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la redazione
Il Consorzio della Focaccia di Recco si “inventa” un nuovo modo di promozione: un concorso fotografico su Instagram, il “social” più in voga tra i giovani
Da sempre il Consorzio della focaccia di Recco IGP è attento alle nuove tendenze e certamente il modo di comunicare deve stare al passo con i cambiamenti dettati dal tempo, è in quest’ottica che propone il Photo-Contest #focacciadireccoigp2021, un “Concorso a Premi” che ha ottenuto il benestare del MISE ed il Patrocinio Regione Liguria, Comune di Recco e Camera di Commercio di Genova ed è rivolto agli appassionati di cibo e fotografia (spesso “postate” su Instagram).
Il Concorso è molto semplice: dal 21 giugno al 21 settembre si chiede al pubblico/cliente, quando sarà presso una delle attività del Consorzio, di fare una fotografia alla focaccia di Recco col formaggio IGP con l’ostia che ne certifica la protezione europea. L’ambientazione è libera, al ristorante, dal panificio o in focacceria un selfie o in compagnia, al mare, a tavola, su uno scoglio, in spiaggia o a casa o in qualunque luogo e con chiunque, poi postare la foto su Instagram con l’hashtag #focacciadireccoigp2021 taggando @focacciadirecco_igp ed invitare gli amici (o i follower) a mettere un like.
Mensilmente (il 21 luglio, 21 agosto e 21 settembre) fra le 20 fotografie che avranno tenuto più like una giuria ne premierà 10; 5 vinceranno una “cena-degustazione per 2 persone” presso uno dei ristoranti del Consorzio e 5 vinceranno un “box focaccia di Recco IGP” contenente un kilogrammo di focaccia di Recco col formaggio IGP da ritirare presso i forni e asporti aderenti al Consorzio.
Al termine del concorso, verranno inoltre assegnati dalla giuria, tra tutte le fotografie pervenute durante l’intera durata del Concorso, due “super-premi”: 2 soggiorni con cena, pernottamento e prima colazione per due persone nei due hotel aderenti al Consorzio della Focaccia di Recco col formaggio. Regolamento www.focacciadirecco.it
Una novità che ancora una volta contraddistingue il Consorzio recchese, da sempre alla ricerca di un contatto sempre più vicino con la propria clientela, coinvolgendo attivamente in nuove iniziative i sempre più numerosi appassionati della FOCACCIA DI RECCO COL FORMAGGIO I.G.P.
La Focaccia di Recco col Formaggio I.G.P. è solo in Liguria, nei comuni di Recco, Camogli, Sori e Avegno e nelle aziende consorziate
Le attività aderenti al Consorzio della Focaccia di Recco col formaggio:
Ristoranti a Recco: Alfredo – Angelo - Da Lino – Da ö Vittorio – Del Ponte – Manuelina – Vitturin 1860 – Storica Focacceria Manuelina.
Ristoranti a Sori: Edobar – Il Boschetto
Panifici a Recco: Panificio Moltedo G.B. via Assereto – Panificio Moltedo 1874 via XX Settembre - Tossini via Roma – Tossini via XXV Aprile.
Panifici e gastronomia a Recco: Tossini via Assereto – Tossini via Trieste.
Asporto a Camogli: Focacceria Revello dal 1964. Asporto a Sori: Focacceria Tossini.
Redazione
L’AQUILA ACCENDE I RIFLETTORI
SUI MIGLIORI ABBINAMENTI CIBO-VINO ROSATO
Protagoniste della sfida oltre 120 etichette europee giudicate da 45 esperti internazionali e abbinate alla prestigiosa cucina del ristorante Magione Papale. Ai fornelli anche i ragazzi dell’Istituto Alberghiero "Leonardo da Vinci L’Aquila"
Oltre 120 vini rosati top, provenienti da Austria, Belgio, Bulgaria, Spagna, Francia, Grecia, Portogallo, Moldavia, Romania, Slovacchia e naturalmente Italia. 45 esperti degustatori internazionali, tra sommelier, critici, buyer, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni. Alcune delle eccellenze gastronomiche abruzzesi elaborate dalla prestigiosa cucina del ristorante aquilano Magione Papale insieme ai ragazzi dell’Istituto Alberghiero "Leonardo da Vinci L’Aquila”. Tre giorni ad alto tasso competitivo, arricchiti da quattro incontri sui temi caldi del drink pink.
Questi i capisaldi della prima edizione della Food & Rosé Selection by Concours Mondial de Bruxelles (concoursmondial.com/it/food-rose-selection-2/), che si terrà a L’Aquila dal 4 al 6 giugno, nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza e delle misure sanitarie anti Covid, grazie anche ai dispositivi forniti dall’azienda abruzzese Safegatepro (www.safegatepro.it), sponsor dell’iniziativa, e a Dante Labs dell’Aquila che fornirà il laboratorio mobile per i test Covid.
Una nuova scommessa, realizzata dell'unico concorso itinerante al mondo in collaborazione con la Regione Abruzzo, che questa volta punta tutto sulla sincronia perfetta tra cibo e vino rosato per assegnare otto Trofei Food & Rosé Selection a quelle etichette (già premiate con le Grandi Medaglie d’Oro e le Medaglie d’Oro nella prima edizione della Selezione Rosé by CMB che si è svolta lo scorso marzo a Bruxelles), che esprimono al meglio le loro caratteristiche per ogni categoria di cibo in gara (aperitivo; pesce crudo; pesce cotto; salumi; carni cotte; cibi piccanti; formaggi; dessert).
Fino a domenica 6 giugno, via libera quindi alla sperimentazione per diverse occasioni di consumo di vino rosato, oggi alla ribalda a livello mondiale e in grado di accompagnare sia gli aperitivi che i pasti per la loro versatilità. Obiettivo della Food & Rosé Selection by CMB sarà in particolare aprire nuovi orizzonti gustativi nel corso di sessioni di degustazioni prima alla cieca e poi in tandem, ma sempre alla cieca, con i piatti a base di alcuni dei prodotti più rappresentativi dell’Abruzzo, che spaziano dalle specialità di mare alle prelibatezze di origine contadina legate all’antica pratica della transumanza, riconosciuta nel 2019 dall’Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Dalla pratica alla teoria, nel corso della tre giorni aquilana ci sarà spazio anche per quattro incontri di approfondimento (visibili online e sempre disponibili sull'account YouTube del Concours Mondial de Bruxelles: https://www.youtube.com/user/Vinopres) che, attraverso il coinvolgimento diretto di alcuni dei principali attori del comparto, faranno il punto sullo stato dell’arte del consumo, della produzione e dei trend del vino rosato in Italia e nel mondo.
Il programma della Food & Rosé Selection by CMB
VENERDÌ 4 GIUGNO
Apertura ufficiale della competizione.
Incontro “CERASUOLO, CHIARETTO, ROSATO: I ROSÉ ITALIANI DA UVE AUTOCTONE”
Ore 17.30 - Palazzo della Regione
A cura di Davide Acerra, amministratore e responsabile della comunicazione del Consorzio per la Tutela dei Vini d'Abruzzo (lingua italiana, con traduzione simultanea in inglese).
Incontro “PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEL VINO ROSATO: PRINCIPALI EVOLUZIONI TECNICHE E CONSEGUENZE SUL PRODOTTO”
Ore 18.30 - Palazzo della Regione
A cura di Gilles Masson & Nathalie Poulzagues, rispettivamente direttore e project manager del Centro di ricerca e sperimentazione sul vino rosato in Provenza (lingua francese, con traduzione in inglese).
SABATO 5 GIUGNO
Apertura sessioni di degustazioni alla cieca, durante le quali i giudici dovranno classificare le etichette in base alla loro tipicità e alla loro capacità di sposarsi con otto specifiche categorie di piatti: aperitivo; pesce crudo; pesce cotto; salumi; carni cotte; cibi piccanti; formaggi; dessert.
Incontro “TENDENZE GLOBALI DEL VINO: L'OPPORTUNITÀ DEL ROSÉ”
Ore 8.45 - Magione Papale
A cura di Pierpaolo Penco, consulente di marketing enogastronomico di Affinamenti e Country Manager Italia di Wine Intelligence (lingua inglese).
DOMENICA 6 GIUGNO
Si entra nel vivo del concorso con una sorta di tête-à-tête, dove si deciderà quale vino rosato sarà il migliore per ogni categoria di cibo e dunque quale pink label conquisterà uno degli otto Trofei Food & Rosé Selection previsti dalla competizione.
Incontro “LE NUOVE FRONTIERE DEL PACKAGING E DEL MARKETING DEI VINI ROSATI”
Ore 8.45 - Magione Papale
A cura di Katerina Slezáková e Gaia Gottardo, rispettivamente responsabile marketing di Vinolok e distributore Vinolok presso Amorim Cork Italia S.p.A. (lingua inglese).
Gli otto Trofei Food & Rosé Selection by CMB:
Miglior vino rosato da aperitivo;
Miglior vino rosato per il pesce crudo;
Miglior vino rosato per il pesce cotto;
Miglior vino rosato per salumi;
Miglior vino rosato per la carne cotta;
Miglior vino rosato per il cibo piccante;
Miglior vino rosato per il formaggio;
Miglior vino rosato per il dessert.
(Foto: ©Consorzio Vini d'Abruzzo)
Redazione
Melendugno, città del miele nella Giornata mondiale delle Api (20 maggio) e Giornata mondiale della Biodiversità (22 maggio)
Apicoltura uguale sviluppo ecosostenibile. Mentre tutto il mondo festeggia il 20 maggio la Giornata Mondiale delle Api e alla vigilia della Giornata mondiale della Biodiversità (sabato 22 maggio), il Comune di Melendugno è il primo della Puglia a conquistare la De.Co per il suo miele, facendo omaggio alle origini del suo nome che in latino vuol dire proprio Porto il Miele (da mele-duco). Infatti anticamente l’apicoltura era molto diffusa in tutto il territorio, apprezzato non solo per le sue marine, Torre Specchia, San Foca, Roca, Torre dell’Orso e Torre Sant’Andrea, ma anche per le sue campagne così ricche di macchia mediterranea dove sbocciano fiori dai mille colori e… sapori.
La De.Co (Denominazione comunale) è stata presentata nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Adorno a Lecce, alla quale hanno partecipato il capo di gabinetto della Provincia, Andrea Romano, il sindaco di Melendugno, Marco Potì, la consigliera delegata alla comunicazione, Palmina Surdo, il presidente del Consiglio, Piero Marra cui si deve l’avvio di tutta la procedura mirata a intensificare l’incremento dell’apicoltura a Melendugno e il riconoscimento della Deco.
