoperto che i vegani amano il cibo, sanno sceglierlo e cucinarlo e che, anche per loro, dolci, cioccolato e i gelati sono irresistibili.
Ma come concedersi tali gratificazioni escludendo uova, latte,burro, panna o miele? E allora, a percorrere l'ultimo miglio verso la realizzazione di un completo appagante menu per i vegani romani, ci ha pensato Valentina che ha aperto la sua pasticceria proprio due porte più in là del ristorante.
Vegana di lungo corso, si confessa golosissima e quindi "costretta" da sempre a creare deliziosi dolci con gli ingredienti più naturali e sinceri che sa procurarsi. Ed ora non gratifica soltanto sè stessa: la visione della sua vetrina è coinvolgente e le sue creazioni sembrano molto amate anche da chi vegano non è. I suoi dolci hanno sapori intensi, forti di un'origine biologica, tracciabile o provenienti dal circuito del commercio equo e solidale.
“Volevo creare una pasticceria gourmet nel pieno rispetto per la vita, per gli animali, per il nostro pianeta - dice Valentina- , che riuscisse a comunicare l’amore per i viaggi e la scoperta e condividere la nostra passione per le eccellenze e il nostro impegno per la sostenibilità”.
Julietta Pastry and Lab, in via via Francesco Negri 25\27, appena due porte dopo il "ristorante dei gatti", appena innalzata l'insegna, ha già conquistato il ruolo inclusivo di pasticceria di quartiere ma di ispirazione internazionale e i frequentatori abituali non sono solo i vegani.
Lo spazio è ampio e accogliente: 170 mq di cui 90 destinati a laboratorio, dove si cuoce e si sforna a tutte le ore ma dove si fa anche ricerca. La linea pasticceria è affidata alla pastry chef Barbara Giovanetti mentre delle fermentazioni è responsabile Simone Salvo. Ci si viene per fare due chiacchiere al bancone gustando qualche dolcezza con il thè, le tisane o il caffè, oppure per scegliere allo shop qualcosa di buono da portarsi a casa. E c'è davvero di tutto, sughi pronti, preparati per torte, marmellate, insaporitori vegetali homemade, granola, frutta secca e tostata. Tanto spazio anche alla parte salata, con mini quiche, club sandwich e sformati.
La linea dolce è di ispirazione francese come macarons, New York rolls, maritozzi, torte (anche crudiste) e monoporzioni, biscotti, mousse, lievitati e per le festività anche il panettone e la pastiera. Tutto vegano e soprattutto buonissimo. Creme sontuose e croccantissime frolle invitano ai peccati di gola e se l'assoluzione non arriva limitando l'apporto calorico c'è la soddisfazione di dimostrare che il benessere del pianeta e delle sue creature può andare di pari passo con il piacere del palato.
Capitolo a parte per le salse: presenti i grandi condimenti vegetali che negli hanno reso celebre Romeow, come la crema di noci macadamia, il pesto, il ragù di funghi e la salsa ‘stonnata’. Frutto di rigorosa ricerca sono i formaggi vegetali, mentre il tofu è derivato dalla soia, il seitan dal grano e il tempeh dai fagioli di soia fermentati. Sono altamente proteici, realizzati attraverso una lunga lavorazione manuale. Importante lo spazio dedicato alla fermentazione, che non è solo moda e neppure un nuovo trend alimentare. Da secoli è nella nostra alimentazione, basti pensare al pane, allo yogurt, al vino o alla birra. Si è solo riscoperto che apporta benefici, potenzia le proprietà nutritive e che ha effetti antinfiammatori e depurativi.
Nella linea beverage va forte anche qui il kombucha, un the dolce fermentato da organismi che lo trasformano in un preparato energizzante, che nel gusto ricorda il sidro di mele. E' presente una selezione di vini naturali e anche un intrigante "Julietta – Amore Amaro", l’amaro home made digestivo e ammazza-caffè.