Sono intervenuti anche Roberto De Donno, esperto di marketing territoriale, Vincenzo Pascali, presidente della commissione comunale De.Co e Stefania Marcuz, esperta in analisi sensoriale e membro del Consiglio Accademico International Academy of Sensory Analysis.
Dice il sindaco di Melendugno, Marco Potì: “Il nostro Comune ha avviato un processo di valorizzazione dei prodotti tipici, di cui il miele deve essere considerato solo il punto di partenza, in omaggio alla nostra storia”.
Spiega il presidente del Consiglio comunale, Piero Marra: “Melendugno è stato il primo paese della Puglia ad aderire all’Associazione Città del Miele con lo scopo di entrare in un circuito turistico, che non sia legato solo alla stagione balneare, ma anche a scambiare know how. Il prossimo passo sarà quello di coinvolgere nel procedimento per il riconoscimento della De.Co anche panificatori e produttori di prodotti dolciari”.
“Identità di un territorio e prodotti viaggiano di pari passo”, fa notare l’esperto in marketing territoriale, Roberto De Donno.
Intanto tantissimi giovani e donne si stanno avviando all’apicoltura. Le aziende sono diventate da 3 a 20 negli ultimi tre anni. E il progetto ha anche ispirato un famoso artista di Melendugno, Gerardo Petrachi, che ha realizzato piccole api in ceramica, un simpatico souvenir per i tanti turisti che d’estate trascorrono le loro vacanze nel territorio di Melendugno.
Le api, con il loro incessante lavoro, favoriscono l’impollinazione e quindi la riproduzione delle piante, custodendo la Vita di tutti gli abitanti del pianeta. Melendugno scommette su uno sviluppo ecosostenibile.
VEDI IL VIDEO ED ENTRA IN UN APIARIO A MELENDUGNO:
https://www.facebook.com/620441691475750/videos/659751014959275
Carmen Mancarella
Gli organizzatori confermano: il 20 maggio a Castelvetro di Modena prenderà il via la quattro giorni del concorso enologico di qualità di Città del vino.
Nel Castello di Levizzano, bottiglie di qualità da tutto il mondo si sfideranno a colpi di calici. E ci sono ancora poche settimane per iscriversi, il 3 maggio è l'ultima data disponibile per l'adesione online da parte delle cantine italiane e straniere coinvolte con la collaborazione di Recevin - Rete Europea delle Città del Vino - della Federazione Internazionale Iter Vitis Les Chemin de la Vigne - Itinerario Culturale Europeo - e di AMPV, l’associazione che riunisce le Città del Vino del Portogallo.
Il concorso, sospeso lo scorso anno a causa della pandemia, adesso in programma dal 20 al 23 maggio 2021, vede le terre dei Lambruschi ospitare le commissioni d’assaggio internazionali nell’antica struttura medievale che domina il borgo di Castelvetro di Modena per il concorso giunto alla XIX edizione; che si spera spumeggiante nella “casa” del Lambrusco Grasparossa, una delle tipologie di questi vini tipici modenesi, reggiani e mantovani.
Il concorso enologico internazionale Città del Vino nasce per valorizzare la cultura e l’economia del vino, i vini di qualità e i loro territori e paesaggi, con un’attenzione sempre maggiore al biologico, ai vitigni autoctoni e alle piccole produzioni. Il concorso nato vent’anni fa è infatti uno strumento di alleanza tra pubblico e privato, tra amministrazioni locali e produttori virtuosi e proprio per questo premia sia Comuni che le aziende vitivinicole.
Il Concorso Enologico Internazionale Città del Vino prevede i seguenti premi speciali: il Forum Spumanti, indetto dal comune di Valdobbiadene (Treviso), il premio BioDiVino, in collaborazione con l’associazione Città del Bio, e il premio Mondo Merlot dedicato ai vini con almeno l’85% di Merlot prodotti in Italia, in collaborazione con il comune di Aldeno (Trento).
Un riconoscimento speciale è destinato quest’anno ai vini a base Sangiovese di Romagna, dedicato alla figura del grande regista riminese Federico Fellini grazie al patrocinio di “Fellini 100”, che aveva previsto varie iniziative nel centenario della nascita dell’artista, in parte saltate per limitazioni anti Covid-19. Nonostante il rinvio al 2021, il premio speciale “I Vini dell’Amarcord” sarà comunque assegnato alle cantine che presenteranno vini a base Sangiovese di Romagna e Rebula Doc della provincia di Rimini e della Valle del Rubicone. Il premio è realizzato con l’Ambasciata delle Città del Vino d’Europa di Rimini, diretta da Alfredo Monterumisi.
Al concorso possono essere inviati i campioni di vini presentati da tutte le tipologie di aziende e devono essere a Denominazione di Origine Protetta e/o a Indicazione Geografica Protetta. Le categorie: rossi, bianchi, rosati, fermi e spumanti, frizzanti, passiti e liquorosi delle annate 2019 e dall’annata 2018 e precedenti. Un campione di vino equivale a 6 bottiglie della stessa tipologia.La valutazione dei campioni verrà effettuata dal 21 al 23 maggio da apposite commissioni internazionali a maggioranza di commissari esteri ed enologi, e composte anche da esperti assaggiatori, sommelier e giornalisti con provata esperienza; le valutazioni saranno espresse autonomamente da ogni componente e il punteggio finale sarà ottenuto in base alla media aritmetica delle singole valutazioni, previa eliminazione di quella più alta e quella più bassa.
I punteggi ottenuti consentiranno di assegnate la Gran Medaglia d’Oro (oltre 92/100), la Medaglia d’Oro (oltre 87/100) e la Medaglia d’Argento (oltre 82/100). È prevista anche la Medaglia di Bronzo (punteggio minimo 80/100) ma di fatto non viene mai assegnata. Non solo, ma l’edizione 2019 vide l’assegnazione di sole Medaglie d’Oro a dimostrazione dell’alta qualità media dei vini in concorso. Analoghi parametri serviranno per assegnare le medaglie del Forum Spumanti, di Mondo Merlot e BioDiVino. A questo proposito occorre ricordare che la somma di tutte le medaglie attribuite ai campioni che hanno ottenuto il miglior risultato non può superare il 30% del totale dei campioni presentati al Concorso, secondo quanto stabilisce l’O.I.V. l’Organizzazione Internazionale Vite e Vino che patrocina l’evento assieme al Ministero per le politiche agricole.
Le cantine vincitrici potranno fregiarsi del riconoscimento applicando sulle loro bottiglie il bollino ufficiale del concorso, per promuovere il successo ottenuto presso i consumatori e la clientela.
per iscrizioni al concorso e informazioni consultare il sito di Città del Vino
La redazione
DA SECOLI SULLE TAVOLE DELLA COLAZIONE PASQUALE MARCHIGIANA
È una preziosa opera d'arte, ovvero fatta ad arte da maestri casari, veri custodi delle nostre tipicità gastronomiche e dell'ambiente. Un formaggio nato dal latte di animali liberi, sani e felici che compone la tavola della tradizione pasquale marchigiana insieme ad altri ingredienti speciali come crescia al formaggio, uova e frittata di erbe e ciauscolo. È la Casciotta d’Urbino Dop, eccellenza agroalimentare italiana e marchigiana, simbolo della provincia di Pesaro e Urbino, il primo formaggio ad aver conquistato la Denominazione di Origine Protetta.
Protagonista di una storia d’amore secolare con il suo ambasciatore più illustre, Michelangelo Buonarroti, la Casciotta d’Urbino Dop divenne una specialità distintiva marchigiana con il signore del Ducato di Urbino, Federico da Montefeltro, che decise di proteggere il suo territorio dalle scorrerie dei pastori transumanti agevolando l’uso dei pascoli per gli allevatori locali. La produzione di piccole forme rotonde, morbide e dal sapore delicato si affinò fino ad arrivare agli anni ’60 del secolo scorso quando le “vergare”, donne di casa del pesarese dedite all’allevamento del bestiame, coniarono l’odierna formula magica: latte ovino 70-80% e latte vaccino 30-20%.
Oggi, questa formula magica è protetta dal Disciplinare di Produzione, garante anche della definizione e del rispetto delle regole di lavorazione casearia fondamentali per ottenere un formaggio di alta qualità e buono come da tradizione. Per tutelarne l’eccellenza, al Disciplinare si affianca il Consorzio di Tutela Casciotta d’Urbino Dop che si occupa anche della sua promozione e valorizzazione.
La Casciotta d’Urbino Dop, regina della tavola sin dal XV-XVI secolo, è inconfondibile sin dal nome che la distingue dalla classica caciotta grazie alla caratteristica “S”, frutto di un fortunato errore di trascrizione di un impiegato ministeriale del ‘500.
Ma anche il gusto è altrettanto inconfondibile: dolce e delicata, ha il sapore del burro e del latte fresco col quale viene prodotta. Friabile e molle, all’olfatto è fragrante e aromatica. Una vera perla, versatile e perfetta per le impreziosire le ricette …e le colazioni più diverse!
Redazione
26 giugno 2020
Grande attesa per l'apertura del ristorante ospitato nell’Antico Convento dei Cappuccini di Ragusa Ibla. Un nuovo menu per una pausa di bellezza, quiete e natura.
C’è un tempo per tutto, anche per fermarsi, riprendere contatto con l’anima più autentica dei luoghi e godere della loro bellezza. E ci sono posti dove la lentezza è un valore in più, in grado di regalare la dimensione di un’esperienza che diventa scoperta, donando il tempo giusto per ammirare ciò che c’è intorno e gustare una cucina legata al territorio.
A Ragusa Ibla esiste un luogo amico del tempo e delle cose buone,il ristorante Cenobio. Già il suo logo riportante una delle meridiane presenti nel chiostro dell’edificio ne anticipa l’identità. Il ristorante è ospitato all’interno dell’Antico Convento dei Cappuccini, immerso nel verde dei Giardini Iblei, dinanzi una magnifica vallata. Lo chef Francesco Mastronardi propone una cucina dove si rispetta il ritmo delle stagioni ed il lavoro dei piccoli produttori, dove la tecnica sa sposarsi bene alla semplicità e all’estetica dei piatti, mero cibo per l’anima.
Il prossimo 26 giugno l’apertura del ristorante al pubblico, con tutti gli accorgimenti dettati dal dopo lockdown per rendere più sicura e piacevole la sosta gourmet. Il menu è composto da tre proposte (con piatti vegetariani, di pesce e di carne) e da tre dessert che abbracciano i valori della mediterraneità, della stagionalità, della sostenibilità nonché eticità degli ingredienti. E sarà lo stesso chef che con il piacere di raccontarli accoglierà gli ospiti nel giardino che si apre sulla scenografica vallata dell’Irminio o all’interno della sala affrescata del Cenobio.
“Il menu prevede anche degli speciali del giorno sulla base della disponibilità delle materie prime – precisa lo chef - mentre le varie pietanze proposte à la carte prevedono una versione gluten free.Chi ama mangiare vegano potrà puntare su piatti quali il timballo di patate e tenerezze, l’insalatina di peperoni, la crema di zucchine estive o la nostra pappa al pomodoro. Per i bambini oltre ad una versione semplificata dei piatti in carta è possibile proporre una pizza ed un hamburger in una versione semplice e genuina.Grande attenzione infine al cestino del pane, contenente diverse tipologie di pani prodotti con grani locali”.
Da provare fra gli antipasti il Toast di pane nero e gambero rosa con insalatina di polpo e calamaro e gazpacho verde mentre per gli amanti della pasta i Tortelli ripieni di ricotta ed erbette del convento su verdure “accaponate” e crumble di pinoli. Fra i dolci metterà tutti d’accordo il Biancomangiare di latte di mandorla, melone marinato e biscotto di fondente modicano (vegano- gluten free).
Per info e prenotazioni:
Antico ConventoIbla - Viale Margherita 41 - Ragusa Ibla
Tel. +347 147 2915 |
La Redazione
LA DOLCEZZA DELLA SOLIDARIETA’ VOLA CON GIOVANNI COVA & C
Una Pasqua solidale anche se distanti. La Giovanni Cova & C., marchio di alta pasticceria milanese, ha annunciato una donazione di Colombe Pasquali agli Ospedali del Gruppo San Donato, Ospedale San Raffaele: Policlinico San Marco, Policlinico San Pietro, Villa Chiara, Villa Erbosa, Istituti Clinico Città di Brescia, Istituto Clinico San Rocco, Istituto Clinico Sant’Anna Istituti Clinici Zucchi MONZA, Istituti Clinici Zucchi CARATE, Casa di Cura la Madonnina, Istituto Clinico Sant’Ambrogio, Istituto Clinico San Siro, Istituto Ortopedico Galeazzi, Ospedale San Raffaele, Policlinico San Donato, Istituto Clinico Beato Matteo, Istituto Clinico Città di Pavia, Istituto Clinico Villa Aprica.
L’azienda dolciaria già sostenitrice in passato dell’omonima Foundation nel progetto “La ricerca italiana sul cuore“, contribuirà, in questa circostanza a sostenere “dolcemente”, con l’invio di oltre 1000 colombe, il lavoro di tutti i medici e del personale sanitario coinvolto nelle strutture e impegnati in prima linea nella lotta al COVID 19.
Andrea Muzzi:" La situazione impostaci per contenere la diffusione del contagio ci induce ad essere vicini e solidali verso coloro che, nelle strutture sanitarie del Gruppo San Donato, operano nelle zone più colpite dalla pandemia e in particolare per il personale negli Ospedali di Bergamo, Brescia e Monza, Pavia, Como e Bologna. Vogliamo ringraziare tutto il personale medico e sanitario, auspicando che anche loro possano trascorrere qualche momento della Pasqua attorniati dalla dolcezza e dall’affetto delle loro famiglie. In queste situazioni di emergenza nazionale le aziende e le persone che possono fare qualcosa devono farlo!”
Nata nel 1930, la Giovanni Cova & C. è la storia della pasticceria per i milanesi e oggi cerca di addolcire la Pasqua di chi, come medici, infermieri e volontari non si risparmiano per il bene della comunità pur lavorando in condizioni di massima criticità.
Paola Drera
E' un momento di reclusione in Italia e nel mondo, ma perchè non cogliere l'occasione della Pasqua per ricordare i nostri luoghi del cuore cucinando qualcosa di tipico? Ci stiamo tutti cimentando ai fornelli e in attesa di poter ritornare a viaggiare proviamo a rievocare quel gusto che proustianamente ci farà ritornare in quel momento e in quel luogo.
Malta ad esempio, la cui cucina è un eclettico mix di gusti mediterranei e mediorientali, risultato di lunghe relazioni tra gli abitanti e i molti invasori che hanno occupato nel corso dei secoli l'arcipelago.
Sapori decisi, tradizioni antiche, materie prime di qualità e spesso a KM0 ne fanno una delle cucine più ricche del nostro mare tanto da portare, lo scorso 27 febbraio, alla pubblicazione della prima edizione della Guida Michelin Malta, raccogliendo ed esaltando i nomi eccellenti della ristorazione maltese, simbolo della grande varietà di stili culinari presenti a Malta, Gozo e Comino.
Malta ha sempre sostenuto la sfaccettata storia culinaria delle isole, difendendo una gastronomia locale e sostenibile oggi in grado di sintetizzare le tecniche più tradizionali in un contesto culinario moderno e vivace.
Il piatto tradizionale di Malta è rustico e varia in base alle stagioni.
Dalle Lampuki Pie (torte di pesce), allo stufato di coniglio, dai Bragioli (polpettine di manzo) alla Kapunata (versione maltese della ratatouille o caponata siciliana). Ottima la zuppa della vedova o Soppa ta’ l-armla, chiamata così perché veniva portata dalle vicine di casa alle vedove del mare: fondamentalmente una zuppa piuttosto densa, preparata con ingredienti poveri: verdure, uova e ricotta, a volte arricchita con un formaggio fresco tipico maltese, il Gbejniet.
Sulla maggior parte dei banchi alimentari non manca il Bigilla, denso paté di fave con l'aglio. Gli spuntini che, invece, devono essere provati durante un soggiorno sono gli hobz biz-zej (fette di pane intinte in olio di oliva, strofinate con pomodori maturi e coperti da un mix di tonno, cipolla, aglio, pomodori e capperi) e i celebri pastizzi (pasta sfoglia ripiena di ricotta o purè di piselli).
Durante le festività pasquali anche nell'arcipelago ci sono piatti tipici che non possono mancare sulle tavole delle famiglie maltesi in questi giorni e non solo.
Ecco tre ricette che possono essere realizzate anche nelle nostre case, non sono particolamente difficili, si tratta di due dolci i Kwarezimal e Figolla e poi dei celebri Pastrizzi, street food maltese per eccellenza.
Il nome di questa ricetta si ispira al periodo della quaresima che anticipa la Pasqua. Sono deliziosi biscotti morbidi il cui sapore caratteristico è dato da un mix di spezie che vengono mescolate a mandorle tritate e poi ricoperti di miele e noci tritate.
Ingredienti
200g di mandorle tritate, 200g di farina bianca, 250g di zucchero semolato, due cucchiai colmi di cacao, un cucchiaino abbondante di cannella, la buccia grattugiata di un’arancia e di due mandarini, miele e mandorle (tostate e sminuzzate) per decorare.
Preparazione
Mescolate semplicemente tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto fermo. Ricavatene delle forme simili a larghi ovali, come da tradizione, e disponeteli su una placca da forno ben ingrassata per 20 minuti a 190° fino a che non saranno dorati e saranno ben cotti ai bordi. Toglieteli dal forno, spennellateli abbondantemente con il miele e infine decorate con le mandorle sminuzzate.
È un nome che trova le sue radici nella parola italiana ‘figura’ o ‘figurella’.
Anche in questo caso parliamo di un dolce di mandorla morbido, spesso presentato in simpatiche forme (di qui il nome) e ricoperto di glassa di zucchero colorato.
La mattina di Pasqua i bambini portano questo dolce alla messa solenne per farlo benedire e lo riportano poi a casa dove viene consumato al termine del sontuoso pranzo pasquale in famiglia.
Ingredienti per l’impasto
250g di zucchero semolato, 750g di farina, 350g di burro, 4 tuorli.
Preparazione per l’impasto
Impastare il burro con la farina e lo zucchero, poi creare un buco nel composto ottenuto e versarvi dentro i tuorli. Impastare ancora fino ad ottenere un composto liscio. Nel caso l’impasto risultasse troppo secco aggiungete un pizzico d’acqua o di Martini Extra Dry. Mettete da parte l’impasto mentre preparate il ripieno.
Ingredienti per il ripieno
600g di mandorle (finemente sminuzzate), 600g di zucchero semolato, la buccia grattugiata di due limoni, 4 albumi.
Preparazione per il ripieno
mescolate gli ingredienti secchi e poi aggiungete gli albumi. Continuate a mescolare fino ad avere una pasta ben asciutta. Recuperate l’impasto che avevate messo da parte e tagliatelo poi nella forma desiderata (esistono stampi di ogni forma, come quelli dei biscotti, ma le forme più tradizionali sono quelle legate alla Pasqua ed alla primavera, come l’uovo, l’agnello, il coniglio e la farfalla). Per ogni figolla dovete tagliare la stessa forma due volte.
Spalmate una delle sagome ottenute con una quantità abbondante di ripieno avendo cura di lasciare un bordo attorno per sigillare la figolla. Sovrapponete infine la seconda sagoma di impasto e sigillate tutto intorno con le dita. Infornate a 180° per 30 minuti fino a quando non sarà diventata di un bel marrone dorato. Una volta raffreddata, decoratela con glassa colorata, zuccherini argentati ed un ovetto di cioccolato da premere nel centro della figura.
Sono un emblema della cucina di Malta, lo street food per eccellenza che si può assaggiare ovunque e a tutte le ore del giorno.
Secondo la tradizione, la ricetta dei pastizzi risale al XVI secolo e si deve ai Cavalieri dell’Ordine.
I pastizzi sono fagotti di pasta sfoglia ripieni di ricotta, ma esistono tante variazioni sul tema, ad esempio con spezie e piselli, carne o verdure e uova.
Ingredienti
750 grammi di pasta sfoglia, 300 grammi di ricotta, 2 uova, 1 uovo sbattuto, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, sale, pepe
Preparazione
In un’ampia ciotola mettere la ricotta, il prezzemolo, le uova, il sale e il pepe e mescolare. Stendere la pasta sfoglia per ottenere una sfoglia sottile e ritagliare cerchi di circa 10 centimetri di diametro.
Spennellare i bordi dei cerchi con l’uovo sbattuto, porre al centro di ogni cerchio un cucchiaio di ripieno e chiudere unendo i lembi.
Utilizzare l’uovo rimasto per spennellare l’esterno e cuocere in forno (già riscaldato) a 200 gradi per circa 30 minuti.