Un bancone scenografico percorre il locale in tutta la sua lunghezza, fino all'angolo dello shop. I colori chiari e il verde delle piante contrastano con materiali come le cementine del pavimento e il legno della struttura nel concept, firmato dall' architetto Roberto Mercoldi, in continuità con quello del vicino ristorante.
Julietta www.juliettapastryandlab.it
Romeow Cat Bistrot www.romeowcatbistrot.com
Mariella Morosi
AL MAXXI DI ROMA LA SESTA EDIZIONE DI "EVOLUZIONE" CELEBRA L’ OLIO EXTRAVERGINE DI QUALITÀ
Successo di pubblico al MAXXI di Roma per la nuova edizione di "Evoluzione", percorsi per l'extravergine di qualità, organizzato da La Pecora Nera Editore e da Oleonauta. Degustazioni guidate da chef, tavoli di consulenza e masterclass a partecipazione gratuita, oltre a convegni e presentazioni di libri, si sono svolti intorno alle tematiche dell'oro verde italiano, preziosa nonostante le criticità del comparto agricolo e in particolare dell'olivicoltura.
“L’edizione di quest'anno -ha detto Simona Cognoli di Oleonauta- si inserisce in un contesto generale critico per il settore, dovuto alle difficoltà produttive e al mercato instabile ed è un’importante occasione per riposizionare il valore dell’olio extravergine di qualità, promuovendone un consumo consapevole”
Grande è il valore economico del comparto, ma questo prodotto simbolo ha anche un grande significato culturale. "Per questo - come hanno sottolineato Simone Cargiani e Fernanda D’Arienzo de La Pecora Nera- ospitare oltre 50 produttori di qualità in un luogo deputato alla cultura è per noi motivo di grande orgoglio. Vogliamo in questo modo sottolineare come l'utilizzo di un olio EVO di qualità da parte dell'operatore ho.re.ca. e del consumatore sia prima di tutto una scelta culturale. I motivi sono molteplici, dal sostegno alle piccole produzioni non standardizzate alle proprietà nutraceutiche del vero olio, passando per l'attività di promozione del territorio a cui quest'anno, col sostegno di ARSIAL e Regione Lazio, abbiamo dedicato un convegno speciale. Questa è per noi l'edizione dei record, ma non si tratta di un traguardo raggiunto bensì di un punto da cui partire per contribuire, nel nostro piccolo, a promuovere e valorizzare un’eccellenza del nostro Paese”
Per la prima volta Evoluzione che si rivolgeva normalmente agli operatori b2b ha aperto i battenti al pubblico con partecipazione gratuita e visite agli stand di 50 aziende alla presenza dei produttori con la possibilità di approfondimenti tematici.
Soddisfazione delle istituzioni per l'iniziativa. “La partecipazione della Regione Lazio a “Evoluzione” attraverso la main partnership di Arsial - ha detto l’Assessore al Bilancio Giancarlo Righini - rappresenta un impegno concreto nella promozione dell'olio extravergine, che è uno dei fiori all’occhiello della nostra agricoltura. Il nostro è un territorio dalla forte vocazione olivicola, da sostenere attraverso azioni efficaci e interventi mirati a valorizzarne l’effettivo potenziale. Va in questa direzione anche la recente legge regionale sull’eno-oleoturismo".
www.lapecoranera.net
www.oleonauta.com
Mariella Morosi
"LA SARDEGNA DI VINO DA BERE" : 35 LE CANTINE PRESENTI CON MASTERCLASS E APPROFONDIMENTI
Roma, sempre più capitale del vino di qualità, ha ospitato all' hotel Belstay la seconda edizione della "Sardegna di Vino da bere" con la presenza di 35 cantine di territori e microclimi diversi dell'isola con banchi di assaggio di 160 etichette e approfondimenti. Due le masterclass: “Il Nepente di Oliena e le sue interpretazioni” e “Ogliastra, Orgosolo e Romangia, territori a confronto”, entrambe condotte da Maurizio Valeriani, direttore della testata on line Vinodabere, insieme al critico enogastronomico Dario Cappelloni.