Ed ora, in attesa di poter gustare un buon pastizzio di fronte al mare di Malta, tutti ai fornelli, chiudiamo gli occhi e proviamo ad essere lì, se non fisicamente, certamente con il cuore e... con la pancia!
La redazione
Per informazioni su Malta consultate il sito Visit Malta.
https://www.visitmalta.com/it
Il Consorzio Mortadella Bologna, sul suo sito nella sezione “Blog in Rosa” (www.mortadellabologna.com/blog) inaugura una rubrica di storytelling: “Racconti in Rosa”, dedicata ad ospitare storie e racconti ispirati alla “regina rosa dei salumi”. Se all’inizio l’idea era partita coinvolgendo le più prestigiose firme del food con un loro racconto dedicato, con l’evolvere della situazione, il Consorzio ha deciso di allargare il raggio d’azione consentendo di partecipare a chiunque abbia voglia di raccontare un ricordo, un aneddoto, un’esperienza, uno stato d’animo legato in qualche modo alla Mortadella Bologna.
E siccome di questi tempi, il tempo non manca di certo, si invitano gli aspiranti scrittori a dare libero sfogo alla loro creatività proponendo anche una nuova storia o una fiaba per bambini.
Unico requisito richiesto è la genuinità del contributo narrativo. Il primo della serie è “L’Ippocampo e il gusto del ricordo”di Luca Carta, direttore del periodico Gusto Sano. Un racconto/saggio che narra cosa avviene nel nostro cervello quando assaporiamo un cibo che ci procura piacere per esplorare poi l’area legata al ricordo della prima esperienza che spesso ci riporta alla nostra infanzia, ai primi amici o alla memoria della merenda preparata dalla nonna.
Il cibo che ci soddisfa è una fonte di piacere ma anche di condivisione con chi ci è più caro e mai come oggi, stiamo riscoprendo i valori autentici della solidarietà e del far parte della stessa comunità.
Chiunque abbia voglia di partecipare a questa iniziativa può inviare un suo racconto a questo indirizzo email:
Il Consorzio Mortadella Bologna si è costituito nel 2001, a seguito del riconoscimento dell’IGP alla Mortadella Bologna - avvenuto nel 1998 - e al conseguente avvio della certificazione da parte dei produttori. Il Consorzio, che ha come scopo la tutela e la valorizzazione della Mortadella Bologna IG, in collaborazione con il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali promuove la Mortadella Bologna IGP e svolge attività di difesa del marchio e della Denominazione dalle imitazioni e dalle contraffazioni.
Il Consorzio garantisce un’alta qualità di base che ogni produttore migliora secondo la propria esperienza e professionalità.Un’attività costante che ha come unico obiettivo, che è anche la finalità di tutte le aziende, con i loro marchi, di garantire ai consumatori un prodotto dalle caratteristiche uniche per qualità e gusto, un prodotto ad alto valore nutrizionale, con una composizione di proteine nobili, minerali e grassi insaturi perfettamente in linea con le tendenze della moderna scienza nutrizionale.
La Redazione
Raccolti 100.000 euro per la #Milanochenonsiferma
“Tenere la città Viva e “non farla fermare” come recita il nostro ormai famoso #milanononsiferma, una promessa che abbiamo mantenuto” dichiara Salvatore Maresca di Muu Muzzarella, tra i fondatori dell’Associazione. “Nonostante le difficoltà economiche che questa situazione sta provocando alle attività ci eravamo ripromessi di dare un segnale concreto previlegiando una politica “del fare” tipica di noi imprenditori. Sono soddisfatto che da un evento così negativo si sia creata una sinergia spontanea che sicuramente perdurerà, tra noi imprenditori milanesi, anche quando il tutto sarà alle spalle” racconta Maresca.
L’Unione dei Brand della Ristorazione Italiana ha, come promesso e in una sola settimana, raccolto la somma di 100.000 euro tra le oltre 100 imprese aderenti, che ha donato a due grandi Associazioni di volontari impegnati sull’emergenza Coronavirus: Croce Rossa e Anpas. Le due Associazioni hanno destinato le somme ricevute all’acquisto di apparecchiature e materiali sanitari.
La libera associazione dei Brand della Ristorazione Italiana è nata a Milano il 24 febbraio scorso per dare un segnale di presenza e supporto ai cittadini, nel rispetto delle indicazioni diffuse dagli Enti competenti in tema di contenimento della diffusione del Covid-19 e rappresenta oltre 10.000 lavoratori impegnati in un comparto in grave sofferenza dalla diffusione nel nostro Paese del Coronavirus.
Una lista di ristoranti che non si ferma, come quella Milano che è sempre stata traino dell’economia del Bel Paese, ma che oggi si attesta su questi nomi, che riportiamo in ordine alfabetico: 12oz, 5roosters, Basara Bhangrabar/Long Island Navigli, Birreria Italiana, Bomaki, Bowls and More, Briscola Pizza Society, Bun-The Abnormal Burger, Caffè Napoli, Calavera, Ca’pelletti, Change food srl, CioccolatItaliani, Circle, Cocciuto, Da Zero – Pizza e Territorio, Deliveroo, Deseo, Dispensa Emilia, East River American Pub/Pils Pub, El Porteno, Fede Group, Flower Burger, Fresco & Cimmino, Fud Bottega Sicula, Gelateria Rigoletto, Ghe Sem, Giangusto, GL group italia srl, Glovo, God Save the Food, Gran Caffè Cimmino, Hamerica’s, Healthy Color, I Love Poke, Il Mannarino, Jazz Caffè, Just Eat, Kentucky Fried Chicken, Ktchn Lab, La Belle Alliance, La Cantina del Giannone, La Filetteria italiana, La Piadineria , La Tartina, Le Biciclette/Gud/Terrazza Triennale, Lievità, L’Ov Milano, Lùbar, Macha Cafè, Mani in Pasta, Mare in Pasta, Milano Restaurant Group, Muu Muuzzarella, Mymenu, Old Wild West, Osteria Brunello, Pandenous, Panini di Mare, Panini Durini, Panino Giusto, Pie – Pizzeria Italiana Espressa, Pizzeria Marì, Pizzikotto, Poke House, Pokeria by Nima/Nima Sushi, Poku by Bomaki, Roadhouse, Rossopomodoro, Sagami, Sapori Solari, Savini Group, Signorvino, Spiller, Temakinho, Terrazza Calabritto, Terry srl,That’s Vapore, The Fisherman, The Friends, This is not a Sushibar, Tom – The Ordinary Market, Twin’s Cafè, Ubereats.
Orari e contatti (che non cambiano)
Muu_Muzzarella
Viale Premuda 46
20129 Milano
mail
telefono 02 49443666
Vendita prodotti caseari dalle 10 alle 24
Pranzo dalle 12.30 alle 16.00
Aperitivo al Mozzarella bar dalle 17.00 alle 20.30
Cena dalle 19.30
E’ possibile ordinare sui principali servizi di delivery: Gloovo, Deliveroo, Uber Eats
La Redazione
Una delle ragioni per visitare l'Emilia Romagna è la sua cucina. La regione vanta 44 eccellenze europee tra Dop e Igp chef di valore internazionale, ristoranti stellati, visite ai luoghi di produzione e lavorazione e guida la classifica della Guida Michelin 2019 dei ristoranti “Bib Gourmand” (cucina di qualità a prezzo contenuto) nelle città capoluogo con 32 riconoscimenti – Per i turisti golosi anche corsi di cucina: tra i più noti quelli delle Mariette di Casa Artusi – A Carpi c’è il primo parco tematico d’Europa dedicato all’Aceto Balsamico Igp, a Brisighella, città dell’olio Dop, il Sentiero dell’Olio – A Bologna c’è Fico, il più grande parco agroalimentare del mondo – Le eccellenze e le tipicità sono anche musei: 25 le esposizioni da visitare.
Secondo uno studio di Coldiretti dell’estate 2019, il cibo è la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o specialità enogastronomiche per un importo complessivo stimato nel 2019 in oltre 27 miliardi all’anno, il massimo storico di sempre. L’enogastronomia vince anche tra i souvenir - nota Coldiretti - con il 42% dei turisti che sceglie proprio un prodotto tipico da riportare a casa o regalare a parenti e amici come ricordo della propria villeggiatura. Tra le specialità più acquistate vince il vino, davanti a formaggi, salumi e olio extravergine d’oliva. Un fenomeno che vale, secondo un’analisi Coldiretti su dati Isnart, ormai circa 3 miliardi di euro. In questo contesto, l’Emilia Romagna guida la classifica italiana delle eccellenze con 44 prodotti tra Dop e Igp (19 Dop e 25 Igp) che valgono un primato europeo, a cui vanno aggiunti 24 vini Dop (22 Doc e 2 Docg) e 9 Igp (nuova denominazione che sostituisce la precedente Igt), 15 Presidi Slow Food e oltre 200 prodotti tradizionali iscritti nell’Atlante ministeriale.
Una vera e propria Food Valley, un grande patrimonio di eccellenze enogastronomiche e capacità culinarie.
Emilia Romagna sempre più da record in Europa per numero di specialità enogastronomiche a marchio di qualità Dop e Igp. Con l’ultimo ingresso dell’Anguria Reggiana Igp sono 44 i prodotti d’eccellenza nati dalla sapienza e dalla tradizione dell’Emilia Romagna (19 marchi Dop e 25 Igp). In precedenza erano stati i Cappellacci di Zucca ferraresi ad essere inseriti nella lista delle Igp.
Fra i prodotti Dop più famosi troviamo tre grandi formaggi come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e il Formaggio di Fossa di Sogliano a cui si è aggiunto lo Squacquerone di Romagna, ma anche salumi unici come il Prosciutto di Parma, quello di Modena e il Culatello di Zibello. Piacenza può vantare la sua Coppa, il Salame e la Pancetta. Non vanno dimenticati il Provolone Valpadana, i Salamini italiani alla cacciatora e la Casciotta di Urbino. Dal suo scrigno gastronomico Dop, l’Emilia Romagna può estrarre anche l’olio extra vergine d’oliva di Brisighella e quello delle Colline di Romagna. Impossibile non ricordare lo squisito Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e quello di Reggio Emilia. Tra i prodotti Dop ci sono anche l’Aglio di Voghiera, località della provincia di Ferrara e la Patata di Bologna. Il Prosciutto di Parma, tra l’altro è il primo e unico prodotto non giapponese riconosciuto come IG (Indicazione Geografica) dal Governo del Sole Levante. Tra le 25 Igp oltre all’Anguria Reggiana ci sono i Cappellacci di zucca ferraresi, la Piadina Romagnola, la Salama da Sugo, il Salame Felino, tipico della provincia di Parma, che si unisce alla Coppa di Parma, la Mortadella Bologna, lo Zampone e il Cotechino di Modena, il Vitellone bianco dell’Appennino centrale, il Salame Cremona, l’Asparago verde di Altedo, lo Scalogno di Romagna, il Fungo di Borgotaro, il Marrone di Castel del Rio, le Pere dell’Emilia Romagna, Pesca e Nettarina di Romagna, la Ciliegia di Vignola. Spiccano poi la Coppia ferrarese, un pane a pasta dura, tipico dell’intera provincia di Ferrara, l’Aceto Balsamico di Modena (da non confondersi con quello Tradizionale Dop), il Riso del Delta del Po (coltivato tra i comuni di Ferrara e di Rovigo), il Melone Mantovano (malgrado abbia la sua origine storica lombarda, è coltivato su una parte significativa dell’Emilia Romagna), l’Agnello del centro Italia (con allevamenti nelle province di Bologna, Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna e in parte in quelle di Modena, Reggio Emilia e Parma), il dolce da forno Pampapato di Ferrara e le Amarene brusche di Modena, prima confettura a fregiarsi del marchio Igp.
I numeri parlano chiaro: 24 vini Dop di cui 22 Doc e 2 Docg tra cui spicca l’Albana di Romagna, la più antica per un vino bianco in Italia, 9 Igp e circa 6 milioni di ettolitri prodotti (dopo il Veneto, la maggiore produzione di vino in Italia). E’ il retaggio vinicolo dell’Emilia Romagna, terra sulla cui superficie “corrono” i filari dei diversi Lambruschi (modenesi, reggiani e parmensi, derivati dalla popolazione delle uve Lambrusche già famose in età romana e che oggi tutto il mondo tenta invano di imitare) e di quel vitigno, il Sangiovese di Romagna, a cui devono la loro fortuna toscani del calibro di Brunello di Montalcino e Chianti. L’Emilia Romagna è anche terra di Albana (prima Docg bianca d’Italia), Trebbiano, Malvasia, Pignoletto, Gutturnio, Fortana, Ortrugo: un patrimonio enologico tutto da scoprire anche attraverso l’abbinamento ai variegati sapori della tavola dell’Emilia Romagna. Sei le principali aree produttive: i Colli Piacentini, quelli di Parma, le Terre del Lambrusco, i Colli Bolognesi, il Bosco Eliceo e la Romagna. A fare la parte del leone dal punto di vista produttivo sono il Sangiovese di Romagna e il Lambrusco. Il primo è tra i vitigni italiani più diffusi, i cui filari coprono l'11% della superficie viticola nazionale. Un tempo noto soprattutto come vino dolce, oggi il Lambrusco delle varie zone d’origine sta ottenendo consensi in particolare nella sua versione secca. L’Albana di Romagna, Doc nel 1967 e primo bianco a ottenere la Docg nel 1987, è coltivata tra Bologna, Ravenna e Forlì-Cesena. La promozione e valorizzazione di questo grande patrimonio vinicolo regionale sono affidate all’Enoteca Regionale di Dozza.
A Bologna nel novembre 2017 è stato inaugurato di FICO (Fabbrica Italiana Contadina), il parco agroalimentare più grande del mondo sorto sull’area del CAAB (centro agroalimentare bolognese) per “raccontare” l’eccellenza enogastronomica e l’alta qualità dell’agroalimentare italiano. Un po’ di cifre per rendersi conto di cosa stiamo parlando: una estensione di 100.000 metri quadrati, 2 ettari di campi e stalle all’aria aperta, 8 ettari destinati a 40 fabbriche, oltre 40 luoghi di ristoro tra cui bistrot, ristoranti stellati, chioschi di street food. E ancora: aree dedicate alle fattorie, un enorme mercato con le eccellenze del Made in Italy, 6 aree dedicate allo sport (tra cui un campo di beach volley), ai bambini, alla lettura, 6 aule didattiche, 6 grandi “giostre” educative dedicate al fuoco, alla terra, al mare, agli animali, al vino e al futuro. Per convegni, team building e meeting, FICO contiene anche un Centro Congressi attrezzato, modulabile da 50 a 1000 persone. E per imparare e divertirsi previsti 30 eventi e 50 corsi al giorno tra aule, teatro e spazi didattici. L’ingresso è gratuito e l’itinerario può essere percorso a piedi o in biciletta, libero o assistito da “ambasciatori” della biodiversità italiana.
Gli ultimi dati Istat, messi in rilievo da Coldiretti, evidenziano il successo dell’attività agrituristica in Italia, leader mondiale nel settore. Nel nostro Paese si contano 22.661 aziende agrituristiche autorizzate con più di 12,1 milioni di presenze. Tra i motivi di maggior apprezzamento dell’agriturismo Made in Italy c’è sicuramente la capacità di mantenere inalterate le tradizioni enogastronomiche, ma nel tempo sono cresciuti altri servizi innovativi per gli ambientalisti, gli sportivi (equitazione, trekking, tiro con l’arco), e per chi ama attività culturali come la visita di percorsi archeologici o naturalistici, proposte wellness e corsi di cucina. L’Italia – rileva Coldiretti – è l’unico Paese al mondo che alla bellezza del paesaggio può aggiungere 292 specialità Dop/Igp riconosciute a livello europeo e ora ha conquistato anche il primato green con quasi 60.000 aziende agricole biologiche in Europa.
C’è anche un “patriarca” di almeno 200 anni (che ancora oggi produce 200 Kg di olive l’anno) tra gli antichi olivi che costituiscono il Sentiero dell’Olio a Brisighella, (RA), terra di produzione di olio Dop. Il sentiero, lungo circa 7 Km, parte dalla stazione di Brisighella, risale il borgo attraverso la Via degli Asini fino al Monticino e al parco geologico, per poi entrare nel parco della Vena del Gesso fino al rifugio Carnè. Si snoda quindi verso Rontana per poi ridiscendere la vallata lungo Via Valloni fino alla sede del Consorzio di tutela e valorizzazione dell’olio Dop Brisighella.
A Carpi (MO) si trova Balsamico Village, il primo parco tematico d’Europa dedicato all’Aceto Balsamico di Modena Igp. Questa eccellenza della gastronomia emiliana, si potrà scoprire, con l’aiuto di guide, attraverso un parco di oltre 40.000 mq, tra 70 ettari di vigneti e cantine, sentieri e pannelli illustrativi sulla “Balsamic Valley” tra Carpi e Correggio (RE), raccontando l’intera filiera di produzione. Il progetto è stato realizzato dal Gruppo De Nigris, leader italiano nella produzione dell’aceto balsamico. La visita standard è gratuita e prevede anche una piccola degustazione.
Il cibo non solo come simbolo di un territorio, ma di un’intera comunità: è anche grazie a questi elementi che nel 2016 Parma ha conquistato il titolo Unesco di Città Creativa per l’Enogastronomia. Si tratta di un riconoscimento doppiamente prestigioso, visto che è stata la prima città italiana a fregiarsene. Non solo, Parma è stata anche eletta Coordinatrice della Partnership e dei progetti internazionali, assumendo un ruolo di spicco nella guida delle 18 Città Creative della Gastronomia Unesco.
Culla della Food Valley, Parma può contare su un importante paniere di prodotti a marchio Dop e Igp (dal Parmigiano Reggiano al Culatello di Zibello, dal Prosciutto di Parma al Salame Felino) noti in tutto il mondo. La capitale della Food Valley possiede anche un vero e proprio sistema museale legato al cibo. Ecco le gustose “collezioni” presenti sul territorio: Prosciutto di Parma a Langhirano, Parmigiano Reggiano a Soragna, Salame di Felino a Felino, Vino a Sala Baganza, Pasta e Pomodoro a Collecchio. Questi musei del cibo si trovano in splendide e suggestive location, aree protette, castelli, corti agricole, e sono tutti a pochi km da Parma.
Parma è sede dell’Alma, la Scuola Internazionale di Cucina. Fondata nel 2003, l’Alma ha sede nello splendido Palazzo Ducale di Colorno.
A Parma si trova anche uno degli uffici strategici dell’Unione Europea: è l’Efsa, sigla che sta per European Food Safety Authority, ovvero Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Istituita nel 2002, l’Efsa è nata come fonte indipendente di consulenza e di comunicazioni sui rischi associati alla catena alimentare.
Un ristorante a 3 stelle Michelin, due a 2 stelle e 19 a 1 stella, da Piacenza a Cattolica, con la new entry di Abocar Due Cucine di Rimini che ha guadagnato la sua prima stella.
E’ di 22 ristoranti stellati il palmares della cucina stellata emiliano romagnola secondo la Guida Michelin 2019. Confermate le tre stelle a Massimo Bottura e alla sua Osteria Francescana, seguito dal ristorante San Domenico di Imola (Bo) e dal Magnolia di Cesenatico (Fc), entrambi con due stelle. Bottura, ambasciatore del made in Italy, nel 2018 è stato anche riconfermato primo al mondo tra gli chef del The World’s 50 Best Restaurants, la guida internazionale annuale che raccoglie i migliori 50 ristoranti nel mondo. Tornando alla Michelin, l’Emilia Romagna, guida la classifica dei ristoranti Bib Gourmand, la Cucina di qualità a prezzo contenuto (meno di 35 euro) nelle città capoluogo. Sui 257 totali presenti nella mitica guida 2019, 32 si trovano tra Piacenza e Rimini. Il segreto di questi successi? La passione per la buona tavola e la possibilità per gli chef di utilizzare un patrimonio di prodotti tipici e ricette della tradizione che ben si presta a reinterpretazioni creative.
E secondo una ricerca commissionata da Michelin a JFC, il valore territoriale che sono in grado di attivare i ristoranti “stellati Michelin” ed i “Bib Gourmand” a livello nazionale si riscontra al massimo grado in Emilia Romagna. Nel 2018 in Regione i 22 ristoranti stellati Michelin ed i 32 “Bib Gourmand” hanno generato complessivamente ben 98 milioni di Euro di fatturato. Di questa somma, solo il 42% è fatturato diretto per i ristoranti, mentre il 58%, pari a 57 Milioni di Euro, rappresenta l’indotto distribuito a beneficio del territorio, tra servizi, commercio ed ospitalità. Ogni ristorante Michelin ha genera un beneficio medio per il territorio pari a 862mila euro, grazie ad una spesa extra ristorante di ogni singolo ospite pari a 113,90 Euro, con un valore economico complessivo pari a 37 milioni di euro, tra diretto ed indotto. Alto anche il valore economico complessivo generato dai Bib Gourmand, che tocca i 52 milioni di euro, grazie ad un fatturato indotto sul territorio pari a 882mila euro come valore medio per ogni ristorante ed una spesa extra per cliente quantificabile in 41,30 euro.