“Queste - ha detto Valeriani- hanno permesso ai partecipanti di compiere un viaggio virtuale in alcuni dei più affascinanti territori della Sardegna: Oliena ed il suo vino Nepente, con il fiume Cedrino ed il Monte Corrasi a punteggiare vigne e paesaggi e l’Ogliastra con la sottozona Jerzu e coltivazioni dalla collina al mare di Cardedu e Santa Maria Navarrese".
E' stato anche un approfondimento sulla viticoltura di montagna di Orgosolo con il Supramonte a dettare il ritmo delle stagioni e sulla Romangia con i territori di Sorso e Sennori, con il loro straordinario Moscato e le interessanti produzioni di Vermentino, Cannonau e Cagnulari”.
Queste le aziende presenti per località: Alghero, Poderi Parpinello; Anglona,Tenute Rossini;Coros:Cantina Monte Fenosu e Salvatore Chessa;Gallura:Cantina Depperu,Jankara, La Contralta, Li Duni,Li Seddi, Siddùra,Surrau,Tenuta Muscazega,Tenute Gregu;Mamoiada:Cantina Marco Canneddu;Mandrolisai:Fradiles;Ogliastra:Alberto Loi e Tenute Perda Rubia;
Oliena:Iolei,ASCOS, Associazione Produttori del Nepente e del Vino di Oliena, Biscu,Gostolai,Guthiddai,Ruju, Sardu, Salis Vignaioli di Oliena; Orgosolo Cantine di Orgosolo; Romangia Fattorie Isole Vini TraMonti Consorzio Terre di Romangia, Fara, Giorgio Nuraghe Cabrioni, Viticoltori della Romangia Sulcis: AgriPunica,Cantina Santadi,Cantine Sardus Pater
Sud Sardegna:Audarya e Pala.
Tra le denominazioni di origine per il vino, la Sardegna vanta una DOCG riconosciuta al Vermentino di Gallura nell'area settentrionale dell'isola e 19 DOC: Alghero, Arborea, Campidano di Terralba, Cannonau di Sardegna, Carignano del Sulcis, Girò di Cagliari, Malvasia di Bosa, Malvasia di Cagliari, Mandrolisai, Monica di Cagliari, Monica di Sardegna, Moscato di Cagliari, Moscato di Sardegna, Moscato di Sorso-Sennori, Nasco di Cagliari, Nuragus di Cagliari, Semidano di Sardegna, Vermentino di Sardegna e Vernaccia di Oristano.
In questa categoria il Cannonau è il più conosciuto ed è tutelato in diverse sue tipologie: Rosso, Rosato, Passito e Liquoroso.
La DOCG e le 19 DOC rappresentano il 66% del vino prodotto in totale. L'IGT è attribuita ad altri vini derivati da varietà locali unite a quelle internazionali.
Per info: www.vinodabere.it
Mariella Morosi
Si tratta di una varietà di susina selezionata cinque secoli fa dai monaci benedettini, localmente chiamata “i pruna di frati” di Terranova, e le piparelle di Villa San Giovanni, un biscotto secco a base di mandorle e spezie
Anno nuovo, Presidio nuovo. Due per la precisione: dalla provincia di Reggio Calabria arrivano due novità, “i pruna di frati” di Terranova, una cultivar di susina originaria del territorio pre-aspromontano della Piana di Gioia Tauro, e le piparelle di Villa San Giovanni. Una prugna nobile e delicata “I pruna di frati” di Terranova deve il nome ai monaci benedettini celestini del convento di Terranova Sappo Minulio, a quaranta chilometri dal capoluogo.