Agli appassionati di cucina e per il turista buongustaio che vuole conoscere non solo i prodotti del territorio, ma anche il modo tradizionale di cucinarli, l’Emilia Romagna offre decine di corsi di cucina. Tra le tante proposte regionali, a Forlimpopoli (FO-CE) c’è la Scuola di Cucina di Casa Artusi (proprio nel 2020 ricorrono i 200 anni dalla nascita di Pellegrino Artusi, primo decodificatore della cucina regionale italiana), dove un ruolo fondamentale è quello svolto dall’Associazione delle Mariette. Queste particolari “insegnanti”, che devono il loro nome all’insostituibile cuoca e governante di Pellegrino Artusi, Marietta Sabatini, svelano il mondo dei sapori e delle eccellenze della cucina romagnola tradizionale ad allievi che provengono da ogni parte del mondo. Dai segreti della pasta fresca all’uovo fatta a mano e tirata al mattarello, fino alle regole per preparare la piadina entrata tra gli Igp europei, le Mariette sono a disposizione di appassionati desiderosi di imparare e di professionisti che vogliono affinare la propria abilità. Il calendario dei corsi sul sito di Casa Artusi.
Ad alcuni dei più celebri “gioielli” enogastronomici dell’Emilia Romagna sono dedicati 25 musei che ne raccontano la storia, i complessi procedimenti produttivi e tante curiosità. In questi particolari “templi” del gusto, il visitatore è guidato da testimonianze, racconti, immagini inedite e degustazioni. Si va alla scoperta del Parmigiano Reggiano, dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, del Prosciutto di Parma, del Culatello, del Salame di Felino, del Formaggio di Fossa, del Sale di Cervia, dell’Olio di Brisighella, del Marrone di Castel del Rio, dell’Anguilla di Comacchio, del Pane ferrarese, del Lambrusco, del miele, della frutta, della patata, del pomodoro, senza dimenticare l’ultimo arrivato in ordine di tempo, il Museo del Culatello e del Masalén (norcino). Tra questi speciali musei ci sono anche Casa Artusi a Forlimpopoli, primo centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana, sede di corsi di divulgazione e di convegni, e l’Enoteca Regionale di Dozza, una “biblioteca enologica” che rende omaggio ai rossi e bianchi dell’Emilia Romagna.
Info sul sito dedicato.
Fritto di pesce da asporto, piadina romagnola, crescentina, gnocco fritto, erbazzone, borlengo: in una sola parola, street food dell’Emilia Romagna. Da Piacenza a Cattolica, questa golosa regione vanta numerose declinazioni del cibo di strada, grazie a migliaia di chioschetti, baracchine, bar, piadinerie e ad una lunga tradizione legata al cibo “povero”, da consumare velocemente, in piedi. A dominare incontrastati sulle strade, i lungomari, i porticcioli e le piazze della Riviera Romagnola sono il fritto di pesce nel cono di carta, gli spiedini di pesce da asporto e la piadina, sia nella declinazione riminese, più sottile e povera di grassi, che in quella romagnola, più “alta” e fatta con lo strutto. C’è chi addirittura ha unito questi due must, proponendo il fritto di pesce in un cono di piadina. E se Rimini è la patria della piadina sottile, per scoprirne le tantissime varianti c’è la guida, anche in formato web app per smartphone, “Rimini Street Food”, che raccoglie un centinaio tra storici baracchini e piadinerie della località balneare. Per chi invece si trovasse tra Cesenatico e l’entroterra, da provare anche la variante fritta della piadina, squisita se abbinata alla freschezza del formaggio Squaquerone. Spostandosi verso l’Emilia, nel bolognese, ecco comparire la crescentina fritta, sorta di pane fritto, “parente” dello gnocco fritto modenese e della piadina fritta romagnola, da accompagnare con i più tradizionali salumi emiliani. Anche nel modenese si parla di crescentina (spesso erroneamente chiamata tigella, dal nome dello stampo in terracotta in cui si cuoceva un tempo), ma si tratta questa volta di una sorta di focaccina lievitata che si gusta affettata e farcita con pesto modenese (un battuto di lardo di maiale, aglio e rosmarino) e Parmigiano Reggiano grattugiato, oppure affettato, formaggi freschi e verdure sottaceto. In base a dove ci si trova, poi, lo gnocco fritto modenese assume un nuovo nome: diventa la torta fritta nel parmense e il pinzino nel ferrarese.Rimanendo nel modenese, ma spostandosi verso la montagna, ecco spuntare il borlengo, sorta di crêpe molto sottile e croccante ottenuta da un semplice impasto liquido, detto colla, a base di acqua (o latte), farina, sale e talvolta anche uova. Il ripieno tradizionale, la “cunza”, consiste in un battuto di lardo, aglio e rosmarino, oltre ad una spolverata di Parmigiano Reggiano. Si serve molto caldo, ripiegato in quattro parti.
E’ invece una tipica preparazione della zona di Reggio Emilia l’erbazzone, torta salata di verdure composta da un fondo e un coperchio di pasta non lievitata, acqua, strutto e sale, poi riempita da un impasto di bietole e spinaci, ripassati in un soffritto di cipolla e lardo, e insaporito da abbondante Parmigiano-Reggiano.
La redazione
C’è sempre una buona ragione per regalarsi una gita fuori porta. La scoperta di un luogo mai visitato, la voglia di evasione per un giorno dalla grande città, il desiderio di ammazzare la routine. C’è una cittadina lombarda che merita a pieno titolo di essere inserita nella lista delle destinazioni: Vigevano. Elegante e piena di storia, vanta una delle piazze più belle d’Europa, una tradizione calzaturiera che si traduce in un interessante museo, il Castello Sforzesco dove si possono trovare gli inequivocabili segni del passaggio di personaggi come Leonardo da Vinci e Bramante.
Adagiata tra campagna e parco del Ticino evoca quelle atmosfere rilassate comuni a tutti i piccoli centri, una pausa antistress davvero rigenerante. Però … siamo pur sempre italiani e per quante ragioni possiamo avere per visitare un luogo non possiamo prescindere dall’aspetto gastronomico. La domanda “dove vado a mangiare?”, diciamocelo, ce la poniamo tutti quando usciamo dalle certezze della nostra città.
Per la scelta ci si può affidare al caso, all’istinto o accettare il consiglio di chi un posto l’ha già provato e si sente di raccomandare quel locale sopra ogni altro. E’ il caso di Class, il ristorante a Vigevano testato e garantito.
RISTORANTE CLASS – IL LOCALE
Nelle immediate vicinanze del centro di Vigevano, ha pregi che tutti potranno apprezzare. Il primo, ancora prima di entrare, è la facilità di parcheggio. Chi non ha mai maledetto la scelta di un locale per aver perso un tempo infinito per lasciare l’auto, alzi la mano! Altro pregio è l’accesso. Si passa con pochi passi da un contesto urbano a un’oasi verde che riporta vagamente ad atmosfere orientali, con un dehor elegante e ben attrezzato. Il paradiso per gli irriducibili fumatori che normalmente si ritrovano castigati in piedi in un angolo. L’interno del ristorante è la vera sorpresa. Luminosissimo grazie alle ampie vetrate, il bianco e il legno chiaro imperano e si è sovrastati dallo scintillio di grandi lampadari che pendono da un soffitto altissimo.
LA CUCINA DEL CLASS
La cucina del ristorante è il regno di Dario Spagnuolo, lo chef. Residenza Vigevanese ma stretti legami con la Liguria lo portano a proporre molti piatti di pesce, senza trascurare però la carne. Proposte tradizionali, innovative, che strizzano l’occhio anche ad altri Paesi del mondo, grazie alle esperienze acquisite all’estero dallo chef. E un asso nella manica per molte cotture: il forno Josper, che combina la tradizionale funzione di forno a quella della griglia. Le materie prime naturalmente sono di prima qualità, ma questo non è garanzia di buona cucina. L’esperienza, l’abilità e le competenze di chef Spagnuolo nel trattarle invece si.
LA PINSA AL CLASS
Se siete dei pizza lovers, questa stretta parente la dovete proprio provare. L’impasto è composto, a differenza della pizza tradizionale, da farina di riso, frumento e soia. La lievitazione è ottenuta con lievito madre e un’attesa di oltre 30 ore. Le farciture molteplici per soddisfare tutti i gusti. Perfetta da sola o da condividere con gli altri commensali in attesa della portata scelta da menù della cucina.
E se dopo tutte queste belle sorprese gastronomiche temete la nota dolente del conto … beh, vi sbagliate, perché i prezzi non vi faranno perdere il sorriso ma vi invoglieranno a tornare presto.
Paola Drera
La nuova edizione limitata è realizzata con più del 41% di vetro riciclato e con il tipico design iconico del Brand, che ha reso le bottiglie Absolut dei veri e propri oggetti da collezione.Il look originale e deciso della nuova bottiglia è dato da unpattern tridimensionaledalle mille sfaccettature, ottenuto grazie a una particolare molatura del vetro.
La sostenibilità fa parte della mission di Absolut ormai da anni. Absolut si impegna per un mondo più circolare, in cui le risorse vengano riutilizzate a vantaggio delle economie locali, delle comunità e degli ecosistemi.
Coerentemente con la propria missione,Absolutpresentala nuova bottiglia in edizione limitata, fatta con più del 41% di vetro riciclato – esattamente come tutte le bottiglie Absolut –, come invito a costruire un futuro migliore, incoraggiando le pratiche di riciclo e uno stile di vista più consapevole.
ABSOLUT COMEBACK: IL MANIFESTO DI CREATE A BETTER TOMORROW, TONIGHT.
Nei rifiuti Absolutriconosce potere e bellezza e crede basti un po' di creatività per far sì che qualcosa di vecchio possa tornare a vivere in una forma nuova.Ed è proprio quello che Absolut Comeback vuole dimostrare: una bottiglia di Absolut Vodka può rinascere con una veste nuova, unica e assolutamente originale, tanto da divenire un’edizione limitata collezionabile.
L’iconico design di Absolut, riconosciuto e riconoscibile in tutto il mondo, insieme alla personalizzazione di questa edizione limitata, ricreata grazie ad un particolare molatura del vetro che le dona un look dalle mille sfaccettature, rendonoAbsolut Comeback il manifesto della campagna Create a Better Tomorrow, Tonight.
#RECYCLINGHERO - INSIEME PER UN FUTURO MIGLIORE!
Absolut crede che sia possibile costruire un mondo più aperto sfruttando la creatività per innescare un cambiamento positivo. È una dichiarazione di responsabilità e dell'impegno a lavorare giorno dopo giorno per migliorare, sulla base della convinzione di Absolut che tuttii marchi debbano agire in modo trasparente e sostenibile per dar vita a un mondo più aperto.
Absolut vuole ispirare e invitare tutti a prendere parte alla sua iniziativa #RecyclingHero - insieme possiamo costruire un futuro migliore.
Henrik Ellstrom, direttore del dipartimento Strategia e Innovazione di Absolut, dichiara:
“Absolut ormai da molti anni è impegnata a introdurre metodi di produzione sostenibili; oggi siamo felici di ribadire questo nostro impegno e più in particolare di festeggiare i nostri sforzi sul fronte del riciclo con la prima assoluta del lancio di una bottiglia. Siamo convinti che una bottiglia in vetro debba avere una seconda vita; la nuova edizione limitata esprime questa nostra convinzione in purezza. Speriamo che la nostra nuova campagna per uno stile di vita circolare ispiri molte persone a usare la creatività per sprecare meno.”
UN’UTILE GUIDA PER DIVENTAREDEI VERI RECYCLING HEROS
Inoltre, in occasione del lancio della nuova bottiglia in edizione limitata, Absolut ha stilato una guida alla vita circolare in collaborazione con un collettivo di ispiratori che lavorano nel campo della sostenibilità e della creatività. La guida raccoglie trucchi, conoscenze, aneddoti di personaggi come la influencer e attivista per uno stile di vita a spreco zero Lauren Singer, lagiornalista Lucy Siegle, che scrive di questioni ambientali, e molti altri creativi progressisti. Il risultato è un programma facile da seguire, che accompagna giorno dopo giorno nel viaggio verso uno stile di vita più circolare.
Tina Robertsson, responsabile della performance sostenibile in Absolut:
“Sappiamo che le risorse del pianeta non sono infinite, e che tutti dobbiamo diventare più responsabili nelle nostre azioni quotidiane e nelle scelte che facciamo. Noi in Absolut siamo pronti a fare la nostra parte – su tutto il processo produttivo, dalla semina al bicchiere.
Vogliamo anchecontinuare a informare i nostri consumatori su quello che facciamo e su come possiamo ridurre il nostro impatto sul prezioso ambiente in cui viviamo. In Absolut andiamo fieri della nostra filosofia di produzione “Una sola fonte” e lavoriamo per introdurre modi di produzione più circolari. Questo significa anche considerare i rifiuti come una risorsa e come parte di un ciclo ininterrotto. Ricicliamo e riusiamo quanto più possibile, e crediamo che con un poco di creatività tutti possiamo determinare un cambiamento in positivo e trovare nei rifiuti un potere e una bellezza, arrivando in ultima analisi a ridurre l'impatto negativo che abbiamo sul pianeta e costruendo un domani migliore per le generazioni future.”
Da ottobre 2019 la nuova bottiglia in edizione limitata è disponibile in più di 80 paesi.
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Gloria Giovanetti
"La materia prima deve raccontare di sé, ho quindi strutturato insieme a Stefania un menu che racconti dei tesori della nostra terra con una cucina che sia tangibile, facile, di gola, di emozioni" (Peppe Barone)
Terrammare, un connubio tra quell'entroterra che ogni siciliano ama, quella casa a cui aspira sempre a tornare quando è lontano, e il sole e la salinità del mare, per un racconto che fa toccare con mano secoli di culture e tradizioni.
Il nuovo ristorante al 100% siciliano che esplora la cucina di Modica e Scicli dello chef Peppe Barone e Stefania Lattuca, dopo le esperienza ventennale di Fattoria delle Torri a Modica, di Ammare a Scicli e di 5 anni itineranti nelle sedi italiane di Eataly, approda nel cuore di Milano in via Giuseppe Sacchi al civico 8, in piena Brera.
“Dopo le numerose esperienze per l'Italia ho voluto portare a Milano una cucina siciliana contemporanea, al passo con i cambiamenti, fatta di tanto pesce azurro, nel rispetto della biosostenibilità del Mediterraneo, creando un'ideale unione tra terra e mare” racconta lo chef Peppe Barone. “Un' isola nell'isola, l'emozione di essere in cima allo stivale, con le radici ancora ancorate alla nostra terra e al nostro mare per raccontare un'identità fatta di memoria, gioco, esperienza, ambizione, percezione del bello e del buono, di una magia che unisce amore e passione” dichiara Stefania Lattuca, co- proprietaria e restaurant manager di Terrammare. Siciliane anche le maestranze e i materiali che hanno costruito il locale, la brigata della cucina e il personale di sala, per un grande tripudio della Trinacria.
“Un progetto di cucina creativa e mediterranea, che è partito 25anni fa come riscatto sentimentale e sociale per le donne modicane in cucina e ha trovato terreno fertile nel ristorante Fattoria delle Torri a Modica, a cui si aggiungono gli insegnamenti di Luigi Veronelli, mio mentore ormai 35 anni fa” racconta lo chef Peppe Barone. Tra i primi chef della “Sicilia Contemporanea” che non scimmiottava la cucina francese e che si differenziava dai canoni rigidi di quella tradizionale popolana. “La materia prima deve raccontare di sé, ho quindi strutturato insieme a Stefania Lattuca un menu che racconti dei tesori della nostra terra con una cucina che sia tangibile, facile, di gola, di emozioni”.
“Ritengo che il cuoco deva fare da mediatore tra l'ospite e l'agricoltore condividendo il suo saper cercare e il suo know how culinario: sta nascendo negli ultimi 5 anni un movimento di nuova ripresa agricola siciliana dove i giovani hanno iniziato a tornare a casa per coltivare i prodotti locali, autentici; questi sono quelli che vorrei portare sulla tavola di Milano” dichiara Barone.
“La carta dei vini tocca gran parte del panorama enologico siciliano. Un occhio attento verso i piccoli produttori emergenti e realtà biodinamiche tra le eccellenze di fama internazionale. Immancabile una selezione di bollicine tra spumanti e champagne e uno spazio dedicato alle altre regioni d'Italia e ai vini esteri” racconta Stefania Lattuca.
Tra i piatti più iconici dello chef Peppe Barone la pasta con le sarde che ha rivisitato in chiave moderna; il “risotto milanese portato al mare” simbolo della sintesi tra la cucina siciliana e quella meneghina ovvero carnaroli riserva, zafferano, gamberi bianchi di nassa, limone interdonato e polvere di capperi; il cosciotto di coniglio glassato alla stimpirata, ovvero in agrodolce tipico della caponata; la “milanese secondo noi” che vuole essere una provocazione al classico milanese e il biancomangiare.
“L'idea è stata quella di ricreare un ambiente dove l'accoglienza fosse sovrana, come nella migliore cultura siciliana, ma che uscisse dal linguaggio canonico della ristorazione, raccontando l'esperienza della Trinacria” raccontano Viviana Pitrolo e Danilo De Maio di Dark2, architetti non a caso sciclitani. “Abbiamo utilizzando delle cementine di recupero da antiche residenze siciliane, simbolo della nostra tradizione da utilizzare in un linguaggio moderno, per realizzare una sorta di tappeto che si abbina a un moderno pavimento di microcemento che imita l'effetto tattile del velluto. Dall'entrata si incontrano una serie di cerchi perfetti simili a un cannocchiale che indirizzano alla sala principale dall'effetto materico e dai colori scuri, a cui abbiamo aggiunto tavoli di legno di frassino ulivato a interi pezzi singoli, per creare quel rapporto diretto con la natura tipico della cultura siciliana”.
Boiserie e carta da parati sono sempre un'interpretazione della tradizione con un tocco moderno: i tipici ricami siciliani vengono ricreati con una maglia di microcemento ad effetto 3d, con effetto anticato nei bagni. La tavola è apparecchiata in modo da esaltare l'effetto materico degli elementi in particolare il legno, il ferro, il verde acqua, che riprendono idealmente i colori del mediterraneo e la terra e il mare che danno nome al locale. Un tocco barocco non poteva mancare in singoli elementi come l'enorme candelabro dei saloni antichi ripensato in chiave moderna o i paralumi in vetro diverse una dall'altra, a richiamo dei bicchieri. Appena si entra si approda con lo sguardo alla cucina a vista, nucleo centrale e creativo del ristorante.
Le maestranze e i materiali usati per Terrammare sono siciliani al 100%:dalle sedie dal design moderno scelte in quattro tonalità in contrasto per creare quella nota fuori riga che dà una nota frizzante e pop all'ambiente, alle ceramiche di Cerruto di Modica che arricchiscono il ristorante; dai piatti fatti a mano da Alessandro De Rosa di Thalass all'artigiano Roberto Savarino per il legno fino al menu realizzato da Pietro Bonomo della tipografia storica Molithus di Modica.
Orari:
Tutti i giorni
dalle 12.30 alle 15 / sera: dalle 19.30 alle 22.30
Via Giuseppe Sacchi 8 - Milano
Tel.3488074828
mail
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A Padova si è tenuta la prima Assemblea di TavoleDoc Veneto che nei prossimi mesi vedrà la sua pubblicazione
Lunedì 2 Dicembre, il Ristorante Valbruna di Limena, in provincia di Padova, è stato culla dell’Assemblea di inaugurazione del progetto TavoleDoc Veneto, al quale hanno già aderito 51 ristoranti della regione, la cui partecipazione attiva all’incontro da parte di 21 di loro ha riscosso grande coinvolgimento e partecipazione da parte degli stessi.
Diversi i temi affrontati nel corso della giornata, presentati da Mario Cucci in quanto editore della guida, Elio Ghisalberti come direttore editoriale e Marco Colognese, autore e curatore del volume.
Ognuno di loro ha esposto e approfondito i concetti più rilevanti per la realizzazione del progetto, sottolineandone l’obiettivo della valorizzazione dell’alta cucina della ragione veneta, per diffonderne la conoscenza e la propria identità gastronomica.