Furono loro, nel ‘500, a selezionare questo ecotipo e a sviluppare la coltivazione del pruno: ancora oggi, tra i ruderi dell’edificio, qua e là spuntano alcune piante. Il prugno produce susine “molto nobili e delicate”, per citare le parole usate nel 1691 da padre Giovanni Fiore da Cropani nel volume intitolato Della Calabria illustrata: i frutti, verde-giallastri che virano verso il rosso-violetto a piena maturazione, hanno buccia sottile e forma allungata e sono coperti da un consistente strato di pruina che li protegge dagli agenti patogeni. "Sono molto dolci eppure non stucchevoli, con una bella acidità – racconta Francesco Saccà, referente Slow Food del Presidio – e la loro particolarità è la facilità con cui il seme si separa dalla polpa: basta un morso".
I produttori che aderiscono al Presidio sono sei: "Complessivamente coltiviamo circa 7 ettari – spiega Daniele Molina, che dei produttori è il referente – e la produzione è limitata. Mediamente, in un ettaro crescono 350 piante: parliamo di terreni terrazzati, a quote che vanno dai 300 ai 400 metri, aree che oggi soffrono lo spopolamento e dove le piante da frutto hanno sempre risposto a un bisogno specifico: ottimizzare ciò che si aveva. La pianta - prosegue Molina - è rustica, ben adattata ai terreni argillosi e non richiede particolari trattamenti. I frutti maturano a fine luglio e la raccolta si concentra in quindici, venti giorni al massimo: Freschi si conservano all’incirca una settimana altrimenti si fanno seccare o si trasformano in confettura con cui si preparano le crostate della tradizione".
"I pruna di frati di Terranova sono un prodotto molto sentito sul territorio – conclude Saccà – e nei tre comuni di Terranova Sappo Minulio, Molochio e Varapodio quasi tutti hanno qualche pianta nei propri terreni. Certo, l’area è nota soprattutto per gli agrumi e le olive, ma anche il nostro susino è importante. Il riconoscimento come Presidio Slow Food è uno strumento di salvaguardia: per evitare che venga abbandonata e persa, deve poter essere una fonte di reddito per i produttori".
Una piparella tira l’altra Il percorso che ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food delle piparelle di Villa San Giovanni, invece, non nasce dalla necessità di riconoscere un valore anche economico al prodotto, bensì dall’urgenza di difenderlo dalle imitazioni. "Le piparelle sono un prodotto tradizionale del nostro territorio" spiega Francesco Foti, referente Slow Food del Presidio.
Una storia, lunga più di un secolo, che nasce dall’abilità dei maestri pasticceri nell’amalgamare ingredienti semplici: mandorle, zucchero, miele, farina di frumento e spezie come cannella e chiodi di garofano, oltre all’olio essenziale di arancio. "Oggi, pur di far colpo sugli acquirenti, si trovano varianti di ogni genere, piparelle aromatizzate in tutti i modi. – prosegue Foti – Noi crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti locali: il miele reggino, la farina italiana, le mandorle, che arrivano dalla Sicilia o dalla Puglia".
Simili per alcuni aspetti alle omonime piparelle messinesi, quelle prodotte a Villa San Giovanni si distinguono dalle siciliane perché sono più sottili, per l’abbondanza di mandorle nell’impasto e per l’uso più parsimonioso delle spezie.
"È un biscotto secco che si ottiene impastando le mandorle e le spezie con il miele, lo zucchero e l’olio essenziale di arancio, e aggiungendo solo in un secondo momento la farina" racconta Massimo Arena, referente dei sei produttori che aderiscono al Presidio.
Una volta ottenuti dei filoncini di circa 500 grammi, questi vengono infornati per 30 o 40 minuti e, il giorno successivo, tagliati a mano in fette sottilissime, di non più di 4 millimetri, da infornare in teglia per ulteriori dodici ore a una temperatura di 60 gradi. "Un’asciugatura, più che una vera cottura"- precisa Arena - Il nostro obiettivo è che ogni produttore sia libero di produrre le piparelle come meglio crede, utilizzando più o meno cannella o più o meno miele a seconda delle preferenze ma rispettando gli ingredienti di sempre. Se c’è chi usa le nocciole, le bacche di Goji o il bergamotto, allora è importante che il Presidio aiuti a distinguere le piparelle originali dalle altre".
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