Mario Cucci ha sottolineato che TavoleDoc Veneto si inserisce in un più ampio progetto che a livello nazionale vede al suo attivo la Guida TavoleDoc Liguria di cui ha ampiamente descritto il grande successo ottenuto e che a breve vedrà la presentazione della sua seconda edizione. Elio Ghisalberti ha raccontato la sua esperienza attiva sul territorio lombardo, che ha permesso la formazione di una solida rete di relazioni tra i vari ristoranti. Una sfida che coinvolge nella sua interezza il Veneto, il quale, come ha sottolineato Marco Colognese, è caratterizzato da diverse specificità del territorio, ognuna contraddistinta dalle proprie eccellenze e peculiarità: dal territorio montano e dolomitico per eccellenza, all’aria marina di Venezia, apprezzata e nota in tutto il mondo.
TavoleDoc Veneto diventa così un vero e proprio racconto enogastronomico volto a promuovere la cucina dei diversi ristoranti aderenti, nonché le singolarità sottese tipiche di questa regione.
Ad ogni realtà culinaria verranno dedicate quattro pagine, contenenti la presentazione del ristorante, un servizio fotografico ad hoc e una ricetta rappresentativa appositamente scelta.
Tutti i partecipanti si sono trovati d’accordo sui due periodi di promozione (15 marzo /15 aprile – 15 ottobre / 15 novembre), durante i quali i ristoranti proporranno i loro menu TavoleDoc ad un prezzo concordato e fisso, con l’obiettivo di proporre un’offerta gastronomica di rilievo ad un importo accessibile e molto interessante.
La Redazione
In una fantastica cornice cinquecentesca dai tratti rurali, freschezza, qualità e tradizione sposano estro e gusto regalando emozioni.
La vita in cascina è storia d’altri tempi, un mondo quasi scomparso. Eppure, i segni del passato agricolo non sono scomparsi del tutto. E, a pochi chilometri da Milano, nel territorio di Segrate, le cascine punteggiano ancor oggi il paesaggio, a volte ruderi dimenticati tra i campi, altre ristrutturate e fiere. Tra queste ultime, in via Olgia, a pochi passi dalla Cassanese, un’antichissima cascina, citata in testimonianze che risalgono all’anno 1346 e passata nel tempo tra le mani di numerosi proprietari, è oggi, dopo un sapiente lavoro di recupero, un’oasi golosa dove la cucina tradizionale unita a un pizzico di fantasia e creatività si fonde con materie prime eccellenti, selezionate quotidianamente una ad una, regalando menu in grado di soddisfare anche i palati più esigenti, proposto, a piano terra, in due ampie e luminose sale con cucina a vista che lascia l’acquolina in bocca e una sala, al piano superiore, più discreta e raccolta con l’affaccio sulla corte e uno scenografico camino.
Una cucina con specialità di mare e di terra che vive grazie alla passione di una brigata affiatata che da anni lavora insieme con entusiasmo, capitanata da Francesco Rizzo, gestore della location, cagliaritano doc, diventato noto a molti dopo la presenza a “4 Ristoranti” di Alessandro Borghese, che della sua cucina ci racconta: "non è un ristorante di cucina sarda, ma un ristorante “fatto da sardi”. La cucina, infatti, è nelle mani di chef provenienti da Cagliari, città porto di mare che è anche l’unico punto della Sardegna amante del pesce, perché per il resto è un’isola di montanari e il porceddu viene prima di tutto. I cagliaritani in Sardegna sono chiamati sa gattu, il gatto, perché sono mangiatori di pesce". E qui il pesce è superlativo: fresco di giornata e preparato in maniera elegante con ricette che fanno risaltare, con calibrate e azzeccate note creative, i prodotti di qualità strepitosa siano essi le aragoste o i carabineros sardi, il tonno di Carloforte, le ombrine della Gallura, le ostriche degli allevamenti in Normandia.......Possiamo così gustare, in chiave gourmet (ma non nelle porzioni!), una Ceviche di ombrina con lime e tartufo, che sorprende e convince; ma anche una Capasanta scottata con foie gras, che esalta non soltanto il gusto e l’olfatto, ma anche la vista o ancora l’insalata di astice alla Sergio Mei, l'ex executive chef del celebre albergo Four Seasons di Milano, cuoco-insegnante alla École Lenôtre di Parigi e uno dei più apprezzati interpreti della cucina italiana che propone qui, in serate evento, la sua cucina raffinata, costituita da ingredienti sardi semplici, ma rielaborati secondo i dettami della moderna gastronomia. Tra i primi, tutti curatissimi anche nella presentazione, senza nulla togliere alle altre proposte, sia di mare che di terra, come i Culurgiones ogliastrini, i Malloreddus alla campinadese o le Tagliatelle fresche con ragù di cinghiale e pecorino, entra di diritto ai primi posti nella mia top ten la Freula nera con polpa di riccio, straccetti di calamaro e caglio di capretto, un grandissimo piatto della tradizione sarda, rivisitato con un tocco di originalità e una dose abbondante di ingredienti genuini e locali come la fregola artigianale che dà un enorme soddisfazione in bocca.
Piatti belli, ma soprattutto buoni nel loro calibrato equilibrio di sapori, anche per i secondi, tutti da annoverare fra quelli che ti tentano anche se non hai tanto appetito! Se proprio ne dovessi scegliere uno: il Trancio di ombrina con salsa alla vernaccia e topinambur, un sapiente mix di sapore di mare e di terra che si fa notare per stile e gusto, estetica ed equilibrio. Per gli amanti della carne nessun problema, anche per loro un menu di terra ricco ed intrigante, da godere con l’occhio oltre che con il palato, figlio di una grande ricerca e passione culinaria. Imperdibile il Controfiletto d’agnello al fieno e carciofo alla vaniglia, un proposta raffinata che accontenterà anche il palato più difficile. A chiudere tutta questa epifania di sapori e profumi, se riuscite ad ignorare il senso di sazietà incipiente, dolci tradizionali semplicemente spettacolari, se così non fosse, un bicchierino di mirto non industriale, ma originale sardo, servito su due dita di ghiaccio, e un ottimo caffè. In abbinamento a tutti i piatti ottimi vini, vini sinceri, come lo spirito di questo locale, custoditi in una cantina storica, ricca di centinaia di bottiglie provenienti da ogni parte della penisola, con una forte prevalenza di etichette sarde: Cannonau, Vermentino, Carignano del Sulcis e non solo.
Servizi; parcheggio riservato; dehors; menu vegetariano; animali di piccola taglia ammessi.
Cascina Ovi
Via Olgia, 11
Segrate, Milano
Telefono: 02 213 95 81
Mail:
Gloria Giovanetti
Via F. Petrarca, 4 - Milano
Telefono 02 839 4139
Il 24 Novembre, al Parco Esposizioni di Novegro di Milano, si è conclusa la tre giorni della seconda edizione di Canapa Expo.
Centinaia di espositori e professionisti da Italia, Spagna, Germania, Danimarca, Svizzera e Paesi Bassi a disposizione di famiglie, appassionati, curiosi, addetti ai lavori, medici e scienziati con migliaia di prodotti, sevizi e informazione dalla canapa industriale alla bioedilizia, dalla cosmesi al tessile senza dimenticare il food e tutti gli accessori del settore ricreativo.
Negli oltre 13.000 mq della location, tutto il mondo canapa in esposizione assieme a una selezione di espositori con le eccellenze del food and beverage tra dolce e salato e prodotti completamente biologici e a base di canapa.
Si comincia con gli snack alla canapa e sesamo: grissini di farina di canapa e semi di sesamo. Oltre alla farina di canapa è presente nell’impasto farina di grano tenero tipo 2 e olio di oliva. Alcuni benefici diretti e dimostrabili di questi grissini alla canapa sono la loro l’alta digeribilità, una bassa percentuale di glutine.
La pasta: prodotta con la farina di canapa senza gliadina e glutenina rende l’alimento tollerato dai celiaci. Inoltre, la ricchezza di fibre, acidi grassi, proteine vegetali, tutti gli 8 amminoacidi essenziali e minerali ne fanno un alimento dall’alto valore nutrizionale. La farina di canapa, con cui è realizzati questi prodotti ha un apporto calorico inferiore rispetto a quello della farina di frumento del 20%, in quanto l’energia è fornita prevalentemente dalle proteine anziché dai carboidrati.
La piadina alla canapa è un prodotto tipico romagnolo che risale al tempo dei romani. Questa variante è composta da farina di grano tenero “0” bio, acqua, olio di semi di girasole bio e farina integrale di canapa bio.
Per condire c'è l'olio di semi di canapa, che viene estratto meccanicamente dai semi della pianta nella varietà sativa senza processi di raffinazione. L’olio di semi di canapa, dal sapore intenso e fruttato, particolarmente piacevole da utilizzare su piatti forti contiene omega 3,6,9.
Spazio anche al pesto alla canapa: oltre al basilico e ai semi di canapa decorticati, sono presenti olio extravergine di oliva e sale marino integrale di Cervia.
Pizza e panini anche questi lavorati con farro, orzo, semola, grano saraceno e naturalmente canapa, dove anche semi, fiori e foglie possono essere utilizzati come condimento o guarnitura. I biscotti anche questi prodotti artigianalmente con farina di canapa proveniente da semi di qualità e macinati a pietra.
Un'ampia selezioni di prodotti da forno come brownie e muffin, ma anche dolciumi vari come caramelle gommose, cioccolata e cioccolatini. Tisana melissa, mango, canapa e anice con una miscela è stata accuratamente studiata per conciliare il sonno. Poi c'è quella canapa, arancia e cannella con cannabis sativa l. certificata e con tenore di THC inferiore allo 0,2%. Il suo mix di erbe e frutti dona sapori unici nel suo genere.
Il miele al CBD con tiglio e canapa, l'infuso con succo di mela e canapa senza zuccheri aggiunti e la composta mela, zucchero e canapa, ottima per la preparazione di crostate.
Sul fronte drink non mancheranno le birre: un'American Pale Ale per eccellenza, realizzata ad alta fermentazione con malti d’orzo, luppolo, canapa, lieviti dal gusto fresco e floreale rilascia piacevoli sentori di canapa e un'ambrata alla canapa che coniuga l’amaro dei luppoli con note erbacee della canapa.
Poi c'è il vermouth 100% piemontese, che sfrutta la macerazione del fiore di canapa per realizzare un prodotto dal sapore completamente nuovo. La tradizione canavesana della coltivazione della canapa si incontra con quella torinese del vermouth, creando un prodotto che è un manifesto di territorialità e innovazione.
Per finire caffè alla canapa: miscela per moka con il 30% robusta e 70% arabica, e aggiunta di farina di canapa bio (8%) che lo rende gustoso, morbido e piacevole, dalla crema resistente e dal retrogusto nocciolato.
La redazione
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